I Fratelli Cairoli e i morti di Roma del 1867

Mastro Titta, il boia e Giuditta Tavani Arquati

Carlo Cairoli e Adelaide Bono da Pavia ebbero cinque figli che parteciparono tutti al risorgimento italiano: Benedetto, Ernesto, Luigi, Enrico, Giovanni. Solo il primo morì nel suo letto. Enrico morì a Villa  Glori nel 1867e Giovanni due anni dopo per le ferite riportate nello stesso scontro. Luigi morì di tifo a Cosenza nel 1860 mentre con Garibaldi compiva l'opera dei Mille. Ernesto morì con i Cacciatori delle Alpi nel 1859. Benedetto fu ferito a Palermo assieme al fratello Giovannino, dopo lo sbarco dei Mille. In seguito divenne presidente del consiglio in una coalizione di sinistra e salvò il Re Umberto I da un attentato rimanendovi ferito. http://www.url.it/donnestoria/testi/trame/cairoli.htm   Da sinistra: Ernesto, Enrico, Benedetto, Luigi, Giovanni e seduta Adelaide Cairoli-Bono 

Il 20 ottobre 1867 partirono da Terni e giunsero a Passo Corese, dove si imbarcarono sul Tevere, cercando di sfuggire alla sorveglianza papalina. Sbarcarono nei pressi dell'Acqua Acetosa e nascosero le armi in un canneto vicino. Passarono la notte del 22 all'interno della Vigna Glori. La sorpresa, per non precisati motivi fallì. Verso le cinque pomeridiane di quel 23 ottobre i volontari vennero agganciati da circa 300 "carabinieri esteri" (svizzeri Cap. Mayer) del Papa. Per circa un'ora si difesero in mezzo alle vigne e per due volte contrattaccarono alla baionetta. I Fratelli Cairoli furono ambedue colpiti, ma Enrico finito a colpi di baionetta. Fu ferito anche il Capitano Mayer e allora i papalini si ritirarono. Nella Villa rimasero pochi garibaldini, fra cui Giovanni. Tutti gli altri si ritirarono verso Monterotondo, per congiungersi con gli altri commilitoni. Il giorno dopo ritornarono i pontifici e fecero prigionieri i feriti. Dopo due mesi Giovanni Cairoli fu messo in libertà. Morirà due anni dopo per i postumi della ferita.

L'insurrezione "popolare" che causò la morte di vari gendarmi avvenne a Piazza del Popolo il 22 ottobre. Zuffe si verificarono nel centro della Città mentre la Caserma Serristori fu minata causando la morte di 40 zuavi e di alcuni civili. Erano stati Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti. L'insurrezione fallì in quanto un delatore consentì ai papalini di sequestrare una parte delle armi tenute nascoste nella Villa Mattei. Furono celebrati i processi e furono comminate pene rigorose, fino alla pena di morte eseguita il 24 novembre 1868 in Piazza de' Cerchi. Altri condannati morirono in carcere prima del 20 settembre 1870.  http://books.google.it/books?id=ou0PAAAAYAAJ&dq=tognetti+e+monti&source=gbs_navlinks_s  Gli ultimi giorni di Monti e Tognetti.

LA ROMA DEGLI ULTIMI PAPI

Così la racconta Vittorio Messori, scrittore cattolico nelle carte del processo di beatificazione di Pio IX nell'insolita veste d'avvocato d'ufficio. … ha davvero dell’incredibile, tenuto conto che ancora oggi, dopo piu' di un secolo, si continua a presentare la vicenda in maniera del tutto falsa. I due (Monti e Tognetti), per loro stessa ammissione, erano stati pagati per fare esplodere due barili di polvere contro una caserma. Non erano affatto dei rivoluzionari romani, ma due poveri diavoli che i Piemontesi e gli Inglesi usarono con l’illusoria speranza che “Roma si sollevasse”. L’unica cosa che si sollevò fu il muro della caserma e la polvere da sparo dei due barili: che fecero 27 morti, tra i quali quattro civili romani, compresi una madre col suo bambino. Fu lo stesso popolo che avrebbe dovuto “sollevarsi”, a chiedere che i due malfattori fossero giustiziati. Condannati a morte, il Pontefice avrebbe voluto graziarli, ma il popolo romano chiedeva giustizia e, quindi, le loro teste: cosí che il beato Pio IX, dopo aver temporeggiato per quasi un anno, dovette cedere alla richiesta..!!!.  questo finale stride con tutto il resto, sopra e sotto che non brilla certo per razionalità. Sembra più di essere all'interno del Colosseo in epoca romana con gli spettatori a pollice verso che in una situazione politica europea e italiana molto movimentata ma cristallizzata solo secondo PIO IX. Se poi Messori invoca, adombra,  allora come oggi la pena di morte per i reati più gravi di terrorismo può tranquillamente dirlo, un Titta qualunque lo si ritroverà. Chiedere non costa niente neanche a un cattolico.

