1.
Ieri la citta' era un mondo, oggi il mondo e' diventato una citta'.
La vita umana e' caratterizzata da movimento e da stanziamento: l'istinto di accumulare provviste e stanziarsi puo' essere uno dei tratti umani originari, la tendenza alla vita sociale e' alla base del passaggio dalle
grotte, rifugi, cave di pietra ai gruppi di case, santuari, villaggi fino alle
citta'. La citta' ha una natura storica: all'alba della storia a noi documentata, la citta' e' gia' una forma
matura; la citta' primitiva era isolata a scopi difensivi ed aveva come scopi principali la procreazione e
l'alimentazione: vi sono antecedenti in questo senso nell'evoluzione animale (uccelli, colonie di castori, alveari, termitai, formicai)
Ogni traccia umana e' pero' testimonianza di interessi ed angosce che non hanno riscontro fra gli animali, come il rispetto per i morti: la citta' dei morti precede quella dei vivi, il primo germe della citta' e' il luogo di riunione cerimoniale e di pellegrinaggio.
Forse fu la grotta a suggerire la prima concezione di spazio architettonico e di cinte murarie: piramide, ziggurat, mitrei, cripte cristiane hanno come prototipo la grotta di montagna.
L'agricoltura e la pastorizia portarono all'occupazione permanente di un
territorio; forse il fatto piu' importante di tale evoluzione fu l'addomesticamento
dell'uomo stesso, accompagnato dall'interesse crescente per la riproduzione e la
sessualita'. Il villaggio e' fondamentalmente una creazione della donna, inteso
come nido collettivo capace di garantire maggiormente la sopravvivenza dei
piccoli. L'addomesticamento dell'uomo, degli animali, delle piante e
dell'ambiente naturale andarono di pari passo.
Lo sviluppo agricolo e domestico della cultura neolitica produsse
quell'eccedenza di viveri e di mano d'opera che e' alla base della nascita delle
citta'. La tecnologia neolitica si caratterizza per i contenitori stabili, ed
ancora oggi noi usiamo molti loro metodi, forme e materiali; la moralita' ha
origine nei mores, i costumi del villaggio.
I tratti fondamentali della cultura neolitica sono conformita', ripetizione,
pazienza: ogni villaggio era un mondo a parte, solo l'eta' assicurava autorita'
e preminenza. Il passaggio dal villaggio neolitico alla citta' e' insensibile e sono
molti i punti di somiglianza. Il primo passo verso l'accumulazione
del capitale fu mettere via per l'anno successivo i semi non consumati; la
citta' antica era un contenitore di contenitori: granaio, banca, arsenale,
biblioteca, negozio, fosso di irrigazione, canale, serbatoio, fossato,
acquedotto, tubazione di scarico, fogna. Con la comparsa della citta' torna in
primo piano il contributo maschile, la naturale evoluzione del cacciatore e' il
condottiero politico: nel nuovo ambiente protourbano il pastore (fratello
spirituale del cacciatore) ed il cacciatore appaiono nella leggenda come
personaggi eroici, mentre il contadino laborioso e la donna sono posti in secondo
piano.
Nei villaggi neolitici risultano assenti oggetti che si possano definire come
armi: il primitivo bellicoso si Hobbes ed il buon selvaggio di Rousseau sono
entrambi storicamente non attendibili.
La citta' e' "emergente" nella comunita' paleo-neolitica: secondo
Lloyd Morgan e William Morton Wheeler, l'evoluzione emergente si verifica
quando l'introduzione di un fattore nuovo non aumenta solo la massa esistente,
ma provoca un mutamento radicale; le potenzialita' diventano ora visibili e non
avrebbero potuto essere individuale nella fase preemergente. Grazie alla
complessita' di nuovi gruppi professionali (il minatore, il boscaiolo, il
pescatore) la citta' arrivo' ad esprimere una unita' nuova con una espansione
enorme delle possibilita' umane. Alcune trasformazioni possono essere cosi'
descritte:
- le divinita' familiari e locali furono sostituite da divinita' lontane del
cielo e della terra;
- il condottiero locale divenne sovrano assoluto;
- la saggezza degli anziani fu sostituita dall'abilita' professionale e
dall'audacia giovanile.
