SISSI E LA FINE DEGLI ASBURGO

 

IL SANGUE DELLA CROCE  E LA MALEDIZIONE DI MANTOVA

"Nulla mi è stato risparmiato su questa terra"

     LA FINE DI UN AMORE E LA MORTE DI SISSI  Una scheda del film n. 42 è visibile al link http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/indicecinema.htm 

     

  La romantica storia d’amore fra lui, Imperatore d’Austria dal dicembre del ‘48 e Elisabeth Eugenie Amalie von Wittelsbach (detta Sissi, nata il 24 dicembre 1837, sposata dal 24 aprile 1854) finisce presto. Tanti i problemi o forse nessuno in particolare se non la rigidità della corte viennese (le levano i figli sia per la giovane età che per la rigida educazione che si impartisce a corte), il suo carattere ribelle poi le tragedie familiari che si susseguono in un crescendo senza fine da girone infernale dei dannati. Prima la morte della figlia Sofia (ancora in fasce) poi quella di Massimiliano (fratello del marito) nel 1867 in Messico . Si passa poi al suicidio del figlio Rodolfo a Mayerling (1889) per amore della Vetzera, alla morte dell’altro fratello di Francesco, Carlo Ludovico, secondo in linea di successione, morto in Terrasanta nel 1896 (beve acqua inquinata) e per chiudere quello della sorella Sofia Carlotta morta nell’incendio del bazar della Carità a Parigi nel 1897. Per togliersi di dosso queste angosce Elisabetta comincia a viaggiare e a soggiornare sempre più spesso in un’isola greca.  I rapporti col marito peggiorano quando a lui vengono imputate anche scappatelle regali. Le tragedie degli anni '90 danno l’ultimo colpo alla fragile natura di Elisabetta che si sfoga nella poesia dopo che le sue intromissioni in politica non erano state gradite. I suoi vagabondaggi la portano in crociera, a Miramare nel golfo di Trieste, ai luoghi di cura (Bad) sparsi in tutta Europa e sulle spiagge più famose di Francia oltre che in Grecia. Ha un treno attrezzato per lei quando viaggia all’interno dell’impero e fa molta attività fisica dovunque si trovi, passeggiate a piedi o a cavallo o in una sua palestra attrezzata.....
     
..... Ha il terrore della vecchiaia e si dice della linea per quel suo vitino da vespa.  L’ultimo incontro col marito lo ha a Bad Ischl in Luglio poi con la sua corte viaggiante va in vacanza a Bad Nauheim. Il 30 Agosto accompagnata dai suoi 8 domestici in livrea nera e dalle decine di valigie raggiunge il lago Lemano e si insedia al Grand Hotel di Caux, dietro Montreux, in compagnia del generale de Berzeviczy e dalla contessa Staray de Barker. Ama le passeggiate nella montagna vicina o le gite in battello, al castello di Chillon per placare l’ansietà che la rode. La notte dell’arrivo si dice abbia avuto una visione: una figura bianca trasparente è venuta ad annunciarle sciagure. Non è possibile; è lei che questa volta vogliono?. La mattina del 10 settembre Elisabetta con la sua dama di compagnia va a Ginevra all'Hotel Beau Rivage dove era solita scendere per soggiorni e per fare acquisti e gustare i gelati. All’una passata si affretta verso l’imbarcadero per non perdere la corsa. Anche qui un presagio nero, un corvo le sorvola la testa. La polizia le aveva più volte offerto la scorta, che lei rifiutava sempre. Sfogliando la sua biografia, si scopre che, negli ultimi anni, Sissi non aveva più paura degli anarchici. Stanca della sua esistenza, l’imperatrice sembrava aspettare la morte con una certa impazienza. Da lontano, un uomo osserva le due donne che si avviano verso il pontile. Le avvicina rapidamente poi si avventa contro l'Imperatrice e la scaraventa a terra. Sembra solo la spinta di un malintenzionato e, passato lo spavento, Sissi sale sul battello. Cosa avrà mai voluto quell’uomo ? il suo orologio ?. Fatti i tre passi della passerella Elisabetta sbianca in volto e si accascia al suolo.  

