|
|
EDIPO di Lucio Anneo Seneca con Giuseppe Pambieri - Lia Tanzi e con Micol Pambieri – Eduardo Enrichi – Marco Delle Fratte Scene: R. La Gioa Musiche: K. Jarrett Regia: Giuseppe Pambieri EDIPO RE - Ben rare sono le apparizioni sceniche dell'Edipo di Seneca a differenza della versione sofoclea. Un giorno il re di Tebe, Laio, ha un figlio dalla moglie Giocasta. Poiché sul bambino incombe un orribile profezia - uccidere il padre e sposare la madre - decide di eliminarlo. Ma il sicario, impietosito, lascia in vita il bambino. Un giorno un indovino gli svela la sua sorte. Mentre fugge da Corinto per evitare il compiersi del destino, uccide per legittima difesa, senza riconoscerlo, Laio. Raggiunge, poi, Tebe afflitta dalla Sfinge - un mostro che divora i passanti che non sciolgono il suo enigma - e la libera dal flagello. Viene perciò acclamato re della città e spinto a sposare la vedova di Laio. Egli non sa, ma il suo ormai terribile destino è già compiuto. Il dramma si apre quando sono già passati alcuni anni da questi fatti. Lo spettacolo che si presenta è quello di Tebe desolata dalla peste. La maledizione di Apollo s'è abbattuta sulla città, certo per qualche misfatto, che rimane, però, sconosciuto.Edipo manda a consultare l'oracolo e viene a sapere che la peste non cesserà finché non sarà allontanato l’uccisore di Laio. Il cieco vate Tiresia, non vorrebbe svelare ciò che sa ma messo alle strette, indica in lui il colpevole. La moglie Giocasta intuisce la verità e
LUCIO ANNEO SENECA (Cordoba 4-5 a.C.-Roma 65 d.C.) ricevette un'accurata educazione grammaticale e retorica. Verso i venticinque anni si recò in Egitto causa le sue cattive condizioni di salute. Tornato a Roma, intraprese la carriera forense e iniziò con la questura il suo cursus honorum. Geloso della sua eloquenza, Caligola pensò di disfarsi di lui. Coinvolto in un'accusa di adulterio venne relegato da Claudio in Corsica. Soltanto dopo otto anni poté rientrare in Roma, quando Agrippina lo fece richiamare per affidargli l'educazione del figlio Domizio Nerone. Quando Nerone divenne imperatore gli rimase accanto come consigliere. In seguito la crescente pretesa di Agrippina di intervenire nella direzione del governo si risolse nel matricidio. Seneca vi ebbe la sua parte, anche se non si sa quale. La sua posizione presso Nerone si indebolì sempre più, cosicché egli si trasse in disparte, dedicandosi alla vita contemplativa e alla speculazione filosofica. Accussato di aver partecipato alla congiura capeggiata da Calpurnio Pisone, si tolse la vita con l'eroica serenità dello stoico. Della sua molteplice attività letteraria è giunta la produzione di contenuto filosofico-morale, insieme con quella drammatica, una sorta di menippea, nota con il titolo Apocolocynthosis. Della sua produzione filosofica si ricordano i Dialoghi e i Problemi della natura. Dell'attività di drammaturgo sono tramandate nove tragedie, tra cui Le Troiane, Medea, Fedra, Edipo, Agamennone. |