Scheda bibliografica:

Lewis Mumford
LA CITTA' NELLA STORIA

(The City in History, 1961)


1.
Ieri la citta' era un mondo, oggi il mondo e' diventato una citta'.
La vita umana e' caratterizzata da movimento e da stanziamento: l'istinto di accumulare provviste e stanziarsi puo' essere uno dei tratti umani originari, la tendenza alla vita sociale e' alla base del passaggio dalle grotte, rifugi, cave di pietra ai gruppi di case, santuari, villaggi fino alle citta'.  La citta' ha una natura storica: all'alba della storia a noi documentata, la citta' e' gia' una forma matura; la citta' primitiva era isolata a scopi difensivi ed aveva come scopi principali la procreazione e l'alimentazione: vi sono antecedenti in questo senso nell'evoluzione animale (uccelli, colonie di castori, alveari, termitai, formicai) Ogni traccia umana e' pero' testimonianza di interessi ed angosce che non hanno riscontro fra gli animali, come il rispetto per i morti: la citta' dei morti precede quella dei vivi, il primo germe della citta' e' il luogo di riunione cerimoniale e di pellegrinaggio.
Forse fu la grotta a suggerire la prima concezione di spazio architettonico e di cinte murarie: piramide, ziggurat, mitrei, cripte cristiane hanno come prototipo la grotta di montagna.
L'agricoltura e la pastorizia portarono all'occupazione permanente di un territorio; forse il fatto piu' importante di tale evoluzione fu l'addomesticamento dell'uomo stesso, accompagnato dall'interesse crescente per la riproduzione e la sessualita'. Il villaggio e' fondamentalmente una creazione della donna, inteso come nido collettivo capace di garantire maggiormente la sopravvivenza dei piccoli. L'addomesticamento dell'uomo, degli animali, delle piante e dell'ambiente naturale andarono di pari passo.
Lo sviluppo agricolo e domestico della cultura neolitica produsse quell'eccedenza di viveri e di mano d'opera che e' alla base della nascita delle citta'. La tecnologia neolitica si caratterizza per i contenitori stabili, ed ancora oggi noi usiamo molti loro metodi, forme e materiali; la moralita' ha origine nei mores, i costumi del villaggio.
I tratti fondamentali della cultura neolitica sono conformita', ripetizione, pazienza: ogni villaggio era un mondo a parte, solo l'eta' assicurava autorita' e preminenza. Il passaggio dal villaggio neolitico alla citta' e' insensibile e sono molti i punti di somiglianza. Il primo passo verso l'accumulazione del capitale fu mettere via per l'anno successivo i semi non consumati; la citta' antica era un contenitore di contenitori: granaio, banca, arsenale, biblioteca, negozio, fosso di irrigazione, canale, serbatoio, fossato, acquedotto, tubazione di scarico, fogna. Con la comparsa della citta' torna in primo piano il contributo maschile, la naturale evoluzione del cacciatore e' il condottiero politico: nel nuovo ambiente protourbano il pastore (fratello spirituale del cacciatore) ed il cacciatore appaiono nella leggenda come personaggi eroici, mentre il contadino laborioso e la donna sono posti in secondo piano.
Nei villaggi neolitici risultano assenti oggetti che si possano definire come armi: il primitivo bellicoso si Hobbes ed il buon selvaggio di Rousseau sono entrambi storicamente non attendibili.
La citta' e' "emergente" nella comunita' paleo-neolitica: secondo Lloyd Morgan e William Morton Wheeler, l'evoluzione emergente si verifica quando l'introduzione di un fattore nuovo non aumenta solo la massa esistente, ma provoca un mutamento radicale; le potenzialita' diventano ora visibili e non avrebbero potuto essere individuale nella fase preemergente. Grazie alla complessita' di nuovi gruppi professionali (il minatore, il boscaiolo, il pescatore) la citta' arrivo' ad esprimere una unita' nuova con una espansione enorme delle possibilita' umane. Alcune trasformazioni possono essere cosi' descritte:
- le divinita' familiari e locali furono sostituite da divinita' lontane del cielo e della terra;
- il condottiero locale divenne sovrano assoluto;
- la saggezza degli anziani fu sostituita dall'abilita' professionale e dall'audacia giovanile.
Le privazioni ed il lavoro piu' duro determinarono quelle eccedenze su cui si fondava la burocrazia regale e sacerdotale.

