27 Ottobre 2003
Crocefisso sì Crocefisso no al “Bruno Vespa Show” (BVS)

 

Il fatto: una sentenza della magistratura accoglie in primo grado l’istanza di rimozione del Crocefisso dalla scuola di Ofena (AQ), mossa da Adel Smith, noto rappresentante islamico in Abruzzo ed ora, per suo stesso dire, anche leader di un “Partito Islamico” regolarmente registrato.

Adel ne fa una questione di diritto e s’appella per questo alla Costituzione della Repubblica, formalmente laica, in qualità di cittadino italiano di religione musulmana.

In realtà, prima che dalla Costituzione della Repubblica, il principio di totale equità e non discriminazione al quale si riferisce Adel sarebbe dettato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti, un Principio primitivo mai rispettato dalla Chiesa cattolica, che fino a qualche anno fa operava la catechesi direttamente alla radice, cioè nelle scuole, e che non sembra molto presente neanche a C. A. Ciampi, il quale si è permesso di parlare in favore del Crocefisso nella scuola a nome di tutti gli Italiani, cosa che sarebbe estremamente scorretta e fuori luogo anche laddove lui fosse eletto democraticamente e non per iterposta "persona", ossia per "interposti interessi" (quelli del consociativismo parlamentare).
La Religione, infatti, è una scelta squisitamente personale, che esce dalla giurisdizione dello Stato, se quest'ultimo è liberale, ossia civile, e che non si può e non si deve praticare in una scuola, verso la quale le persone, di varia provenienza e religione, si recano per ben altri motivi.

Comunque, dopo essersi attenuto alla questione di diritto, Adel, tradendo la sua natura di musulmano politico ed estremista, per obiettare a Buttiglione, il quale sosteneva la tolleranza del Cattolicesimo (clamorosa novità del XXI secolo), e a B. Vespa, che reclamizzava la tolleranza e l'ecumenicità di G. P. II, ha fatto pipì fuori del vasetto.
Adelino, anziché mostrare i fatti prima e tirare il giudizio poi, ha espresso anticipato giudizio negativo non solo sulla Chiesa cattolica, la cui intolleranza è talmente nota che nessuno fa caso a tali accuse, ma anche su G. P. II, talché il chierichetto B. Vespa, mostrando il suo viscerale odio per l'indagine giornalistica, gli ha tolto il microfono e con esso la possibilità di mostrare le ragioni del giudizio negativo (la longa manus della censura di regime).

 

Per Marco Pannella (TG) togliere il Crocefisso, come del resto qualunque altro simbolo di natura religiosa, è cosa del tutto accettabile poiché già in altri paesi europei nelle scuole non c’è esposizione di simboli religiosi (come dovrebbe essere).

In questo si riconosce la laicità di un sincero pensiero liberale, che ogni tanto riemerge dai flutti di un radicalismo passionale.

 

Per Giordano Bruno Guerra (microfono esterno del BVS), anche se lui ha un passato radicale, la sentenza è criticabile: il Crocefisso deve restare in quanto il particolare momento di aggressione da parte della cultura islamica deve spingerci alla difesa della cultura occidentale.

B. Vespa ha definito G. B. Guerra “vecchio mangiapreti” e di fatto in questo si riconosce la stessa patologia che ha colpito Giuliano Ferrara, prima comunista e poi, al momento opportuno, neanche liberale, addirittura liberista. In questo caso da un radicale e quindi teoricamente laico, abbiamo ottenuto un crociato.

 

Per Monsignor Fisichella (microfono esterno del BVS), non solo la tolleranza  (ovviamente da parte degli altri, non da parte dei cattolici) impone che il Crocefisso resti, ma anche il fatto che a suo dire il Crocefisso in Europa non ha solo una valenza religiosa ma anche culturale, per non dimenticare che "le Religioni non sono tutte eguali".

Dove si riconoscono ancora una volta l’ignoranza, la superbia ed oggi la paura di una gerarchia politica che sente in pericolo il numero delle sue tessere e quindi il suo potere politico sulla gente e perciò sui Governi e quindi sullo Stato.