A Mantova non era andata come in altre città della penisola. La rabbia montante del 1848 qui non s’era concretizzata: paure ataviche del nuovo ?, della rivoluzione socialista? "….S’erano perfino sbarrate le porte “proprio dal comitato era venuto l’ordine di sbarrare la strada alle schiere di contadini che volevano entrare in città per dar man forte agli insorti” Tazzoli. Le cittadelle intorno alla città erano saldamente in mano a Gorzkowski che del buon governo austriaco non era certo il rappresentante. L’8 aprile i bersaglieri di La Marmora piegano gli Austriaci che cercano di tenere disperatamente il ponte di Goito e il Mincio come limite invalicabile in attesa di rinforzi impegnati da Venezia a Vicenza nelle città in rivolta. Il giorno dopo però, varcato il Mincio, i piemontesi sono già a Valeggio, oltre il Visconteo, e il 10 a Borghetto e Monzambano. Bloccata Peschiera, si poteva puntare su Verona per spezzare la catena del quadrilatero. Gli austriaci non avevano intanto perso tempo proclamando in città lo stato d’assedio e la legge marziale. Le truppe multietniche dell’Impero s’erano anche date al saccheggio. La basilica di Sant’Andrea e la cripta dove giacevano i Sacri Vasi del Preziosissimo Sangue JESU CHRISTI SANGUIS vennero profanate, pare, da Ungheresi. Il virgiliano “… auri sacra fames - la miserabile cupidigia dell'oro” (holy lust for gold) tornava a verseggiare e a sfidare il sacro e la storia stessa. Sulla Casa d’Asburgo e sulla sua stirpe stava per abbattersi la maledizione celeste del sangue di Cristo.

Allora i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato, chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe, e fossero portati via. I soldati dunque vennero e spezzarono le gambe al primo, e poi anche all'altro che era crocifisso con lui; ma giunti a Gesù, lo videro già morto, e non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. Vangelo Giovanni - Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!". Vangelo Matteo

     

  Era costui Longino o l’Uomo della lancia che abbandonata la milizia, venne istruito nella fede dagli apostoli. Longino se ne va a Cesarea di Cappadocia dove conduce una vita di santità, prodigandosi in conversioni fino al martirio con decapitazione (Sempre la tradizione orientale celebra Longino detto l’Isaurico (provincia oggi Turca) come il centurione che riconobbe la divinità di Gesù e ne custodì il sepolcro). La tradizione occidentale ci parla invece di un certo Caio Cassio soldato della X legio che arruolava dalle parti di Mantova e che ritornò portando seco diverse reliquie, fra cui la lancia ma in particolar modo una cassetta del sangue raccolto a terra sul Golgota. Nel 36 d.C., narra una cronaca del XII secolo, Longino (nome preso da cristiano) sotterrò il suo sacro tesoro in una cassetta di piombo nell'orto dell'ospizio dei pellegrini (Ospedale) a Mantova, quindi si dedicò alla predicazione, subendo il martirio il 2 dicembre del 37 d.c.. Il prefetto romano Ottavio lo fece processare e condannare a morte; la sentenza, secondo l’Asiani (Amadei, pag. 51), fu eseguita con il ricorso ad un coltello, onde staccargli il collo. Il suo corpo fu sepolto accanto all'urna delle reliquie (in località Cappadocia dove ora sorge Sant'Andrea). Sul martire primigenio e sulla vicenda scese il silenzio per secoli fino a quando nell’ 804 casualmente (ma qualcuno dice per rivelazione di Sant’Andrea) vennero alla luce i resti e le reliquie. Leone III (795-816) e Carlo Magno arrivarono contemporaneamente a Mantova per avvalorare l'importante scoperta. Una lapide attesta la venuta del papa a Mantova nell’804, appunto, con la sua autorevole parola dichiarativa: « Questo è il vero Sangue di Cristo». La visita - riconoscimento impegnava i mantovani a far edificare un oratorio e a gettare la basi di una nuova diocesi.  Ma i secoli sono bui, come si dice, e la minaccia di altre invasioni barbariche (questa volta sono gli Ungari chiamati da Berengario nel 924 che arrivano fino a Pavia), portano di nuovo il tesoro sotto terra. Una parte viene seppellita nella città vecchia, presso la Cattedrale, l'altra fuori porta, di nuovo nell'orto dell'oratorio di Sant'Andrea, sorto accanto al luogo dell'antico ospedale dei pellegrini S. Maddalena. Bisogna aspettare di nuovo 100 anni per un secondo e definitivo ritrovamento.
     
