egli anni dal
59 al 67, l'impegno economico del Regno (e le guerre-3) ha fortemente indebitato l'erario e
il presidente del consiglio si vede costretto a stringere la cinghia del
paese. A Rattazzi è succeduto Menabrea che promulga la tassa sul macinato
(il progetto prevede che in ogni mulino si monti un contatore
all'albero della macina, e per ogni giro si riscuota una certa
cifra a partire dal gennaio 1869 !!!).
Ne
nascono disordini
concentrati in Emilia a Gattatico e Campegine di Reggio, a Soragna e
Fidenza di Parma e a S. Giovanni in Persiceto di Bologna. Alla fine
degli scontri con l'esercito si contano
257 morti e oltre 1000 feriti. Nelle legazioni (ex romagna papalina) si
arriva ad inneggiare al Papa,
all'Austria del buon governo anche se salato e
perfino a Francesco V di Modena, una unità sentita e condivisa quanto
quella del Sud che aveva scatenato a Palermo la rivolta del settembre
1866. Palermo (e la Sicilia già colpite dal Colera) restò in mano dei
rivoltosi (oltre 30.000) per 7 giorni D'ispirazione repubblicana è invece una banda che
imperversa
nel Reggiano, i fratelli Filippo e Secondo Manini figli di Angelo*
Mazziniano della prima ora. Per fare affluire
altri soldi alle casse dello stato, si vendono i latifondi
ecclesiastici. La politica dell'economia
fino all'osso prosegue, con il governo Sella, con metodi ancora più coercitivi
ed organizzati. Dopo la IIa guerra d'indipendenza e la
spedizione dei mille, l'unità d'Italia è quasi completa. Mancano
sì ancora il Lazio e la città eterna, ma è solo una questione di tempo e di diplomazia.
Roma, per ora, non può essere annessa senza spargimento di
sangue. Napoleone III, deve mostrarsi inflessibile,
anche per riguardo al forte partito dei cattolici francesi.
Dal 1848 s'andava
sempre più affermando con le nuove dottrine sociali il concetto d'autodeterminazione
e il sogno di governi più democratici.
Sotto questa visuale l'Impero Austro-Ungarico è il più debole, poiché
conta nei suoi territori, nazionalità diverse come cechi, slovacchi, ungheresi, italiani,
croati e sloveni etc.... Luigi Napoleone prima presidente della
repubblica francese poi imperatore come lo zio (e
per questo considerato un traditore della libertà), non ha
mai digerito gli accordi del congresso di Vienna del 1815. La sua
partecipazione alla guerra di Crimea, a quella Italiana e
all'avventura messicana, sono un segnale della grandeur da cui ancora una
volta i francesi sono attratti. L'aiuto, dell' Imperatore Francesco Giuseppe, gli
serve ora che alle frontiere del Reno si sta mobilitando la nuova
Germania del Cancelliere Bismarck. Una crisi di rapporti fra la Francia e la Germania, sulla
successione al trono di Spagna, è la scintilla che fa scoppiare la guerra.
I francesi si sentono sicuri, contano sull'aiuto degli italiani, in
segno di riconoscenza !!, e su una parziale collaborazione
dell'Austria. Mai considerazione fu più azzardata: gli italiani lo
odiavano e gli austriaci ne avevano già prese abbastanza 4 anni prima
(Francesco Giuseppe sapeva che il il suo impero era
legato ormai a un filo e il trucco consisteva nel farlo durare il più a
lungo possibile prima di sottomettersi ai tedeschi).
Napoleone III non aveva fatto i conti con la
macchina militare tedesca del generale Von Moltke e sul forte sviluppo
industriale che ne era alla base. I
moti insurrezionali istigati da Mazzini ed attuati nel corso degli anni
come si sa
non
ebbero mai successo. L'ultimo, del maggio 1870 (proclamazione in
Calabria della repubblica di Maida-Lamezia da parte di 300 garibaldini
ufficiosi) fallisce miseramente. Mazzini
entra (di nascosto) ed
esce spesso dall'Italia,
sempre sotto l'attento sguardo della
polizia sabauda che decide di volta in volta se arrestarlo o no.. Per toglierlo di mezzo in un
frangente tanto delicato come questo, la polizia l'arresta
a fine Agosto
a Palermo e l'interna a Gaeta.
