21 Marzo 2001
Ritorno al Passato

Se si eccettua la citazione in inglese del Financial Times, il messaggio di Rutelli a Confindustria è risultato chiarissimo: in sintesi, Rutelli andrà incontro alle esigenze di questi campioni della Faccenderia nostrana (50 anni di storia dimostrano che non si tratta certo di imprenditori) nei limiti delle istanze generali del paese ed in un clima assolutamente europeo.
Rutelli ha aggiunto, tra le righe del suo anglo-politichese, qualche piccolo dettaglio, riguardante una "concertata ricerca di soluzioni" per i problemi infrastrutturali (una menzione speciale per il ponte sullo stretto di Messina), per la semplificazione della PA, per la riduzione del gravame fiscale e contributivo sulle imprese e per la formazione professionale.

Su cosa poggia invece il programma presentato da Berlusconi a Confindustria ?
Esaminiamone i pilastri:

  1. ristrutturazione dello Stato;
  2. riforme istituzionali;
  3. riforme del sistema giudiziario;
  4. aperture dei cantieri infrastrutturali (strade, autostrade, sviluppo di piani per le emergenze ecc.);
  5. rilancio del Mezzogiorno (recupero del territorio, infrastrutture, formazione, patrimonio turistico ecc.).

Quasi tutti sappiamo che l'apparato dello Stato italiano è stato reso pletorico da un clientelismo vergognoso, che si è sovrapposto alle distorsioni amministrative legate al centralismo statale; le stesse privatizzazioni della cui attuazione s'è vantato Rutelli sono del tutto inadeguate se ciò che si vuole è ricondurre il volume della spesa pubblica al fabbisogno ed alle possibilità reali del paese, come del resto è inadeguato il modello di federalismo regionale verso il quale spira il vento politico generale, poiché mantiene enti sostanzialmente inutili, come Regioni e Province, e gestisce le risorse finanziarie lontano dai Comuni, che sono il luogo nel quale esse sono di fatto prodotte.

Trascurando la sostanziale equivalenza dei pilastri di Berlusconi a quelli di Rutelli, Berlusconi promette una radicale e globale modernizzazione tecnologica con le ristrutturazioni organizzative conseguenti "come ogni imprenditore sa fare", cioè tagliando e ricondizionando gli organici, solleticando l'opinione pubblica e la platea con l'ulteriore promessa di un modesto taglio del 50% del numero dei membri di questo tanto costosissimo quanto inutile Parlamento.
Con quali poteri Berlusconi pensa di superare le difficoltà legate alle norme costituzionali sulla revisione dell'ordinamento della Repubblica e gli interessi di Alleanza Nazionale nella Pubblica Amministrazione centrale e locale?

Le riforme istituzionali sono una spina ancor più spinosa della precedente, poiché urtano contro una vasta messe di interessi occulti e palesi, oltreché contro le difficoltà opposte dalla Costituzione alla revisione di sé stessa. L'Italia è retta da una Costituzione nominalmente repubblicana, che è stata sovrapposta nel 1947 come una pezza calda sull'ordinamento dello Stato Fascista, tutt'ora vivo e vegeto, nonostante gli sforzi di Bassanini, nell'Amministrazione pubblica, nel Codice Civile, in quello Penale e nei Codici di Procedura.
Con quali poteri pensa Berlusconi di superare gli interessi dell'Italia fascista, per realizzare il suo progetto di un'Italia americana?

Le riforme del sistema giudiziario sono ancora più nebulose delle mutazioni genetiche precedenti, perché sull'attuale sistema giudiziario si basano i poteri, nemmeno tanto occulti, della potente lobby della magistratura e delle forze di polizia giudiziaria, prese esclusivamente dai loro interessi individuali e di casta, come dimostrano il contenzioso pluriennale, le sentenze da salumieri e i soprusi, che, nel corso di cinquant'anni, hanno dato più garanzie ai farabutti che alla gente onesta, allontanando questo paese dalla giustizia di diversi anni luce.
Con quali poteri forti pensa allora Berlusconi di riscrivere il sistema giudiziario?
Forse con le forze di polizia, per le quali pare che egli non intenda applicare i criteri imprenditoriali della ristrutturazione e dei tagli del loro immenso organico, ma piuttosto degli incentivanti aumenti salariali?

