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30/1/2007 - FOCUS CLIMA 
Inquinato e rovente il mondo nel 2100
Gli scienziati ai politici: "Agire ora, prima che sia tardi" - lastampa.it

«It’s not too late», non è mai troppo tardi, hanno giudiziosamente ricordato in uno striscione gli arrampicatori-ecologisti di Greenpeace all’assalto simbolico e pratico della torre Eiffel. I climatologi dell’«IPCC», il «Gruppo di esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima», sono cinquecento, riuniti da ieri alla sede dell’Unesco a Parigi, cercheranno di fornire a questa constatazione speranzosa un supporto di cifre, numeri e dati elaborati con l’apporto di 2500 scienziati di 130 paesi in sei anni: perché la sintesi nel rapporto che sarà reso noto venerdì non è oggetto di suspence, la bomba climatica ahimè ha la miccia ben innescata, è arrivato il momento di passare a misure concrete. Noi abbiamo fatto la nostra parte, dicono gli scienziati nel perentorio riassunto. Adesso la parola passa ai governi, a chi deve decidere diete energetiche e spartanismi ecologici.
Caldaia sotto pressione
Dal punto di vista scientifico che il cambiamento climatico avvampi, che la terra sia una caldaia sotto pressione e che la colpa vada attribuita all’attività dissennata dell’uomo non costituisce più un dilemma da risolvere. È archiviata l’epoca in cui gli scienziati erano supposti colpevoli di catastrofismo e accusati da politici e economisti di essere i soliti seminatori di disgrazie seppur forniti di titoli academici. È stato uno scoglio non facile da superare. La prova? Nel 1995 quando il rapporto dell’IPCC per la prima volta mise in correlazione l’influenza dell’uomo sul clima non attribuendo più l’effetto serra a vulcanismi e cicli di variabilità solare, ci volle una giornata intera di burrascosa discussione per autorizzare sul rapporto queste due righe, prudentissime: «un insieme di elementi suggerisce una influenza percettibile dell’uomo sull’evoluzione del clima»! 
Oggi le cifre del nuovo rapporto, ormai corroborate anche dall’osservazione di nuovi indicatori come le temperature degli oceani, parlano da sole. L’aumento delle temperature da oggi al 2100 si dovrebbe concentrare su una media di + 3 gradi centigradi. A titolo di paragone la temperatura attuale è di circa 5 gradi superiore a quella dell’età glaciale che si è chiusa diecimila anni fa. «Al di la dei due gradi - avverte Jean Jouzel dell’istituto Pierre e Simon Laplace, uno dei redattori del rapporto - è la soglia stimata di pericolo per il pianeta». 
Le riserve di carbone
Altri dati che saranno comunicati ai politici, perché riflettano: l’aumento del livello del mare dovrebbe porsi tra i 28 e i 43 centimetri; le emissioni di anidride carbonica responsabili per il settanta per cento del riscaldamento in corso, tra il 2000 e il 2005 sono aumentate di oltre il tre per cento l’anno. Tra il 1990 e il 1999 il dato era di meno dell’un per cento. 
Nell’atmosfera sono state liberate nel 2005 7,9 miliardi di tonnellate di CO², a causa dell’uso di gigantesche riserve di carbone, il 28 per cento in più che nel 1990; a cui bisogna aggiungere un altro miliardo e mezzo dovuto alla deforestazione tropicale. Questo carbonio non sarà assorbito prima di un secolo. 
Il problema quindi non è più scientifico ma politico. L’opinione pubblica è più allarmata e consapevole, ad esempio in Francia il 49 per cento è convinto che l’ambiente e il clima sono i problemi centrali del secolo. Domani una delle più grandi banche del mondo, «Lehman Brothers», pubblicherà un allarmante rapporto sui costi dell’effetto serra stilato da Nicholas Stern, ex direttore della banca mondiale: 5500 miliardi dollari di fattura, in caso di indifferenza al problema è la sintesi. Sono questi dati che stanno risvegliando gli umori di politici finora assopiti nella retorica ecologista acchiappavoti. 
A Davos si è parlato, molto, di clima. E Chirac, ansiosissimo di chiudere in gloria una presidenza non proprio memorabile, da venerdì ha imbandito come prolungamento della riunione dell IPCC una conferenza che si propone addirittura di varare una versione ambiente dell’Onu. Con la speranza che gestisca le crisi ecologiche con più autorità e prontezza di quelle politiche. Sono buoni segnali ma si contrappongono ad altre realtà meno luccicanti. Il gruppo di esperti sulla evoluzione del clima, ad esempio, è una creatura ibrida, per metà composta da scienziati e per metà da politici. E se alcune delegazioni sono guidate e monopolizzate dai climatologi, altre, soprattutto quelle del sud del mondo e dei produttori di petrolio, sono coorti di funzionari attentissimi al costo politico di ogni proposizione e al consenso diplomatico frenatore.

