Sardegna - maggio 1906
Impiego di compagnia ciclista in operazioni d'ordine pubblico
Bersaglieri ciclisti in Sardegna
(in calce:ma non era una scampagnata)
Il ritardo storico e l’arretratezza industriale erano alla base delle difficoltà economiche dell’Italia di fine secolo (XIX). Queste difficoltà a loro volta si alimentavano per un'agricoltura arretrata e condizionata dall'orografia ma anche per infrastrutture carenti (viabilità e servizi), energia e materie prime per cui non potevamo competere (il risultato era una emigrazione che, a partire da fine secolo, per dieci anni, raggiunse i 3,9 milioni di emigrati su 6 dell'arco temporale interessato). Carbone poco, petrolio degli albori ancor meno, per non parlare dei metalli più preziosi in tutti i sensi, nonostante la Sardegna fosse da questo punto di vista il sito minerario più interessante (carbone, argento (l'argento si trova sotto forma di galena argentifera (solfuro di piombo) argentite (Min. loc. Argentiera sotto Stintino). Diversi sono i modi per la lavorazione dei minerali d'argento, quella piu' usata si chiama Coppellazione), piombo e zinco (calamine) (pari a circa il 10% dell’intera produzione mondiale), rame e ferro). |
Foto
concesse da Sardegna Digitallibrary |
|
Esportazioni limitate e entrate povere non erano quindi in grado di garantire uno sviluppo autonomo con investimenti nazionali in infrastrutture e industria pesante. Ne facevano le spese dal punto di vista sociale la nuova classe operaia di cui i minatori erano parte (L'indagine di Sella del 1871 non mancò di rilevare anche le disparità di trattamento economico tra i minatori sardi e quelli continentali .. !). L’Italia allora vantava due primati, lo zolfo di Sicilia che ci vedeva al primo posto e il metodo d’estrazione che ribaltava di 180° il primato per l'arretratezza. L'emigrazione non era la panacea di tutti i mali una volta a destino e neanche quando era il capitalista straniero ad "emigrare" in Italia. La controparte industriale non brillava certo per comunicativa e intraprendenza, anche quando non era italiana (se ne accorgeranno gli italiani quando prenderanno la via delle miniere del Nord Europa). Le zone d’attrito erano purtroppo continue, ravvivate dagli schieramenti politici che si fronteggiavano in conservatori e socialisti a loro volta con una divisione interna molto variegata e composita. Fra le tante controversie che scoppiavano in Italia in quegli anni focalizziamo quella della Sardegna del 1904 (chiamata anche moto del pane) e del 1906. Fu nel settembre (4) del 1904 che la protesta operaia dilagò nella regione mineraria dell’Iglesiente. L’eccidio dei minatori di Buggerru, "new town", sul mare a ovest di Iglesias, si inquadra in queste vicende. In quel periodo il paese veniva chiamato «petit Paris» ovvero "La piccola Parigi" in quanto i dirigenti minerari (Francesi) che vi si erano trasferiti avevano ricreato un ambiente cosmopolita dotato di cinema, teatro e circoli culturali e ricreativi. Li comandava Achille Georgiades arrivato nel 1903 per dirigere la “Societé des mines de Malfidano” con sede a Parigi. Fuori stavano i minatori del piombo e dello zinco sottopagati e costretti a turni massacranti. Nel 1904, a seguito dell'inasprimento del trattamento imposto dal Georgiades, i minatori si rifiutarono di lavorare e presentarono le loro istanze alla società e per tutta risposta questa chiamò l'esercito che negli scontri fece tre morti molti feriti. Quella domenica 4 settembre 1904 sarà ricordata come la data dell'eccidio di Buggerru. http://www.iniziativalaica.it/?p=4983 La caratteristica di queste agitazioni fu, di solito, la breve durata e la spontaneità o individualità di piccoli gruppi che il sindacato (operaista e settentrionale) non riuscì mai a gestire nei tempi e nei modi. La mancanza di tradizione sindacale dell’organizzazione favorirono certamente lo spontaneismo degli scioperanti. In quei frangenti il compito delle leghe e dei dirigenti socialisti, obbligati a non mortificare l’iniziativa operaia e talvolta a subirla, fu estremamente difficile. La Lega, organo del partito socialista «Purtroppo lo stato arretrato delle nostre popolazioni rurali ha vietato finora a noi socialisti di svolgervi frammezzo una qualunque azione che sarebbe stata in questi momenti preziosa per la causa della civiltà e del benessere (…)». |
"Per l’utilizzo delle immagini nel sito potrà indicare il link della risorsa che rimandi per la visualizzazione al sito ufficiale. Non è consentito estrapolare, modificare, tagliare, alterare e stampare le risorse".
