28 Ottobre 2003

 

Cari amici,

sono Paolo Barnard, coautore della puntata di REPORT "L'Altro Terrorismo" del 23/09/03.

Avrei veramente voluto rispondere a tutti individualmente, e ci ho provato, ma la mole incredibile di email ricevute mi obbliga a desistere. Perdonatemi dunque se vi rispondo in gruppo. Cercherò di dare indicazioni per ciascuno dei temi che più frequentemente mi avete posto.

Innanzi tutto grazie per i complimenti, che ci hanno persino commosso. Essi sono graditissimi perchè, contrariamente a quanto si crede, noi lavoriamo nel silenzio e quasi mai abbiamo riscontri di quello che facciamo. Grazie ancora.

Perchè ci fanno ancora parlare nell'Italia di oggi?

Perchè siamo stati in grado di proporre sempre fatti documentati e non opinioni, e dunque non diamo appigli a nessuno per poterci stroncare.

Poi credo che la RAI abbia bisogno di mantenere una facciata di libertà di qualche tipo, ed ecco che REPORT si presta bene a ciò.

Terzo, è vero che viviamo sempre con i bagagli fatti perchè mai sappiamo se ci sarà una prossima serie.

Noi non siamo coraggiosi, cari amici, la realtà è che non abbiamo nulla da perdere. Siamo il sottoscale della RAI, mal pagati, nessuno assunto, senza uno straccio di possibilità di far carriera e allora che almeno ci sia lasciata la possibilità di essere liberi.

Non vi immaginate con quali mezzi di fortuna dobbiamo lavorare, varrebbe al pena scriverci un libro. Forse se un coraggio c'è stato fu iniziale, quando col nostro modo di intendere l'informazione ci precludemmo ogni chance di far carriera ("..lei è bravo Barnard, ma non sa fare corridoio.." mi disse anni fa un direttore di rete).

Però la gente di REPORT ha passione per quella che ritiene sia la decenza umana, questo sì.

Per quelli che ci hanno scritto che siamo dei "venduti comunisti prezzolati ecc.." sottolineo che se lo fossimo non saremmo ridotti con le pezze al sedere.

In merito alla mia inchiesta. I documenti riservati sono oggi depositati presso il National Security Archive di Washington, all'interno della George Washington University e credo li abbiano anche messi sul loro sito. Altri documenti si trovano presso il Public Record Office di Londra, altri ancora li ho avuti da fonti riservate, sorry. Il testo integrale della puntata si trova sul sito

http://www.report.rai.it/

Per ottenere una cassetta andate sul sito e cliccate su Info a sinistra.

Costa parecchio e sappiate che sono soldi che NON vengono a noi, a scanso di equivoci.

Per tutti quelli che hanno sollevato dubbi sull'inchiesta. Pochissimi hanno scritto insulti e quelli possono solo vergognarsi. Per gli altri: il motivo per cui non abbiamo incluso nella puntata il terrorismo di Cina, Urss, Birmania, Cuba ecc.. è semplice: primo, esso è arcinoto, da mezzo secolo tutto l'occidente ne ha straparlato con dovizia di particolari (l'Impero del Male..) e noi di REPORT avevamo poco da aggiungere. Siamo totalmente d'accordo, quegli stati furono e sono terroristi.

Ciò che invece fu detto troppo poco è che noi fummo e siamo come o peggio di loro. Questo andava e andrà detto.

Secondo, Cina, Urss, Birmania, Cuba ecc.. non si sono mai eretti a gendarmi globali vestiti del manto immacolato dei giusti, e non hanno mai dichiarato una Guerra al Terrore a nome di tutta la civiltà, in altre parole sono stati meno ipocriti di quanto non lo siamo noi oggi.

Terzo, crediamo che il dovere principale dei giornalisti occidentali sia quello di controllare le fonti del proprio potere politico, innanzi tutto.

Quarto, le vittime dei gulag, delle carceri di Castro o dei terroristi islamici hanno goduto almeno di vari gradi di riconoscimento. I bambini di Rufina Amaya o le donne curde torturate a morte non sono neppure memoria, non contano.

A New York una placca recita "Agli eroi dell'11 di settembre".

Dove sono le lapidi agli "eroi" del Salvador, Cile, Paraguay, Colombia, Laos, Sudafrica, Bangladesh, Indonesia? E non sono 3.000, sono decine di milioni.

REPORT è a favore della guerra al terrorismo, nessuno di noi vuole trovarsi incenerito da un aereo che ti entra in ufficio. Ma nessuno di noi vuole dormire sul sangue di milioni di poveracci che pagano per il nostro comfort. REPORT è dunque a favore di una lotta contro TUTTI i terrorismi e contro TUTTI i terroristi, questo era il senso della puntata.

In generale. Noi non molleremo, ma è importante che non molliate voi.

I potenti temono una cosa sola, e non è il giornalismo. Essi temono l'opinione pubblica, ne hanno il terrore. E allora fatevi sentire, basta poco.

Una telefonata ai media, una lettera ai politici, oppure divulgare, anche a voce, nelle scuole, negli ipermercati, ai giardini con chi si incontra, sui treni, ovunque. Siete voi che contate.

Se REPORT avesse l'audience di Striscia la Notizia sarebbe in prima serata tutto l'anno. E chi ha in mano il telecomando? A chi ci ha scritto "REPORT è la nostra voce" io rispondo "E allora alzate la voce, e REPORT si alzerà con lei".

Spero solo che "L'Altro Terrorismo" sia servito ad aggiungere quel granello di speranza per un mondo migliore. Che sia servito a ricordare per una volta gli sconfitti e i perdenti, gli eroi dimenticati che nessuno celebra.

Paolo Barnard

 


 

 

Infatti, il Potere oggi teme e vuole accattivarsi l'opinione del Popolo di Roma come e più che ai tempi di Cesare. Inalterati gli scopi di conquista, inalterato il “Panem et circenses”, Roma porta la violenza in quelle che considera le sue province, cioè il mondo, mascherandola però con qualche presunto “nobile” ideale, nella moderna fattispecie l'ideale della distribuzione "urbi et orbi" della Democrazia e del Cattolicesimo, cioè di quel Sistema che meglio consente ai successori degli antichi Ottimati di fare i propri interessi a spese del Mondo intero senza darlo troppo a vedere al Popolo che comunque serve come piedistallo.

REPORT è il moderno contraltare e i suoi Tribuni o Sacerdoti sapranno bene che su questa pista devono essere gelosi del sottoscala in cui sono relegati e mai essere disposti a scambiarlo con i piani nobili, la cui controindicazione potrebbe essere tanto grave quanto rischiare di diventare un Emilio Fede.

 

F. G. Urbon

 


 

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