2.
I documenti scritti, la biblioteca, l'archivio, la scuola, l'universita' sono conquiste urbane; il ruolo del sovrano e' decisivo nella gestazione della citta', rispetto alle lente reazioni collettive del villaggio agricolo: l'istituzione della monarchia e' il fattore piu' importante della trasformazione dall'economia decentrata del villaggio alla organizzata economia urbana. La cittadella torreggiava sopra il villaggio ed era una camera di sicurezza (palazzo, granaio, tempio); la citta' era un mondo simbolico che non rappresentava solo un popolo ma un intero cosmo con le sue divinita', il potere sacro e quello temporale si ampliarono, la citta' capovolse i valori del villaggio e del contadino (la terra), ponendone le basi nel cielo: senza i poteri sacri che risiedevano nel palazzo e nel tempio, la citta' antica non avrebbe avuto significato ne' ragion d'essere.
La citta' primitiva e' strutturata in caste ed e' organizzata a favore di una minoranza egemonica, non e' piu' l'insieme di umili famiglie del villaggio che vivono aiutandosi reciprocamente.
L'evoluzione storica della monarchia sembra accompagnata dallo spostamento dell'interesse religioso dai riti della fertilita' al culto del potere fisico: la nuova istituzione della guerra divenne l'espressione piu' piena della mitologia di un potere unilaterale, sterile ed ostile alla vita ma che si estendeva ad ogni elemento della scena urbana. La guerra ha un'origine magica: anche quando ha ragioni economiche apparentemente serissime, si trasforma in un'operazione religiosa, un sacrificio rituale su scala gigantesca; le citta' che prima si limitavano ad imporre tributi, imparavano cosi' a depredarsi a vicenda. La guerra e la prepotenza sono insiste nella struttura originaria della citta', che incentiva l'aumento della sua popolazione (esercito in riserva) e della sua superficie interna. La guerra e' la piu' grave delle malattie croniche della citta'; oltre che nelle comunita' umane, la guerra esiste soltanto fra insetti che vivono in societa' (monarchiche) complesse formate da parti molto specializzate.

3.
L'importanza sempre maggiore dell'industria e del commercio laicizzava la societa', e la citta' da raffigurazione religiosa del cosmo divenne centro della legge e della giustizia: la disciplina morale fu una conseguenza della formazione di un'autocoscienza urbana, la citta' introdusse regole uniformi, criteri di giudizio uniformi, pene uniformi; l'esistenza di una citta' era caratterizzata da un grande numero di persone concentrate in un'area limitata e soggette ad un controllo unificato. Nonostante pero' l'apparenza di protezione e sicurezza, la citta' fin dalla sua nascita aveva in se' prospettive potenziali sia di aggressioni verso l'esterno che di aspre lotte interne: le piu' antiche immagini di citta' giunte a noi ne rappresentano la distruzione.
L'architettura monumentale era espressione di un potere ed incuteva rispettoso terrore: leoni, tori, aquile erano simboli magici di un potere deificato, le mura permettevano la difesa militare ma anche il controllo politico e la demarcazione precisa con la campagna. Il palazzo era anche una caserma, una prigione, un tribunale, un centro amministrativo; i grandi monumenti egiziani, per esempio nello stretto e tortuoso passaggio d'ingresso, mantennero gli aspetti simbolici delle caverne rituali ubicate nelle montagne. La citta' era soprattutto un magazzino, un agente di accumulazione e conservazione; le funzioni dell'involucro prevalsero su quelle del magnete per buona parte della storia urbana: la citta' divenne l'organo essenziale di una societa' che era attivita' accumulativa.
La citta' era soprattutto un centro di controllo, prima ancora di divenire un centro di comunicazione.

