I Piccoli BersaglieriCollegi, convitti, scuole militari e non Il movimento ideologico che ispirò la legge Boncompagni, (1848) avrebbe voluto contrapporre alla pedagogia dei gesuiti una pedagogia di matrice militare sul modello dell’accademia ma ben presto questo si rivelo una mera velleità ed anzi il processo di laicizzazione (sganciamento da modelli religiosi) si mostro più lento del previsto. Nell’articolo del 1860 “La nuova legge del pubblico insegnamento”, scritto a commento della legge Casati (*1859), Cattaneo sottolinea gli aspetti negativi come l’accentramento burocratico, la prevalenza dell’istruzione classica su quella tecnica e professionale, il mancato rinnovamento dell’insegnamento religioso (Gesuiti) e la mancanza di una dimensione ”militare e civica” che desse forza e dignità al popolo e rendesse sicura la difesa della patria. Cattaneo teorizzava poi un modello federale dove i singoli federati avrebbero difeso il suolo nazionale sicuramente con maggior entusiasmo, mandando in campo i figli migliori. Cattaneo propone di far partire questa riforma proprio da quel clero minore che fino ad allora aveva gestito l’istruzione di base ed elementare. Con la legge n. 3725 del 13 novembre 1859 (ministro della P.I. Gabrio Casati) si regolò anche l’insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica impartita al primo livello dai maestri, che avevano l’obbligo di portare teologia all’esame finale di diploma. Nel giro di 20 anni, con una accelerazione dopo la presa di Roma, la scuola statale sempre più laicizzata e anticlericale elimina l’obbligo religioso da ogni scuola di ordine e grado. Dovranno passare quasi 50 anni (fino ai patti lateranensi), per vedere di nuovo l'insegnamento religioso nelle scuole. http://www.provincia.venezia.it/medea/est/frulli/marginali/scuola1/scuola0.htm personale insegnante
Brani da
http://www.provincia.venezia.it/medea/est/frulli/marginali/scuola1/scuola0.htm
"Siamo uomini i quali
pensiamo che la libertà non va desiderata solamente per noi ma per tutti"
(Michele COPPINO,
Camera dei Deputati, 30/IV/1872) (Paddington, London 1857-1941) quello dei Boyscouts http://www.pinetreeweb.com/index.htm Uno di loro http://www.scouting.milestones.btinternet.co.uk/cornwell.htm
La socializzazione alla organizzazione comunitaria data dalla struttura militare, fu massima nell'800. Ma proprio alla fine dell'800 la sua importanza sociale incominciò a diminuire (con l'eccezione della Germania), perché erano nati nuovi modelli organizzativi, che ormai si sviluppavano anche in concorrenza con quello militare: l'organizzazione produttiva industriale e l'organizzazione burocratica, statale e anche sindacale
(Spencer). Polenghi, S. Figli della patria L'educazione militare di esposti orfani e figli di truppa tra sette e ottocento in Italia S. Giuntini, Sport, scuola e caserma dal risorgimento al primo conflitto mondiale, Padova, Centro Grafico Editoriale, 1988 In tempi più recenti, l’educazione militare venne introdotta dal fascismo anche nelle scuole
di ogni ordine e grado permeandone ogni aspetto, finanche didattico. I bimbi da 6 a 8 anni sono organizzati in reparti speciali, detti "Figli della Lupa" e portano una divisa particolare, su cui spicca la tradizionale Lupa di Roma. Dall’8° al 12° anno di età i Balilla sono escursionisti, dal 12° al 14° anno sono Moschettieri armati di moschetto ’91 ridotto; dal 14° al 16° anno gli Avanguardisti sono Moschettieri armati di moschetto ’91 ordinario, dal 16° al 18° sono Mitraglieri, costituiti in regolari sezioni, armati di moschetto e di mitragliatrice leggera. Alla preparazione militare degli Avanguardisti attendono giovani ufficiali della Milizia,appartenenti al ruolo speciale dell’Opera Balilla. L’organizzazione degli Avanguardisti cura in special modo l’addestramento e la preparazione militare dei giovani. In tutte le Province marittime sono istituiti reparti di Marinaretti
con la stessa scala gerarchica e addestrativa di cui sopra. Esistono inoltre le navi scuola, che, nei maggiori porti raccolgono orfani della gente di mare, orfani di guerra, e fanciulli abbandonati, per avviarli al mare, fornendoli di una educazione elementare e professionale sufficiente per farne dei marinai della
R. Marina o della Marina Mercantile. L’Opera organizza Inoltre ogni anno un viaggio navale di istruzione e una crociera navale, la cui iscrizione è aperta a tutti gli organizzati. La preparazione aeronautica è curata mediante frequenti visite ai campi volo, voli di prova e corsi di volo a vela. La materia,
Cultura militare, introdotta nel 1935, costituisce un vero sbarramento che, se non superato, impedisce il conseguimento sia della maturità che della laurea. Peraltro si trattava sempre di un insegnamento e di uno sbarramento "all’italiana" e i giovani bocciati
si conteranno sulle dita di una mano.
