Veduta del Motto con ruderi del castello
I ruderi del castello del Motto
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Castelli tra realtà e fantasia
Gravellona terra di castelli?
Sono molti i Gravellonesi che risponderebbero di no e non per una loro
particolare mancanza, ma perche le caratteristiche dei due edifici presenti
sul territorio comunale cui si attribuisce il nome di castello, non corrispondono
all'idea che generalmente si ha di tale costruzione.
Sono tre i modi di approccio possibile al tema castello: il primo e il
rapporto tra il castello e la fantasia magistralmente indagato da Calvino
nella prefazione al libro: Castelli e fortificazioni del Touring Club
Italiano. In essa lo scrittore individua il castello come luogo di terrore
che nasconde al suo intemo la delizia, Secondo questa ottica, 1'uomo lo
vede con una sorta di ancestrale paura conseguente alla sua funzione di
dominio sul territorio e sui cittadini, simbolo di minaccia, di sopraffazione
e di violenza. Al suo intemo, si trova pero generalmente la figura gentile
della damigella da salvare o uno stile di vita improntato all'abbondanza
e alla felicita da cui 1'abitante del contado era istituzionalmente escluso,
Nell'immaginario collettivo i castelli vanno di pari passo con le fate,
le streghe, gli orchi e i fantasmi, tutti personaggi che attengono alla
sfera dell'immaginario e si configurano come personificazione delle speranze
e dei timori dell'individuo.
Il secondo piano di lettura del castello e quello storico, non esente
esso stesso da una sua talvolta lieve, talvolta prorompente vena fantastica.
Appartengono a questa sfera le vicende dei personaggi ivi vissuti, i fatti
d'arme accaduti sotto le sue mura o nei suoi dintomi, i documenti talvolta
autenti- ci, tal altra no, che 1o citano direttamente o che trattano di
personaggi che con esso hanno avuto rapporti.
Il terzo piano di lettura e quello relativo alle strutture fisiche esistenti,
al loro confronto con altre strutture simili e alla collocazione tipologica
e cronologica del singolo manufatto edilizio. E questo il tema specifico
della castellologia, scienza in Italia relativamente recente se si pensa
che il primo studio sui castelli italiani risale al 1909 - 1926 ed e opera
di un tedesco, Ebhardt Bodo (Die burgen italiens), mentre in Italia negli
stessi anni un'opera sull'arte in 23 volumi dedica alle strutture fortificate
del medioevo appena 119 righe. Ora la situazione e relativamente migliorata,
ma la condizione di obiettivo ritardo persiste.
A cio occorre aggiungere una qualche incertezza sul significato da attribuire
al termine castello, come e noto esso deriva da castellum, diminutivo
del latino castrum con cui si indicava la fortificazione romana, ma oggi
secondo il senso comune indica una struttura generalmente ampia dotata
di mura, torri sporgenti, merli, beccatelli, caditoie, ponti levatoi racchiudenti
splendidi edifici destinati alla residenza signorile. Spesso non ci si
rende conto che questo e 1'aspetto che il castello ha assunto soltanto
alla fine della sua parabola, verso il XV-XVI secolo, prima di sparire
dalla storia. Come tutte le realizzazioni umane invece anche il castello
ha una sua evoluzione temporale nonche articolate differenziazioni formali
dovute a svaria- tissime cause, tra le quali dobbiamo almeno citare la
collocazione spaziale e la funzione specifica, Cosi accanto al castello
dotato di tutti gli elementi citati e che sono saldamente ancorati all'immaginario
collettivo, ma che appartengono a momenti successivi alle crociate o che
addirittura dipendono dalla comparsa delle armi da fuoco, esistono numerosi
tipi di castelli meno conosciuti ma non per questo meno presenti e significativi.
Limitandoci alla nostra zona e ai territori immediatamente circostanti,
possiamo individuare un numero elevato di differenti tipologie:
Strutture fortificate per 1e quali si suppone una derivazione romana:
sono individuabili generalmente a livello bibliografico o se ne suppone
la romanita a seguito di scavi archeologici, ma nessuna struttura e oggi
visibile in loco, come Monte. Mesma, Quama e Rubianco a Mergozzo. Si parla
di origine romana anche per localita come Feriolo, il Motto e San Maurizio
a Gravellona Toce, dove tuttavia le strutture residue non confortano una
simile attribuzione.
Strutture di derivazione formale tardo-romana a pianta regolare
come dovevano essere quelle delle isole del lago Maggiore o la fortificazione
di santa Maria di Rezzonico sul lago di Como. Di queste, nella nostra
zona, sopravvivono il castello di Lesa e quello di Ascona, anche se le
murature, senza alcun dubbio piu tarde, fanno pensare a realizzazioni
di epoca comunale per il controllo del territorio. E noto che dagli accampamenti
romani, passando per i borghi fondati del medioevo (bastides) fino ai
fortini del Far West, tutte le fondazioni coloniali sono a pianta quadrangolare.