4.
Mentre si sviluppava l'involucro esterno della citta', si ampliava anche quello interno (la vita spirituale) e la trasformazione dell'ambiente divenne anche trasformazione dell'uomo: il desiderio sessuale, liberato dall'urgenza della riproduzione, sbocciava nella poesia, nella danza, nell'arte nel dramma. E' grazie a queste realizzazioni che la citta' puo' essere considerata qualcosa di piu' di una ordinata accumulazione di fabbriche, magazzini, caserme, tribunali, prigioni e centri di controllo: i monumenti della citta' storica ci ricordano questa promessa non ancora mantenuta.
E' nella citta' che il lavoro specializzato diventa un'occupazione duratura, per l'intera giornata e per l'intero anno; fu per la prima volta possibile dedicare la vita ad un'occupazione particolare, anche se il lavoratore specializzato veniva cosi' a perdere il controllo sulla vita nel suo complesso. Funzioni finora riservate all'unita' familiare del villaggio (dormire, bere, mangiare, parlare, accoppiarsi, insegnare) vennero col tempo ampliate e isolate in certi edifici o quartieri dove venivano affidate a professionisti a pieno impiego: locanda, taverna, mercato, tempio, scuola, bordello. La citta' divento' una superfamiglia collettiva, diede forma specializzata, astratta, professionale e collettiva a esigenze umane; la civilta' urbana rovescio' in parte il processo biologico che ha permesso all'uomo di svilupparsi nel sistema nervoso piu' di qualsiasi altra specie, proprio perche' e' rimasto non specializzato.
L'istituto della proprieta' e' una innovazione urbana, il patrimonio comune era un bene personale del re, la cui vita ed il cui benessere si identificavano con quelli della comunita'; i doni che il sovrano assoluto concedeva ai nobili e seguaci sancirono le prime separazioni e divisioni della proprieta'.

5.
La citta' ellenica era piena di imperfezioni (non esisteva un piano sistematico) ma aveva come nucleo l'acropoli: ogni manifestazione dell'esistenza era pertanto sotto gli occhi di tutti. Roma si caratterizzava invece per un'economia parassitaria (il parassitismo fu un'invenzione romana coi "clienti") e per un sistema politico predatorio; introdusse imponenti rituali (sadici) di sterminio ed una nuova istituzione urbana: il circo.
La famiglia urbana medievale si caratterizzava per l'unione intima di lavoro e vita domestica, la chiesa era visibilmente presente in ogni comunita', la citta' del medio evo aveva un carattere rurale e mancava di una divisione funzionale dello spazio; con gli urbanisti barocchi le strade assumono una pianta stellare verso il centro urbano. La casa diviene progressivamente un organismo destinato solo al consumo: produzione e scambio avvengono altrove; nasce cosi' la "casa privata", la donna perde contatto col mondo esterno, si specializza in lavori domestici (serva) o in attivita' sessuali (cortigiana).
La nuova pianta urbana privilegiava come unita' fondamentale non piu' il quartiere ma la strada, il corso. La grande citta' equivale ad un museo, e' il miglior organo di memoria sinora creato dall'uomo ed il miglior agente di valutazione e discriminazione.
Il capitalismo introduce le regole della piazza del mercato, universalizzate, in ogni quartiere della citta': la borsa, la banca nazionale e il cambio sono le cattedrali del nuovo ordine capitalistico, l'accento viene posto sul regolare, il calcolabile, l'avventura speculativa e l'espansione ardimentosa. La citta' commerciale ha una pianta reticolare, nessuna zona e' progettata per le sue funzioni specifiche; dall'inizio dell'Ottocento la citta' non e' piu' considerata un'istituzione pubblica ma un'impresa commerciale privata, il problema della circolazione viene risolto col trasporto automobilistico privato che e' la forma che permette il maggiore profitto finanziario. La demolizione delle mura urbane diviene per l'economia di mercato insieme una necessita' pratica ed un fatto simbolico; l'Autore propone l'immagine delle famiglie nello spazio, e quanto piu' la popolazione si dissemina, il costo del distacco spaziale e' sproporzionato ai presunti benefici: una vita buia, incapsulata, vissuta sempre piu' dentro un'automobile o come folla solitaria davanti ad un televisore; suburbia si nutre di linee telefoniche, radio e circuiti televisivi, favorisce il conformismo tacito ed un nuovo assolutismo, invisibile ma onnipotente.