Per la ginnastica il regime aveva già provveduto nel 1928, istituendo la Scuola Superiore di Educazione Fisica, che nel '31 prenderà la denominazione di "Accademia Fascista di educazione fisica". I professori di ginnastica dovranno avere una preparazione non solo atletica, ma anche politica . Nel 1669 il Duca Carlo Emanuele Il fonda a Torino la Reale Accademia di Savoja che il 1° gennaio 1678 sarà inaugurata come il primo Istituto di istruzione Militare al mondo. Inizialmente frequentato solo da giovani aristocratici, dal 1756 l'istituto avvia corsi specifici per soli ufficiali e, alla caduta di
Napoleone Bonaparte, Vittorio Emanuele I lo trasforma in Regia Accademia aperta anche a giovani cittadini di ogni
estrazione sociale. Il processo di riunificazione italiana rende necessaria l'istituzione di corsi suppletivi per ufficiali di complemento,
(che andavano a coprire i ruoli dell'esercito non permanente costituito dalla
Milizia Mobile e Territoriale) visti gli organici aumentati, e l'apertura di una Scuola Militare di Fanteria a Ivrea, seguita nel 1860 dalla Scuola Militare di Cavalleria a Pinerolo.
Nel frattempo, a plebiscito svolto, viene aperta a Modena un'altra Scuola Militare di Fanteria con il compito di sussidiare l'attività degli altri Istituti. Modena era capitale del Ducato Estense dal 1598 nonché sede universitaria ed importante centro economico, politico e culturale. Scuola Militare "Nunziatella La Nunziatella nasce come Scuola Militare il 18 novembre 1787 sulla collina di Pizzofalcone,
a Napoli. Prende vita nel clima di generale rinnovamento che caratterizza la storia napoletana nella seconda metà del secolo XVIII, quando, tra l'altro, una particolare cura viene dedicata alla riorganizzazione delle forze di mare e di terra del Regno di Napoli e Sicilia. Carlo III di Borbone, con il suo consigliere Bernardo Tanucci e Ferdinando IV di Borbone, con lo stesso Tanucci e con John Acton, ufficiale di marina inglese, sono gli artefici di questo impulso: nuovi cantieri navali, nuove fabbriche d'armi, la fortificazione di tratti di costa, la premura nella formazione dei Quadri, l'invio di ufficiali napoletani all'estero per studiare l'organizzazione di altri Paesi. Nell'opera di ammodernamento un posto di rilievo occupa il lucano Giuseppe Parisi, che fa parte del gruppo di ufficiali inviati all'estero per aggiornarsi. Il Parisi, ospite a Vienna dell'Imperatore Giuseppe II, viene a conoscenza dell'arte militare prussiana e matura le proprie convinzioni sull'importanza di una corretta formazione dei Quadri Militari. La sede prescelta è l'ex noviziato dei Gesuiti a Pizzofalcone. L'edificio con annessa una Chiesa dedicata alla Vergine Annunziata è ben presto denominata Nunziatella.
