Metrica latina, Metrica tedesca e Metrica italiana

Riferimenti a Catullo, Ovidio, Goethe, Foscolo, Carducci, Firpo, Gori   


Il distico elegiaco e le goethiane Römische Elegien

   Quando, nel lontano 1984, riuscii a trovare la chiave metrica delle Roemische Elegien di Goethe saltai dalla gioia: il distico elegiaco era reso dal sommo poeta tedesco in modo perfetto, in ciò aiutato dalla struttura della lingua dove numerosissime sono le parole di una o due sillabe, che conferiscono al tedesco la flessibilità necessaria alla giusta collocazione degli accenti nel tentativo di riprodurre i piedi classici: dattilo,giambo,trocheo,spondeo ecc.

 Tentativo, perché, come è noto, la prosodia classica si basa sulla quantità delle sillabe, mentre quella moderna, persasi la nozione di quantità, non può che prendere a base l'accento tonico, già precostituito e quindi limitativo della libertà del poeta. Per intenderci,nella poesia latina le parole con la quantità delle loro sillabe precostituita, entrando a far parte del verso, sopportano o meno l'appoggio della voce (arsi)a seconda del piede o dei piedi di cui entra a far parte , mentre nella poesia moderna le singole parole entrano nella trama del verso, come si è detto, col loro bravo ed intoccabile accento tonico, fatte salve le eventuali licenze poetiche; alcuni di questi accenti tonici, naturalmente, diventeranno gli accenti propri del verso di cui le parole sono state chiamate a far parte.

 Un esempio:
      All'ombra dei cipressi e dentro l'urne
notissimo incipit di una notissima poesia di un altrettanto noto poeta italiano; in questo endecasillabo le parole fortunate che vedono il proprio accento tonico non solo rimanere immutato nella posizione, ma diventare accento del verso, sono: ombra, cipressi e urne.

Vediamo ora due versi di una poesia latina, che amo particolarmente:
      Lugete, o veneres cupidinesque,
      et quantum est hominum venustiorum

(caro, dolcissimo Catullo!) Si tratta di endecasillabo faleceo: e qui le cose si fanno più complesse. L' endecasillabo faleceo è una pentapodia dattilico-trocaica seconda cioè costituita da cinque piedi dei quali il secondo è un dattilio e che, perciò, nell' ordine, sono: trocheo, dattilo, trocheo, trocheo, trocheo.

Gli accenti cadono:
1) nella prima sillaba del primo trocheo ( il trocheo è costituito da due sillabe, la prima lunga, la seconda breve);
2) nella prima sillaba del dattilo (il dattilo è costituito da tre sillabe, la prima lunga, le rimanenti brevi);
3) nella prima sillaba del secondo trocheo;
4) nella prima sillaba del quinto tocheo;
    Lùget(e)ò venerès cupidinèsque

  Ora le parole interessate dagli accenti sono - con gli accenti tonici: lugète, o, vèneres e cupìdines, che, come si vede, nel verso risultano accentate diversamente a seconda, come detto più sopra, del piede o dei piedi (nel verso in esame solo la particella "o" appartiene ad un solo "piede",né potrebbe essere altrimenti) di cui entrano a far parte:
   luget'o: costituisce il primo trocheo e la prima sillaba del dattilo;
   veneres: le sillabe seconda e terza del dattilo e la prima sillaba del secondo trocheo;
   cupidines: la seconda sillaba del secondo trocheo, il terzo trocheo e la prima sillaba del quarto trocheo.
  Dopo queste necessarie puntualizzazioni, torniamo alla metrica di Goethe.
Ricordando quanto detto più sopra in merito alla grande flessibilità della lingua tedesca, esaminiamo un distico tratto dall' Elegia Romana III con accanto la traduzione da me tentata anch'essa imitazione del metro classico e devo dire che l'operazione è riuscita bene quasi a smentire quello che argomenterò poi:

   Lass dich, Geliebte, nicht reun, dass du mir so schnell dich ergeben!
    Glaub es, ich denke nicht frech, denke nicht niedrig von dir.
Non ti crucciare amata, se a me sì presto ti desti!
Credi l'dea che ho di te, bassa e insolente non è.

Ebbene, gli accenti di questi versi - esametro il primo, pentametro il secondo, come richiesto dal distico elegiaco vanno a posarsi docilmente ed in perfetta analogia con i corrispondenti versi classici, nelle sedi prescritte, appunto, dalla metrica classica ed in perfetta coincidenza con gli accenti tonici delle singole parole (in buon numero, come già notato, monosillabe e bisillabe: nei due versi ora riportati compaiono due soli trisillabi Geliebteed ergeben mentre diciassette parole sono monosillabi e tre bisillabi.
  È evidente che il poeta, avendo a disposizione sì alto numero di piccoli mattoni, può, con una certa facilità, costruire i propri versi, riproducendo i "piedi" e gli accenti classici.
  Il risultato è ottimo ed unico: il ritmo, l'armonia ed il sapore del distico classico vengono resi in modo sorpendente e...c o m m o v e n t e !   Tutto cò costituisce un'impresa disperata con l' italiano, meglio: impossibile, purtroppo! I tentativi del Carducci di rendere i metri oraziani nelle Odi Barbare ne sono una lampante dimostrazione.
  Riproduciamo ora il distico goethiano con gli accenti, gustiamo il ritmo classico e constatiamo la loro coincidenza con gli accenti tonici delle parole elette:
    Làss dich, Gelìebte, nicht rèun, dass dù mir so schnèll dich ergèben!
     Glàub es, ich dènke nicht frèch, dènke nicht nìedrig von dìr.

