Scheda bibliografica:

John C. Harsanyi
L'UTILITARISMO

(ed. il Saggiatore, Milano 1988)


1.
Il comportamento quotidiano degli individui e' regolato dalle preferenze (Prefazione, VII), che si distinguono in:
- preferenze personali (soggettive), che sono particolaristiche (gli interessi propri, della propria famiglia e degli amici intimi hanno un peso molto maggiore di quelli degli estranei);
- preferenze morali (etiche), che sono universalistiche (gli interessi propri e quelli altrui hanno lo stesso peso).
Gli individui sono guidati nelle loro decisioni e nei loro giudizi di valore e da preferenze personali (piu' o meno egoistiche) e da preferenze morali; le preferenze personali sono le preferenze di un individuo in condizioni normali, le preferenze morali si manifestano, magari di rado, quando l'individuo si impone atteggiamenti imparziali e impersonali, cioe' morali (pag.35). Accade cosi' che una distribuzione non egualitaria puo' essere disapprovata da un individuo (preferenze etiche) ed insieme preferita soggettivamente ad una piu' egualitaria (pag.147, nota).
La funzione di benessere sociale esprime le preferenze morali di un dato individuo, la funzione di utilita' quelle personali; una funzione di utilita' e' ordinale se consente di confrontare livelli di utilita', e' cardinale se consente il confronto anche delle differenze di utilita' (pag.39). Una funzione di utilita' cardinale e' anche ordinale (pag.40); noi tutti tentiamo di fare confronti interpersonali di utilita' per "empatia immaginativa" (pag.43), confronti che si basano sul postulato di similarita' della natura umana per cui, pur tenendo conto di tutte le differenze biologiche, sociali, educative e culturali, le reazioni psicologiche e il comportamento delle persone saranno simili in situazioni simili (pag.44). Rifiutare il postulato di similarita' e quindi i confronti interpersonali di utilita' significa negare agli altri individui di essere autocoscienti (pag.45); naturalmente, maggiori sono le differenze, maggiore sara' il margine di errore nel confronto (pag.151).

2.
Un'azione e' razionale se soddisfa criteri prefissati (pag.7): il modello mezzi/fini ne e' un caso speciale, che consiste nella scelta tra mezzi alternativi considerando dato il fine da perseguire; il modello preferenze/opportunita' li comprende entrambi come suoi casi particolari (modello mezzi/fini e soddisfacimento di criteri, pag.8).
La teoria generale del comportamento razionale viene ripartita dall'Autore in tre branche:
1) teoria dell'utilita', "teoria del comportamento razionale di un singolo individuo in condizioni di certezza, rischio e incertezza" (pag.11);
2) teoria dei giochi (interazione fra due o piu' individui); importante e' la distinzione fra giochi cooperativi (si possono assumere e far valere impegni quali promesse, accordi e minacce) e giochi non cooperativi (valgono solo gli accordi che si fanno rispettare da se', o punti di equilibrio, pag.15).
3) etica, che viene definita come la teoria "dei giudizi razionali di preferenza basati su criteri impersonali e imparziali" (pag.13), o teoria degli interessi comuni o del benessere generale della societa'.
Le decisioni sociali e quelle morali individuali coincidono solo in un caso speciale, quando vengono affidate ad un funzionario (pag.52); vi e' pero' il pericolo di abusi politici. La costituzione ottimale e' allora soprattutto un problema strumentale.

3.
L'utilitarismo offre un criterio pratico per risolvere i nostri dilemmi morali, utilizzando un solo postulato morale che e' la massimizzazione dell'utilita' sociale (pag.70).
L'utilita' sociale viene definita in termini di preferenze dei singoli (e' la media aritmetica di tutte le utilita' individuali, pag.70), seguendo il principio biblico e kantiano secondo cui dobbiamo trattare gli altri secondo i loro bisogni e le loro preferenze, aiutarli in cio' che essi vogliono, non in cio' che noi possiamo volere per loro o che pensiamo possa essere 'bene' per loro, sempre che le loro preferenze siano informate e non siano spurie o esterne (pag.69).
Le preferenze male informate sono basate su false credenze, un caso speciale di preferenze male informate sono le preferenze spurie, che sono basate sull'autoinganno; una preferenza spuria puo' divenire genuina: "una persona puo' da principio seguire i concerti per far colpo e finire per apprezzarli veramente" (pag.60). La tendenza all'autoinganno e' l'ostacolo principale ai confronti interpersonali di utilita' nell'arte, nella letteratura, nella politica (pag.61).
Harsanyi distingue le preferenze personali di un individuo (come vuole che lo si tratti) dalle preferenze esterne (come vuole che gli altri vengano trattati): la moralita' utilitarista chiede a ciascuno di rispettare le preferenze esterne relativamente a se stessi. Per costruire la funzione di utilita' sociale, vanno trascurate sia le preferenze esterne malevole che quelle benevole, altrimenti verrebbe violato il principio del pari peso degli interessi degli individui, principio fondamentale nella moralita' utilitarista (pag.64).
Le preferenze possono essere accettate oppure si puo' cercare di cambiarle: secondo l'autore, le preferenze (implicite o esplicite) che cerchiamo di cambiare hanno la precedenza sulle altre (pag.62).
Le preferenze antisociali sono basate su invidia, risentimento, sadismo, malvagita'; poiche' la base dell'utilitarismo e' la benevolenza, la richiesta altrui di soddisfare preferenze antisociali puo' far rivendicare lo status di obiettore di coscienza (pag.63).
Le azioni altruistiche e le preferenze trascendenti (che non sappiamo se si realizzeranno e comunque non saremo presenti in quel momento, pag.57) sono esempi di comportamenti che vanno oltre l'utilitarismo edonistico (ricerca del piacere ed eliminazione del dolore).
I doveri morali in una societa' ideale indicati dalla filosofia morale sono diversi da quelli indicati in una societa' lungi dall'essere ideale (es. una societa' di imbroglioni, pag.87). La societa' puo' comprendere agenti utilitaristi ma anche agenti che seguono altri codici morali (ideologie politiche, religiose, tradizioni) o non seguono alcun codice morale.