http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&s=17&v=9&c=4461&id=33819 |
|
http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=7957 fonte SARDEGNA DIGITALLIBRARY |
La protesta si estese ben presto a tutta l’isola -Due anni dopo il problema si ripresentò, ma questa volta erano i contadini a ribellarsi. Un apparato organizzativo precario circoscritto, con un raggio d’azione molto ridotto, non consentirono quindi ai socialisti il benché minimo controllo di un fenomeno sociale di così vasta portata. Alla fine la preoccupazione maggiore fu di scindere la propria di responsabilità da quella dei rivoltosi. La rivolta si scatenò per il rincaro dei generi alimentari e si sfogò con l’assalto ai casotti daziari, agli uffici delle imposte, ai caseifici e ai forni del pane. D’altra parte neanche il mare sfuggiva allora al suo contributo con la “Quarta Regia”, ¼ del pescato, tassa a cedolare secca, che rimase in uso a lungo. La rivolta partì appunto da Cagliari dove, in uno scontro con l’esercito, due dimostranti rimasero uccisi e 20 feriti. Da Cagliari il movimento si estese al bacino minerario del Sulcis-Iglesiente. A Gonnesa due dimostranti uccisi dalla forza pubblica intervenuta dopo l'incendio appiccato agli uffici del dazio. A Nebida un dimostrante ucciso e un ferito. |
|
Ma facciamo un salto indietro: La pastorale Sardegna del nuovo indirizzo economico post Napoleonico e post restaurazione non coincideva con la visione degli economisti liberali (Cavour) Piemontesi. L’economia privata e il libero mercato vedevano in molte restrizioni del passato dei freni allo sviluppo. Per allineare l'isola al resto d'Europa furono aboliti i secolari diritti civici come del resto verranno aboliti dopo l’Unità d’Italia in tutte le regioni conquistate. L'antico antagonismo ancestrale fra pastori e contadini (proprietari e non - "Editto delle Chiudende") si acuì. Se a questo si aggiunge che l’Isola, all'interno del Regno di Sardegna, era un corpo giuridicamente separato gestito con un Vicerè e rappresentato solo a livello locale dal suo parlamentino se ne deduce che l’isola era letteralmente isolata dal quel contesto innovativo e progressista che sarà la rivoluzione industriale partita nella prima metà dell’800. Sull’onda montante delle rivendicazioni nel novembre del 1847 un moto di borghesie urbane, intellettuali e commerciali chiese al re di avere la fusione perfetta fra isola e terraferma, sancendo in tal modo la fine dell'autonomia nel Regno: si rinunci a pochi privilegi (di origine spagnola) e si inizi l'integrazione. L'anno successivo con l'abolizione degli stamenti e della carica di vicerè, l'isola diveniva una regione del Regno Sabaudo. I primi deputati sardi poterono prendere posto a Torino (poi in quelli nazionali a Firenze e dal '70 a Roma), accanto ai loro colleghi Piemontesi, Liguri, Nizzardi. Nel 1887, il mancato rinnovo del trattato commerciale con la Francia portò al crollo delle banche e al fallimento di molte attività legate all’agricoltura. I prodotti agricolo-pastorali non presero più il mare diretti a Marsiglia. A subirne le prime conseguenze furono i pastori che non potevano esportare la carne ed il formaggio. Altro motivo di malessere era l'aumento del prezzo del pascolo (affitto), che fu provocato agli inizi del 900 dall'entrata in produzione dei caseifici in mano ai continentali ( Lazio) che facevano “cartello”. Ma chi erano questi ?. Per una serie di circostanze, non ultima la bonifica laziale, la produzione del pecorino romano non fronteggiava più le richieste interne e degli emigrati (l’emigrato non si faceva mancare, quando poteva, i prodotti della madrepatria (olio, pasta etc..)). Per i produttori romani nulla di più facile che impossessarsi delle potenzialità sarde. L'ambiente di lavorazione è ben descritto da S. Manconi in un articolo (anni '20) su "L'agricoltura sarda" ... è una scena non certo lieta quella che si presenta agli occhi del visitatore nei nostri comuni caseifici: fuoco all'aperto che diffonde fumo in tutti i locali ed uomini che faticano per resistere alle fumigazioni; ceneri, pezzi di carbonella ed altri prodotti della combustione che invadono i locali e che il più delle volte vanno a depositarsi nel latte o nella cagliata, sporcando la massa in maniera molte volte grave...La trasformazione aveva infatti spesso una connotazione ambulante; nel senso che l'imprenditore riteneva certamente più conveniente e semplice spostare le attrezzature, rappresentate da una caldaia sorretta da un argano in legno e pochi altri utensili, laddove risultavano migliori le condizioni di prezzo e di quantità della materia prima latte. Dopo una prima fase concorrenziale con miglior remunerazione il prezzo del latte (e spazio per pagare gli affitti di pascolo aumentati) ridiscese creando di fatto la necessità, il bisogno di creare una filiera verticale per la produzione e commercializzazione del Pecorino. L'unione fece le Cooperative Sociali fra produttori (a Bortigali nasceva nel 1907 la prima Latteria Sociale Cooperativa) per svincolarsi dal “cartello”.