Faziosità di chi si appella alla decapitazione di Monti e Tognetti ?: a tale fine Messori ha dato lettura di citazioni da “enciclopedie ineccepibili” Monti Giuseppe: Patriota, di Fermo. Insieme con il 23enne romano Gaetano Tognetti, come lui muratore, partecipò (22 ottobre 1867) a un tentativo d’insurrezione [sic!] in Roma ponendo una mina sotto la caserma Serristori. Restarono feriti alcuni zuavi [23 morti piú i feriti] e altre persone [4 morti piú i feriti]. Arrestati, furono condannati a morte e decapitati il 24 novembre 1868. Per le enciclopedie Messori ponga attenzione perché sono come Wikipedia vanno prese col beneficio d'inventario e verificata la firma di chi ha compilato la scheda, poi non è finita perché di solito sono, o sfacciatamente superficiali o datate: ma queste cose Messori le sa, non è un ingenuo sprovveduto. 

Messori ha anche ricordato come il beato Pio IX dovette intervenire, in un periodo particolarmente critico della storia d’Italia e d’Europa, per ribadire la dottrina della Chiesa, attaccata da ogni lato in vista dell’affermazione delle nuove insorgenti idee, dal liberalismo al socialismo. Da qui l’enciclica Quanta cura, il Sillabo, la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, il Concilio Vaticano I e la definizione del dogma dell’infallibilità papale "ex cathedra". Sembra di essere ai tempi nostri, quelli di Benedetto XVI. C'è sempre qualcuno che attacca.

PROFESSIONE BOIA

Mastro Titta al secolo Giovan Battista Bugatti

Tognetti e gli altri però non finirono nelle mani di Mastro Titta, il Boia perché dal 1864 aveva smesso di lavorare dopo 516 "servizi" iniziati nel lontano 1796 era andato in pensione. Lo sostituiva Vincenzo Calducci. Mastro Titta, di cui diede una interpretazione teatrale "riabilitativa" Aldo Fabrizi (il Rugantino) veniva pagato "a testa", a cottimo, e nei periodi di disoccupazione, lunghi (in media 7 esecuzioni all'anno) doveva guadagnarsi il pane con altre attività dove il rapporto col pubblico fosse ridotto al minimo. Poiché non era chiaramente benvoluto risiedeva sulla parte destra del Tevere dove sta il Vaticano e non di qua dove coram populo (a scopo “educativo” "esemplare") avvenivano le esecuzioni in Piazza del Popolo, Campo de' Fiori (al di qua di Castel S. Angelo), etc..o anche in trasferta. Dovendo quindi attraversare il fiume ogni volta che era chiamato al lavoro, fu coniata la frase "Boia nun passa Ponte" quando non "lavorava" o "Mastro Titta passa ponte" quando lo faceva e c'era "spettacolo" gratis per tutti. Pio IX gli concesse la pensione, all’età di 85 anni !!!, con un vitalizio mensile di 30 scudi. Il potere temporale del Papa non è crollato per il problema delle pensioni o delle rivendicazioni operaie. 

