Teoria Politica, di Gianpiero Magnani

LE FORME DEL SOCIALE

INTRODUZIONE


Oggetto di questo libro è il concetto di comunità.
L'organizzazione comunitaria della vita collettiva è stata descritta, in una prospettiva filosofica e sociologica, da Tonnies in Comunità e Società.
Secondo Tonnies, la comunità è un'associazione naturale e organica fra individui, che si contrappone in primo luogo alla società, associazione artificiale e recente. Entrambe sono forme di organizzazione del sociale, e sono le uniche che Tonnies considera: manca, in altre parole, il riconoscimento dello Stato come forma autonoma di organizzazione collettiva.
Tonnies fonda la comunità sulla convivenza durevole, intima ed esclusiva degli individui. La vita comunitaria si basa sulla comprensione reciproca (consensus), è intima (confidenziale) ed esclusiva; all'opposto, la vita societaria è razionale, pubblica (la società è il pubblico, il mondo), costituita da legami apparenti e passeggeri.
Le forme più primitive di comunità sono costituite dal rapporto madre-bambino, dal rapporto uomo-donna e dal rapporto tra fratelli; ne risultano perciò tre tipi ideali di comunità: la comunità parentale o comunità di sangue, la comunità coniugale o comunità di luogo, la comunità amicale o comunità di spirito.
In questo libro non seguiremo Tonnies: il nostro obiettivo sarà quello di costruire uno schema teorico di organizzazione comunitaria del tutto particolare; ci occuperemo di un certo tipo di comunità, uno tra i tanti possibili.
Sono numerosi e assai diversi tra loro i sistemi sociali storicamente esistenti o esistiti, ed anche i modelli teorici elaborati dagli studiosi, che si possono raggruppare nella comune categoria della "società"; numerosi altri, come vedremo, è possibile comprendere nella comune categoria dello "stato". Allo stesso modo, il concetto di comunità, senza alcuna precisazione aggiuntiva, ci dà solo approssimativamente l'idea di quante e quali organizzazioni collettive possono essere ricomprese nel suo ambito.
Lo schema teorico che analizzeremo in questo libro può essere considerato come un caso particolare di comunità nel senso di Tonnies; ci occuperemo, infatti, solo della comunità fraterna, o di spirito, o amicale, tralasciando le altre forme possibili di comunità, come la comunità parentale o di sangue, e la comunità coniugale o di luogo, o di vicinato.
Inoltre, la comunità che prenderemo in esame coincide solo per grandi linee all'idea di Tonnies; come per lui, la nostra comunità si presenta come un rapporto, un legame fortemente sentito dai suoi partecipanti: la vita comunitaria è intima (confidenziale) e fondata sulla comprensione reciproca, ma può non essere durevole o, più precisamente, il rapporto che lega ciascun individuo al gruppo comunitario non deve essere necessariamente durevole; inoltre, la vita comunitaria che considereremo non è esclusiva.
Queste due differenze fondamentali, tra la visione comunitaria di Tonnies e lo schema che esporremo in questo libro, derivano dall'assunzione da parte nostra di un principio che non trova posto nella costruzione teorica di Tonnies: il principio della partecipazione volontaria degli individui alla vita della comunità.
Supporremo, cioè, che ciascun individuo sia libero di rinunciare in ogni momento al proprio status di membro della comunità di cui fa parte, per uscirne senza traumi ed, eventualmente, entrare a far parte di una comunità diversa.
Questo principio presuppone una visione dell'organizzazione comunitaria sostanzialmente diversa da quella che ebbe Tonnies: mentre, infatti, egli contrappone alla Società una sola Comunità, che considera come principio regolatore dei rapporti fra tutti gli individui appartenenti ad un certo gruppo sociale, noi porremo di fronte alla Società (ed allo Stato) non una, ma un sistema di comunità, cioè un modello di organizzazione sociale costituito da tante strutture collettive di tipo comunitario.
Inoltre, mentre per Tonnies la comunità è un sistema sociale naturale, al quale gli individui appartengono per lo più per nascita (come succede, ad esempio, per la famiglia), noi ci rifaremo ad una concezione artificiale della realtà collettiva riprendendo, in questo, la tradizione contrattualista: considereremo, in altre parole, il sistema comunitario come un insieme di comunità alle quali ciascun individuo partecipa esclusivamente per volontà propria, libero da costrizioni o pressioni che vengano esercitate su di lui dall'esterno. Considereremo lo stesso sistema comunitario come una costruzione artificiale voluta dai propri membri e, almeno in questo libro, non ci preoccuperemo del problema costituito dalla conciliazione fra progetto teorico e realtà storica; di questo problema ci occuperemo però solo nell'ultimo capitolo del libro, quando cercheremo di inserire lo schema comunitario (opportunamente modificato) nella realtà quale noi la conosciamo.
Scopo del libro sarà quello di dimostrare come il sistema comunitario possa soddisfare alcuni bisogni esistenziali fondamentali degli esseri umani meglio di quanto possano fare le forme societarie e statuali di organizzazione sociale.
Possiamo assumere fin d'ora (ma ne parleremo nel corso del libro) che il sistema sociale "Società", ed in particolare le forme storiche più evolute di tale sistema, cioè le società capitalistiche e le "tecnostrutture", siano le organizzazioni collettive che meglio si prestano per soddisfare le necessità materiali degli individui: sono tanto efficaci, da creare esse stesse continui bisogni che le perpetuano in una spirale di produzione crescente e senza fine; supponendo che il criterio-guida utilizzato per soddisfare i bisogni di esistenza degli uomini sia quello dell'avere, il sistema "Società" è preferibile.
Assumiamo inoltre che l'organizzazione collettiva "Stato" possa migliorare l'efficienza della Società (capitalistica) nel produrre e distribuire merci, attraverso opportuni interventi di politica economica e di giustizia sociale, e che perciò lo "Stato" possa elevare ulteriormente il livello di desiderabilità che questo sistema può fornire agli individui nella "modalità esistenziale dell'avere" (il termine è di Erich Fromm). Quest'ultima considerazione è valida, però, solo se concepiamo lo Stato come un'organizzazione dipendente dalla Società; qualora invece lo Stato divenga il principale protagonista del sistema sociale, come ad esempio succede nei paesi governati da regimi autoritari o totalitari, in questo caso l'unico tipo di desideri che il sistema sarà in grado di soddisfare pienamente saranno quelli che implicano rapporti di dominio-sottomissione: nella modalità esistenziale sado-masochista, l'organizzazione sociale "Stato" è preferibile.
A fondamento del sistema "Società" troviamo il mercato e le leggi dell'economia; a fondamento del sistema "Stato" troviamo la forza militare, il potere di imporre l'ordine e di sanzionare, gli eserciti e le gerarchie.
Assumiamo, infine, che il sistema comunitario da noi analizzato nelle pagine che seguiranno si situi ad un livello più basso di capacità produttiva rispetto alla Società, e ad un livello molto più basso di soddisfazione sado-masochistica rispetto allo Stato, ma ad un livello più alto di efficacia nel soddisfare un'altra specie di bisogni, che comprenderemo nella "modalità esistenziale dell'essere".
Affinchè quest'ultima assunzione sia sostenibile, è necessario introdurre un corollario al principio-base della partecipazione puramente volontaria degli individui alla vita della comunità: essi partecipano (volontariamente) alla vita comunitaria per perseguire obiettivi extra-economici che danno loro soddisfazione, e che non corrispondono ai motivi sado-masochistici. Questi ulteriori obiettivi o desideri che, nel nostro schema teorico, inducono gli individui a scegliere la vita comunitaria, e ad organizzarsi volontariamente in comunità, sono di natura creativa, conoscitiva e partecipativa.
Il sistema comunitario si situa ad un livello più alto, rispetto a Società e Stato, nella capacità di soddisfare i desideri di creatività, conoscenza e partecipazione spontanea degli individui; e scopo di questo libro è anche quello di dimostrare come sia possibile concepire un'organizzazione collettiva capace di perseguire tali obiettivi.
Per riassumere, possiamo suddividere tutte le forme di organizzazione collettiva degli individui in tre grandi categorie sociali, o sistemi-tipo, ciascuna delle quali è in grado di soddisfare pienamente una particolare specie di desideri facenti parte della personalità globale di un essere umano, ed e' in grado di fare ciò meglio di quanto potrebbero fare, per quella particolare specie di desideri, le altre due categorie, rispetto alle quali questa massimizza la soddisfazione: la Società è in grado di massimizzare la soddisfazione dei bisogni economici degli individui, necessari o artificiosi che siano; lo Stato massimizza la soddisfazione dei bisogni di dominio e di sottomissione; la comunità (il sistema comunitario) massimizza i bisogni di spontaneità degli individui: bisogni di creatività, di conoscenza, di cooperazione volontaristica, di solidarietà, di amicizia e di amore.
Possiamo tracciare una linea di congiunzione fra considerazioni psicologiche (modalità esistenziali) e sociologiche (organizzazioni collettive), stabilendo le seguenti uguaglianze fondamentali:

    modalità esistenziale dell'avere = Società
    modalità esistenziale sado-masochista = Stato
    modalità esistenziale dell'essere = Comunità
Tutte e tre le modalità esistenziali fanno parte della personalità globale di ciascun individuo, sia pure in misura diversa da persona apersona e da circostanza a circostanza; tutte e tre le forme di organizzazione collettiva sono individuabili in ciascun sistema sociale, ma con intensità diversa a seconda dei regimi di governo, delle tradizioni culturali, delle strutture economiche, ecc.
La triade, sia che la consideriamo dal punto di vista psicologico e individuale, sia che la consideriamo da quello sociologico e collettivo, fa parte della "natura umana".
Parte di questa natura, però, è anche la capacità di scegliere quale delle componenti della triade vada considerata prevalente: questa capacità è la stessa capacità politica dell'uomo, la sua capacità di trasformare l'ordine e naturale e sociale delle cose. Da questo punto di vista, l'idea che l'organizzazione collettiva sia una costruzione artificiale si risolve come un caso specifico della natura dell'uomo: la capacità di costruire sistemi artificiali fa parte della natura umana; l'artificialità delle nostre costruzioni sociali è una conseguenza della nostra natura.
Non esiste, quindi, una regola storica, un criterio obiettivo per stabilire, a priori, quale forma di organizzazione sociale e quale modalità esistenziale potranno prevalere nel lungo corso di sviluppo di un sistema sociale. Il comportamento umano non è prevedibile: tutto è continuamente scelto e tutto, continuamente, è messo e rimesso in discussione. La storia umana è il prodotto naturale di una serie articiale di decisioni.

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