La chiesa inaugurato due secoli prima, era pervenuto al demanio pubblico nel 1767, dopo l'espulsione dei Gesuiti dal Regno di Napoli. Con Dispaccio Reale del 28 maggio 1787 il Ministro della Guerra e della Marina John Acton comunica che Re Ferdinando IV di Borbone si degna di affidare il Comando del "Real Collegio della Nunziatella" al Maresciallo Domenico della Leonessa, marchese di Supino, mentre Giuseppe Parisi riceve la nomina di Comandante in seconda, con il grado di Tenente Colonnello. Il sogno della Repubblica napoletana nel 1799 durò 144 giorni. La repubblica, difesa anche dai giovani della "Nunziatella", cadde sotto i colpi della armi sanfediste il 13 giugno ’99. La repressione scattò durissima. L’Accademia militare venne chiusa da Acton. Iniziarono i processi che si conclusero con rito abbreviato in poche settimane. Il 20 agosto vi furono le prime sentenze capitali. Napoli perdeva cospicue energie intellettuali, perché oltre alle 180 vittime, era colpita dall’esilio e dalla fuga di molti altri patrioti.
Solo con l’ascesa al trono di Murat,
da parte delle armi francesi, il Real collegio venne rinnovato. Ritornato nel 1816 sul trono napoletano Ferdinando IV, divenuto I, per le decisioni del congresso di Vienna, la "Nunziatella" cambia ancora una volta denominazione: si chiamerà" Real Collegio Militare" ed avrà il compito di preparare gli Ufficiali di Stato Maggiore dell'Esercito Napoletano.
Il 1° gennaio 1819 si emanò un nuovo ordinamento che prevedeva tre stabilimenti: il “Real Collegio Militare”, con sede a Pizzofalcone (la Nunziatella), con il compito di fornire ufficiali di artiglieria, al genio ed allo Stato Maggiore; la “Reale Accademia Militare”, con sede a San Giovanni a Carbonara, che doveva fornire ufficiali per tutti gli altri Corpi e servire da scuola preparatoria al “Real Collegio Militare”; le “Scuole Militari” (Maddaloni), con il compito di fornire sottoufficiali e di servire da scuole preparatorie alla “Reale Accademia Militare”. Ma nel 1821, dopo i moti rivoluzionari che avevano visto una
partecipazione attiva degli ufficiali, Ferdinando I decise di revocare l’ordinamento del 1819 e di lasciare in vita solo la Nunziatella, sebbene notevolmente ridotta e “controllata”. Sarà l'Istituto più prestigioso del Regno.
Nel 1855, Ferdinando II, nell'anacronistico tentativo di neutralizzare il sentimento di italianità che in quel periodo animava gli animi di molti Allievi, trasferisce la sede della Scuola a Maddaloni. Sarà soltanto con Francesco II, nel 1859, che la "Nunziatella" potrà tornare nella sua sede naturale a Pizzofalcone, sul Monte Echia. Fu questo il periodo in cui i sentimenti di un'Italia libera, unita, indipendente, aveva fatto accorrere gli Allievi della "Nunziatella" pieni di fede per partecipare alla lotta. Essi avevano appreso dalla viva voce di Francesco De Sanctis e di Marino d'Ayala che la Patria e la libertà sono i beni più preziosi di un popolo, che essi vanno difesi fino al supremo sacrificio. Dopo l'unità d'Italia, per il conseguimento della quale la "Nunziatella" aveva pagato un notevole tributo di sangue, essa riprenderà il suo glorioso cammino e, forte delle sue nobili tradizioni, riacquisterà l'antico prestigio, non più come accademia, bensì come "Scuola Militare", unico ed importante vivaio per le accademie del novello Esercito. Nel 1881 ne fu Allievo Vittorio Emanuele di Savoia, allora principe di Napoli. E nel 1914 il Principe Amedeo di Savoia Aosta. Negli anni che vanno dal 1870 al 1949, la storia della "Nunziatella" si intreccia, e talvolta si fonde con la stessa storia della Patria. Dopo una triste e forzata pausa, legata agli eventi dell'ultimo conflitto mondiale, il "Rosso Maniero" riaprirà i battenti e tornerà ad essere il vivaio delle Accademie e delle FF.AA. italiane. Da Pagine Difesa: Fu il generale napoleonico Pietro Teuliè a fondare nel 1802 l'Orfanotrofio militare in quella stessa sede di corso Italia che oggi ospita la Scuola. L'edificio, sorto nel 1758 come Monastero cistercense di San Luca sulle strutture dell'ex ospedale di San Celso di origine medioevale, viene adibito dal governo napoleonico in un primo tempo a ospedale militare. Fu il primo ente di istruzione militare per adolescenti a Milano. Con alterne fortune durante gli oltre due secoli di storia, l'orfanotrofio diventa di Reale collegio degli orfani militari nel 1807
(con l'istituzione del Regno d'Italia
di Napoleone I. In quel periodo Silvio Pellico iniziò a insegnare francese nella Scuola grazie alla presentazione di Ugo Foscolo, che era buon amico del Gen.Teuliè)
e Imperial regio collegio dei cadetti nel 1839, con l'avvento della dominazione austriaca.