*Da
enciclopedia Treccani .... nella campagna elettorale per la IX
legislatura, Angelo Manini sostenne la candidatura di Grilenzoni a
deputato per il collegio di Reggio Emilia, impegnandosi in una infuocata
contesa con l'Italia centrale, organo (Quotidiano) dei moderati. La sera
stessa delle elezioni (22 ott. 1865), che videro la sconfitta di
Grilenzoni, il direttore dell'Italia centrale A. Volpe venne ferito a
colpi di coltello: tra gli altri, furono implicati nell'aggressione i
figli del Manini, Filippo e Secondo. Il processo, svoltosi nel luglio
1866 presso la corte d'assise di Reggio Emilia, si concluse con la piena
assoluzione degli imputati difesi da Francesco Crispi. I figli del M.
furono di nuovo protagonisti nel gennaio 1869, quando, inserendosi nella
sollevazione della popolazione contadina di Casina (piccolo centro del
Reggiano) contro la tassa sulla macinazione dei cereali da poco entrata
in vigore, diedero vita a una banda che contò fino a una sessantina di
unità. Pressati dai carabinieri, gli insorti (che si facevano consegnare
dai mugnai i proventi della tassa sul macinato per riconsegnarli ai
contadini) si dettero alla macchia. Il M., sebbene avesse vivamente
sconsigliato i figli dal cavalcare i tumulti contadini (nei quali
scorgeva le mene del partito reazionario), fu incarcerato nel marzo 1869
e rilasciato solamente nel dicembre successivo, dopo l'arresto dei figli
(i quali tornarono in libertà dopo la liberazione di Roma). Il Manini
Angelo fu invece l'ispiratore diretto della banda, capitanata da G.
Pomelli, che operò nel maggio 1870 sui monti del Reggiano: nata con
l'obiettivo di suscitare una vasta sollevazione in favore della
Repubblica e finita nel nulla per l'indifferenza della popolazione. Dopo
la presa di Roma, dello stesso anno il M. si ritirò a vita privata,
trascorrendo gli ultimi anni in condizioni di estrema indigenza, dal
momento che il suo discreto patrimonio era stato depauperato
dall'attività cospirativa e, soprattutto, dai vari processi subiti dai
figli. Il M. morì a Reggio nell'Emilia il 18 giugno 1890. Ai funerali
pronunciò un vibrante discorso il socialista reggiano C. Prampolini.
La guerra
franco-prussiana
del 1870
Le alleanze, i ravvicinamenti e le improvvise
rotture fra stati sono ormai all'ordine del giorno. L'unica a
restarne fuori nel suo isolato regno continua ad essere la Gran
Bretagna. La Francia cattolica si schiera ancora col papa, mentre
l'Austria (suo braccio armato nelle legazioni fino al 1859) ha
stracciato il concordato che non lascia spazio a matrimoni misti. Perse le prime battaglie
contro i tedeschi, l'imperatore dei francesi manda il nulla osta per la
presa di Roma tentando d'ingraziarsi all'ultimo minuto gli italiani.
Ritirati i soldati francesi, Roma resta in mano ai papalini e ai
mercenari. Il 1° settembre del 1870 viene fatto prigioniero lo
stesso imperatore dei Francesi. Vista la brutta piega che il conflitto
franco tedesco ha preso, gli italiani si guardano bene
dall'intervenire. Con la capitolazione cade anche l'ultimo mito dei Bonaparte. A Parigi si proclama la repubblica rivoluzionaria. Garibaldi da Caprera si
lamenta che il nuovo governo rivoluzionario francese non abbia ancora risposto alla sua profferta
d'aiuto, e che il governo italiano lo tenga oltremodo sorvegliato,
quasi prigioniero. Alla fine
interviene con un piccolo corpo di
volontari a Digione (armata francese dei Vosgi), a guerra ormai
persa, nel Gennaio 71. Garibaldi combattente per l'Italia, quando
l'Italia è fatta non c'è.