Gli ultimi servizi di Mastro Titta (Senigallia 1779) http://www.museocriminologico.it/Approfondimenti/pdf/mastro_titta.pdf
morto N°509 Luigi Gagliardi, grassazione
*ed omicidio, “decapitato” a Civitavecchia li 12 gennaio 1861.
 - 510 Nazazreno Gercorini, per omicidio e sgrasso per lo stesso motivo come sopra.
 - 511 Gaetano Lucarelli, di Marino, di anni 29, per omicidio traversale “morto” in Marino li 30 aprile 1861 impenitente.
 - 512 Cesare Locatelli, romano, di anni 37, reo di omicidio con animo di parte, “morto” in via dè Cerchi li 21 settembre 1861.
 - 513 Angelo Lisi di Alatri, reo di grassazione con animo deliberato, “morto” in Frosinone li 30 aprile 1862.
 - 514 Angelo Isola di Rocca Secca nel Regno di Napoli, reo di grassazione, morto in Subiaco li 11 giugno 1864.
 - 515 Antonio Olietti, romano, reo di omicidi ed altri delitti, morto in via dè Cerchi li 17 agosto 1864.
 - 516 Domenico Antonio Demartini, regnicolo, reo, di omicidi, “morto” in via dè Cerchi li 17 agosto 1864
e le ultime esecuzioni di Vincenzo Calducci o Balducci suo aiutante fin dal 1850.
Nella Darsena di Civitavecchia addì 20 maggio 1865 Saturnino Pescitelli.
In Viterbo addì 17 febbraio 1866 Salvatore Silvestri.
In Roma addì 21 luglio 1866 Francesco Ruggeri e Pasquale Berardi.
In Supino addì 11 febbraio 1867 Paolo Caprara.
In Frosinone addì 11 marzo 1867 Giovanni Capri.
In Veroli addì 12 marzo 1867 Ignazio Bubali.
In Zagarolo addì 8 ottobre 1867 Ascenzo Palifermanti.
In Palestrina addì 23 maggio 1868 Pasquale Dicori.
In Roma addì 24 novembre 1868 Monti Giuseppe e Tognetti Gaetano.
In Rocca di Papa addì 14 luglio 1869 Francesco Martini.
In Palestrina addì 9 luglio 1870 Agabito Bellomo.

*grassazione = aggressione a mano armata a scopo di rapina

 

C.Ademollo - Eccidio Tavani Arquati

MASTRO TITTA AVEVA SERVITO SOTTO I FRANCESI DI NAPOLEONE E SOTTO SEI PAPI
Pio VI      da Cesena   1775-1799 al secolo Giovan Angelo Braschi
Pio VII      Cesena       1800-1823      Giorgio Chiaramonti
Leone XII Genga (An)1823-1829      Annibale Sermattei dei Conti della Genga
Pio VIII   Cingoli (Mc) 1829-1830      Francesco Saverio Castiglioni
Gregorio XVI Belluno 1831-1846       Bartolomeo Alberto Cappellari
Pio IX      Senigallia     1846-1878       Giovan Maria Mastai-Ferretti

Giuditta Tavani Arquati (1830 - 1867)

“Forza, uomini, morire piuttosto che arrendersi!”. Altra vittima dei disordini romani Giuditta Tavani Arquati (1830 - 1867), figlia di Giustino uno dei difensori della Repubblica romana che rinchiusa nel lanificio Giulio Aiani a Trastevere il 25 ottobre si difese con altri 25 patrioti fino alla morte. Giuditta, incinta del quarto figlio, si trovava nel lanificio insieme al marito Francesco Arquati, al figlio dodicenne Antonio e a molti altri cospiratori, in attesa dell’arrivo di Garibaldi da Monterotondo. Verso le 12 e mezzo, una pattuglia di zuavi giunta da via del Moro attaccò la sede del lanificio. I congiurati cercarono di resistere al fuoco ma vennero in poco tempo sopraffatti dalle truppe pontificie che riuscirono a farsi strada all'interno dell'edificio. Alcuni congiurati riuscirono a fuggire, mentre altri furono catturati. Sotto il fuoco rimasero uccise 9 persone, tra cui Giuditta Tavani Arquati. A suo nome fu fondata l'Associazione Giuditta Tavani Arquati (anticlericale) sciolta nel 1925 dal Fascismo in zona preconcordato  e ripristinata nel 1945.

Queste vicende sono narrate nel film in "In nome del Papa Re" di Luigi Magni con Nino Manfredi del 1977. 

 Una scheda del film n. 57 è visibile al link http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/indicecinema.htm

 

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