L'APPRENDIMENTO DEL LEGGERE E DELLO SCRIVERE

 Avvertenza:  Questa pagina non vuol insegnare agli insegnati come si insegna a leggere e a scrivere. Essa è scritta soprattutto per i genitori che, spesso, vorrebbero sostenere i loro figli durante questo apprendimento ma si trovano spesso imbarazzati e disorientati perché non riescono a capire quale strada sta seguendo l'insegnante. In maniera molto semplice, quindi, si cercherà di illustrare quali sono i metodi che, in linea di massima, gli insegnanti adottano per questo lavoro.

Alcune considerazioni  a titolo di premessa

1) Quando il bambino di sei anni va a scuola e inizia l'apprendimento del leggere e dello scrivere, accade di frequente che si scatena un processo ansiogeno: I genitori sono ansiosi di vedere il figlio superare rapidamente questo primo "scoglio" e assillano le insegnanti lamentando che il figlio della cugina, nella scuola X "è più avanti". E' umano che i genitori temano di scoprire nel figlio qualche difficoltà di apprendimento, ma sarebbe auspicabile che essi controllassero la loro ansia onde evitare di rendere ansiosa anche l'insegnante. La quale è già un po' ansiosa per conto suo, giacché nessun altro insegnamento è così "controllabile", anche dall'esterno, come questo. Chiunque, infatti, può rendersi conto se un bambino ha imparato o no a leggere e a scrivere e, quindi, se il lavoro dell'insegnante è stato efficace e ha avuto successo. Tutta questa ansietà, ovviamente, può scaricarsi sul bambino rendendo ansioso anche lui e, quindi, rendergli più faticoso e difficoltoso l'apprendimento e, soprattutto, incrinando la sua felicità di bambino. Quindi: pazienza, serenità e nervi a posto.

2) Ufficialmente il bambino viene impegnato nell'apprendimento del leggere e dello scrivere all'età di sei anni circa. Con la riforma questa età può scendere a cinque anni e mezzo. Quale sia l'età giusta è stato oggetto in passato di lunghe e accanite discussioni. Poi, verso la fine degli anni sessanta, l'editore Armando Armando pubblicò un libro di Glenn Doman, un neuropsichiatra infantile americano, intitolato "Leggere a tre anni" e la cosa portò un certo scompiglio. Che cosa diceva Doman ?

a) anzitutto raccontava la storia di un suo piccolo paziente cerebroleso (la lesione gli aveva distrutto metà del cervello) che, fortemente e continuamente sollecitato dai genitori in tutti i modi, con grande stupore dei medici a poco più di tre anni aveva imparato a leggere.

b) riflettendo su questo fatto stupefacente e approfondendo lo studio, era arrivato alla conclusione che i bambini, dopo i due anni, quando è matura la funzione di simbolizzazione (quando ,cioè, riescono ad accettare che un simbolo - una parola - può rappresentare una cosa) e, quindi, imparano a parlare, in realtà potrebbero imparare anche a leggere. Infatti quando il bambino è in grado di accettare il collegamento fra il simbolo rappresentato dalla parola parlata e la cosa rappresentata, è in grado di accettare il collegamento anche fra la parola scritta e la cosa rappresentata. La ragione per cui i bambini dopo i due anni imparano generalmente a parlare (e a capire chi parla) e non a leggere, dipenderebbe dal fatto che essi hanno sempre a disposizione un modello di lingua orale adeguato (tutti i familiari ripetono spesso al bambino alcune parole pronunciandole chiaramente e a voce abbastanza alta) da imitare, mentre le parole scritte con cui, pure, il bambino può venire a contatto (libri, giornali, riviste) sono scritte con caratteri piccoli, per lui difficilmente distinguibili, e difficilmente vengono proposti in modo ripetitivo. Secondo Doman se, per assurdo, a un bambino non si parlasse mai, ma si mostrassero parole scritte (ovviamente riferendole a cose) con caratteri molto grandi e ripetutamente. egli imparerebbe a leggere e non a parlare.

c) Può darsi che Doman sia stato, per certi versi, un po' eccessivo, ma se osserviamo attentamente i nostri bambini, possiamo facilmente rilevare che essi, anche all'età di tre anni, non solo "possono" imparare a leggere ma, di fatto "imparano" a leggere. Essi, infatti, riconoscono senza difficoltà parole come "stop" , "bar", "drogheria", ecc. che vedono scritte a grosse lettere nelle insegne dei negozi, nonché i nomi di molti prodotti commerciali che vedono reclamizzati con i nomi scritti a caratteri cubitali, i titoli di giornali e riviste, e cose simili.(1).  Vedremo come questo può essere un fatto positivo da utilizzare anche nella scuola.