“Popolo svizzero, le tue montagne sono superbe. I tuoi orologi funzionano bene. Ma quanto è pericolosa per noi, la tua vendetta regicida”. Scriveva Elisabetta d’Asburgo verso il 1880. Si la Svizzera da rifugio a molte persone e fra queste ci son fior di anarchici (più tardi arriverà qui anche Mussolini) il cui unico scopo è il regicidio.   Il futuro Duce era giunto in Svizzera in cerca di lavoro dopo aver fatto il maestro supplente a Gualtieri. Dopo una relazione con una donna sposata, il cui marito era sotto le armi, aveva lasciato il posto per migliori lidi. In svizzera lavora saltuariamente come manovale ma è clandestino e viene arrestato per vagabondaggio la mattina del 24 luglio 1902, sotto le arcate di un ponte dove ha passato la notte; ha in tasca il passaporto, il diploma di scuola normale e 15 centesimi. Rimesso in libertà si mette ad aizzare i lavoratori italiani allo sciopero e alla rivolta. “Se ne vada” gli dicono e foglio alla mano lo accompagnano alla frontiera. Ritornerà perchè la Confederazione lo ha espulso da un cantone e ce ne sono altri venti.
     

Era "volata via da questo mondo come un uccello, come un filo di fumo" per entrare nella leggenda

  E' l'epoca della dominazione di Bonifacio di Canossa e della sua sposa Beatrice di Lorena, genitori di Matilde: un mendicante cieco di nome Adalberto vede apparire in sogno (notte tra il 4 e il 5 marzo del 1048) Sant'Andrea che gli rivela il punto in cui scavare. Per vincere le resistenze di Beatrice, piuttosto scettica, il santo si presenterà altre due volte. La reliquia viene finalmente trovata, insieme al corpo di Longino. Sul posto, nell'area del monastero benedettino, viene edificata la nuova chiesa di Sant'Andrea, che quattro secoli dopo (1470) sarà distrutta da Ludovico II Gonzaga per far posto alla basilica attuale, progettata da Leon Battista Alberti. Da Roberto Tognoli Pagine di risorgimento mantovano ed Sometti
Nel 1479 fu "ritrovata" nella chiesa di S. Paolo, la porzione di Reliquia nascosta durante l'invasione degli Ungari nel 924 e per contenerle dal 1500 vennero realizzati da Nicolò da Milano (disegno di Cellini) due reliquiari d'oro. Nel Seicento anche la statua colossale di Longino, scolpita da Gian Lorenzo Bernini, poteva essere collocata in una delle 4 logge "delle reliquie" in San Pietro a Roma, immediatamente a ridosso dell'altar maggiore. Proprio la punta della lancia del vecchio Longino viene considerata una delle "reliquie maggiori" e dei tesori spiritualmente più preziosi della Basilica vaticana, a cui venne donata dal sultano turco Bayazid II alla fine del XV secolo. Nel 1055 l'imperatore Enrico III ricevette in dono una minuscola porzione della terra insanguinata, che, successivamente dopo diversi passaggi giunse nella cittadina di Weingarten (D) ove oggi è conservata e venerata.  Cessata la signoria gonzaghesca nel 1707, Mantova passava sotto l’impero austriaco, rimanendovi fino alle campagne napoleoniche. Caduto anche questo ritornarono i vecchi padroni.  Mons. Giovanni Corti, l’allora vescovo, ha lasciato una sorta di stilizzato diario su quei facinorosi eventi del 1848. Non fu risparmiata la venerabilissima cripta dove erano custoditi i Sacri Vasi. Il sacrilego furto dei Sacri Vasi, con scempio e perdita della Reliquia, suscitò sdegno e commozione profonda in tutti. Mons. Corti inviava relazione al papa Pio IX, chiedendo se fosse possibile ridonare a Mantova una porzione di Reliquia, che presumibilmente doveva essere custodita in Roma. Ma bisognò ricorrere alle porzioni di Reliquia conservate nella sagrestia della cattedrale e nella basilica palatina di Santa Barbara per ripristinare l’originario culto.

L'Imperatore d'Austria Francesco Giuseppe si fece carico, a titolo di riparazione, dei nuovi reliquiari che furono realizzati da Giuseppe Bellezza. Fu mons. Pietro Rota, succeduto a mons. Corti, a ribenedire la cripta profanata il 22 e 24 maggio 1876.

