Bertrand Russel sosteneva un tempo che i fini ultimi dell'uomo possono essere riassunti nei concetti di potere, regno e gloria.
Aspirazione massima di ciacuno sarebbe dunque quella di possedere l'intero universo (avere regno), di soddisfare ogni proprio desiderio (avere potere), di essere ricordato per l'eternità (avere gloria). L'uomo vorrebbe essere Dio: onnipotente, onnipresente, eterno.
Conoscere è potere: quanta più conoscenza un individuo o un gruppo avrà accumulato, tanto maggiore sarà il suo potere di trasformazione. Il dio onnipotente è anche onniscente: egli comprende tutto, sa tutto; in questo sta il suo potere.
La conoscenza, che è capacità di in-formare, sta anche alla base del "regno": è creatività.
Conoscenza e creatività costituiscono l'altra faccia della medaglia del potere e del regno. Nella dicotomia avere-essere di Erich Fromm, si potrebbe affermare che potere e regno costituiscono due aspetti fondamentali della "modalità esistenziale dell'avere": io ho potere, io ho regno; conoscenza e creatività, viceversa, sono riconducibili alla modalità esistenziale dell'essere: io conosco, io creo.
Possiamo allora esaminare in una nuova luce anche il terzo elemento della triade esistenziale considerata: la gloria. Anche il concetto di gloria, come già quelli prima considerati, assume un significato "avalutativo", è privo di valore: non conta infine il motivo, positivo o negativo che sia, per cui si è ricordati, ma il semplice fatto di suscitare il ricordo, di "passare alla storia". In questo contesto, gloria ed eternità assumono un significato neutro nella sostanza e relativo nel tempo: siamo noi che glorifichiamo e che perciò rendiamo "eterno" qualcuno, e lo facciamo attraverso il nostro ricordo.
La collettività tutta ricorda i propri sovrani, coloro che hanno imposto il loro sistema di valori e ne hanno fatto regole di vita, lo schema di riferimento nel quotidiano; l'individuo, la singola persona, ricorda coloro che hanno modificato il proprio essere, che hanno segnato e significato momenti importanti nella propria vita. La storia toglie dall'anonimato quegli individui che hanno saputo compiere scelte ed imporle agli altri, indipendentemente dal giudizio che ieri si è dato, che oggi si dà e che domani si darà al loro operato. Non che questi giudizi non contino, ma è un fatto che la singola persona, ed il gruppo sociale cui appartiene, toglie dall'anonimato della vita quotidiana quegli individui che essa stessa, non importa per quale ragione, riconosce e ricorda. L'individuo ricorderà il padre e la madre, insieme al proprio gruppo sociale ricorderà l'amico ed il nemico.
Ciascuno di noi è eterno, glorificato, immortale nella misura in cui qualcuno lo ricorda; l'umanità intera ricorda i santi e i tiranni, il singolo uomo, ed il suo gruppo sociale, ricordano i propri amici ed i propri nemici. La gloria, come già il potere e il regno, può assumere intensità differenti: in questo senso, non c'è bisogno che io diventi santo o tiranno perchè venga glorificato; finchè c'è qualcuno che pensa a me, che mi ricorda, io sono eterno, anche dopo la mia morte: la preghiera davanti alla tomba rende colui che è morto ancora unito a noi, ancora vivo; tramite il mio ricordo, il mio pensiero, la mia attenzione, egli rimane presente nel mondo, è "eterno".
La parola "eterno" suscita un senso di presenza atemporale: è eterno solo ciò che è senza tempo, che viene ricordato per sempre. Ma al concetto di eternità può anche essere attribuito un significato altamente soggettivo: finchè una persona è ricordata da altre persone, essa è eterna, e nulla si può dire sul "quando" il ricordo verrà a cessare: nell'istante di tempo, una persona può essere "eterna" anche se nel periodo, nell'intervallo di tempo può non rivelarsi tale. Dunque, gloria come effettivo ricordo altrui, ma anche come "eternità nell'istante".
Aspirazione profonda di ciascun individuo è quella di sentirsi glorificato, di essere consapevole dell'esistenza di qualcuno che lo ricordi; sua aspirazione è anche quella di sopravvivere alla sua stessa morte, attraverso propri discendenti. Con il ricordo, l'individuo è eternamente vivo, è eternamente presente.
L'aspirazione positiva di essere nella vita di qualcun altro, spinge l'individuo a quel tipo di azione che possiamo definire "l'altra faccia della medaglia" della ricerca di gloria: la partecipazione.
Le modalità esistenziali dell'essere e dell'avere rivelano ora la loro immagine completa: potere, regno e gloria contro conoscenza, creatività e partecipazione.
