Movimento femminile culturale e religioso anti-femminista

Femmine 100%

BULLISMO FEMMINILE:

RAGAZZINE MODERNE SEMPRE PIU’ MALVAGE

“Io penso che quando un tipo simpatico prende di mira un tipo tutti poi vanno lì e lo picchiano. Ma quando le donne decidono di escludere qualcuno è peggio, perché non la sfiorano fisicamente, ma non ti parlano e tu senti che parlano di te, ma loro fanno finta di niente, poi si inventano canzoni su di te e barzellette. In conclusione penso che sia peggio il bullismo femminile a quello maschile anche perché in quello maschile può intervenire qualcuno ma in quello femminile bisogna soffrire e accettarlo”

 

QUESTE SONO LE PAROLE DI UNO DEI TANTI RAGAZZI VITTIME DEL BULLISMO A SCUOLA intervistato nell’ambito della ricerca dedicata al fenomeno, realizzata dall’associazione Villa Sant’Ignazio per conto della Provincia di Trento nel 2003.

 

Tratto dal sito: http://www.edscuola.it/archivio/statistiche/bullismo.html

 

 

UN CASO DI BULLISMO AL FEMMINILE

 

Alle nove circa di mattina di un giorno feriale l’operatrice del 114 riceve una telefonata: c’è una ragazza, minorenne, di origine sudamericana, che si rifiuta di andare a scuola da diversi giorni e che rischia di perdere anche gli esami di licenza media che si terranno praticamente l’indomani. Il suo rifiuto ha una ragione ben precisa: la ragazza è stata aggredita, pesantemente, all’uscita di scuola da alcune sue compagne. L’hanno buttata a terra, presa per i capelli e addirittura colpita in testa con delle chiavi... Bisogna fare qualcosa, non è giusto che la ragazza perda l’anno scolastico, per non parlare del danno psicologico... La mamma, anche se qui da diversi anni, non sa bene a chi rivolgersi…

 

A fare la segnalazione al 114 è la datrice di lavoro della mamma della ragazza, preoccupata della sorte della figlia della donna che, ormai da diversi anni, collabora in casa con lei. L’operatrice riesce a farsi spiegare meglio la storia. La ragazza, di sedici anni, è da appena un anno in Italia e frequenta la terza media. Apparentemente non c’era stato nessun problema di integrazione a scuola se non un piccolo episodio, di poco precedente all’aggressione.

 

In quella occasione l’adolescente e una sua amica avrebbero trovato le loro borse aperte e alcuni rossetti spariti; allora avrebbero chiesto a un gruppetto di ragazze (resesi poi protagoniste dell’aggressione) se ne sapessero qualcosa: da lì insulti e minacce, che sarebbero stati rivolti anche alla mamma che era andata a prendere la ragazzina all’uscita di scuola. La ragazza è molto bella, non vorrei che fosse questo il vero motivo del furto e poi  dell’aggressione…

 

La donna chiarisce anche che, in seguito all’aggressione, la mamma avrebbe accompagnato la ragazza all’ospedale (dove le sarebbero stati dati sette giorni di prognosi) e fatto regolare denuncia ai Carabinieri. La ragazzina sta bene, almeno fisicamente, ma  è terrorizzata all’idea di rincontrare quelle sue compagne di scuole… e domani ci sono gli esami di italiano.

 

Il quadro è ormai chiaro e vista l’esiguità del tempo a disposizione l’operatrice sottolinea alla donna la necessità che sia la mamma o la stessa ragazza a contattare il 114.

 

L’operatrice attva quindi la rete d’intervento, valutando la necessità di coinvolgere i Servizi Socio-Sanitari per avviare un percorso di supporto psicologico della ragazza. Contatta quindi lo psicologo del Consultorio Familiare della ASL di riferimento e lo informa del caso, quindi concorda con lui di proporre alla ragazza di rivolgersi ai Servizi Sociali per un primo appuntamento. Rispetto all’aggressione, l’operatrice contatta il dirigente scolastico per un confronto sull’accaduto, in modo da comprendere le motivazioni di tale gesto da parte delle compagne, verificare eventuali indicatori di reazioni aggressive che possono essere sintomi a loro volta di possibili disagi, infine valutare un percorso di affiancamento e sostegno di queste ragazze.

 

A distanza di meno di un’ora, in effetti, mamma e ragazzina richiamano. L’operatrice riesce a tranquillizzare la ragazzina, che appare piuttosto timida: la mamma l’accompagnerà e l’andrà a prendere a scuola, in modo da evitarle di restare sola  con le ragazze in questione. L’operatrice le propone quindi di essere seguita da uno psicologo del territorio. Su quest’ultimo punto la ragazza tentenna, comunque promette di pensarci e di richiamare l’indomani, subito dopo essere tornata da scuola.

 

L’emergenza si risolve positivamente: l’adolescente riesce ad andare a scuola e a sostenere l’esame di italiano per il conseguimento della licenza media. E’ lei stessa a raccontarlo mantenendo fede alla promessa di richiamare il 114. E anche l’ipotesi di essere seguita da uno psicologo del territorio che all’inizio l’aveva spaventata, viene poi accolta positivamente. L’operatore del 114 le fornisce il numero di telefono e il nominativo del referente del servizio precedentemente allertato.

