Anche in Costa Rica siamo giunti con il solo biglietto aereo di andata e ritorno.
Dopo aver passato qualche giorno a San José decidiamo di visitare il Parco Nazionale Corcovado, sito nella foresta pluviale della penisola di Osa.
In una agenzia prenotiamo un alloggio a Marenco, un villaggio turistico, senza strade di accesso, raggiungibile solo via mare e poi una settimana al nord, sempre in riva al Pacifico, ma in un lussuoso residence todo incluido per riposarci dopo le fatiche della giungla.
Roman, il nostro intraprendente autista, ci carica sulla sua auto dove facciamo conoscenza con una coppia nordamericana che sta facendo un ultimo giro prima di andarsene definitivamente. I due giovani hanno passato alcuni anni ad insegnare rafting sui fiumi della costa atlantica, sebbene sia divertente, non rende abbastanza per poter mettere su famiglia. Tornano negli Stati Uniti, dove, con il solo lavoro da carpentiere del marito, il reddito sarà nettamente superiore.
Un ragnaccio in agguato.
Dopo una fermata per fare colazione con il piatto nazionale costaricano, il tremendo gallo pinto (leggasi riso e fagioli), la strada sale alla Sierra della Muerte, il nome poco invitante è solo un ricordo del passato, il paesaggio di tipo alpino, non incute alcun timore anzi è gradevole e famigliare.
Roman, dopo aver attraversato enormi piantagioni di caffè e banane, ci lascia in riva al Pacifico presso un piccolo albergo dove abbiamo appuntamento con gli altri del nostro gruppo.
Restiamo colpiti da una coppia, troppo elegante per il tipo di vacanza alla quale andiamo incontro, la signora, non giovanissima e molto truccata, ha unghie lunge almeno un paio di centimetri dipinte con colori vivaci e tutti e due sembrano pronti per una serata di gala.
Sistemati su due veloci fuoribordo, dopo varie ore di mare, raggiungiamo la nostra meta, sulla costa vi è solo un modesto approdo, gli alloggi sono su uno spuntone di roccia, oltre cento metri più in alto.
Con il bagaglio in spalla saliamo sulla collina.
Nella capanna più grande dell'insediamento, la nostra guida, una ragazza di Los Angeles, ci informa sulle consuetudini del villaggio e sul programma:
Le capanne dove saremo sistemati sono senza elettricità, l'acqua dei rubinetti è quindi ovviamente fredda; Alle 18 cena alle 19 viene spento il generatore pertanto si può rimanere nella grande capanna dove si mangia, ma al buio; Il giorno seguente visita di un'isola ad un'ora di navigazione, con bagno nel mare e passeggiata al cimitero indiano, sveglia alle 6.
Seguono brevi nozioni sulla flora e la fauna della foresta pluviale.
Veniamo effettivamente alloggiati in una specie di palafitta con una veranda che si affaccia su una valle, su due lati è senza pareti, chiusa solo da zanzariere, l'arredamento è essenziale ed alquanto rustico e l'acqua è veramente fredda, per fortuna il clima tropicale ci permette di fare la doccia ugualmente.
Dopo cena, mentre rientriamo per dormire, sentiamo strani rumori, utilizzando la pila del coltellino svizzero che portiamo sempre con noi, riusciamo a scorgere, nella penombra, grandi uccelli predatori che mangiano i rifiuti.
Alle prese con un termitaio.
Ci sediamo nella piccola veranda della capanna ed ascoltiamo la voce della jungla.
L'ambiente è veramente suggestivo, noi, topi di città, ne siamo affascinati ma anche un po' spaventati.
Nella notte vengo svegliato da Fernanda che insiste nel dire che una bestiaccia si è introdotta nella camera e si calma solo quando le faccio constatare, alla luce della pila, che non c'è nessuno. Tuttavia all'alba vediamo due enormi rospi nascosti nelle nostre scarpe intenti a divorare tutti gli insetti che passano nei paraggi.
A colazione constatiamo che la coppia elegante è già scomparsa, aveva evidentemente sbagliato vacanza.
Si parte in barca per l'isola, a meno di cento metri da terra un branco di delfini ci circonda, facciamo il bagno in mezzo a loro ma non riusciamo ad immortalare le loro evoluzioni con la macchina fotografica, i nostri tentativi sono troppo maldestri.
L'isola è piena di grandi palle di pietra perfettamente rotonde lasciate dagli indiani che la utilizzavano come cimitero.
La nostra guida ci istruisce su tutto quello che incontriamo nella foresta. Tra l'altro spiega che le foglie che lunghe e nere colonne di formiche trascinano verso il loro nido, non vengono da queste mangiate direttamente, bensì utilizzate quale base per la coltivazione di funghi commestibili.
Al ritorno in camera, delle briciole di pane che avevamo lasciato sul tavolo si sono riempite di formiche, distrattamente puliamo con le mani.
Siamo costretti a correre sotto la doccia per togliere da dosso i terribili insetti perchè mordono con accanimento e molto dolorosamente.
La giornata si conclude con la cena durante la quale un opossum viene a farci visita nella sala ristorante e poi va tranquillamente a partorire nell'alloggio dei nostri amici nordamericani.
Nei giorni seguenti facciamo parecchie gite, la più bella dura tutta la giornata, si deve raggiungere, seguendo un sentiero nella jungla, un insediamento dei guardiani del Parco Corcovado, situato abbastanza lontano, in riva al mare.
L'ambiente è bellissimo, incontriamo orsetti lavatori, pappagalli dai colori brillanti, tucani ed una miriade di altri uccelli variopinti.
Con sorpresa, in un grande tronco morto, scoviamo il nascondiglio di una grossa famiglia di pipistrelli.
Raggiungiamo il fiume che sfocia nel mare vicino alla stazione dei guardiani e facciamo il bagno, poi dirigiamo verso la costa dove dovremmo trovare le barche per tornare al villaggio.
Purtroppo, un disguido o forse la cattiva organizzazione dell'operazione, ci costringe ad un'attesa di alcune ore, si tratterebbe di un problema insignificante se la sabbia della spiaggia non fosse la nicchia di micidiali moscerini quasi invisibili, insensibili ai repellenti per zanzare, che ci mangiano senza pietà.
Il giorno seguente sono coperto dalle piccole pustole rosse provocate dalle punture.
Ne conto più di trecento ed al ritorno a San José la gente mi schiva ritenendoli esantemi.
Hanno ragione, in verità, faccio un po' schifo anche a me stesso.
L'ultima settimana la passiamo in un villaggio turistico di stile internazionale con tutte le comodità immaginabili, l'unica concessione alla natura è dovuta alla sfacciataggine di alcuni tucani che al mattino vengono sui nostri tavoli a rubare parte della colazione, la formula "tutto incluso" e soprattutto la dimensione dei loro becchi, ci rendono indulgenti e permettiamo loro di prendere ciò che vogliono.