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RADIAZIONE AD ALTA QUOTA

U N A   R A D I O AT T I V I T À   C O S MI C A
di Marco Arcani

Le astroparticelle sono particele sub-nucleari emesse da diverse sorgenti nel cosmo tra cui supernove e buchi neri, l’impatto di queste particelle sull’atmosfera terrestre, provoca una pioggia ininterrotta di moltissime altre particelle, una vera doccia radioattiva che si propaga dalla stratosfera fino al suolo. A livello divulgativo questa radiazione viene di solito e giustamente etichettata dagli esperti come innocua, perché tra i compiti principali di uno scienziato o di un divulgatore scientifico vi è quello di diffondere la conoscenza senza alimentare inutili preoccupazioni. Nel presente articolo viene esposto con metodo scientifico il fenomeno dei raggi cosmici dal punto di vista radioattivo per capire quale sia la realtà dei fatti e quali i rischi reali per chi frequentando alti lidi è esposto a questa radiazione; con riferimento per esempio alle guide alpine che stazionano per lunghi periodi in alta montagna. Alcuni rilevamenti dell’autore suggeriscono infatti che la radiazione aumenta sensibilmente sopra i 3000 m di quota; i valori di radiazione ad alta quota e in varie località ricavate da un sofisticato modello di calcolo, ci permettono di capire se e quanto può essere pericolosa la radiazione cosmica in alta montagna.

LE MISURE IN VETTA

Misurando con dosimetri la dose di radiazione assorbita in montagna si può notare che fino a 3000 metri non si riscontrano grandi differenze rispetto a quote più basse, questo perché la radiazione totale che lo strumento rivela è la somma di quella cosmica più quella terrestre (dall’aria e dal suolo). A livello del mare quella cosmica incide di un valore intorno a 11% sul totale, ma salendo in quota la percentuale aumenta progressivamente. Quella terrestre invece varia a seconda del tipo di suolo e della qualità dell’aria. Sopra i 3000 m comunque l’aumento di radiazione dovuta ai raggi cosmici è sensibile e persistente (figura 12), per questo l’indagine si focalizzerà su vette dai 3000 metri in su. I luoghi presi in considerazione sono rifugi e basi scientifiche o di appoggio per scalate, abitualmente frequentati. In questi siti il soggiorno per i visitatori può durare giorni o mesi, mentre per le guide montane e i ricercatori anche tutto l’anno. La tabella 2 raccoglie le località considerate con i valori di radiazione cosmica misurati espressi sia in μSv/h che in mSv/h. Da questa analisi emerge immediatamente la dipendenza della radiazione con l’altitudine. L’effetto di latitudine (geomagnetico) invece si può notare se si confrontano i valori della Capanna Regina Margherita (45°N) con quelli del South Base Camp sull’Everest (28°N) dove i livelli di radiazione sono praticamente gli stessi nonostante gli oltre 800 metri di differenza di quota. L’effetto geomagnetico è altrettanto evidente se si confrontano i valori registrati per il rifugio Kibo Hut del Kilimangiaro, nella zona equatoriale (3°S, 4700m), con quelli ad un’altitudine simile ma più a nord come ancora la Capanna Regina Margherita (45°N, 4556 m): qui la radiazione è del 31% superiore rispetto a quella del Kibo Hut. I valori in tabella ci dicono anche che l’effetto di latitudine è evidente solo ad alta quota, infatti nella base russa al Polo Nord la radiazione ha il livello più basso in assoluto nonostante la barriera geomagnetica sia inesistente, questo semplicemente perché la base è situata al livello del mare. Infatti una simulazione nello stesso luogo ma ad una quota pari a quella della Capanna Margherita ha mostrato valori di 0,50 μSv/h. Infine è interessante il confronto tra i valori realmente misurati all’osservatorio Testa Grigia con quelli riportati in tabella 2. Quelli misurati rasentavano i 0,20 μSv/h (grafico C1 di figura 12) mentre quelli previsti da CARI 6 sono di 0,22 μSv/h, un risultato sottostimato dallo strumento ma buono, se si considera che il dosimetro non è nato per misurare esplicitamente i raggi cosmici. Per quanto riguarda gli aspetti pratici, i valori della tabella 2 si possono utilizzare per simulare una permanenza in un alloggio di quelli elencati (o con caratteristiche geografiche simili) e calcolare la radiazione totale nel periodo considerato. Ad esempio soggiornare per un mese al rifugio Quintino Sella (Monte Rosa), all’osservatorio Sphinx dello Jungfraujoch o alla base concordia in Antartide (anche se quest’ultima differisce di 0,01 μSv) fa assorbire una radiazione pari a 172,8 μSv o 0,1728 mSv (720 ore in un mese moltiplicato per il valore 0,24 della tabella 2), i valori potrebbero essere anche superiori se ci fosse in corso un’attività solare intensa. Per limitare i rischi l’attività del Sole può essere valutata in previsione di una escursione o di una spedizione controllando i valori forniti in tempo reale da NAIRAS. Soggiornare negli stessi luoghi considerati sopra per un anno intero fa assorbire 2,07 mSv di radiazione. Questo valore è abbastanza alto se si considera che la dose annua totale raccomandata non dovrebbe superare 1 mSv. Figure e tabelle fanno riferimento all'articolo completo su astroparticelle.it

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