d) I programmi di lingua italiana per la scuola elementare del 1985 contenevano questa affermazione: “”la prima esperienza di lettura del bambino è sentir leggere l’adulto”. E’ una grande verità con importanti implicazioni. Il bambino piccolo cui un adulto (la mamma, il babbo, il nonno….) legge una favola fa, indubbiamente, una prima esperienza “di lettura”, ma vive anche una situazione molto positiva e molto ricca sul piano affettivo. Sente, infatti, che quell’adulto che lo tiene vicino a sé e sta facendo questa cosa per lui è un adulto che lo ama e desidera fare per lui cose a lui gradite. Questo fa sì che l’esperienza sia affettivamente molto appagante e, quindi, molto gradevole. E, quindi, richiesta e ancora richiesta. Ebbene: ascoltando l’adulto che legge il bambino non solo interiorizza i contenuti della lettura e, quindi, materiale di cui parlare e su cui riflettere, ma viene anche esposto a un “modello” di lettura che influenzerà positivamente il suo futuro di lettore. Sempre i programmi del 1985 affermavano, infatti, che un bambino cui gli adulti hanno letto molto quando era piccolo, ha molte probabilità di diventare un buon lettore. E’, quindi, auspicabile che i genitori o chi per essi trovino il tempo di leggere ai propri figli sia per i benefici che ciò produrrà sul piano dell’apprendimento, sia, soprattutto, per la bellissima e ricchissima esperienza sul piano affettivo. E’ trascorsa una vita, eppure io sento ancora adesso la grande dolcezza che provavo quando, bambino, ascoltavo, stretto a lei, mia madre che mi leggeva i racconti del Corriere dei Piccoli.

 

I metodi 

Come già precisato nell'avvertenza iniziale non intendiamo descrivere compiutamente dei metodi, ma dare a quei genitori che fossero interessati alla questione alcuni elementi che li mettano in grado di capire cosa stanno facendo i loro bambini nella scuola e, quindi, di seguirli e di aiutarli senza interferire in modo errato con l'attività della scuola.

Sostanzialmente i metodi di insegnamento della lettura e della scrittura possono essere divisi in due gruppi: i metodi analitici e i metodi sintetici. I primi, detti anche metodi globali, partono da un tutto (generalmente la frase) e procedono per analisi individuando prima la singola parola, poi la sillaba e, infine, la singola lettera o grafema. Quelli sintetici, detti anche tradizionali o naturali o in altri modi ancora, invece, partono dal singolo grafema per formare, poi, gradatamente, la sillaba, la parola, la frase.

Metodi analitici

Ai bambini vengono presentate in modo opportuno alcune frasi. L'insegnante può, ad esempio, raccontare una fiaba, che dovrà essere bella e stimolante. Gli stessi bambini potranno poi essere invitati a disegnare i momenti più significativi della fiaba su cartelloni da appendere alle pareti dell'aula. Successivamente l'insegnante inviterà i bambini a dire che cosa ciascun disegno rappresenta e, insieme a loro, individuerà la frase che meglio descrive quel momento della storia. A questo punto la frase verrà scritta dall'insegnante su una striscia di carta, con caratteri abbastanza grandi da poter essere letti a distanza, e, subito dopo, appesa sotto al disegno. Quando tutti i disegni (non più di una diecina) avranno la loro brava frase appesa sotto, si faranno dei giochi che favoriscano la memorizzazione delle frasi da parte di tutti gli alunni. Quando tutte le frasi saranno memorizzate "globalmente", gli alunni saranno sollecitati a "leggerle" pezzo per pezzo, cioè parola per parola, finché ogni alunno riconoscerà ciascuna delle parole usate nelle frasi. A questo punto, sempre con giochi opportuni, gli alunni verranno guidati a prendere coscienza che ci sono parole che vengono pronunciate con una sola emissione di voce (parole monosillabe), altre che richiedono più emissioni (parole bisillabe, trisillabe, ecc.). In questo modo si arriverà a scoprire le sillabe che compongono la parola. L'ultima fase sarà quella che condurrà gli alunni a riconoscere il singolo segno o grafema. Naturalmente le prime frasi che occorrono possono essere prese, anziché da una fiaba, dalle cose che i bambini stessi raccontano, cioè dal loro vissuto. A questo proposito c'è da dire che sarebbe cosa utile ed opportuna scoprire, fin dai primi giorni di scuola, quali sono le parole che i bambini "sanno già leggere" senza, magari, rendersene conto. Sono, come si è detto parlando del lavoro del Doman, le insegne dei negozi, le indicazioni stradali, i titoli di giornali e riviste o altro. Fare un censimento di queste parole ed esporle scritte nell'aula ha anzitutto un effetto molto rassicurante sui bambini. Essi, infatti, si rendono conto di saper già leggere, anche se solo alcune parole, e questo fa apparire come un'impresa non poi così difficile apprenderne altre. Non bisogna sottovalutare la cattiva abitudine di molti genitori che, di fronte a un capriccio, minacciano il bambino dicendo: "Vedrai che a scuola te li tolgono i capricci !" , facendo così percepire la scuola come un luogo pericoloso e difficile da affrontare. Per cui ben venga ogni occasione che serva da rassicurazione per il bambino che tanto meglio apprenderà quanto più sarà sereno e rilassato. E un grande vantaggio sul piano dell'apprendimento sarebbe quello di costruire le prime frasi occorrenti proprio con le parole che i bambini conoscono già.