4.
L'utilitarismo delle regole sostiene che il criterio utilitarista non va applicato ai singoli atti, alle singole azioni individuali ma alla regola morale che li governa (pag.72); la regola moralmente corretta dara' "la massima utilita' sociale a lungo andare se tutti vi si conformano nel tipo di situazione considerato" (pag.72): l'utilitarismo delle regole vincola gli agenti a seguire la stessa strategia (pag.82).
Kant negava eccezioni alle regole morali fondamentali, l'utilitarismo delle regole impone di identificarle sempre per massimizzare l'utilita' sociale; viceversa, in una societa' modellata sull'utilitarismo degli atti ciascuno si sottrarrebbe ai propri obblighi se tale comportamento facesse aumentare anche di poco l' utilita' sociale (pag.101).
L'utilitarismo delle regole si pone a meta' strada fra le teorie deontologiche e l'utilitarismo degli atti: da' una giustificazione razionale alle componenti deontologiche della moralita' e d'altra parte riconosce (come l'utilitarismo degli atti) che l'utilita' sociale e' il criterio che giustifica le regole, i diritti, gli obblighi morali (pag.101).
L'esproprio e' giustificato dall'utilitarismo degli atti se i sacrifici di alcuni sono inferiori anche di poco ai benefici tratti dagli altri, mentre per la moralita' di senso comune la differenza deve essere molto significativa ed in certi casi giustificata da situazioni di emergenza (pag.96); l'utilitarismo delle regole si schiera dalla parte della moralita' tradizionale, come nel caso in cui nel destinare risorse si debba scegliere fra l'educazione dei propri figli e bisogni urgenti di bambini meno abbienti (pag.97).

5.
L'approccio contrattualista secondo l'Autore e' invece circolare: il contratto sociale (che tra l'altro e' ipotetico) si basa sulla regola morale secondo la quale i contratti vanno rispettati, che pero' non si puo' giustificare dal contratto sociale ipotetico (pag.102).
Uguaglianza, giustizia, equita' "non sempre possono essere il criterio decisivo per prendere decisoni politiche" (pag.108). Il principio di maximin porta a decisioni pratiche spesso inaccettabili (pag.112); al contrario, il principio di massimizzazione dell'utilita' prevista viene proposto dalla scuola bayesiana come "regola di decisione appropriata in condizioni di incertezza" (pag.111)
Anche le conseguenze morali del principio di differenza sono spesso inaccettabili, in quanto impone sempre la priorita' degli interessi dell'individuo piu' svantaggiato, anche in circostanze estreme (pagg.114-115). L'Autore, seguendo la tradizione utilitarista, propone una teoria basata sul principio dell'utilita' media (pag.118).
Il principio morale che assegna lo stesso peso 'a priori' agli interessi di ciascun individuo, giustifica l'assunzione di equiprobabilita'; al contrario, "l'uso del maximin nella posizione originaria equivale ad assegnare probabilita' unitaria (o quasi) all'eventualita' di occupare il posto dell'individuo che sta peggio nella societa' " (pag.121); il rovesciamento dell'argomento di Rawls, secondo l'Autore, lo renderebbe piu' convincente.

6.
Per gli utilitaristi la moralita' non e' il valore piu' alto della vita umana (Kant) ma e' un mezzo per realizzare altri fini (pag.103): la grande fedelta' a valori morali si sposa spesso col fanatismo morale, una societa' sana ha bisogno di motivazioni altruistiche ed egoistiche, opportunamente equilibrate (pag.131).
I cittadini che perseguono interessi corporativi spesso sono giudici non imparziali ma bene informati mentre, secondo l'Autore, "una societa' in cui tutti trascurino i propri personali interessi preoccupandosi di continuo di quelli altrui probabilmente non sarebbe molto stabile - e nemmeno molto felice" (pag.131).
Il codice morale utilitarista da' uguale peso a priori agli interessi legittimi di ogni persona, giudicandone l'importanza con criteri simili a quelli del senso comune, evitando di applicare regole di priorita' rigide, artificiali (pag.133): regole meccaniche e semplicistiche non possono tener conto della complessita' dei dilemmi morali, e spesso portano a scegliere soluzioni sbagliate e discriminatorie (pag.127).
Le regole morali possono essere interpretate come imperativi ipotetici (pag.68). La scala (micro e macro situazioni) non e' una variabile importante in etica (pag.134).

Schede bibliografiche

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