Nel 1839 l'Imperatore Ferdinando I, in vista di una omogeneizzazione nell'educazione militare all'interno dell'Impero
Asburgico, trasforma la precedente Scuola sul modello di quelli già esistenti in
Austria. L'istituzione durerà fino all'episodio delle "Cinque Giornate di Milano" (18-22 marzo 1848), quando l'edificio verrà adibito dal governo provvisorio a Scuola d'Artiglieria e Genio.
Soppresso nel
1848 ( Il ritorno degli Austriaci non coincide con la riapertura della Scuola
perché la non troppo celata complicità dei collegiali milanesi con i rivoltosi del '48 viene "punita" con la destinazione del fabbricato ad Ospedale
Militare), viene ricostituito nel 1859 con l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna e con il nome di Collegio militare di Milano, ma problemi di bilancio ne impongono la chiusura nel
1869. Una legge del 1873 sul nuovo ordinamento dell'Esercito ne consente la riapertura ma chiude ancora nel 1894.
Passando attraverso la Prima Guerra Mondiale e l'utilizzo dell'edificio come caserma, si giunge al 1935, quando il Governo decide di istituire la Scuola Militare di Milano, la cui attività viene troncata dal precipitare delle vicende belliche
dopo l'8 settembre 1943. Dal 1998 la Scuola, dove i giovani completano la propria formazione culturale, morale e fisica durante i tre ultimi anni
del liceo classico o scientifico, ha raggiunto la completa autonomia funzionale, seguendo lo stesso programma educativo e formativo della più nota Nunziatella di
Napoli da cui dipendeva dal 1996.
Giuseppe Cesare Abba poeta e narratore: Un collegio nelle Langhe a mezzo 1' Ottocento cosi diceva in Cronache a memoria… Due ciuffi di case sulle due rive della Bormida, un ponte che li congiunge, colli che si profilano chiari sullo sfondo cupo dei monti, ai quali fa da nodo il Settepani, pioppetti lungo il fiume, castagneti a piagge nei colli, macchie d'abeti in quei monti lassù, e lì, fuori un passo dalla borgata, il convento Calasanziano, che le genti delle terre intorno chiamano senz'altro: Collegio di Carcare, dal nome della stessa borgata; dolce visione il tutto insieme, per chi vi fu e vi amò qualcuno o qualcosa….. Di questo era anima un Padre Canata da Lerici; poeta focoso in tutto, fin nel far penitenza; uomo da dipinger con la spada in pugno come San Paolo. Quello poi sì! non solo sarebbe divenuto della Giovane Italia, ma se fosse rimasto nel mondo, fra il 1830 e il 1848, avrebbe trovata la via di andar a morire in qualcuna delle sfide di pochi al potere onnipotente, qua o là dove che gli fosse capitato di vedere un po' di tricolore. Egli poi leggeva nella scuola pagine della Battaglia di Benevento e dell'Assedio di Firenze, lettere dell'Ortis, passi del Colletta; né il Rettore del Collegio glielo vietava. Anzi, questi, come gli altri Rettori degli Scolopi di Genova, di Savona, d'Ovada, di Finale, metteva a nuovo qualcosa anch'egli nella giovinezza dei suoi convittori; dava il bando all'abito a coda, all'alta cravatta, alla feluca, e vi sostituiva la divisa dei bersaglieri, e il cappello piumato, nero e azzurro i colori. Da tutto ciò una bell'aria di rinascita che spirava da tutto, e chi aveva lasciato pensare o pensato che gli Scolopi fossero stati sempre un po' in guerra contro i Gesuiti, poteva dire che avevano vinto o stavano per vincere …..E chi non aveva potuto vedere Vittorio Emanuele in Montenotte (Cairo durante una rivista militare o esercitazione), lo vide là su certo poggio, dove la tradizione ancor fresca diceva che si fosse fermato pur Buonaparte. Stava il Re non per darsi dell'aria, ma pensoso, a guardare il suo esercito simulare gli assalti e le difese, onde potersi fidare d'adoperarlo sul serio quando fosse tempo. Era allora tutto biondo !!!, giusto di forme, d'occhi brillanti, quasi bello. Il suo baio gli si muoveva sotto come se si sentisse d'aver l'animo da lui. Cavalcava grave al suo lato