L'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, da parte di Gavril Princip a Sarajevo (28 giugno 1914, armato dai Serbi della Mano Nera), fu invece la causa scatenante del primo grande conflitto mondiale che di morti ne fece milioni. Qualcuno senti a Vienna l'Imperatore profferire queste parole dopo l’ennesimo lutto. "Nulla mi è stato risparmiato su questa terra" e "Un potere superiore ...

Dopo ci andarono coi piedi di piombo nelle perquisizioni ma mi sarebbe piaciuto vedere quando trovavano le armi cosa dicevano al prete e al Vescovo. Curiosità di navigatore !!.

 

Preti coinvolti nelle rivolte

Don Giuseppe Pezzarossa

Don Ottaviano Daina

Don Giovanni Casnighi

Don Policarpo Triulzi

Don Ferdinando Bosio

Don Giuseppe Ottonelli

Don Bartolomeo Grazioli

Don. Giovanni Grioli

Don Enrico Tazzoli (sotto e a dx)

 

 

Don Tazzoli continuò a essere onorato dalla diocesi, sempre retta da monsignor Corti, la quale autorizzò la pubblicazione delle prediche da lui composte in carcere. Egli aveva reso un gran servigio alla Chiesa quando, interrogato dagli austriaci, aveva scritto loro che il clero mantovano era segnato dall'insurrezione poiché fedele alla tradizione cattolica, “con spirito aderente al sociale e al concreto dei valori educativi e formativi dell'uomo … e per attuarne le esigenze occorreva essere liberi”. Infine, la notte prima del patibolo, scrisse un biglietto nel quale dava il perdono “a chiunque poté in queste faccende o in altro danneggiarmi. Così Dio mi perdoni”.

   
  Perlustrazione di chiese e cappelle
Il clima generale dei rapporti tra occupanti e mondo ecclesiale mantovano si irrigidisce. Non vengono risparmiati i luoghi di culto, per via di timori fondati che in essi si nascondessero abilmente e artificiosamente armi e munizioni. Ecco come una autorevole fonte ci informa: Strassoldo comunica al vescovo mons. Corti il decreto del Feldmaresciallo Radetzky: perlustrare chiese e cappelle, per controllare se vi siano nascoste armi. La testuale ingiunzione recita: Don Tazzoli foto da ritratto (Sorgato Ve)
«Monsignore Reverendissimo!
I risultati non insignificanti che si ottennero col rinvenimento di Armi e Munizioni nelle Chiese e Cappelle nei Comuni foresi di queste Provincie, hanno indotto S.E. il Signor Governatore Generale feldMaresciallo Conte Radetzky a determinare mediante rispettato Decreto 27 scorso Dicembre [ ... ] che venga praticata una generale riservata perlustrazione anche nelle Chiese e nelle Cappelle entro la Città. Tale perlustrazione verrà effettuata dall'I.R. Gendarmeria dietro ordine dell'I.R. Autorità Militare nel giorno 12 del corrente Gennaio» (Milano, 9 Gennaio 1853).

Il comandante di fortezza a Mantova, Culoz, in lettera "riservata" al vescovo Corti, annuncia l'esecuzione del Decreto di Radetzky: «Varie Chiese furono di già sottoposte tanto in questa come nelle altre Provincie ad una perquisizione, ed in tale occasione rinvenute delle armi, che per lo più si trovavano nel loro nascondiglio ancor dal l'epoca rivoluzionaria (1848). Venne superiormente ordinato che la perquisizione sia generalmente estesa a tutte le Chiese, Oratori, e Cappelle che non furono ancora sottoposte a tale misura. Incomincia oggi 12 Gennajo tanto in Mantova, come in tutti i Distretti appartenenti alla Diocesi di Mantova l'esecuzione di tale disposizione. Mi onoro di ciò partecipare a Monsignor Reverendissimo assicurandola di ogni riguardo, avendo ordinato che alle visite sia sempre presente un Sacerdote e che le sacre funzioni nelle Chiese non siano in tale incontro menomamente turbate» (Mantova 12 Gennaio 1853).