Le privazioni ed il lavoro piu' duro determinarono quelle eccedenze su cui si
fondava la burocrazia regale e sacerdotale.
2.
I documenti scritti, la biblioteca, l'archivio, la scuola, l'universita' sono
conquiste urbane; il ruolo del sovrano e' decisivo nella gestazione della citta',
rispetto alle lente reazioni collettive del villaggio agricolo: l'istituzione
della monarchia e' il fattore piu' importante della trasformazione dall'economia
decentrata del villaggio alla organizzata economia urbana. La cittadella
torreggiava sopra il villaggio ed era una camera di sicurezza (palazzo, granaio,
tempio); la citta' era un mondo simbolico che non rappresentava solo un popolo
ma un intero cosmo con le sue divinita', il potere sacro e quello temporale si
ampliarono, la citta' capovolse i valori del villaggio e del contadino (la
terra), ponendone le basi nel cielo: senza i poteri sacri che risiedevano nel
palazzo e nel tempio, la citta' antica non avrebbe avuto significato ne' ragion
d'essere.
La citta' primitiva e' strutturata in caste ed e' organizzata a favore di una minoranza egemonica, non e' piu' l'insieme di
umili famiglie del villaggio che vivono aiutandosi reciprocamente.
L'evoluzione storica della monarchia sembra accompagnata dallo spostamento
dell'interesse religioso dai riti della fertilita' al culto del potere fisico:
la nuova istituzione della guerra divenne l'espressione piu' piena della
mitologia di un potere unilaterale, sterile ed ostile alla vita ma che si
estendeva ad ogni elemento della scena urbana. La guerra ha un'origine magica: anche quando ha ragioni economiche apparentemente serissime, si
trasforma in un'operazione religiosa, un sacrificio rituale su scala gigantesca;
le citta' che prima si limitavano ad imporre tributi, imparavano cosi' a
depredarsi a vicenda. La guerra e la prepotenza sono insiste nella struttura
originaria della citta', che incentiva l'aumento della sua popolazione (esercito
in riserva) e della sua superficie interna. La guerra e' la piu' grave delle
malattie croniche della citta'; oltre che nelle comunita' umane, la guerra esiste soltanto fra insetti che
vivono in societa' (monarchiche) complesse formate da parti molto specializzate.
3.
L'importanza sempre maggiore dell'industria e del commercio laicizzava la
societa', e la citta' da raffigurazione religiosa del cosmo divenne centro della
legge e della giustizia: la disciplina morale fu una conseguenza della
formazione di un'autocoscienza urbana, la citta' introdusse regole uniformi,
criteri di giudizio uniformi, pene uniformi; l'esistenza di una citta' era
caratterizzata da un grande numero di persone concentrate in un'area limitata e
soggette ad un controllo unificato. Nonostante pero' l'apparenza di protezione e
sicurezza, la citta' fin dalla sua nascita aveva in se' prospettive potenziali
sia di aggressioni verso l'esterno che di aspre lotte interne: le piu' antiche
immagini di citta' giunte a noi ne rappresentano la distruzione.
L'architettura monumentale era espressione di un potere ed incuteva
rispettoso terrore: leoni, tori, aquile erano simboli magici di un potere
deificato, le mura permettevano la difesa militare ma anche il controllo
politico e la demarcazione precisa con la campagna. Il palazzo era anche una
caserma, una prigione, un tribunale, un centro amministrativo; i grandi monumenti
egiziani, per esempio nello stretto e tortuoso passaggio d'ingresso, mantennero
gli aspetti simbolici delle caverne rituali ubicate nelle montagne. La citta'
era soprattutto un magazzino, un agente di accumulazione e conservazione; le
funzioni dell'involucro prevalsero su quelle del magnete per buona parte della
storia urbana: la citta' divenne l'organo essenziale di una societa' che era attivita'
accumulativa.
La citta' era soprattutto un centro di controllo, prima ancora di divenire un
centro di comunicazione.
4.