24 maggio 2006 - Wwf Italia news
Il WWFchiede al Governo di fermare il ponte sullo stretto.
Con una lettera firmata dal Presidente Fulco Pratesi, il WWF chiede ai ministri Bianchi, Di Pietro e Pecoraro Scanio di revocare il contratto del Ponte di Messina prima del progetto definitivo
Troppe ombre sul contratto per il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. Il WWF Italia chiede che prima di affrontare la maxi spesa del progetto definitivo (dal costo di 66 milioni di euro), il Governo intervenga su Stretto di Messina SpA perché questa rescinda il contratto con il General Contractor, capeggiato da Impregilo. Il WWF lancia il suo appello per fermare l’opera attraverso una lettera firmata dal presidente Fulco Pratesi, ai ministri competenti (Bianchi per i Trasporti, Di Pietro per le Infrastrutture, Pecoraro Scanio per Ambiente e Tutela del Territorio) e una memoria sintetica di 5 pagine con 11 allegati ed infine il dossier “Il ponte sullo Stretto di Messina: la natura è/e cosa nostra”. Sono altissimi i rischi di infiltrazione della criminalità organizzata, che si sospetta possano essere favoriti dalla legislazione speciale sulle infrastrutture strategiche, approvata nella XIV Legislatura.


14 dicembre 2005 -
Wwf Italia news
Il WWF denuncia un duro attacco del Governo contro l’ambiente: la Legge Finanziaria mette in atto la privatizzazione delle spiagge, abolisce il Parco nazionale del Gennargentu e permette la caccia tutto l'anno a cervi, daini e caprioli.
Nel testo che verrà presentato dal Ministro dell’Economia Tremonti alla Camera sono inclusi, in modo più o meno palese, interventi che procureranno un pesante impatto sul patrimonio ambientale e nel caso del codicillo inserito nel collegato fiscale “ammazza-caprioli” anche una forte ricaduta sulla fauna.
I commi che riguardano la svendita delle spiagge, inseriti come emendamento dalla Commissione Bilancio, altro non sono che il ripescaggio dell'art. 14 (poi 30) del precedente DdL sulla Competitività (tuttora in esame al Senato). Detta norma a sua volta riprendeva un'idea che da anni circola negli ambienti imprenditoriali ed economici liberisti: vendere i beni pubblici, ed in particolare le spiagge e il demanio marittimo, per finanziare grandi progetti di sviluppo turistico e infrastrutturale....


13 dicembre 2005 -
Wwf Italia news
Il Protocollo di Kyoto più forte dopo il Summit di Montreal
Il Protocollo di Kyoto, l’unico strumento di politica e di misure effettive per fronteggiare i cambiamenti climatici, esce da Montreal rafforzato e pienamente operativo, pronto a fronteggiare maggiori impegni di riduzione delle emissioni necessari dopo il 2012. Il Protocollo di Kyoto andrà avanti anche dopo la naturale scadenza del 2012 , con ulteriori obiettivi di riduzione delle emissioni. Il nuovo accordo è stato sottoscritto a Montreal da oltre 150 Paesi tra i 188 presenti al Summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: tra questi non vi sono gli Stati Uniti, che però hanno accettato di entrare in un dialogo globale sul futuro della lotta al riscaldamento globale.