Il conato rivoluzionario propagatosi in provincia portò all'eroico sacrificio dell'umile parroco di Castiglione Mantovano, Don Bertolani, durante la rapida manovra di trasferimento del 48° Reggimento ungherese Arciduca Ernesto da Verona e Mantova, richiamato d'urgenza dal Governatore Gorzkow'schi preoccupato delle sorti della fortezza. Nella zona dell'alto e medio Mantovano, abbandonata dall'Austria dopo il passaggio di parte del grosso dell'esercito di Radetzky fuggiasco da Milano verso il Quadrilatero, i parroci si adoperarono alacremente per ridare nella attesa dell'esercito piemontese un nuovo e più ordinato assetto amministra­tivo. In questo periodo di estrema difficoltà per carenza di una autorità costituita ebbe preminenza assoluta di iniziativa e di volontà il parroco di Sabbioneta, mons. Luigi Tosi, quale autorevole voce del territorio libero di Mantova presso il Governo provvisorio di Milano. L'opera di collaborazione al Governo provvisorio in Bozzolo di questo benemerito prelato fu tutta intesa a migliorare le sorti del territorio che risentiva maggiormente le gravi conseguenze della guerra, specie durante il periodo del blocco di Mantova.
Ma non meno viva ed ardente fu la partecipazione del clero del basso mantovano durante la radunata sulla linea del Po dell'esercito pontificio e dei corpi dei volontari provenienti dai ducati. In Ostiglia, nella casa parrocchiale, il generale Durando pose per alcuni giorni la sede del suo quartiere generale,(ospite del parroco di allora monsignor Luigi Martini) il futuro confortatore dei Martiri di Belfiore. Della ospitalità ricevuta mantenne vivo il ricordo anche Massimo d'Azeglio, il quale nel rievocare quelle storiche giornate non mancò di apprezzare le doti di mente e di cuore di questo illustre prelato. Nella opposta sponda del Po alla comune causa portava il suo contributo il parroco di Revere, don Bartolomeo Grazioli, il futuro Martire.

     

Sissi e Francesco Giuseppe sono sepolti
a Vienna nella Cripta dei Cappuccini col
figlio Rodolfo accanto (a sinistra)

 

 

La lama (arma artigianale simile ad un moderno tagliacarte con manico di legno abbozzato) le è penetrata nel ventricolo sinistro e le provoca una emorragia fatale nel volgere di pochi minuti. Quando le viene aperto il corsetto per rianimarla, una macchiolina di sangue appare infatti all’altezza del cuore. Spostata all’albergo viene visitata da un medico accorso che non può far altro che constatarne la morte. L’assassino viene fermato dai passanti. Si tratta di un Italiano, Luigi Lucheni, muratore al fabbricato in costruzione della posta. Si dichiara anarchico e seguace di Kropotkine e di Bakunin (Sono gli anni degli anarchici. Anche il presidente Francese Carnot fu ucciso dall'italiano Sante Caserio nel 1894, e subito dopo la Sissi verrà ucciso il re d’Italia Umberto I e nel 1901 il Presidente degli Stati Uniti). Ha agito da solo? Nessuno proverà mai il contrario tanto che il bersaglio sarebbe stato un altro politico e, solo all'ultimo momento, fallito l'attentato, si sarebbe rivolto a lei, dopo la lettura di un trafiletto di cronaca che preannunciava la sua visita. I suoi spostamenti (di Sissi) e le sue stravaganze, per espressa disposizione di corte, dovevano avere la minima informazione. Lucheni, come italiano, non ce l’aveva con gli odiati Austriaci (eravamo anche alleati ora), non si pente di nulla, e l’arma per sua stessa ammissione se l’è costruita da solo. Condannato all’ergastolo (la pena di Morte era stata sospesa nel cantone) si suiciderà in cella.. L’anarchico, si disse, aveva fatto un favore ad Elisabetta. Le diede quel genere di morte a cui lei ormai anelava: improvvisa, senza soffrire, lontano dai suoi cari per non angosciarli e al cospetto della natura che lei tanto amava. La leggenda di Sissi era pronta per entrare nella Storia. "Nulla mi è stato risparmiato su questa terra": così pare abbia detto Francesco Giuseppe alla notizia della sua morte - Copyright Walter Amici

     

 

"Un potere superiore ha ristabilito l'ordine che io purtroppo non ero riuscito a preservare "

 