Avere ogni potere significa riuscire a soddisfare ogni desiderio (proprio e altrui); quindi, anche avere regno; quindi, anche avere gloria. La conoscenza in sè, come sapere puro, non ha alcun significato esistenziale; perchè essa possa assumere valore, è necessario che conduca alla creatività, ed alla creatività insieme agli altri.
Conoscere il pensiero degli altri è il primo passo per costruire un pensiero proprio; sapere senza in-formare se stessi è attività sterile.
Ma conoscenza è anche consapevolezza della realtà; e chi ne è consapevole, inevitabilmente desidera cambiarla in qualche punto, trasformarla in qialche aspetto secondo i propri giudizi ed i propri gusti: lo scultore conosce l'arte e crea opere d'arte. Tuttavia, ciò non gli può bastare: che senso avrebbero, infatti, conoscenza e creatività per un individuo che vivesse solo, senza mai avere la possibilità di entrare in contatto con altri esseri umani? Immaginiamo per un attimo quest'uomo, che si trova in un mondo con tecnologie sofisticate e biblioteche che abbracciano conoscenze sconfinate; egli può apprendere tutto, ed ha i mezzi per creare ogni cosa, eccetto i propri simili.
Nel paradiso della conoscenza e della creatività egli si trova solo, isolato, privo di qualsiasi contatto con altri individui; e non può riprodursi, non può clonare se stesso per creare altri suoi simili.
Quest'uomo non vivrà a lungo nell'eden dell'intelletto e del benessere materiale: se non riuscirà a fuggire, impazzirà o si toglierà la vita. Robinson Crusoe poteva sopravvivere su un'isola deserta perchè era sostenuto dalla speranza di poter, un giorno, tornare, a vivere con gli altri suoi simili; e Venerdì fu la materializzazione più immediata di questa speranza.
Conoscenza e creatività, dunque, non hanno significato alcuno se astratte dal contesto sociale; che senso ha, infatti, sapere e costruire, o anche semplicemente avere (avere potere e regno) se non è possibile comunicare ad altri ciò che noi sappiamo, facciamo o abbiamo? Quanto valgono una casa, un palazzo, una città intera in un mondo abitato da un solo essere umano?
L'uomo è un animale sociale, ed ogni suo sforzo, ogni sua attività è priva di significato e di valore qualore venga astratta dall'ambito sociale.
La partecipazione con altri individui alla vita sociale è ciò che dà valore e significato ad ogni attività umana, è ciò che giustifica le attività conoscitive e creative, così come ogni attività volta a conseguire maggiore potere e maggiori averi. Potere e regno, conoscenza e creatività, sono nulla senza partecipazione.
La forma più semplice, più comune, più immediata e più spontanea di partecipazione è l'amicizia: essa ci permette di dare volto e personalità ad un nostro simile, di trarlo dall'anonimato della folla e di fissarlo nella nostra mente tramite il ricordo. L'amico non è solo un individuo particolare, distinto dalla massa; egli è "colui che è", è qualcosa di speciale, di straordinario, è senza tempo; rimane come tale nel tempo, sopravvive alla distanza e se non esistesse, la mia intera esistenza ne sarebbe impoverita. L'amico, il vero, autentico amico, è l'eccezione; esiste al di fuori della quotidianità, della routine; il suo essere, ed il valore che noi gli attribuiamo, è un'esperienza di "stato nascente".
Conoscenza, creatività e amicizia sono il fine ed il fondamento della vita comunitaria, così come potere, regno e gloria sono obiettivi comuni degli individui nelle società e negli stati sovrani. La società e lo stato sono le forme sociali dell'avere, la comunità è la forma sociale dell'essere.
La comunità pura, come forma sociale, è probabilmente un'utopia, ma è certamente anche un archetipo che da tempo immemorabile preme sugli uomini per convincerli che è possibile almeno tentare di costruire un mondo nuovo e migliore. Lo spirito umanista, o costruttivista, come lo si vuole chiamare, fa parte del nostro intimo essere; è esso che ci fa lavorare alacremente per ricercare quegli elementi che possono dare un volto migliore alla nostra esistenza su questa terra, quegli elementi che conducano ad uno stato nascente quotidiano che manifesti le sue immense possibilità esistenziali, la sua pienezza di vita.
E' nello spirito umanista e costruttivista che questo libro è stato concepito, come un contributo alla riflessione ed all'approfondimento di quei principi etici che si rivelano essenziali nello svolgimento della nostra vita quotidiana -individuale e collettiva- e che plasmano la nostra storia, quella passata, quella presente e, ancor di più, quella futura.