sinistro il generale Lamarmora, di cui le donne e i ragazzi dicevano che era ben brutto. Parlavano del generale Lamarmora come d'un drago e i piemontesi come d'un padre. Ma quella faccia asciutta, quasi smunta, dava l'idea d'un uomo che lavorasse giorno e notte pel Re, a fargli spendere in armi e soldati tutto il danaro che il ministro Cavaoro aveva cominciato a spremere dalla povera gente. I BERSAGLIERI PREMILITARI LA MEDAGLIA D'ORO SCHIRO' Nel 1919 la Società del Tiro a Segno costituì formazioni premilitari, anche di Bersaglieri, riservate ai giovani di leva ed utili per il loro futuro incorporamento nei corpi. La guerra era appena terminata, e non si parlava ancora di demilitarizzazione . Gli impegni come potenza vincitrice, al contrario facevano presagire un maggior coinvolgimento dell'Italia in questioni internazionali. La doccia fredda della pace separata, da cui venne esclusa l'Italia, non si era ancora avuta. La divisa delle formazioni di Bersaglieri comprendeva il Fez e tutti gli altri elementi caratteristici del soldato di fanteria dell'epoca. L'addestramento era di competenza di ufficiali del corpo. Al 12° battaglione premilitare di Napoli dipendeva anche il caporale Giacomo Schirò nato nel 1901(23 novembre) a Piana dei Greci (ora Albanesi- Pa)., figlio di Giuseppe e Angelina Mandalà di lontane origini Albanesi. Il padre insegnante e direttore dell'Istituto Orientale di Napoli lo iscrisse al seminario greco albanese di Palermo per gli studi ginnasiali e quindi a Napoli per la licenza liceale. Fu tra i ragazzi che assicurarono il servizio postelegrafonico durante i ripetuti e prolungati scioperi del tempo. Promosso caporale per merito e gratificato di un breve permesso raggiunse il padre nel paese natale durante le vacanze estive. Il 23 Luglio 1920 mentre ascoltava un concerto sul corso principale (Kastriota)del paese (in divisa) veniva fatto segno a pesanti insulti da parte di numerosi facinorosi, ora che il clima politico era molto cambiato rispetto all'anno precedente. La minaccia verbale non tardò a trasformarsi in minaccia fisica, tanto che Schirò dovette impugnare la baionetta che portava appresso per difendersi. Inseguito per le strade del paese giunse nei pressi d'un circolo ricreativo agricolo. Il soverchiante numero degli avversari gli aveva già inflitto 53 coltellate mortali. Trascinatosi all'interno dello stabile, vuoto, prese la bandiera stracciata dagli stessi facinorosi e vi si avvolse. Medaglia d'Oro decreto 20 dicembre 1925. E' l'unico caso di concessione della medaglia d'Oro al Valor Militare a un non appartenente alle Forze Armate. Motivazione: Ispirato da alto sentimento di patriottismo e civismo, tenne testa risolutamente ad una turba di sovversivi, che vilmente lo avevano aggredito, profferendo parole di vilipendio al Re e alla Patria. Dopo essersi difeso accanitamente con la baionetta, colpendo anche gli avversari, sopraffatto dal numero e respinto entro la sala gioco, cadde con 53 ferite. Abbandonato a terra , morente, con sforzo supremo si trascinò per la sala e raccolta una bandiera strappata a terra, si avvolgeva in essa. La fondazione di Piana degli Albanesi risale alla fine del XV secolo quando, in seguito alla invasione della penisola balcanica da parte dei turchi ottomani, numerosi gruppi di profughi albanesi cercarono rifugio nelle vicine coste dell’Italia meridionale, dove si stabilirono fondando un cospicuo numero di nuovi insediamenti rurali. L’assetto riservato allo stanziamento degli Albanesi in Italia, fu improntato alla considerazione che essi avevano saputo guadagnarsi e conservare presso i cristiani d’Occidente. Tra le regioni maggiormente interessate dalla diaspora albanese figurano la Calabria, la Sicilia, la Campania, il Molise, la Puglia e la Basilicata. I primi esuli in Sicilia, si stabilirono negli Stati dell’illustre casa Cardona-Peralta, nella proprietà dei Canonici