 

Il Servizio 114 Emergenza Infanzia ha così contribuito alla prevenzione di un disagio che, se trascurato, avrebbe potuto causare successivi e ben più difficili problemi di integrazione.

 

Tratto dal sito: http://www.114.it/114/rendernews.aspx?channel=234&content=648&type=3&open=true

 

 

Corriere della Sera

Angherie, ricatti, emarginazione. Gli esperti: le ragazze iniziano alle elementari a imitare i cattivi compagni.
I presidi: spesso si creano grandi sofferenze

Bulle in classe, quando la violenza è al femminile
L’allarme: sono prepotenti e aggressive, molto più dei maschi. I professori: fenomeno in aumento, difficile da riconoscere

Sono prepotenti, non accettano regole, allontanano chi è diverso da loro, hanno sete di potere e guai a chi non sta dalla loro parte. Proprio come i loro compagni maschi. «Bulle» a scuola. Alle elementari e alle medie, in competizione tra loro e all’inseguimento del «modello vincente», quello maschile. Anzi, sono ancora più aggressive e spietate. Episodi di soprusi, piccoli furti, emarginazioni. Fino a causare, in alcuni casi, un disagio profondo, ai limiti della sofferenza.
Iniziano a 9-10 anni, pronte a imitare i loro compagni con ricatti, prese in giro, a volte alzando anche le mani. «Anche se quello femminile - spiega la psicologa Silvia Vegetti Finzi - è un bullismo più psicologico rispetto al modello maschile. È come il gioco della torre: bisogna cacciare dal gruppo un capro espiatorio. È un sistema di relazioni aggressive, molto violente e che lasciano quelli che io chiamo "i lividi dell’anima": sono più difficili da mandare via dei lividi veri». Anche perché, precisa la psicologa, spesso nella vittima delle bulle scatta un processo di autodenigrazione. «Chi è rifiutato - continua Silvia Vegetti Finzi - si accanisce nel voler entrare in quel gruppo e non rivela a nessuno i suoi problemi. Per questo è così difficile individuare il bullismo al femminile».
Ne sanno qualcosa i presidi delle scuole: «I maschi - afferma Chiara Bonetti, a capo dell’istituto comprensivo Cadorna di via Dolci - hanno atteggiamenti macroscopici che gli insegnanti riescono subito a individuare e arginare. Con le bambine è più difficile». Cominciano in quarta-quinta elementare, una leader sceglie i componenti del gruppo che si ritrova in classe e, di pomeriggio, nei cortili, visto che gli studenti abitano nello stesso quartiere.
«A volte - continua la preside Bonetti - si creano situazioni di profonda sofferenza: la ragazzina emarginata inizia a rifiutare la scuola, si finge malata, non parla. Spesso sono i genitori a segnalarcelo, accusandoci di non aver colto certi segnali. A quel punto cerchiamo di intervenire con l’aiuto delle famiglie, magari chiedendo un supporto psicologico esterno».
Circa il 40 per cento degli iscritti alle elementari dichiara di aver subito qualche angheria. E alle medie la situazione peggiora. Tra gli adolescenti un bullo su sei è femmina. «All’intervallo è come vedere l’ape regina con il suo seguito - sospira Antonella Natasi, insegnante di inglese alla media Marconi di Cologno Monzese - : si atteggiano a donne arrivate, circuiscono i compagni di entrambi i sessi. Le bulle stanno diventando un problema grave: con i maschi basta una sgridata per ridefinire i ruoli, mentre le ragazze covano rancore e sono ambigue».
Questione di emulazione: «Le ragazze crescono prima - commenta Romano Mercuri, preside della scuola media di viale Brianza - e magari c’è qualcuna che frequenta i più grandi, quelli del liceo, ed emargina chi è ancora una bambina. Se capitano episodi del genere, la scuola interviene spiegando agli studenti che le relazioni vanno mantenute fra tutti i componenti della classe. La cosa più inquietante? Il fatto che alcuni genitori non si accorgano della prepotenza dei loro figli.
Sempre il solito problema: ragazzi abbandonati a loro stessi e famiglie assenti».
Allora come difendersi dal bullismo? «È meglio non limitarsi all’amicizia con la compagna di banco, al gruppetto nato a scuola - consiglia Silvia Vegetti Finzi -: meglio avere rapporti vari, nati in gruppi sportivi, tra boy scout, in un coro. Insomma, fare attività che permettano d’avere tante appartenenze spezzando così la dipendenza dalle bulle».

Annachiara Sacchi

11/01/2004

 

TUTTO CIO’ CHE E’ FEMMINISMO E’ VIOLENZA, RAZZISMO E SESSISMO. BISOGNA PUNIRE LA CULTURA DEL DOMINIO FEMMINILE A PARTIRE DALLE RAGAZZINE.

ALLE VITTIME DEL BULLISMO FEMMINILE: DENUNCIATE TUTTI I SOPPRUSI E DISAGI CHE VI CAUSANO QUESTE PICCOLE CRIMINALI, NON ABBIATE PAURA!

 



 

 

 

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