Il sarcofago della cripta di S. Andrea viene aperto
con 12 chiavi inserite contemporaneamente

da 12 "apostoli" custodi il
Venerdì Santo

       

Statua di Longino in Vaticano

  L'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, nipote di Francesco Giuseppe, aveva sposato una donna al di fuori delle corti nobiliari europee ed era stato costretto per questo a giurare che i suoi figli non sarebbero mai saliti al trono !!. Francesco Giuseppe non andò neanche al quel matrimonio. Per la quinta volta Francesco Giuseppe nominava un nuovo erede nella persona dell'Arciduca Carlo sposato a Zita di Borbone Parma di Pianore di Camaiore Lucca, ultima imperatrice, poi era lui a morire chiudendo una dinastia.

Note: Nella terza cappella a destra della basilica di Sant’Andrea a Mantova affrescata da Giulio Romano si conserva tuttora il sarcofago coi resti di San Longino. Un altro frammento di lancia, conservato a Gerusalemme, finì nel 615 nel bottino del conquistatore persiano Cosroe II ma fu ripresa dall'imperatore bizantino Eraclio e riposta nella chiesa del Santo Sepolcro nel 629. Un'altra lancia è conservata dai cristiani armeni: sarebbe quella trovata ad Antiochia da Pietro l'Eremita durante la prima crociata del 1098. L'ultima, quella detta di Norimberga, reca incorporato un chiodo della croce di Cristo, fa parte del tesoro degli Asburgo e forse fu usata per le incoronazioni imperiali; oggi è conservata a Vienna ed è la stessa cui s'interessò molto, ma molto da vicino, Hitler che la trafugò appunto dall’Hofburg per metterla nei sotterranei esoterici del castello di Norimberga. (ma questa è un’altra storia qui siamo ormai all’esoterismo del Graal)

    per saperne di più http://thecellardoor.splinder.com/archive/2006-09  http://www.beliceweb.it/sito/articles.php?lng=it&pg=931  

E' sepolto nella Cripta dei Cappuccini (oltre a quello di Modena) anche il Granduca di Toscana Leopoldo II: La pacifica rassegnazione al corso della storia e le modalità del commiato, con gli effetti personali caricati in poche carrozze fecero sì che, negli ultimi momenti di permanenza, gli ormai ex sudditi riacquistassero l'antica stima per Leopoldo: la famiglia granducale fu salutata dai fiorentini, levantisi il cappello al passaggio, con il grido "Addio babbo Leopoldo!" (era il 27 aprile 1859). Rifugiatosi presso la corte viennese, l'ex granduca abdicò ufficialmente solo il successivo 21 luglio; da allora visse in Boemia poi nella Roma Papalina dal 1869, dove morì il 28 gennaio 1870. Dal 1914 la sua salma è nella Cripta.   

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Vienna - Più di 600 Schützen Tirolesi hanno accompagnato l'ultimo imperatore Otto von Habsburg sabato 16.07.2011 nel suo ultimo viaggio. Alle ore 15.00 è iniziato il rito religioso nel duomo di St. Stefano in Vienna celebrato da Sua Eminenza Cardinale Christoph Schönborn. Il rito si è chiuso al canto dell'inno Gott erhalte, Gott beschütze...". Il feretro è stato portato da 6 Schützen tirolesi 2 del nord Tirolo, 2 del süd Tirolo e 2 del Welschtirol. La famiglia Habsburg è stata scortata da 60 Schützen ufficiali tirolesi provenienti da tutte le parti del Tirolo. La sepoltura nella cripta imperiale è eseguita secondo il rito asburgico: un sacerdote alla porta chiede: "Chi cerca di entrare?", Al che il maestro di cerimonie (fuori dalla porta) consulta e legge i titoli nobiliari degli Asburgo. Allora il prete risponde: "Non lo conosco". L'elenco di onorificenze e premi, non è utile per entrare nella chiesa. Solo quando il maestro di cerimonie del principe ereditario al terzo tentativo dirà "Otto von Habsburg un umile e mortale peccatore", allora la voce risponderà "lo conosco Egli può entrare"

http://www.youtube.com/watch?v=sN2Zq5X2VoU&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=h7QDrw0S1rg&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=slcJRqox1gI&feature=endscreen&NR=1

http://www.youtube.com/watch?v=ElFhfxvudvU&feature=player_embedded          

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