Castelli-recinto cusiani a pianta ovale, per i quali si puo pensare
ad una origine prevalentemente popolare che li renderebbe simili ai piu
tardi ricetti. Questi edifici, di cui non restano tracce di strutture
all'intemo, si possono vedere a Pogno, Carcegna, Soriso (nel cui interno
c'e una chiesa). Il caso di Omegna, dove sopravvive un'analoga struttura
ovale, e probabilmente un po' diverso giacche fu centro di un piu vasto
sistema fortificato.
Castelli recinto a pianta libera quali Mattarella, Arona nella
sua prima fase, Feriolo, Motto di Gravellona Toce, Buccione: sono 1'oggetto
del presente studio pertanto si rimanda ai capitoli successivi,
Torri romaniche, ora isolate ma forse centro di piu vaste costruzioni,
castelli o corti, o di complessi agricoli, come Ardignaga oppure Ornavasso.
Caseforti con minime fortificazioni, presenti a Bugliaga, Trasquera,
Montecrestese ed altrove in tutto il territorio della provincia,
Torri-caseforti con tetto a capanna presenti in una fascia omogenea
dal ponte della Masone fino a Masera e in altre zone dell'Ossola.
Edifici a meta tra la torre-casaforte e il piccolo castello costituiti
da una torre e pochi fabbricati attigui, come due strutture presenti in
Beura (la casa dei Ferrari e una vicina), il castello di Villette dove
compare un altro stemma dei Ferrari e 1'edificio di Rido a Crevola d'Ossola
dove stanno sbiadendo alcuni gigli dipinti che testimoniano la militanza
filo francese del capitano Paolo della Silva agli albori del Cinquecento.
Castelli consortili nei quali all'intemo di un'unica struttura
fortificata coesistevano le residenze dei diversi rami di una medesima
famiglia. E il destino toccato, di solito, ai castelli-recinto o a parti
di essi quando non sono stati distrutti e abbandonati, Oggi generalmente
sono trasformati in paese e spesso non e facile riconosceme 1'origine
fortificata: e il caso del castello dei Della Silva a Crevola d'Ossola
(diverso da quello citato qui sopra) e di quello dei Salata De Castello
a Trontano (dove si trova, oltre all'unica bifora in un edificio residenziale
della nostra zona, un altro giglio francese che questa volta non patisce
perche e scolpito).
Costruzioni viscontee o sforzesche con caratteristiche formali
che esulano dall'ambito locale e non presentano particolari affinita tipologiche.
Vi si possono annoverare infatti il castello del borgo di Domodossola,
oggi pesantemente trasformato ma ancora ben riconoscibile, il castello
e la rocca di Vogogna, i castelli di Cannero, quel che resta della rocca
di Arona, insieme allo sbarramento di Croveo ed il piano terra di una
torre di Cardezza inglobata in una casa d'abitazione modema.
Strutture fortificate non castellane, quali le mura dei borghi.
La nostra zona non ne e particolarmente ricca ma nemmeno del tutto sprovvista.
Vi si possono annoverare la Porta Urbica di Omegna, di epoca sforzesca,
un tratto delle mura del borgo di Vogogna, nella campagna di Pieve Vergonte
un tratto di mura probabilmente pertinenti al borgo di Pietrasanta e soprattutto
le mura del borgo di Domodossola, provviste di torri, dalle note e tormentate
vicende costruttive e dalle meno note, ma a altrettanto tormentate, vicende
di epoca recente.
Castelli trasformati in residenze signorili, Talvolta hanno conservato
forme castellane come quello di Massino Visconti, tal altra le hanno completamente
perdute come il castello di Frino, il palazzo dell'isola Madre e quello
dell'isolino di San Giovanni a Pallanza, dove tuttavia 1'asimmetria delle
costruzioni puo essere interpretata come 1'effetto dell'utilizzo di strutture
preesistenti (forse castellane). Si comprende bene come accanto a questa
ricchezza in primo luogo quanti- tativa e, rispetto agli ultimi esempi,
anche qualitativa, i castelli di Gravellona non possano competere. Benche
il Verbano-Cusio-Ossola non rientri nelle terre tradizionalmente considerate
ricche di castelli, la loro esistenza, grazie soprattutto a studi recenti,
e generalmente nota e per alcuni di essi, soprattutto quelli piu sce-
nografici, raggiunge una discreta fama. Se poi si aggiunge che il castello
del Motto di Gravellona ci giunge come rudere in avanzato stato di degrado
e riconoscibile dal basso solo in invemo, quando gli alberi hanno perduto
le foglie, comprendiamo come sia pressoche sconosciuto ai piu.
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