Mentre si sviluppava l'involucro esterno della citta', si ampliava anche quello
interno (la vita spirituale) e la trasformazione dell'ambiente divenne anche
trasformazione dell'uomo: il desiderio sessuale, liberato dall'urgenza della
riproduzione, sbocciava nella poesia, nella danza, nell'arte nel dramma. E'
grazie a queste realizzazioni che la citta' puo' essere considerata qualcosa di
piu' di una ordinata accumulazione di fabbriche, magazzini, caserme, tribunali,
prigioni e centri di controllo: i monumenti della citta' storica ci ricordano
questa promessa non ancora mantenuta.
E' nella citta' che il lavoro specializzato diventa un'occupazione duratura,
per l'intera giornata e per l'intero anno; fu per la prima volta possibile
dedicare la vita ad un'occupazione particolare, anche se il lavoratore
specializzato veniva cosi' a perdere il controllo sulla vita nel suo complesso.
Funzioni finora riservate all'unita' familiare del villaggio (dormire, bere,
mangiare, parlare, accoppiarsi, insegnare) vennero col tempo ampliate e isolate
in certi edifici o quartieri dove venivano affidate a professionisti a pieno
impiego: locanda, taverna, mercato, tempio, scuola, bordello. La citta' divento'
una superfamiglia collettiva, diede forma specializzata, astratta, professionale
e collettiva a esigenze umane; la civilta' urbana rovescio' in parte il processo
biologico che ha permesso all'uomo di svilupparsi nel sistema nervoso piu' di
qualsiasi altra specie, proprio perche' e' rimasto non specializzato.
L'istituto della proprieta' e' una innovazione urbana, il patrimonio comune
era un bene personale del re, la cui vita ed il cui benessere si identificavano
con quelli della comunita'; i doni che il sovrano assoluto concedeva ai nobili
e seguaci sancirono le prime separazioni e divisioni della proprieta'.
5.
La citta' ellenica era piena di imperfezioni (non esisteva un piano
sistematico) ma aveva come nucleo l'acropoli: ogni manifestazione dell'esistenza
era pertanto sotto gli occhi di tutti. Roma si caratterizzava invece per
un'economia parassitaria (il parassitismo fu un'invenzione romana coi
"clienti") e per un sistema politico predatorio; introdusse imponenti
rituali (sadici) di sterminio ed una nuova istituzione urbana: il circo.
La famiglia urbana medievale si caratterizzava per l'unione intima di lavoro
e vita domestica, la chiesa era visibilmente presente in ogni comunita', la
citta' del medio evo aveva un carattere rurale e mancava di una divisione
funzionale dello spazio; con gli urbanisti barocchi le strade assumono una
pianta stellare verso il centro urbano. La casa diviene progressivamente un
organismo destinato solo al consumo: produzione e scambio avvengono altrove;
nasce cosi' la "casa privata", la donna perde contatto col mondo esterno,
si specializza in lavori domestici (serva) o in attivita' sessuali (cortigiana).
La nuova pianta urbana privilegiava come unita' fondamentale non piu' il
quartiere ma la strada, il corso.
La grande citta' equivale ad un museo, e' il miglior organo di memoria sinora
creato dall'uomo ed il miglior agente di valutazione e discriminazione.
Il capitalismo introduce le regole della piazza del mercato, universalizzate,
in ogni quartiere della citta': la borsa, la banca nazionale e il cambio sono
le cattedrali del nuovo ordine capitalistico, l'accento viene posto sul
regolare, il calcolabile, l'avventura speculativa e l'espansione ardimentosa. La
citta' commerciale ha una pianta reticolare, nessuna zona e' progettata per le
sue funzioni specifiche; dall'inizio dell'Ottocento la citta' non e' piu'
considerata un'istituzione pubblica ma un'impresa commerciale privata, il
problema della circolazione viene risolto col trasporto automobilistico privato
che e' la forma che permette il maggiore profitto finanziario. La demolizione
delle mura urbane diviene per l'economia di mercato insieme una necessita'
pratica ed un fatto simbolico; l'Autore propone l'immagine delle famiglie
nello spazio, e quanto piu' la popolazione si dissemina, il costo del distacco
spaziale e' sproporzionato ai presunti benefici: una vita buia, incapsulata,
vissuta sempre piu' dentro un'automobile o come folla solitaria davanti
ad un televisore; suburbia si nutre di linee telefoniche, radio e circuiti
televisivi, favorisce il conformismo tacito ed un nuovo assolutismo, invisibile
ma onnipotente.
