L'ARCO

Tra i protagonisti della tragedia sofoclea possiamo annoverare di diritto anche l’arco di Eracle, oggetto del desiderio dell’esercito Acheo e vero fulcro dell’intera vicenda. Tale è l’arco che Eracle ha donato a Filottete, arco di cui Ulisse ricorda a Neottolemo, all’inizio del dramma, che ha “frecce infallibili e recanti la morte” (v. 105). Si è sovente notato che l’arco è la controparte della ferita: infallibilità e incurabilità vanno di pari passo. Ma va detto di più e meglio: l’arco è ciò che assicura la vita di Filottete. Sull’esempio di Eraclito, Sofocle gioca sulle parole bίoς (la vita) e biός (l’arco): Άpestέrhkaς tόn bίon tά tόxelώn: “Tu m’hai tolto la vita togliendomi l’arco”. L’arco infatti permette a Filottete di sussistere, ma fa di lui un cacciatore maledetto sempre in bilico tra la vita e la morte, com’è al limite tra l’umanità e la selvatichezza. Ma solamente lui poteva usarlo: Filottete era uno dei più valenti arcieri mai nati tra le genti degli Elleni. Odisseo stesso lo riconosce superiore a lui nell'arte dell'arceria, e a noi è noto solamente Eracle come arciere migliore di lui. Ma quanto profonde sono le radici di questa disciplina nella storia dell'uomo?

L’ARCO NELLA STORIA DELL’UOMO

Sebbene nell'immaginario comune, popolato di nobili cavalieri e valenti spadaccini, sia quasi sempre passato in secondo piano rispetto alle armi bianche, l'arco può vantarsi di essere una delle più antiche armi mai prodotte dall'uomo, assieme alla lancia ed ai coltelli di pietra. Il suo utilizzo è infatti documentato, per mezzo di rappresentazioni grafiche rupestri, già nel Paleolitico, 30.000 anni fa. Le prime testimonianze "materiali" dell'uso dell'arco sono però assai più recenti: si tratta di punte di freccia in selce risalenti al periodo Neolitico.

Nel corso della storia questo straordinario strumento ha subìto molti miglioramenti, rivelandosi fondamentale negli eventi che hanno determinato il percorso dell'umanità, fino a cedere definitivamente il passo alle armi da fuoco, verso la fine del secolo XVII.


Potremmo definire l'arco un'arma da getto costituita da un corpo allungato flessibile le cui estremità, chiamate flettenti, sono congiunte e messe in tensione da una corda allo scopo di scagliare proiettili a forma di freccia. L'accumulo di energia necessaria al lancio si ottiene aumentando la distanza della corda dall' impugnatura; in questo modo vengono sollecitati i flettenti dell'arco che restituiranno l'incremento di energia sotto forma di spinta. Durante questa azione la superficie esterna dell'arco, quella rivolta verso il bersaglio, è sottoposta a un'azione di trazione, mentre quella interna, rivolta verso l'arciere, è sottoposta a un'azione di compressione.

A questo punto per tracciare una storia organica di questo strumento occorre operare un distinguo, poiché anche se l'arco è stato utilizzato da tutti i popoli, si è sviluppato ed ha accompagnato le vicende dell'uomo in modo diverso nelle varie parti del mondo: nel modo orientale l'arco si trovava già a livelli altissimi di specializzazione quando l'Europa era ancora abitata da popolazioni selvagge. Pertanto possiamo dividere l'arco antico in due tipologie contraddistinte da due diverse tecniche di costruzione :

L'arco occidentale semplice, costruito in un unico pezzo e con un solo materiale generalmente ligneo si otteneva sgrossando un fusto di albero dotato di particolare flessibilità (fra i più usati : tasso, olmo, frassino, maggiociondolo, corniolo, sambuco nocciolo e acero) fino a ottenere un bastone, con sezione generalmente convessa a forma di lettera D, di varia lunghezza.

L'arco orientale composito, costruito con più pezzi e utilizzando diversi materiali.
Il principio costruttivo generale di quest'arma consisteva nell'assemblare vari materiali quali: legno, corno, osso, tendine animale e resine vegetali, in modo da ottenere una controcurvatura riflessa, che nel carico della corda assumeva andamento opposto.

 

La forma dell'arco scitico, ad esempio ricordava la lettera sigma maiuscola dell'alfabeto greco e proprio da quest'arco derivarono quelli delle genti delle steppe, tra cui ricordiamo l'arco turco, unno e mongolo. Inoltre, allo scopo di favorire la trazione e incrementare la flessibilità, assicurando nel contempo la necessaria robustezza delle parti in legno dell'arco, questo veniva rivestito da tendine animale nella parte esterna e da corno in quella interna.

