Medea
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MEDEA

di Euripide

con

Paola Gassman

(Medea)

Antonio Fattorini - Francesco D'Amato - Riccardo Zini

Gian Paolo Mai - Vincenzo Ivan Sorbera

Coreute: S. Borsarelli - F. Corba - T. Scrocca

Regia: Livio Galassi

 

 

MEDEA - La tragedia è tutta dominata da Medea, una delle più grandi figure dell'arte di Euripide e della poesia di tutti i tempi. Creatura di passioni e di istinti che si direbbero disumani se ella non fosse cosi potentemente e intimamente donna, quasi una forza della natura allo stato essenziale, che la ragione serve soltanto a rendere consapevolmente feroce, senza poter imporre alcun freno all'animo indomito. Già prima, innamorata di Giasone, non ha esitato a uccidere, per lui, il proprio fratello. GIi stessi figli gli sono cari non perché gli abbia partoriti ma perché sono frutto e pegno dell'amore di lui. Ora, questa natura selvaggia è minacciala in qualche cosa che è più dell'amore, la sua vita stessa. Ciò che la sconvolge non è la gelosia, pur furiosa ma è l'Istinto di conservazione, onde ella non si uccide ne uccide Giasone, ma elimina tutto ciò che è di ostacolo fra di loro, E arriva all'ultimo delitto, il più atroce, quando i figli da lei fatti inconsapevoli strumenti di vendetta, sono ormai condannati: ma li uccide appunto per colpire Giasone, nel modo più raffinato. Euripide riesce così nella difficile impresa di motivare psicologicamente una donna che è l'antitesi della ragione.

 

EURIPIDE - Della sua vita pochi sono i dati sicuri, molti gli aneddoti e i pettegolezzi diffusi dai comici e accolti volentieri dal popolo che non lo amava. Nacque a Salamina, secondo un sincronismo sospetto, nel 480, lo stesso anno e lo stesso giorno della battaglia contro i Persiani, oppure, più probabilmente, nel 485. I bassi natali, le disavventure coniugali, la morte durante una caccia, sbranato dai cani, sono invenzioni. La madre era nobile, il padre proprietario di terre; l'agiata condizione della famiglia è confermata dalle notizie sulla sua accurata educazione, sul possesso di una ricca biblioteca, sulla vita ritirata e dedita agli studi. Intorno al 408 abbandonò Atene e si stabilì in Macedonia, alla corte di Archelao. Morì tra il 407 e il 406. Gli antichi gli attribuirono 92 drammi e 5 vittorie, una delle quali postuma. Noi possediamo 17 tragedie - senza contare il Reso, la cui autenticità è molto dubbia - e un dramma satiresco, il Ciclope. La loro datazione è attestata per l’Alcesti (438), la Medea (431), l'Ippolito (428), le Troiane (415), l'Elena (412), l'Oreste (408); sulla base di elementi indiziari si debbono collocare tra il 430 e il 415, press'a poco nell'ordine, gli Eraclidi, il Ciclope, l'Ecuba, l'Andromaca, le Supplici, l'Eracle; tra il 414 e il 409 l’Ifigenia in Tauride, l'Elettra, lo Ione, le Fenicie; l’Ifigenia in Aulide e le Baccanti sono state rappresentate postume.