6.
Toynbee distingue culture statiche e non creative nella sfera umana che pero'
producono invenzioni ed applicazioni tecniche ingegnose (materializzazione) da
culture piu' creative il cui apparato tecnico diminuisce di peso e volume e si
semplifica nel disegno e nel funzionamento (eterizzazione); il ritmo di vita
delle citta' sembra alternare continuamente materializzazione (stabilita') ed
eterizzazione (creativita').
Ebenezer Howard collauda modelli di citta'-giardino (Letchworth,
Welwyn), forme potenziali della citta' eterizzata del futuro: totalita'
unificate e non frammenti staccati di ordine urbano, con un numero limitato di
abitanti ma facenti parte di una costellazione piu' ampia di citta' sociale,
un'organizzazione politica e culturale in cui creare quelle strutture possibili
solo con un gran numero di abitanti (universita', ospedale specializzato,
orchestra sinfonica stabile). L'idea e' che molti dei servizi essenziali della
metropoli sono di fatto sottoprodotti della congestione stessa.
Le Corbusier inventa la citta'-giardino verticale, che alterna edifici
isolati e altissimi con spazi aperti non coltivati.
Henry Wright amplia il concetto di citta' equilibrata in quello di regione
equilibrata, riplasmata consapevolmente come un'opera d'arte.
Il teorema di Howard dice che ogni citta', associazione, organizzazione, ogni membro
della comunita', hanno un limite di sviluppo fisico; ne deriva il corollario
secondo cui ogni progetto
che intende superare tale limite deve essere trasposto in una forma eterizzata.
7.
Megalopoli sta diventando rapidamente una forma universale e l'economia
dominante e' un'economia metropolitana in cui nessuna iniziativa e' efficace
senza stretti legami con la grande citta'; i criteri del mercato e della
fabbrica vengono estesi alle altre istituzioni della metropoli, diventa
un'esigenza urbana fondamentale avere la piu' grande universita', il piu' grande
ospedale, la piu' grande banca, ecc. Benche' in espansione dinamica, questo
sistema diventa sempre piu' rigido e sempre meno capace di affrontare situazioni
nuove, anche se l'Autore afferma che la cultura moderna e' cultura mondiale, con
maggiori potenzialita' rispetto a qualsiasi civilta' precedente.
I fenomeni di agglomerazione e congestione sono provocati: le reti ferroviarie, per esempio,
furono progettate in modo da costringere passeggeri e merci a raggiungere la
metropoli prima di ogni altra localita'. La metropoli, precisa l'Autore, e' una
citta' storica cresciuta eccessivamente, e' una entita', mentre la conurbazione,
al contrario, e' una non-entita', e' una citta'-regione.
La forma della metropoli e' l'informita', la sua meta e' l'espansione senza
meta; attivita' umane spontanee come le chiacchiere quotidiane vengono
sostituite da qualche dozzina di professionisti che interpretano sui giornali o
per tv tutto cio' che
accade: nel mondo metropolitano le masse vivono per
interposte persone come lettori, spettatori, ascoltatori, osservatori passivi. I
problemi della metropoli sono riflessi di una civilta' in espansione con mezzi
scientifici e fini vuoti, primitivi e irrazionali; l'assoggettamento alla
macchina travolge le salvaguardie della vita e la stessa legge della
conservazione (incidenti automobilistici, potere nucleare).
Oggi non c'e' piu' bisogno di vivere in un grosso centro per partecipare ad
una particolare attivita': la citta' invisibile fa si' che
molte funzioni originarie della citta' siano state trasposte in modo da poter
essere trasportate con rapidita', riprodotte con mezzi meccanici, diffuse
elettronicamente e distribuite in tutto il mondo; cio' rendera' possibile
l'esistenza su vasta scala di associazioni interculturali e la nuova citta'-regione,
visibile e invisibile, ne diverra' lo strumento principale. Occorrera' una
visione del mondo piu' organica, per rendere giustizia a tutte le dimensioni
degli esseri viventi e delle personalita' umane.