30 novembre 2005 - Papua Nuova Guinea - Sommersi atolli: 980 sfollati
(da tiscali.notizie) I 980 abitanti dei sei minuscoli atolli di Carteret, in Papua Nuova Guinea, sono stati costretti a lasciare le loro case a causa del sollevamento dei mari dovuto al riscaldamento globale, a sua volta causato dall'effetto serra. Mentre prende il via a Montreal la Conferenza dell'Onu sul cambiamento climatico, gli abitanti dei sei atolli, scoperti nel 1767 da Philip Carteret, diventano i primi profughi ambientali ad essere evacuati a causa del cambiamento climatico.

Nov. 2005 - Ambiente: l’Italia di nuovo nel mirino dell’Ue
La Commissione ha adottato una serie di decisioni riguardanti procedimenti di infrazione in campo ambientale nei confronti di vari Stati membri. Le richieste formali relative al recepimento nell’ordinamento nazionale delle direttive comunitarie in materia di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rumore ambientale, accesso del pubblico alle informazioni ambientali, valutazione strategica ambientale sono giunte a diversi Stati membri, tra cui l’Italia.


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Protocollo di Kyoto

Il Protocollo di Kyoto è un accordo internazionale sull'ambiente. È stato negoziato nella città giapponese nel dicembre 1997 da oltre 160 paesi durante la Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale.

Termini dell'accordo
L'accordo prevede, per i paesi industrializzati, una riduzione delle emissioni inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra) del 5,2% rispetto a quelle del 1990, nell'arco temporale 2008-2012. È anche previsto lo scambio (acquisto e vendita) di quote di emissione di questi gas.
Per entrare in vigore occorre la ratifica di almeno 55 nazioni, producenti almeno il 55% delle emissioni di gas serra (condizione raggiunta ad ottobre 2004 con la ratifica da parte della Russia).

Paesi aderenti
A seguito della Conferenza di Marrakech (novembre 2001), la settima sessione della Conferenza delle Parti, 40 Paesi hanno ratificato il Protocollo di Kyoto.
Al novembre 2003 i paesi aderenti erano saliti a 120.
Ad ottobre 2004 anche la Russia, responsabile del 17,4% delle emissioni, ha ratificato l'accordo, facendo raggiungere il quorum per rendere il protocollo legalmente vincolante.
Nell'agosto del 2005 153 paesi avevano ratificato l'accordo, con le notevoli eccezioni di USA e Australia.
Sono esclusi dal negoziato i paesi in via di sviluppo, per evitare di ostacolare la loro crescita economica.

Paesi non aderenti
Tra i paesi non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili del 36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001). In realtà il presidente Clinton firmò il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato e George W. Bush ha annullato la firma; si noti che la validità di questo comportamento è discussa. Anche l'Australia ha annunciato che non intende aderire l'accordo, per non danneggiare il proprio sistema industriale. Non hanno aderito neanche Croazia, Kazakistan e Monaco.