A Firenze, dove ormai dal 1865 risiede
il parlamento e il Re, fervono le discussioni sui tempi e sui modi
dell'occupazione di Roma. Qui la notizia della rotta di Sedan arriva solo due giorni dopo. A Roma
la vita trascorre tranquilla e dei paventati disordini interni " rossi o
liberali"
nemmeno l'ombra. Caduto Napoleone non c'era più ragione di
rispettare i patti a suo tempo stipulati. Sotto la spinta delle sinistre
e delle manifestazioni di piazza il governo fu spinto a diramare alle
cancellerie l'avviso di mano libera sulla penisola italiana. Il 7
settembre fu spedita a tutte le potenze una circolare in cui si dava
comunicazione della deliberazione presa dal governo italiano di andare a
Roma e si esponevano le garanzie che il Pontefice avrebbe avuto dopo a tutela
della sua indipendenza e sicurezza. Il giorno dopo, il presidente del Consiglio
LANZA inviò a Roma, assieme a ALESSANDRO GUICCIOLI, il conte PONZA di
SAN MARTINO, quale ambasciatore straordinario presso il Papa per pregare il
cardinale ANTONELLI e le truppe pontificie di evitare la resistenza che
poteva causare danni gravi alla Chiesa e alla città eterna ma nel contempo assicurare le
garanzie necessarie all'indipendenza spirituale e alla libertà di culto
della S. Sede e farle anche argomento di future trattative fra l'Italia
e le Potenze europee ancora interessate". Naturalmente PONZA di S. MARTINO che era
arrivato a Roma il 9 si sentì rispondere picche e lo stesso fece il Papa
alla lettera personale scrittagli da Vittorio Emanuele II e consegnatagli
il 10. Il giorno dopo mentre Pio IX scriveva la risposta negativa
l'apparato militare di Cadorna si metteva in moto.
Così
il
corpo
di spedizione Italiano sotto le mura di Roma
(con l'elenco dei caduti).

il
3° Bersaglieri e gli altri verso Porta Pia
il libro di Ugo Pesci - Come
siamo entrati in Roma -
http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri91.htm
Da Cronache e storia
del Corpo dei … (Piazza Ed.) stralci pag 138 e segg….. Intanto Il 24
agosto si erano verificati numerosi casi di febbri malariche tra i
bersaglieri del 16° battaglione della 13a Divisione, dislocato con le
compagnie a Castel S. Giorgio, Allevona e Castel Viscardo e il reparto
veniva temporaneamente ritirato a Narni (5 settembre). All'inizio di
settembre i Comandi di battaglione bersaglieri vengono autorizzati a
requisire sul posto tutti i traini reperibili; viene anche autorizzata
la distribuzione di una razione giornaliera di caffè e di due razioni
settimanali di vino. I bersaglieri addetti alle ambulanze ricevono
l'ordine di mettere il bracciale di neutralità. Il 9 settembre i sei
battaglioni Bersaglieri inquadrati nella Riserva sono spostati a
Stimigliano via Vacone-Filacciano-Poggio Colle S. Angelo sulla riva
sinistra del Tevere che materializzava il confine. Il 10 settembre il «
Corpo di osservazione dell'Italia centrale» viene denominato
ufficialmente IV C.A. Già dal 7 settembre il IV C.A. si era spostato con
la 11 a Div. e la Riserva verso il Passo Corese in direzione sud. L'8
settembre il 26° intanto si era portato a Cassino. Gli ultimi ordini
stabiliscono che il confine venga superato non prima delle ore 17 dell'
1l settembre e non dopo le ore 5 del 12 settembre, e che il IV C.A.
anziché verso sud inizi le operazioni verso ovest, con il passaggio del
Tevere, costringendo così la 11 a, la Riserva a ritornare verso nord.
