«V'è un'assoluta differenza fra il dire
che la produzione di certe cose della natura, o anche di tutta la natura,
non è possibile se non mediante una causa che si determina ad agire
intenzionalmente, e il dire che, secondo la particolare natura della mia
facoltà conoscitiva, io non posso giudicare della possibilità
di quelle cose e della loro produzione se non pensando una causa che agisce
intenzionalmente, e quindi un essere che produce analogamente alla causalità
di un intelletto. Nel primo caso voglio affermare qualcosa dell'oggetto,
e sono tenuto a dimostrare la realtà oggettiva di un concetto che
io ammetto; nel secondo, la ragione non fa se non determinare l'uso delle
mie facoltà conoscitive, conformemente alla loro natura e alle condizioni
essenziali della loro portata e dei loro limiti.»
[Critica del Giudizio, Laterza, Roma-Bari
1982]