Occidente

Venezuela, delta dell'Orinoco

"Campamento" Sacorojo

Da Piacoa, un piccolo insediamento in riva all'Orinoco a 5 ore da Caracas, una lancia potentemente motorizzata porta Fernanda e me a Sacorojo, una delle isole dell'enorme delta, largo circa 400 chilometri.
Lungo il percorso Royel, il padrone di casa, carica la cuoca Nelly, una ragazza giovane e sorridente e Daniel, la guida, che appena salito a bordo si mette al timone della lancia e non lo molla fino alla nostra partenza. Sono Warao, un gruppo indigeno conosciuto anche come il popolo delle canoe.

Spellando l'iguana

Il "campamento" Sacorojo è una normale abitazione della zona, ovvero, una grossa palafitta in legno con tetto in lamiera e tamponamenti di terra applicata a mano, senza acqua ne corrente, vedendoci perplessi Royel, con orgoglio, ci precisa che poco tempo primo di noi, è stato suo ospite l'alcade di Milano con tutta la famiglia.
Subito Fernanda mi dice: "Mi sarebbe piaciuto vedere la faccia della signora Albertini, quando è arrivata qui!"

Per fortuna siamo i soli ospiti, perché le stanze della casa sono due e contengono una tre e l'altra cinque letti. Ci sistemiamo in quella da tre e pur nella calura del mezzogiorno, cerchiamo di riposare un poco. Nel primo pomeriggio risaliamo sulla lancia e partiamo alla scoperta del grande fiume.

La fauna e la flora sono incredibili. Sull'albero delle "bolas de canon" in un intreccio di liane e di grosse noci, simili a quelle del cocco, raccogliamo dei fiori stupendi e profumatissimi, scimmie curiose ci guardano dall'alto della vegetazione della riva, aquile e martin pescatori in quantità ci volano attorno, finiamo nel mezzo di un branco di lamantini, grossi cetacei erbivori d'acqua dolce che riusciamo a vedere nelle acque molto torbide solo perché escono, per respirare, inarcandosi come delfini.

Dopo cena, finiti i pochi viveri portati dalla civiltà, si va a caccia di caimani. Nella buia notte tropicale viaggiamo nel mezzo della corrente e con delle lampade tascabili illuminiamo le rive.
Quasi subito Daniel ne scopre uno, poi un altro, sono lunghi circa un metro e lui tenta di prenderli con le mani ma, come è facile immaginare, gli animali scappano. Mi viene il dubbio che li abbiano nascosti durante il giorno per mostrarli la sera poiché io li vedo solo quando siamo addosso, mentre loro li individuano a molti metri e nel groviglio della vegetazione.
Dopo una decina di tentativi di cattura, tutti infruttuosi, si decidono a spiegarmi che tengo la lampada troppo lontana dalla testa, così non posso vedere il riflesso della luce negli occhi dei caimani. Appena correggo l'allineamento, anch'io scorgo, le coppie di catarinfrangenti rossi che indicano le insidiose presenze.
Finalmente l'ultimo, il più piccolo, si lascia prendere per il collo ed estrarre dall'acqua ma appena fuori si divincola e lo perdiamo nel buio.

Salto Angel

Dormiamo in un lettino non proprio lindo ma coperto da una utilissima zanzariera.
All'alba dopo una colazione frugale ci si lava con una doccia estemporanea.
La descrizione dell'intero impianto sanitario potrebbe sconfinare nel turpiloquio, però la doccia merita una breve descrizione. Ommettendo i particolari banali, si tratta di una cabina in legno, con un grosso bidone d'acqua sul tetto, scaldato dal sole. Purtroppo, al mattino, per ovvi motivi, l'acqua è fredda.
Riprendiamo la via del fiume, percorrendo un dedalo inestricabile di canali raggiungiamo la laguna dei lamantini, ci fermiamo a lungo in mezzo al branco ad assistere alle loro evoluzioni poi si va in un piccolo paese dove, nell'unico spaccio nel raggio di decine e decine di chilometri, ci beviamo, con gusto, una bella birra gelata e comperiamo grossi ami da pesca.
Il pomeriggio, dopo aver guardato, con invidia, il figlio dei vicini togliere la pelle ad un'iguana, la prelibatezza che gli servirà da cena, si va a pescare piraña, con questi pesci si deve fare molta attenzione perché hanno denti affilatissimi, infatti, ai primi tentativi, staccano esca ed amo in un solo boccone. Le prime catture iniziano solo dopo avere agganciato l'amo ad un robusto pezzo di filo di ferro.
Siamo alla fame, non abbiamo più viveri e quindi non ci si deve stupire se quando, per cena, ci propongono i piraña fritti, li troviamo ottimi!

Il mattino seguente si parte per un'altra gita sul fiume, andiamo a visitare una piantagione di cacao e caffè, durante il tragitto, nella capanna di un vicino che ci offre da bere, troviamo un anaconda appena ucciso. Si tratta di un serpentone lungo 4 metri che pesa come me, così, ne approfitto per scattare qualche foto.

A seguito di una breve trattativa e Royel acquista l'anaconda pagando con una tannica di benzina, poi, riprendiamo il giro. Lasciamo Nelly sul posto a spellare l'animale e più tardi, appena tornati a casa, cospargiamo la pelle di sale per conservarla in attesa della concia.
Dopo un frugale pranzo Royel propone di fare il bagno. Il colore dell'acqua, inquietanti presenze e la corrente ci rendono scettici, ma Royel insiste, secondo lui, non è affatto pericoloso, perché gli animali potenzialmente nocivi, quando il fiume è in piena, mangiano già abbondantemente senza attaccare gli uomini. Anzi, per dare più credito alle sue parole, con l'aiuto di Daniel, butta in acqua Nelly. Lei fa una nuotatina e poi esce, sorridendo come sempre. Non è affatto risentita.
Più tardi, purtroppo, si riprende mestamente la rotta per Piacoa, lungo la strada (sarebbe più esatto dire il fiume) salutiamo Daniel e Nelly che tornano al loro villaggio.
Non appena usciti dal selvaggio delta, approfittando di un attimo di distrazione di Royel, Fernanda ed io saccheggiamo un misero negozio di generi alimentari e ci rimpinziamo di pane, formaggio e birra. Non ne potevamo più di digiunare! Quando Royel ci saluta, all'aeroporto di Puerto Ordaz, abbiamo di nuovo la pancia piena e siamo persino un po' brilli.
Le sensazioni trasmesse da questo breve soggiorno nella foresta tropicale sono indescrivibili. In seguito a Canaima e ad Arekuna, troppo turistiche, non proviamo niente di simile nemmeno durante il passaggio nella grotta sotto il "Salto El Sapo", che pur è impressionante.




La lotta con l'anaconda.    In cucina.
Canaima.    Capibara.



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