Alla sera dell' 11 i bersaglieri del 16° battaglione della 13 a
Divisione sconfinano al ponte di Corte alle ore 20 e quelli della 2a
Divisione alle 23.50 occupano Bagnorea. Cadorna per un po' sembrò
manovrare intorno a Roma forse per prendere tempo e dare un'ultima
possibilità di ripensamento al Papa.
Il corpo di spedizione italiano
è forte di 60.000
uomini (non si può sguarnire il confine veneto con l'Austria)
mentre i pontifici possono schierare solo un quarto di questa
forza composta da zuavi pontifici (Zuavi
= legione straniera composta ora da
cattolici olandesi, francesi, belgi, tedeschi, canadesi, polacchi,
spagnoli, irlandesi, armati anche dei nuovi fucili a ripetizione Remington dono dei
cittadini cattolici degli Stati Uniti), gendarmi pontifici, guardia palatina
(personale del Papa), guardia svizzera e finanzieri.
12 settembre 1870
Da sud dall ex Regno Due Sicilie i battaglioni 26° e 44° della 9a
Divisione, passano il confine alle 7.30 e occupano Ceprano (Fr) e alle
9.10 la stazione del telegrafo. A nord la 3 a compagnia del 29°
battaglione, entra di sorpresa in Montefiascone facendo alcuni
prigionieri appartenenti alle due compagnie di zuavi che vi erano di
presidio, seguita poi all'alba dall'intera 2a Divisione. A sera viene
costituita con i tre Battaglioni bersaglieri una colonna volante che
rapidamente raggiunge Marta e Toscanella. Qui l'Aiutante Maggiore del 33
° con due bersaglieri aveva preceduto tutti recandosi al locale
Seminario per requisire gli alloggi necessari al suo reparto. Visto un
reparto di 78 pontifici e due ufficiali, invia uno dei bersaglieri a
chiamare uno dei vicini squadroni di cavalleria Lodi e con l'altro
intima decisamente la resa. Nel momento in cui viene quasi catturato,
sopraggiungono i cavalleggeri e i pontifici si arrendono. Al centro il
35° in avanguardia con il 12°, precedono la loro Divisione seguita dalla
11 a Divisione e dai sei battaglioni bersaglieri della Riserva, e alle
4.30 dell' 1l settembre passano il Ponte Felice a sud di Magliano Sabino
e muovono su Civita Castellana. Due compagnie bersaglieri del 35°
entrano in Civita per la via maestra mentre un battaglione di fanteria
aggira per la mulattiera; due battaglioni bersaglieri della Riserva (6°
e 10°) passato il ponte ferroviario di Colle Rossetti (pochi chilometri
a sud di Ponte Felice) e risalito il torrente Treia avevano chiusa ad
ovest ogni possibilità di scampo al presidio pontificio. La 13a
Divisione con il 36° bersagli eri in avanguardia passato il ponte di
Orte occupa Viterbo e poi Vetralla: il 16° passa per Stivigliano.
13
settembre
Alle ore 9 i tre battaglioni della 2a Divisione sono a Corneto dove il
Comandante della 3a compagnia del 33 ° intercetta un telegramma che
preannuncia l'arrivo di un treno nemico con rinforzi. L'Ufficiale
risponde fingendo di essere il locale Comandante della gendarmeria e
così il treno viene dalla compagnia catturato al suo arrivo in stazione
con un reparto di 42 pontifici. Alle 16 la colonna volante lascia
Corneto e muove verso Monte Romano ma trovato alle 19 il paese sgombro
dal nemico rientra a Corneto per il riposo. La 9a Divisione con i
battaglioni bersaglieri 26° e 44° occupa Frosinone ricevendo una fredda
accoglienza dalla popolazione locale. Una compagnia bersaglieri e un
reparto Lancieri (si ritiene della 11a Divisione) che erano rimasti
nella zona di Passo Corese per ingannare il nemico, verso mezzogiorno
raggiunsero Monte del Forno a pochi chilometri da Monte Rotondo.