  Ed ecco la composizione dei singoli piedi,seguita da un distico elegiaco di uno dei più grandi poeti latini, Ovidio , tratto dalla "prima lettera di eroine":
Làss dich Ge-
lìebte nicht
rèun, dass
dù mir so
schnèll mich er-
gèben

Glàub es, ich
dènke nicht
frèch
dènke nicht
nìedrig von
dìr
dattilo
dattilo
trocheo o spondeo
dattilo
dattilo
trocheo o spondeo

dattilo
dattilo
trocheo catalettico
dattilo
dattilo
trocheo catalettico
Hànc tua
Pènelo-
pè len-
tò tibi
mìttit U-
lìxe

Nìl mihi
rèscri-
bàs
àttinet:
ìpse ve-
nì
dattilo
dattilo
trocheo
dattilo
dattilo
trocheo

dattilo
trocheo
trocheo cat.
dattilo
dattilo
trocheo cat.
   Abbiamo potuto constatare la flessibilità della lingua tedesca nella resa del distico elegiaco.Ad esempio, notiamo come i primi accenti dei singoli versi cadano con esattezza sulle loro prime sillabe così come nel distico classico. Vediamo ora un esempio italiano, il Carducci. L'ode seconda delle sue Odi Barbare si intitola All' aurora, essa è composta di distici elegiaci o, quanto meno, voluti tali dal buon Giosuè; vediamone alcuni:

   Tu sàli e bàci, o dèa, co 'l ròseo fiàto le nùbi,
   bàci de' marmòrëi tèmpli le fòsche cìme.

   Ti sènte e con gèlido frèmito dèstasi il bòsco,
   spìccasi il fàlco a vòlo sù con rapàce giòia

   mèntre nell' ùmida fòglia pispìgliano gàrruli i nìdi,
   e grìgio ùrla il gabbiàno sù 'l violàceo màre.

   Prìmi nel pian faticòso di tè s'allègrano i fiùmi
   trèmuli lùccicàndo trà 'l mormoràr de' piòppi;

   còrre da i pàschi bàldo vèr l'àlte fluènti il polèdro
   sàuro, drìtto il chiomànte càpo, nitrèndo a' vènti:

   vìgile dà i tugùri rispònde la fòrza de i càni
   è di gagliàrdi mùgghi tùtta la vàlle suòna.>
Qualche annotazione sul metro di questa ode: distico elegiaco: esametri e pentametri: sei accenti tanto il primo quanto il secondo (ricordiamoci sempre della differenza fondamentale tra la prosodia classica e quella moderna: accenti su sillabe lunghe, nella prima, su sillabe-vocali- toniche per la seconda)
Per l'esametro la prima sillaba dovrebbe avere un accento e l'ultima non;
il pentametro dovrebbe potersi suddividere in due parti, tutte e due con tre accenti,di cui uno sulla prima sillaba e uno sull'ultima cosicché nel punto di congiunzione delle due parti si troverebbero uno di fronte all'altro due accenti: l'ultimo della prima parte del pentametro ed il primo della seconda parte.
Esempi:
Il primo è la traduzione del primo distico della Elegia Romana di Goethe soprarriportata:

   Non ti crucciare amata, se a me sì presto ti desti!
   Credi l'dea che ho di te, bassa e insolente non è.

Si può notare che un accento dell'esametro cade correttamente sulla prima sillaba e che le due parti in cui è possibile suddividere il pentametro
      "Credi l'idea che ho di te"
e
      "bassa e insolente non è"
hanno, anch'esse correttamente accenti sulla prima e ultima sillaba.
Nessuno dei versi dell'ode carducciana presenta una situazione simile.
Senza mancare di rispetto al Poeta, i suoi pentametri potrebbero essere corretti così eliminando l'ultima sillaba dei due emistichi:
anziché:
      bàci de' marmòrëi / tèmpli le fòsche cìme.

via "rei" (primo emistichio) e "me" (secondo emistichio)

      bàci de' marmò / tèmpli le fòsche cì.

anziché:
      spìccasi il fàlco a vòlo / sù con rapàce giòia

via "lo" e via "ia"

      spìccasi il fàlco a vò / sù con rapàce giò

Cosi il distico rientrerebbe perfettamente nello schema classico come i distici di Goethe.
      (continua)


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