6.
Toynbee distingue culture statiche e non creative nella sfera umana che pero' producono invenzioni ed applicazioni tecniche ingegnose (materializzazione) da culture piu' creative il cui apparato tecnico diminuisce di peso e volume e si semplifica nel disegno e nel funzionamento (eterizzazione); il ritmo di vita delle citta' sembra alternare continuamente materializzazione (stabilita') ed eterizzazione (creativita').
Ebenezer Howard collauda modelli di citta'-giardino (Letchworth, Welwyn), forme potenziali della citta' eterizzata del futuro: totalita' unificate e non frammenti staccati di ordine urbano, con un numero limitato di abitanti ma facenti parte di una costellazione piu' ampia di citta' sociale, un'organizzazione politica e culturale in cui creare quelle strutture possibili solo con un gran numero di abitanti (universita', ospedale specializzato, orchestra sinfonica stabile). L'idea e' che molti dei servizi essenziali della metropoli sono di fatto sottoprodotti della congestione stessa.
Le Corbusier inventa la citta'-giardino verticale, che alterna edifici isolati e altissimi con spazi aperti non coltivati.
Henry Wright amplia il concetto di citta' equilibrata in quello di regione equilibrata, riplasmata consapevolmente come un'opera d'arte.
Il teorema di Howard dice che ogni citta', associazione, organizzazione, ogni membro della comunita', hanno un limite di sviluppo fisico; ne deriva il corollario secondo cui ogni progetto che intende superare tale limite deve essere trasposto in una forma eterizzata.

7.
Megalopoli sta diventando rapidamente una forma universale e l'economia dominante e' un'economia metropolitana in cui nessuna iniziativa e' efficace senza stretti legami con la grande citta'; i criteri del mercato e della fabbrica vengono estesi alle altre istituzioni della metropoli, diventa un'esigenza urbana fondamentale avere la piu' grande universita', il piu' grande ospedale, la piu' grande banca, ecc. Benche' in espansione dinamica, questo sistema diventa sempre piu' rigido e sempre meno capace di affrontare situazioni nuove, anche se l'Autore afferma che la cultura moderna e' cultura mondiale, con maggiori potenzialita' rispetto a qualsiasi civilta' precedente.
I fenomeni di agglomerazione e congestione sono provocati: le reti ferroviarie, per esempio, furono progettate in modo da costringere passeggeri e merci a raggiungere la metropoli prima di ogni altra localita'. La metropoli, precisa l'Autore, e' una citta' storica cresciuta eccessivamente, e' una entita', mentre la conurbazione, al contrario, e' una non-entita', e' una citta'-regione.
La forma della metropoli e' l'informita', la sua meta e' l'espansione senza meta; attivita' umane spontanee come le chiacchiere quotidiane vengono sostituite da qualche dozzina di professionisti che interpretano sui giornali o per tv tutto cio' che accade: nel mondo metropolitano le masse vivono per interposte persone come lettori, spettatori, ascoltatori, osservatori passivi. I problemi della metropoli sono riflessi di una civilta' in espansione con mezzi scientifici e fini vuoti, primitivi e irrazionali; l'assoggettamento alla macchina travolge le salvaguardie della vita e la stessa legge della conservazione (incidenti automobilistici, potere nucleare).
Oggi non c'e' piu' bisogno di vivere in un grosso centro per partecipare ad una particolare attivita': la citta' invisibile fa si' che molte funzioni originarie della citta' siano state trasposte in modo da poter essere trasportate con rapidita', riprodotte con mezzi meccanici, diffuse elettronicamente e distribuite in tutto il mondo; cio' rendera' possibile l'esistenza su vasta scala di associazioni interculturali e la nuova citta'-regione, visibile e invisibile, ne diverra' lo strumento principale. Occorrera' una visione del mondo piu' organica, per rendere giustizia a tutte le dimensioni degli esseri viventi e delle personalita' umane.

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