In realtà, piuttosto che onorare le necessità del Paese, per lui sarà molto meno complicato onorare i fabbisogni della Confindustria al 90% ed oltre, poiché su questa pista troverà al massimo l'ostacolo di un sindacato già spompato dai governi di sinistra. Si parlerà senza tanti problemi di contratti regionali, di flessibilità massima fino alla facoltà di licenziamento, di sgravi fiscali e contributivi massicci, specialmente al Sud, per consentire la continuità delle viscide speculazioni che hanno già massacrato il Meridione nel corso degli anni '80, aggiungendosi agli interventi distruttori della FIAT, a quelli delle partecipazioni statali, corrotte fino al midollo dal clientelismo, a quelli della mafia.
In questo modo, egli finanzierà il decollo vertiginoso della Faccenderia italiana, arricchendo un gran numero di confindustriali e di mafiosi e continuando l'opera di distruzione delle vocazioni territoriali, professionali ed artigiane, a favore degli "amici", come farebbero nei paesi dell'Est, dei quali Berlusconi già avverte l'incipiente "pressione", trasformando le disgrazie altrui nel loro personale Klondike.

Berlusconi è però un esempio di sostanziale coerenza: questo personaggio, uscito dalle nebbie dell'Italia corrotta e bancarottiera, è del tutto in linea con l'inchino ipocrita che fece anni fa al sig. G. Agnelli. Gli interessi di Berlusconi non sono cambiati nel tempo; si sono solo allargati ed oggi, con il popolo che sembra guardare verso la destra politica, in cerca del graal della sicurezza sociale e della ripresa economica, essi possono apparire in tutto il loro fulgore.

Quale potrebbe essere allora la più probabile lettura del programma berlusconiano per l'Italia del 2001 ed oltre?

Per saperlo basta rispondere alle seguenti domande:

  1. se non potrà tagliare la spesa pubblica intervenendo sugli esuberi in tutti i settori del pubblico impiego, a cominciare dall'arco costituzionale, quali spese taglierà?
  2. se non potrà intervenire sulle riforme istituzionali e sul sistema giudiziario come gioverebbe al paese, quale piano ridotto di riforme cercherà di attuare?

Forse, la risposta alla prima domanda, meno vaga di tutte le percentuali che egli ha ammannito all'uditorio, ma molto più realistica, è il taglio dello Stato Sociale, salvando, come ha annunciato, le pensioni minime; la degradazione della Previdenza Pubblica a Stato Sociale e, dulcis in fundo, l'innalzamento dell'età pensionabile a 90 anni, così da creare quel ventilato 60-70% di lavoratori attivi e, in questo caso, anche forzati.

Quanto alla seconda domanda, si tratterà di un piano che renda giustizia alla gente comune, o del piano che interessa ai suoi sponsor e a lui stesso?
Su questo, lasciamo la risposta all'intuito e alle illusioni di ciascuno.

Pur di stare in sella, D'Alema non ebbe vergogna di cercare sostegno presso il Vaticano e presso Clinton, entrambi rappresentanti dei nemici storici del Socialismo, e di stroncare le energie del Sindacato con una politica concertativa, piuttosto che cercare di risolvere i problemi del paese. Berlusconi, pur di montare in sella, volge il suo sguardo nelle stesse direzioni; ma, coerentemente con la sua natura, abbraccia fraternamente la Faccenderia italiana, della quale condivide il DNA (ha cominciato lui con i paragoni genetici).

Il discorso di Rutelli, basato sulla logica della mediazione, non poteva scatenare nella platea confindustriale i 19 entusiasmi riportati umidamente da Emilio Fede. Confindustria cercava un messaggio di complicità forte e chiaro e l'ha avuto, ovviamente, da Berlusconi.

Togliatti sostenne che era sufficiente aspettare pazientemente e un bel giorno il governo del paese sarebbe stato consegnato ai Comunisti. Ancora un po' e il paese sarà riconsegnato ai fascisti.
Del resto, per anni molti italiani hanno auspicato il ritorno di un Duce.
Sostituiamo i reduci con i pensionati e i proprietari terrieri con i faccendieri e, senza spostare il resto, vediamo in questo candidato Presidente-imprenditore-operaio-showman un dejavue, appena smussato dai vincoli di un'Europa che per ora cerca di mantenere una facciata quasi umana.

L'Italia, a meno di una catastrofe cosmica, riuscirà certamente a trovare l'uscita del tunnel; ma saranno necessarie ancora parecchie oscillazioni tra gli opposti estremi della cialtroneria politica.
Questo è ciò che capita dove il popolo conta costituzionalmente meno di niente.

 

F. G. Urbon

 


 

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