Telegramma di Giolitti
all'atto dell'insediamento del suo "Giolitti III" (Governo) il 31
maggio 1906 |
Note: LA VIABILITA' L'asse principale delle ferrovie sarde era stato completato nel 1899 da Cagliari a Golfo Aranci. Entro questa data anche molte delle ferrovie minori a scartamento ridotto erano completate ma la facilità con cui erano state costruite, in terreni difficili (i rilievi montuosi rappresentano oltre l'82% del territorio, con incisioni articolate e profonde), spiegò il motivo perchè passassero sempre fuori dai paesi arroccati in alto. All'esercizio infatti interessava il legname e dai boschi passavano. Nel numero 224 del 21 agosto del 1906 "La Nuova Sardegna" scriveva del caso Siniscola (Nord Est) e del malessere generale dell'isola – “Si fa più presto da Sassari a raggiungere Milano che Siniscola!” o L'Unione Sarda, luglio 1910 “Prendete un povero diavolo di sulcitano (Sud Ovest) e pensate che esso per arrivare a Cagliari deve impiegare due buone giornate, e dite se è possibile che questo non perda ogni fiducia in se stesso e non disperi nell'avvenire! ... » (le ferrovie dell’Iglesiente, immagine in calce, saranno costruite nel dopoguerra) Ai SAVOIA il titolo di Re era venuto in virtù di quello Sardo da quando nel 1720 l'isola era stata scambiata con la Sicilia. Il Regno di Sardegna è infatti conosciuto ai più come Regno di Piemonte-Sardegna o nei libri di storia come "Regno sabaudo" o semplicemente "Piemonte". Di fatto in Sardegna vigeva ancora il feudalesimo (Chiesa e Nobili: Carlo Alberto volle recarvisi di persona accompagnato da Alberto Ferrero Della Marmora, autore del famoso "Voyage en Sardaigne" e fautore dell'abolizione del feudalesimo (lascito spagnolo), che fu infatti abolito nel 1838).con i diritti civici espressi in forma solenne come gli "ademprivi", ovvero i diritti delle comunità sulle terre feudali e demaniali come il legnatico, macchiatico, ghiandatico o pascolo (diritto dei poveri di far legna, cogliere ghiande e funghi, allevare maiali nei boschi demaniali). Uno dei provvedimenti (liberali !!) di Carlo Alberto fu di sopprimerli mettendo a carico delle casse locali l’indennizzo dei beni (sopravvalutati) allo stato o al feudatario nobile che se li ricomprarono in proprietà piena. Le nuove proprietà furono destinate in affitto come pascolo, con esercizio meno oneroso nel tempo (lo vedremo nella vicenda del latte) |
|
Il
12 giugno 1906, Giolitti espose al Parlamento il suo programma; vi
entravano l'inchiesta sulla Marina e i provvedimenti per il Mezzogiorno,
per la Sicilia, per la Sardegna e per i danneggiati dal terremoto
e dal Vesuvio. Affermò anche che riteneva opportuno nominare due
Commissioni parlamentari, affidando ad una l'incarico di studiare le
condizioni dei lavoratori della terra nelle province meridionali e in
Sicilia, specialmente in rapporto ai patti agrari; e all'altra
l'incarico di studiare le condizioni della Sardegna e specialmente
quelle degli operai delle miniere. Degno di nota furono le
dichiarazioni di Giolitti relative ai lavoratori, affermando:
"Il
problema che in questo momento domina tutti gli altri é quello del
miglioramento delle classi lavoratrici. Dal modo come si compirà il
grande movimento sociale che attraversiamo, dal miglioramento morale e
materiale, ma ordinato, costante, pacifico delle più numerose classi
della Società dipende l'avvenire della civiltà nostra, la prosperità e
la grandezza del nostro paese. A rendere sicuro e ordinato tale
progresso devono tendere la costante azione del Governo e le riforme
legislative. Anzitutto è evidente che il benessere delle classi operaie,
è inscindibilmente connesso con la prosperità dell'agricoltura, delle
industrie, del commercio, perché solo dove il capitale e il lavoro
abbondano vi possono essere alti salari é buone condizioni di lavoro.
