Italia

Bella Italia

Un luogo ed un personaggio da conoscere

Campi di grano appena tagliati cosparsi di carrubi e di ulivi costituiscono la bella campagna siciliana che fa da contorno alla piccola e serpeggiante strada asfaltata che porta a Cavi d'Ispica. La località è nota sin dalla preistoria per le abitazioni, i luoghi di culto ed i cimiteri scavati nella tenera roccia sedimentaria ai lati di una lunga valle.
Un contadino intento a sarchiare un terreno sconfinato ci mette finalmente sulla giusta via, poi un piccolo posteggio e la vicina casetta del custode ci fanno capire di essere finalmente giunti alla meta.

Veniamo subito favorevolmente impressionati dalla constatazione che la visita del sito archeologico è gratuita. Per un cancello ed una stradina ben tenuta raggiungiamo quello che doveva essere un mulino e che ora perfettamente ristrutturato funge da museo delle "cave", pochi ma ben illustrati documenti, sapientemente disposti nei due locali a disposizione, danno un'idea di quanto andremo a scoprire.
Appena usciti dal museo si entra in una grotta scavata come le catacombe, con avelli disposti sui lati e sul pavimento. La si percorre camminando su una passarella in ferro e l'illuminazione artificiale migliora, con i giochi di ombre, l'effetto già naturalmente suggestivo dell'ambiente.
Finalmente, si pensa, un ambiente culturalmente rilevante tenuto a regola d'arte. Nella nostra bella Italia questi luoghi ben tenuti sono davvero pochi ed è un piacere scoprirne uno.
A mio parere il colmo si raggiunge alle rovine di Cosa, una città romana del 300 d.C. sita nei pressi di Orbetello, dove un cartello giallo all'entrata recita più o meno così: "Le rovine di Cosa si trovano in una proprietà privata dove non si ha piacere della vostra presenza, i bufali che pascolano sul terreno sono pericolosi e se i bufali non vi fanno paura, sappiate che questa è una zona ricca di vipere. Ovviamente avete comunque diritto di accedere all'antica città a vostro rischio e pericolo".

CarruboCampagna siciliana

Purtroppo ci aspetta una sorpresa, ritornati sulla stradina proseguiamo per pochi metri, visitiamo una o due piccole grotte poi una rete impedisce di continuare la visita ed un operaio dall'altra parte ci dice che i lavori di consolidamento in corso dureranno anni.

Un po' delusi stiamo per partire quando alcuni altri visitatori che come noi stanno ritornando alle auto, ci propongono di andare dal vecchio custode, il signor Giuseppe. Detto fatto, attraversiamo la strada e facciamo la conoscenza con un curioso personaggio che ci conduce a vedere la sua personale chiesa ipogea, della quale, non si sa come, conserva gelosamente le chiavi, la chiesetta porta tracce sulle pareti di dipinti bizantini raffiguranti dei santi, ma come dice il nostro accompagnatore, prima della guerra, era in condizioni assai migliori, alla fine delle ostilità la gente del paese, impoverita e senza lavoro, ha cercato dappertutto tesori sepolti demolendo l'altare con il piccone e scavando profondi buchi nel pavimento, purtroppo, l'unico risultato raggiunto, almeno qui, è stato quello di rovinare la singolare struttura.
Richiusa la porta della chiesa, mentre ce ne stiamo andando, arrivano altri due visitatori, approfittando della confusione, mia moglie ed io ci defiliamo ed imbocchiamo un sentiero lungo la vallata che ci permette di raggiungere un'imponente cava nella roccia composta da vari vani in uno dei quali è evidente la destinazione a stalla per la presenza di una mangiatoia scolpita nel sasso.

Al ritorno ci imbattiamo di nuovo in Giuseppe che stà tornando con gli ultimi due arrivati il quale con tono autoritario ci invita a seguirlo, li vicino, a casa sua. La durezza dell'invito contrasta con l'ospitalità con la quale ci intrattiene in casa, dopo averci spiegato che quella che abbiamo visitato per nostro conto è la "farmacia", nella confusione di strani oggetti trova rapidamente alcune sedie, ci ordina di sedere e racconta la storia della sua vita che si può riassumere in poche parole: Fin da quando era molto giovane, ora ha 85 anni ben portati, ha sempre vissuto accompagnando i turisti a visitare le cave ma da qualche tempo il ministero dei beni culturali gli fa la guerra, forse perchè lui considera ormai le grotte come una proprietà privata e ne tiene gelosamente le chiavi rifiutando di consegnarle ai nuovi custodi dei quali ha poca considerazione, loro, dice, non amano le cave come me.
Ci mostra i suoi ricordi, le sue foto con i personaggi celebri che hanno visitato questo luogo, libri scritti con la sua collaborazione, lettere di visitatori delle cave che lo ringraziano e persino un calendario sul quale con orgoglio ci fa notare che una fotografia lo ha fermato sui gradini di una chiesa.
La moglie lo ha lasciato per sempre e da molti anni i figli vivono lontani ma questo uomo solo trova ancora lo sprone nel motivo che l'ha spinto per tutta la sua vita, far conoscere ad altri la sua terra.

Alla partenza consegna a tutti un biglietto dove ha scritto a mano il suo indirizzo e l'ordine perentorio è: "Scrivetemi!".



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