14 settembre
Civitavecchia aveva nel 1870 circa 11.000 abitanti ma in città ne erano
rimasti solo 6.000 per il timore di un lungo assedio. La fortezza era
difesa da 1.411 soldati pontifici. Alla sera del 14 settembre la colonna
volante della 2a Divisione è poco oltre Corneto (20°, 29° e 33°
battaglione bersaglieri). Sullo stesso itinerario verso sud marciano la
12 a Divisione, seguita dalla 11 a Divisione e dalla Riserva. Da
Monterosi-Sette Vene, alle 3 viene raggiunto con i primi elementi in
esplorazione il bivio della Giustiniana da dove verso sud si dirama la
via Trionfale e verso sud-est la via Cassia. I bersaglieri della Riserva
il 14 settembre sono alla Porta della Storta. La cavalleria è in
avanguardia seguita dai battaglioni bersaglieri 12° e 35° della 12 a
Divisione. Il 26° e 44 ° battaglione bersaglieri della 9a Divisione
accolta festosamente ovunque, si accampano sotto Anagni. Nella giornata
del 14 settembre ad eccezione del presidio di Civitavecchia le truppe
pontificie concludono il ripiegamento verso Roma dove sono così riuniti
7.695 soldati (su 8.899 effettivi) più circa 2.000 gendarmi e
squadriglieri.
15 settembre
Civitavecchia è investita a nord dalla B. Granatieri, a sud dalla B.
Reggio ed a est dai tre battaglioni bersaglieri 20°, 29°, e 33°. che
alle ore 15 sono ai Bagni di Traiano a cavallo della strada della Tolfa.
La resa viene imposta ed accettata alle ore l0 del giorno successivo;
alle ore 18 le colonne entrano in città per Porta Camporello con in
testa i bersaglieri. Il grosso delle forze italiane che da nord si
avvicinano a Roma, raggiunge la Porta della Storta (dove si cambiavano i
cavalli l'ultima volta prima di arrivare in città) a pochi chilometri
dal Casale della Giustiniana.
Le ambasciate straniere
hanno intanto innalzato il loro vessillo per evitare sconfinamenti e distruzioni e, a palazzo
Farnese dimora dello spodestato Francesco II di Napoli, sventola la
bandiera bavarese della moglie Sofia. La coppia reale però non c'e più da mesi.
16
settembre
A sud i bersaglieri della 9a Divisione sono alle 15.15 a Colonna a 5
miglia da Frascati; al pomeriggio avanzato, la Divisione è a Valmontone
e una colonna occupa Velletri. Al centro mentre la 12a Divisione muove
inizialmente sulla via Trionfale, la 11 a Divisione seguita dalla 13 a
Divisione e dalla Riserva volge a sinistra sulla via Cassia e punta
verso l'osteria di Grotta Rossa sulla riva destra del Tevere in faccia a
Villa Spada a valle di Castel Giubileo. Tre battaglioni bersaglieri, si
ritiene i btg. 21 0, 34° e 36° ai quali si aggiungono poi sicuramente il
6° ed il 28°, traghettano per primi il Tevere a Grotta Rossa e si
schierano per proteggere il lancio del ponte da parte del Genio il cui
materiale era stato scortato dagli stessi bersaglieri lungo l'itinerario
Osteria del fosso-Vecchereccia. Così il IV C.A., per non investire
direttamente la città leonina, dove materialmente risiedeva il Papa,
ripassa il Tevere verso est.
Se la presa di Roma fosse andata a
buon fine si ricostituiva dopo 1400 anni un Regno italiano,
sull'intera penisola
Italiana e a governo Italiano. Con un salto indietro rivisitiamo le
ultime vicende
e
gli ultimi
sussulti che cancellarono Roma dopo 1.200 anni .
Sotto i colpi ripetuti delle invasioni barbariche alla fine furono
questi i padroni d'Italia.
parte
1a Costantino
il Grande-parte
2a L'Impero diviso -parte
3a I Re Barbari
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