 

Buttiglione, al di là delle sue consuete esibizioni di saccenza e della sua mal celata illiberalità, vuole il Crocefisso nelle scuole perché lui quando è stato a pregare in una moschea ha trovato lì i simboli dell’Islam.

Dove si vede che l’intelligenza dell’individuo non è bastevole ad evitare che egli confonda il ruolo di una moschea con quello di una scuola pubblica. Ciò comunque non lo priverà di attaccare al muro di casa sua tutti i crocefissi del mondo, oppure, se ci tiene, di appendersi anche lui ad una Croce, sì da compenetrarsi meglio, senza imporre nulla al prossimo.

 

Per G. La Malfa, Diliberto ed un rappresentante CGIL della scuola (tutti al BVS), la faccenda deve essere trattata sul piano esclusivo del diritto e della laicità dello Stato.

Dove si è visto che questi sani atteggiamenti non riescono ancora ad arrivare all'ipotalamo della maggioranza della gente a cominciare dall'ipotalamo di B. Vespa, che non ha ancora capito che un giornalista e conduttore non è una logorroica show girl dedita a continue interruzioni.

 

L'esponente islamico, che in studio invita (ben corrisposto) Fisichella e Buttiglione al dialogo ed al confronto interreligioso, fa apparire la questione molto simile a quella posta dagli inciuci di Sindacato ed Azienda, quando in gioco ci sono le relative aree di influenza.

 

Per il Rabbino capo di Roma, premesso che il simbolismo religioso non dovrebbe trovar posto in una scuola a meno che non ci fossero alla fine tutti i simboli di tutte le religioni, il che infine sarebbe ridicolo, la questione è sostanzialmente di così basso profilo da rischiare d'essere perfino offensiva del significato della Croce, secondo lui più esteso di quanto comunemente si crede, anche se poi la Croce ricorda agli Ebrei che essi stessi sono stati vittime dell'intolleranza religiosa della Chiesa di Roma.

Dove si potrebbe vedere la differenza tra lo spessore di un pensiero antico e quello di certi suoi derivati romano-arabi, se non fosse che con la dichiarazione dello Stato d'Israele in territorio Palestinese pure si stabilì che ebrei e musulmani avrebbero dovuto convivere in uno Stato destinato all'immigrazione ebraica da ogni angolo del mondo e fondamentalmente e politicamente ebraico, il che lasciava definitivamente molto poco spazio per i musulmani.

 

Considerazioni

Gesù, di fronte all'inevitabile, pare che non fosse poi tanto entusiasta di quello che l'aspettava, tanto che parlò di un "amaro calice" al quale si sarebbe rassegnato solo in funzione dell'importanza della sua missione sulla Terra.

Ciò fa apparire la Croce non come un simbolo glorioso, ma come l'aspetto più tetro, più agghiacciante e per certi versi grottesco ed orrido, da ricordare solo in modo secondario in tutta la faccenda che lo riguarda e nella quale ciò che più pesa è senza dubbio l'azione ed i principi ad essa collegati.

Seguendo il filo della Storia e della logica, Gesù non ha necessità di apparire e men che meno di essere contemplato sopra un simbolo di tortura e morte come quello, tranne che uno non nutra seri e patologici attaccamenti, come potrebbe accadere per quegli eccessi che talora caratterizzano l'amore mistico e la ricerca dell'identificazione anche e soprattutto nel dolore della tortura e della morte, una cosa di cui così ben note sono la labilità e la pericolosità che difficilmente sarebbero accettate in una persona adulta e che non sono certo auspicabili in un giovane.

Per cui, anche in considerazione del fatto che le stigmate non vengono perché uno fissa la Croce (infatti esse appaiono al centro delle palme delle mani e non dove si ipotizza dovessero essere i buchi dei chiodi), ma perché medita sui fatti con un certo spirito, il quale, come si dovrebbe sapere, "è come il vento, di cui non si sa né da dove viene né dove va" e che non obbedisce ai comandi della Chiesa cattolica, si pone la questione:
a chi giova insistere per continuare a condizionare in quel modo dei giovani e giovanissimi quando la sostanza del discorso è un'altra ed assai meno tetra?

 

F. G. Urbon