Rispetto all'arco semplice, quello composito sviluppava una maggiore velocità di chiusura al momento del tiro, quindi a parità di carico l'arma composita scoccava la freccia con maggior forza e a maggiore distanza. L'arco composito orientale raggiunse a più riprese anche il mondo occidentale, al seguito di armate o gruppi etnici, ma rimase lontano, probabilmente a causa delle grandi distanze, dall'Europa del nord dove si sviluppò ed ebbe particolare rilievo la tecnica di costruzione dell'arco monolitico.

 

L'ARCO OCCIDENTALE

L'arco monolitico, cioè composto da un unico pezzo appare molti secoli fa. Il primo ritrovamento certo (ve ne sono di precedenti relativi ad oggetti che sembrano essere attrezzi per la costruzione di archi) risale al periodo di transizione fra il Mesolitico (8000 a.C.) ed il Neolitico (5000 a.C.). E' stato ritrovato un arco in ottimo stato a Holmegaard, nello Zealand (Danimarca). Si tratta di un arco piatto, con sezione a "D" poco pronunciata, molto sofisticato, con l'impugnatura incavata in modo da permettere alla freccia di partire quasi dalla mezzeria dell'arco ed è fatto di olmo. Un altro ritrovamento straordinario risale a pochi anni fa ed è avvenuto nella zona di confine con l'Austria, a nord della Val Senales: si tratta dell'uomo di Similaun, imprigionato dai ghiacci per 4500-5200 anni, che aveva con sè un arco di tasso, di lavorazione accurata, con l'impugnatura stondata; aveva anche 14 frecce, con punte di ricambio ricavate da schegge di corno di cervo, molto affilate. L'arco è lungo 185 cm.; se consideriamo l'altezza dell'uomo che lo possedeva (165 cm.) ci rendiamo conto che vengono rispettati i parametri usati ancora oggi quando si vuole costruire un arco lungo da una stecca di tasso.

Gli archi europei nel primo millennio erano archi semplici, non particolarmente potenti a causa dello scarso interesse nell'impiego bellico. L'arco era si presente e usato da tutti gli eserciti, ma in modo secondario. Nel combattimento si privilegiavano le armi di metallo, per il prestigio legato ai segreti della loro costruzione; l'arco compariva sporadicamente in battaglia, solo nelle fasi di avvicinamento al nemico, o in caso di assedio

Gli archi nordici erano archi semplici, di solo legno, della misura variabile da 160 a 170 cm, anche i normanni, all'inizio del II° millennio, usavano questi tipi di arco.

In Europa comunque la storia dell'arceria è di marchio inglese.

In Inghilterra l'arco venne probabilmente introdotto dai normanni e, inizialmente, si diffuse nel Galles; ma sovrani come Riccardo I e re Giovanni continuarono a preferire nelle loro battaglie i balestrieri mercenari anziché gli abilissimi arcieri gallesi. Le cronache del tempo narrano poi di schiaccianti vittorie dei Gallesi sui Sassoni proprio in virtù dell'arco da essi usato. L'arco gallese era corto e pesante, ma la sua potenza formidabile: le frecce potevano trapassare una porta di quercia dello spessore di 6 cm. I Gallesi erano maestri nell'uso dell'arco lungo, ne facevano un uso continuo come arma da guerra e per la caccia; i conquistatori Normanni continuarono ad usare i loro archi, più corti e meno potenti di quelli gallesi e iniziarono ad arruolare arcieri come soldati di leva. Dopo la conquista normanna l'arco gallese venne adottato in tutta l'isola anche se modificato nella forma (meno tozza ) e nella lunghezza ( m. 2,10 ): da qui l'appellativo di 'long-bow' o arco lungo. Il long-bow era usato comunemente dalla classe povera in quanto era meno costoso attrezzarsi con un arco e una faretra piuttosto che con cavalli, armature e bardature. Nella seconda metà del 13° secolo inizia lo sviluppo tecnico e tattico del longbow e degli arcieri, processo che si completerà solo dopo 50-60 anni; viene dato inizio quindi ad un sistema di reclutamento molto efficiente e umano che tiene in grande considerazione e tratta bene l'arciere. Solo sotto il regno di Edoardo I il longbow divenne l'arma preferita dagli inglesi nelle loro battaglie.

 


L'ARCO ORIENTALE


Nelle regioni asiatiche viene creato un arco molto più tecnico che utilizza diversi materiali assemblandoli fra di loro e realizzando in questo modo l'arco composito, piccolo, potente, veloce nell'uso, usato da arcieri cavalieri o da fanteria. Nell' antichità furono grandi arcieri i popoli orientali. L'arco dei popoli Caldei (Sumeri e Assiro-babilonesi) era piuttosto piccolo e di eccezionale flessibilità. I bassorilievi di Ninive riportano scene di caccia: viene raffigurato Assurbanipal (669-626 a.C.) che con un potente arco, tirando da un carro da guerra, trafigge un leone, piantando nel suo corpo frecce che lo attraversano completamente. Era probabilmente composto da due segmenti che si riunivano nell' impugnatura.