Gli effetti del riscaldamento globale
Secondo i modelli climatici elaborati dal IPCC, la temperatura aumenterà tra 1,4 °C e 5,8 °C nel periodo compreso tra il 1990 e il 2100. Si pensa che ciò possa provocare altri mutamenti climatici, tra cui un aumento (già in corso e provato) del livello del mare, sia a causa dell'espansione termica che dello scioglimento dei ghiacci continentali e dei ghiacciai montani (sui ghiacciai delle Alpi il limite delle nevi persistenti si alza di anno in anno). L'acqua liberata nei mari e da qui in atmosfera, oltre ad innescare un pericoloso circolo vizioso (il vapore acqueo è il maggior gas serra) sta modificando la salinità del mare la quantità e la qualità delle precipitazioni. Dal 1970 ad oggi il numero e l'intensità dei cicloni tropicali è aumentato considerevolmente. L'aumento delle precipitazioni sta causando in Antartide un aumento degli spessori dei ghiacci, che purtroppo però non compensa lo scioglimento delle acque dell'Artide. Tali cambiamenti possono aumentare gli eventi estremi quali alluvioni, siccità, onde di calore, riduzione dei rendimenti agricoli o causare estinzioni biologiche. Le maggiori temperature hanno contribuito alla comparsa di specie (ad esempio la zanzara tigre o numerosi pesci) e malattie tropicali nel bacino del mediterraneo. Si ritiene che le maggiori temperature possano anche aumentare la frequenza e l'intensità dei fenomeni di eutrofizzazione.
È molto difficile prevedere con certezza cosa accadrà, e gli scenari, così instabili, potrebbero mutare notevolemente: ad esempio un inabissamento della Corrente del Golfo (favorito dalla diminuzione della salinità nelle acque atlantiche) potrebbe innescare addirittura un raffreddamento del continente europeo.

Le cause del riscaldamento
L'attività umana ha intensificato il naturale effetto serra a partire dalla rivoluzione neolitica, grazie alla diminuzione della biomassa degli ecosistemi artificiali agricoli e dei loro suoli. Un'impennata nella concentrazione di gas serra si è avuta con l'utilizzo di combustibili fossili, che ha intaccato le riserve geologiche di carbonio. Altre cause sono con la maggior produzione di metano dovuta ad un'esplosione dell'allevamento intensivo e delle colture a sommersione (per esempio il riso). Anche il vapore acqueo e altri prodotti di sintesi, quali i clorofluorocarburi e altri gas serra, contribuiscono all'intensificazione dell'effetto serra.
Ogni anno vengono liberate nell'atmosfera circa 25 miliardi di tonnellate di CO2, mentre il pianeta riesce a riassorbirne meno della metà mediante la fotosintesi clorofilliana. Questa alterazione del ciclo del carbonio è problematica non tanto a causa della sua entità, ma quanto per la sua velocità. Infatti le oscillazioni naturali del ciclo del carbonio hanno sempre causato i cicli plurimillenari delle glaciazioni. Il problema è comprendere e prevedere con quali conseguenze il pianeta (che ha una grossa inerzia) riuscirà ad adattarsi a questo velocissimo aumento di anidride carbonica.

Disboscamento
Il disboscamento, o deforestazione, consiste nell'abbattimento di tutti gli alberi per motivi commerciali o per sfruttare il terreno per la coltivazione.
Fin dall'antichità si disbosca per ottenere la legna da ardere per il riscaldamento domestico o da usare come materiale da costruzione, per ottenere nuovi terreni da destinare all'agricoltura e all'espansione urbana.
Questo fenomeno interessa soprattutto le aree tropicali dove vengono eseguite con il metodo del "taglia e brucia": dapprima si abbattono gli alberi e poi si incendia il sottobosco rimanente. Una volta terminato l'incendio si sarà depositata sul terreno della cenere che fertilizza il terreno.
Questo sistema arreca gravi danni all'equilibrio dell'ambiente naturale, infatti la cenere fertilizza per poco tempo il terreno, mentre la distruzione del sottobosco distrugge l'habitat della foresta pluviale accelerando fenomeni erosivi del terreno. Dopo pochi anni si deve abbandonare il terreno e disboscare un'altra area. Inoltre l'utilizzo del fuoco è molto pericoloso perché danneggia la fauna e spesso sfugge al controllo causando danni ancora più gravi. Questo fenomeno, purtroppo ancora molto frequente nella foresta amazzonica e in crescita in molte altre aree del pianeta porta via molti alberi al polmone verde della Terra. I paesi maggiormente interessati da questo fenomeno (spesso anche connesso con attività illegali) sono Cina, Colombia, Congo, Brasile, India, Indonesia, Myanmar, Malesia, Messico, Nigeria e Thailandia, che insieme compiono più del 70% di disboscamento mondiale.

