Oriente

Un soggiorno
sul fiume Kwai

Nei luoghi dove fu girato
il famoso film del 1957.

Enrico ed io stiamo passeggiando sul lungomare di Pattaya. Abbiamo appena cenato a base di crostacei, comodamente seduti su delle poltrone della spiaggia, letteralmente imboccati da due sorridenti e graziose venditrici ambulanti.
La nostra attenzione viene attratta da una signora seduta per terra, dietro a due cassette vuote per la frutta, sulle quali ha sistemato degli opuscoli artigianali.
Da un breve colloquio scopriamo che si tratta di un’agenzia turistica organizzata in famiglia. Il marito con una sorella che parla inglese fanno da autista e da guida, mentre la moglie, che è seduta dinanzi a noi, propone le escursioni nell’ufficio estemporaneo che abbiamo di fronte.

Il ponte sul fiume Kwai

Pattaya non ci piace molto e vogliamo andarcene, quindi le proposte di questa curiosa agenzia cascano su terreno fertile.
Come s’usa in oriente, iniziamo lunghe ed estenuanti trattative che si concludono, due ore dopo, con l’acquisto di 3 giorni - 2 notti sul fiume Kwai ad un prezzo ridotto del 30% dalla richiesta iniziale. Il pacchetto comprende viaggio di andata e ritorno in auto con autista e guida, più alloggio e vitto per tutta la durata del soggiorno.
Ritorniamo in albergo soddisfatti e prepariamo le valige per la partenza che è prevista per il mattino seguente.

Alle otto e trenta, puntualissimi, si presentano i nostri accompagnatori con un automezzo non proprio modernissimo ma efficiente, caricano i nostri bagagli e partiamo per il nord.
Purtroppo il viaggio è lungo. Abbiamo già fatto varie soste di ristoro quando giungiamo al fiume Kwai che ha fama mondiale dal 1957 quando Alec Guinness e William Holden interpretarono il film Il ponte sul fiume Kwai vincitore di ben 7 premi Oscar. Fu ottima l’interpretazione di Guinness e inoltre tutti ancora ricordiamo il tema musicale: The colonel Bogey march.
Ispirata da una storia vera della seconda guerra mondiale, la pellicola racconta la vita dei prigionieri di guerra alleati usati dai giapponesi per costruire una linea ferroviaria per raggiungere la Birmania. Il museo che visitiamo è dedicato a loro e contiene molti interessanti cimeli.
Ancora una sosta in un improvvisato ristorante di campagna per pranzare a base di specialità locali e del famigerato Durian un frutto Tailandese dolcissimo ma con un odore nauseabondo. Poi, a pomeriggio inoltrato, raggiungiamo la nostra meta.

L’albergo è costituito da un gruppo di quattro chiatte ancorate in riva al fiume Kwai. Su una è sistemato il reparto cucina ed i dormitori del personale, un’altra funge da sala ristorante e le altre due sono destinate agli alloggi degli ospiti. Le strutture sono tutte in legno e i muri sono delle stuoie di foglie di palma.
Vengo sistemato in una cameretta che consiste di un piccolo locale, non più grande di un pollaio, con un materasso messo in un angolo ed un altro locale ancora più piccolo che funge da bagno dove si trova un gabinetto ed un tubo con in fondo una pistola a spruzzo come quelle che si usano per verniciare. Dalla pistola esce un getto d’acqua da usare per pulire il gabinetto e per lavarsi.
Sto approfittando della seconda funzione quando Enrico mi chiama con insistenza: 'Corri, corri!'. Esco ancora insaponato e lo raggiungo mettendo un asciugamano a coprire sommariamente le mie nudità.
Enrico e la guida sono sulla chiatta ristorante che appena arrivo salpa e viene trainata da un motoscafo lungo il fiume.

Chiatte sul fiume Kwai.