Più lungo e agile era l'arco degli Egizi, costruito col legno di acacia. I geroglifici egizi ci raccontano che Ramses II (morto nel 1233 a.C.) nella battaglia di Qadesh, nel 1299 a.C., alla testa del suo esercito affronta gli Ittiti in una delle battaglie più importanti del suo regno. Ha 25 anni, è alto, biondo, ritto sul suo carro da guerra, coperto in parte da un'armatura in cuoio, affronta il nemico armato d'arco. Scocca le sue frecce infallibili e potenti con calma e determinazione, abbattendo uno per uno gli ittiti; il suo arco, detto a forma di falce, è composito.

Archi compositi in corno sono ricordati nei poemi omerici tra le armi degli Achei. Omero pone nelle mani di Ulisse l'arco di corno di cervo, donatogli da Atena (Minerva), per far strage dei Proci, che insidiavano il suo regno e la sua casa, ed è una freccia nel tallone che pone fine alla vita dell'immortale Achille sotto le mura di Troia. Rodi e Creta forniscono gli arcieri più noti della Grecia: impugnavano un arco molto corto, composto da corna di antilope asiatica e d'ariete, congiunte al centro per mezzo di nervo d'animale, molto duro ed elastico; una fasciatura di vello ricopriva la parte centrale che veniva impugnata: era probabilmente un arco poco flessibile e con poca corsa d'apertura. Non dobbiamo dimenticare inoltre, che il tiro con l'arco era la disciplina che aveva l'onore di aprire i quadriennali giochi olimpici.

Presso i Romani l'arco non era tenuto in eccessiva considerazione finché non vennero in contatto con i Parti, eredi degli arcieri Sciiti, che inflissero loro dure sconfitte. Alla luce di queste spiacevoli esperienze venne rivisto da parte dell'impero romano l'atteggiamento nei confronti dell'arco e creato un reparto di arcieri a cavallo.

Nell'impero bizantino questi reparti di arcieri a cavallo troveranno la massima espressione e il loro utilizzo riuscirà a salvaguardare i confini dalle popolazioni esterne per lunghissimo tempo. L'arco adottato è corto e riflesso, composto da legno e tendine animale, progenitore dell'arco mongolo o turco medioevale. Ha una dimensione ridotta che lo rende estremamente adatto all'uso a cavallo a causa dello spazio e del tempo limitato necessario per tenderlo; nonostante la scoccata corta la sua potenza era notevole. Il connubio arco-cavallo dei popoli nomadi divenne l'arma per eccellenza dell'esercito bizantino; non dimentichiamoci tuttavia che anche gli arcieri appiedati svolsero un ruolo importante nell'apparato bellico di Bisanzio. Gli arcieri Bizantini ebbero la meglio anche sui Persiani, che erano considerati i più forti al mondo in quanto a rapidità di tiro, ma con il limite di esser dotati di archi poco potenti.

L'addestramento militare, nonché tutta la teoria preparatoria al tiro con l'arco nell'esercito bizantino, si fondava sul principio secondo il quale il tiro doveva possedere tre caratteristiche principali: precisione, forza e velocità. Nei manuali militari bizantini questi concetti venivano così ribaditi:

" Il successo nel tiro con l'arco dipende da: precisione, capacità d'offesa, abilità nel colpire a distanza, velocità e perizia nel difendere il proprio corpo. Questi cinque punti sono i pilastri sui quali poggia l'arcieria, e il vero arciere è colui il quale li padroneggia completamente... Se la freccia colpisse il bersaglio, ma con scarsa forza, sarebbe inefficace. Al contrario, se la freccia fosse capace di ferire ma non fosse precisa, sarebbe inutile. Se la freccia fosse allo stesso tempo, precisa e mortale ma l'arciere non fosse capace di difendersi dal nemico, quest'ultimo lo ucciderebbe. Ancora, se l'arciere fosse preciso, capace di ferire, abile nel proteggersi, ma mancherebbe di velocità nell'esecuzione, l'arciere avversario prevarrebbe su di lui grazie ad una maggiore velocità. Infine, se le quattro condizioni elencate fossero tutte soddisfatte senza che però l'arciere si tenga ben distante dal nemico, il suo antagonista potrebbe ucciderlo. Infatti, è solo perché il tiro con l'arco può essere usato a distanza dal nemico, che è stato ritenuto come superiore alle altre tecniche di combattimento. Più grande sarà la distanza dalla quale l'arciere tira, tanto maggiore sarà il danno che potrà infliggere al nemico (con minori rischi per la propria incolumità)."

Mentre questa tecnica caratterizzò l'organizzazione militare bizantina, in Occidente la conformazione degli eserciti imperiali andò modificandosi assumendo nel Medioevo l'impostazione basata sul cavaliere corazzato che, lancia in resta, travolge tutto quello che trova sul suo cammino. Nonostante l'avversione per l'arco in campo militare, il suo uso veniva comunque accettato nella caccia sia dai nobili che dal popolo.