Nelle condizioni attuali d'Italia, l'aiuto più diretto ed immediato che
si possa dare al lavoro nazionale è quello di agevolare i mezzi di
comunicazione facilitando le esportazioni, completando rapidamente la
rete stradale, dando efficace impulso ad un buon ordinamento
ferroviario, organizzando bene i servizi marittimi. Altra condizione
indispensabile per l'incremento della pubblica ricchezza è, da un lato
una più rapida diffusione dell'istruzione popolare, e dall'altro un
grande elevamento della istruzione tecnica superiore, ora affatto
inadeguata ai continui progressi delle industrie". Bersaglieri ciclisti in Sardegna |
I piccoli proprietari subivano tanto le intemperie meteorologiche, quanto quelle non meno imprevedibili del fisco, la cui esosità è testimoniata dal primato italiano dei contribuenti espropriati per debito d’imposta nella provincia di Cagliari negli anni 1904-1905. |
|
S’io dicessi che la Sardegna è un
campo adatto al ciclismo, molti non lo crederebbero; eppure gli ultimi
dolorosi fatti del maggio scorso riepilogantisi in parecchi tumulti
scoppiati qua e là, dei quali alcuni terminati tragicamente, ne portarono
di conseguenza una conferma. |
I Governi precedenti
|
|
La compagnia del 9°
bersaglieri comandata dal capitano Bertoli ha l’ordine di stabilirsi in
Iglesias, e di qui, manovrando per linee interne, lanciarsi ove tumulti
avessero a funestare ancora queste contrade. In pochi giorni questa
compagnia visita tutto il circondario di Gonnesa, Portoscuro, S. Antioco,
Nebida, Masna, Monteponi. Villamassargia, Musei, Domusnovas, Siliqua,
Flennini Maggiore, Buggerru, S. Benedetto, Arenas, Baueddu. Non v’ha
paese, cascinale o miniera che non abbia visto questi novelli dragoni e
veramente d’acciaio, rincorando i pacifici cittadini e tenendo a dovere
turbe di malconsigliati. In ogni paese I bersaglieri sono bene accolti,
autorità e cittadini vanno a gara per riceverli con simpatia, e sebbene
arrivati tardi, pure hanno dimostrato quanto la loro estrema mobilità sia
utile anche in queste dolorose circostanze. Il 5 maggio il capitano Bartoli col suoi ufficiali Paride Razzini, Ghibaudi, Comolli, si presenta al signor generale Escard intanto che si reca alla stazione di Iglesias onde partire per Cagliari, e lo stesso generale alla stazione di Siliqua a 26 chilometri ha la sorpresa di vedersi presentare dal capitano Bartoli la compagnia, che pochi minuti prima della partenza aveva visto ad Iglesias. Se vien dato ordine di partire per una operazione non hanno bisogno di molti preparativi questi cavalieri moderni; e con una razione di pane o carne in conserva si mettono senza pensiero in strada per compiere in una giornata 100 e più chilometri. Il 22 giugno alle 7,20 si sente la tromba d’una compagnia ciclisti in Iglesias. Era quella del 2° bersaglieri comandata dal capitano Ceccherini e tenenti Spernazzati e Piragino, che partita alle quattro del mattino da Cagliari era venuta a visitare Iglesias. Ripartiva nel pomeriggio per arrivare In poco più di tre ore a Cagliari. in tutto 112 chilometri andata e ritorno, compiuti brillantemente, come nessuno altro reparto può sognare di fare. In ogni paese I bersaglieri trovarono ospitalissimi, tra gli ospitati, e gentilissimi fra i gentili, molti soci del Touring, ma fra tutti va ricordato il capo console di Cagliari, dottor Casotti, vera anima propagandista delle sane leggi del Touring, e che sa coi suoi modi cortesi, simpatici ed insinuanti legare alla causa turistica i migliori elementi della Sardegna. Egli è un vero benemerito; ed io voglio chiudere questo scritto con l’espresso che il signor Casotti mandò il 18 giugno alla compagnia ciclisti del 9° bersaglieri in occasione del 70 anniversario di fondazione del corpo dei bersaglieri. “In questo giorno che ricorda l’istituzione del valoroso corpo dei bersaglieri, giorno di lieta festa e di affratellamento fra ufficiali e soldati, giunga gradito ai valenti ciclisti del 9° bersaglieri il saluto dei mille soci sardi del T. C. I., orgogliosi di’ospitarli in questi giorni e speranzosi di rivederli. da "Rivista mensile del Touring Club Italiano" |
Estratto e riassunto da
http://www.bellasardegna.it/Cultura/autonomia_regionale_della_sardegna.htm
|
|
Per saperne di più http://www.sardegnaturismo.it/documenti/1_104_20070124152444.pdf http://www.carboniaiglesias.net/miniere.asp http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_mineraria_della_Sardegna http://www.minieredisardegna.it/ShowImage.php?id=360
http://www.photorail.com/phr2-le%20concesse/ferrovie_meridionali_sarde.htm |