A questo punto ho tempo di guardarmi in giro e scopro di essere diventato l’attrazione di una scolaresca locale che è con noi sulla chiatta, una trentina di ragazzi e ragazze di circa vent’anni che, sorridendo maliziosamente, sussurrano l'ossessivo: King Kong. Un nome che sento ripetere con ostinazione da quando sono in Tailandia.
Va bene, sarò anche un po’ peloso, ma King Kong mi pare eccessivo!
Mentre medito orribili vendette, la chiatta si arena su una duna di sabbia e tutti vanno a fare il bagno, solo io devo restare fuor d’acqua a causa del mio abbigliamento improprio. Anche Enrico mi abbandona e si rinfresca nuotando nel fiume, sebbene l'acqua non sia del tutto limpida.
Dopo il bagno il nostro mezzo si ferma vicino ad una cascata sotto la quale tutti fanno la doccia e poi ritorna a casa dove finalmente posso finire di lavarmi anche io.

A cena vengono servite specialità del luogo che pur non convincendo molto nell’aspetto hanno un sapore che incontra perfettamente i miei gusti, un po’ di cibo lo dobbiamo dare anche ad una simpatica scimmietta legata al parapetto della sala mensa che fa capire con una gestualità quasi umana il suo interesse per quanto siamo mangiando.
Per passare un po' di tempo, forti dell’aiuto della nostra guida, chiacchieriamo con i cuochi, bevendo abbondanti quantità di thai-ginseng un distillato che avevo sempre, ingiustamente, sottovalutato.
Molti bicchieri più tardi, seguo, con qualche difficoltà, le lampade a petrolio a disposizione degli ospiti, poste davanti alle porte delle camere e raggiungo il mio letto. La notte è fresca e il mio sonno profondo, stranamente, non viene disturbato dalle onnipresenti zanzare.
Il giorno seguente, dopo una abbondante colazione, si parte con una lancia per passare tutta la giornata navigando sul fiume.

Costume da bagno improvvisato.

La giungla è bellissima, siamo immersi nel verde comodamente seduti sulla nostra barca e per un momento ci dimentichiamo che questo ambiente, a noi sconosciuto, può nascondere insidie.
Alcuni uomini con lunghi fucili a tracolla ci salutano dalla riva, è un brusco ritorno alla realtà perché la guida ci informa che spesso delle bande armate fanno scorrerie in questa zona al confine tra Tailandia e Birmania. Ci sentiamo decisamente più tranquilli quando scompaiono dalla nostra vista.
Verso sera torniamo a casa e dopo esserci rinfrescati si pappa abbondantemente, poi il nostro chiattone salpa nuovamente per trasformarsi in discoteca.
Si naviga nella notte sul fiume con luci stroboscopiche ed un ritmo indiavolato, peccato che manchi l’elemento femminile, perché le ragazze della scolaresca, purtroppo, non ci degnano di uno sguardo.

Dopo la solita bevuta di thai-ginseng me ne torno in camera con la vescica un po’ gonfia, apro il bagno ed alla luce incerta della lampada a petrolio, scorgo un orribile ragno nero che risalta schifosamente sul coperchio bianco del water.
Perbacco, penso, è enorme, deve essere una tarantola!
Ho un improvviso calo dello stimolo e comunque non userò più il bagno per tutta la notte, per fortuna il fiume è solo 30 centimetri sotto di noi.
Vado a dormire un po’ teso ma mi immergo ugualmente in un buon sonno ristoratore ed al mattino il ragno, soddisfatto dallo spavento arrecato, ha cambiato sede.

E’ già tempo di tornare, nel lungo viaggio ci fermiamo in un tempio buddista dove comperiamo delle sottilissime lamine d’oro che, come s’usa, applichiamo alla grande statua di Budda premendole con le dita. Per tutta la giornata sia io che i miei compagni di viaggio brilliamo per i riflessi delle pagliuzze d'oro rimaste attaccate alla nostra pelle.
Noi non torniamo a Pattaya, pertanto l’autista ci lascia in un albergo di Bangkok dove, con abbracci, sorrisi ed inchini a mani giunte, ci salutano calorosamente lui e la guida.

A sera scopro che il mio preziosissimo coltellino svizzero è scomparso. Temo che l’abbia tenuto il nostro autista come mancia. Peccato, l'unico neo di questa bellissima escursione.




Scimmietta ingorda con autista.    Un sacrificio a Budda.


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