di S. Giovanni degli Eremiti e in quelle del monastero di Fossanova, fondando in prossimità delle rovine di antichi casali, i paesi di Contessa Entellina, Mezzojuso e Palazzo Adriano. Gli arbëreshë pianoti diedero vita alla loro diaspora verso la Sicilia intorno al 1485. Essi diedero origine al più grosso centro albanese dell’isola: Piana degli Albanesi, che sorge negli ex feudi di Mercu e Ayindingli appannaggio dell’Arcivescovo di Monreale del tempo, Cardinale Borgia. Le condizioni sfortunate ma dignitose, dell’esodo iniziale erano state tali da segnare con caratteristiche definitive gli Albanesi impiantati in Sicilia. Ne sono testimonianza le "capitolazioni" che gli Albanesi contrassero con gli ospitanti, dopo qualche anno dal loro insediamento, essendo svanita ogni speranza di ritorno in patria. Per quanto riguarda i Comuni che oggi costituiscono l’Eparchia di Piana degli Albanesi, quegli strumenti legali e giuridici si rivelarono assai vantaggiosi: oltre a permettere una sistemazione definitiva e a garantire agli esuli una vita tranquilla e laboriosa, privilegiandoli addirittura rispetto agli autoctoni dell’Isola, essi salvaguardarono le loro tradizioni e la loro autonomia. Verso la prima metà del XVIII secolo gli arbëreshë pianoti avviarono un profondo processo di rinnovamento spirituale e culturale grazie all’opera di P. Giorgio Guzzetta che fondando il suo Seminario greco-albanese, fornì un indispensabile sostegno alla salvaguardia dello specifico etnico, religioso e culturale delle Comunità siculo-albanesi. Lungo il XIX secolo, inserendosi negli umori rivoluzionari e risorgimentali che preparavano l’unità nazionale italiana, Piana e i suoi abitanti giocarono un ruolo significativo. La loro partecipazione alle fasi più incisive dei moti risorgimentali siciliani e nazionali si concretizzò in un decisivo sostegno politico e militare. Nel 1860 gli arbëreshë ospitarono nel loro paese gli emissari mazziniani: Rosolino Pilo e Giovanni Corrao, giunti in Sicilia con il compito di preparare lo sbarco garibaldino. In seguito allo sbarco, Piana ospitò i garibaldini, fornendo loro sostegni logistici, vettovagliamenti e un sicuro riparo strategico; quindi molti arbëreshë seguirono le campagne militari contro i borboni e alcuni rimasero vittime sul campo di battaglia. Un altro momento significativo della storia degli arbëreshë pianoti, coincise con il movimento dei Fasci siciliani che verso la fine del XIX secolo interessò la Sicilia e, più in generale, le vicende della politica nazionale. Il Fascio dei lavoratori di Piana ebbe come guida indiscussa il medico Nicola Barbato, tra i più prestigiosi e colti capi dell’intero movimento siciliano. I Fasci pianioti furono tra i più “pericolosi” e certamente tra i meglio organizzati della provincia di Palermo. Benché soppressi dal governo italiano, allora guidato da Francesco Crispi, anch’egli di origini siculo-albanesi, il movimento dei “fascianti” continuò la sua azione, perpetuando gli insegnamenti di Nicola Barbato. Proprio intorno alla pietra che reca il suo nome, nella Portella delle Ginestre, il I° maggio 1947 il bandito Salvatore Giuliano sparò contro i contadini inermi che celebravano la consueta festa del lavoro. Teneva il comizio un ciabattino omonimo Giacomo Schirò.
Giuseppe Schirò, poeta, pubblicista, storico, linguista, studioso e attento raccoglitore delle tradizioni poetiche siculo-albanesi, che lasciò una vasta e impareggiabile produzione letteraria; Cristina Gentile Mandalà, tra le prime donne arbëreshë ad occuparsi con dedizione alla valorizzazione del patrimonio etnografico pianioto; mons. Paolo Schirò che scoprì il “Messale” di Gjion Buzuku, la prima opera della letteratura albanese e tanti altri che in diverso modo e con diverse possibilità hanno contribuito all’arricchimento del prezioso patrimonio avito
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