I danni della deforestazione
Le piante verdi aiutano a mantenere stabile la concentrazione in anidride carbonica nell'atmosfera (attraverso la fotosintesi clorofilliana). L'utilizzo di combustibili fossili ed il disboscamento stanno causando un aumento di CO2 nell'atmosfera, che ha diretta influenza in fenomeni come l'effetto serra ed il riscaldamento globale.
Gli effetti negativi del disboscamento sono numerosi e comprendono:
l'effetto serra
desertificazione nei territori secchi
erosione, frane e smottamenti nei territori piovosi e collinari
inquinamento degli ecosistemi acquatici (a causa del dilavamento delle acque)
sottrazione di risorse per le popolazioni indigene

Mentre il disboscamento delle foreste pluviali tropicali ha attirato l'attenzione dell'opinione pubblica, le foreste torride tropicali stanno scomparendo ad una velocità sostanzialmente più alta. Invece di catturare le precipitazioni, che filtrano poi nel sottosuolo, le aree disboscate diventano aree di veloce deflusso acquifero superficiale. Il disboscamento contribuisce inoltre ad una riduzione dell' evapotraspirazione, che diminuisce l'umidità atmosferica e le precipitazioni; ad esempio nel Nord e nel Nord-ovest della Cina la media delle precipitazioni annuali è diminuita di un terzo tra il 1950 e il 1980.

Le foreste sono un'importante riserva di carbone, sono fondamentali per il ciclo del carbonio, risanando l'aria dall' anidride carbonica e altri agenti inquinanti.
I boschi e le foreste sono inoltre importantissimi ecosistemi con una elevatissima biodiversità in cui vivono numerosissime specie viventi. Sono anche oggetto di bellezza estetica, naturalistica e culturale.
Il disboscamento comporta la perdita di questi valori.

WWF
Il WWF è una delle più importanti organizzazioni internazionali per la difesa dell'ambiente. L'acronimo significava originariamente World Wildlife Fund (fondo mondiale per la vita selvatica); nel 1986, l'interpretazione di tale acronimo è stata modificata (eccetto negli Stati Uniti e in Canada) in World Wide Fund For Nature (fondo mondiale per la natura).

Il WWF fu fondato l'11 settembre 1961 da un gruppo che comprendeva, tra gli altri, il biologo Sir Julian Huxley, il Principe Bernhard d'Olanda, Max Nicholson e il naturalista e pittore Sir Peter Scott, che disegnò il logo originale, con il panda gigante bianco e nero, su sfondo bianco.
L'associazione ha uffici in quasi sessanta paesi e la sua sede centrale si trova a Gland, in Svizzera. Il più celebre associato del WWF è probabilmente il Principe Filippo, duca di Edimburgo, che fu prima il primo presidente del WWF nel Regno Unito dal 1961 al 1982, poi Presidente Internazionale dell'associazione (dal 1981 al 1996), ed è ora Presidente Emerito.
La missione del WWF è quella di bloccare la distruzione dell'ambiente naturale del pianeta e, dichiara, contribuire alla costruzione di un futuro in cui l'uomo viva in armonia con la natura. A questo scopo il WWF si batte per:
conservare la biodiversità del pianeta;
assicurare che l'uso di risorse naturali rinnovabili sia sostenibile;
promuovere misure per la riduzione dell'inquinamento e degli sprechi di risorse.
L'approccio del WWF è scientifico, e focalizzato su sei temi prioritari di interesse globale: le foreste, gli oceani e le coste, l'acqua potabile, le specie in pericolo, e i pericoli legati agli agenti chimici tossici e al cambiamento del clima. Rispetto a ciascuno di questi temi, il WWF si è prefisso degli obiettivi misurabili e gestisce oltre 1200 progetti all'anno in tutto il mondo.
La sezione del WWF in Italia è diventata una ONLUS (organizzazione non lucrativa di utilità sociale).