Metodi sintetici

Abbiamo utilizzato la divisione in questi due gruppi (metodi analitici e sintetici) per comodità espositiva. In realtà i metodi puramente sintetici della vecchia tradizione (secondo i quali prima si imparavano tutte le vocali, poi le consonanti e poi, con esercizi snervanti, si imparava a leggere e a scrivere le sillabe....) non vengono più usati da nessuno. E spesso si sente parlare di metodi misti. In linea di massima l'insegnante che non usa un metodo globale procede in questo modo:

Anzitutto presenta le vocali. (senza dimenticare che le vocali non sono cinque ma sette, tenendo conto del doppio suono della "e" e della "o").  Ma queste non vengono presentate isolatamente bensì come iniziali di parole che hanno un significato (ape, elefante, erba, ecc.). Naturalmente i bambini sono invitati a dire altre parole con la stessa iniziale e cose del genere. In questo modo essi non sono costretti ad imparare segni isolati privi di significato bensì segni inglobati in parole che un significato lo hanno. Dopo le vocali viene presentato un primo gruppo di quattro o cinque consonanti con lo stesso metodo (in molte scuole si trovano ancora appesi alle pareti i famigerati "alfabetieri", che non sono poi il peggio che si può trovare e che, in fondo,  possono svolgere una funzione accettabile se usati correttamente) e, subito dopo, con queste si formano, per via di sintesi, i primi suoni sillabici e le prime parole. Anche se sono parole semplici, in genere formate, all'inizio, da due sillabe dirette, sono purtuttavia parole con un significato e questo non abbandonare mai il collegamento fra la parola scritta e il significato di essa è necessario e molto utile. Quando tutte le consonanti sono state presentate, comprese le note difficoltà dei suoni non rappresentabili con un solo segno (sc, gn, gl, chi, che, ghi, ghe) praticamente il lavoro basilare è concluso.                                        

NOTE: (1) Una esperienza personale: A mio figlio mancava un mese al compimento del secondo anno quando ci lasciò di stucco dicendo, davanti a un gigantesco cartellone pubblicitario: " C'è "chitto" (non riusciva ancora a pronunciare la parola "scritto") palmolive, lì ". Aveva riconosciuto la parola vista tante volte sulle riviste che sfogliava insieme alla nonna.

Le difficoltà

Normalmente la stragrande maggioranza dei bambini impara a leggere e scrivere senza particolari fatiche. Ci sono, tuttavia, delle difficoltà da superare che, in alcuni soggetti, possono essere particolarmente faticose. Vediamone alcune:

L’orientamento spaziale  Non sempre i bambini di sei anni hanno acquisito perfettamente l’orientamentom spaziale. In particolare possono avere ancora incertezze nel discriminare la destra e la sinistra. In questo caso possono verificarsi casi di scrittura speculare di singole lettere e anche di intere parole. Ciò significa che le lettere e le oparole possono essere scritte a rovescio, come se fossero viste in uno specchio. Il fenomeno è, in genere, di breve durata e la difficoltà viene rapidamente superata. Ove ci sia persistenza sarà necessario attivarsi e proporre adeguati esercizi per favorire la maturazione di un corretto orientamento spaziale.

I suoni complessi  Come è noto non tutti i fonemi o suoni della nostra lingua, che sono 28, hanno un grafema (segno) che li rappresenta. Occorre quindi mettere insieme più segni per rappresentare il suono. Così avremo il “ch” per il suono duro di “c” e “g” davanti a “e” ed “i”, avremo lo “sc” (suono di scivolo), lo “gn” (suono di gnomo), lo “gl” (suono di aglio), avremo la doppia consonante per il suono forte. Aggiungiamo, anche se non è un suono complesso, la difficoltà nell’uso della “q”.  In genere “chi” “che” “ghi” “ghe” “sci” “sce” “gli” “gn” vengono appresi nella loro forma complessa nello stesso modo in cui si apprendono le lettere singole. Un po’ più difficoltosa è la percezione del suono doppio delle consonanti e ancora più difficoltoso è l’uso della “q”.  Infatti i bambini sono costretti a memorizzare ad una ad una le parole che usano la “q” e le loro eccezioni (scuola, cuore…)

La divisione in sillabe E’ importante, anche ai fini dell’analisi e della sintesi di cui parleremo dopo, che i bambini imparino a riconoscere le sillabe che compongono la parola. In genere basta sollecitare e bambini ad osservare attentamente quante emissioni di voce occorrono per pronunciare una parola. Un tempo si usava, in forma giocosa, far pronunciare la parola davanti alla fiamma di una candela. Il numero dei piegamenti della fiammella corrispondeva al numero delle sillabe. Con calma, poi, spiegheremo anche qualche regola (le doppie consonanti appartengono la prima alla sillaba che precede e la seconda alla sillaba che segue, la “s” impura, cioè seguita da altra consonante, va sempre con la sillaba che segue, e così via)

L’analisi e la sintesi Quale che sia il metodo di apprendimento usato, verrà il momento in cui il bambino dovrà essere in grado di 1) analizzare il suono complesso di una sillaba per scoprire da quali fonemi è composto; 2) sintetizzare i suoni di due o più fonemi fino a riprodurre il suono composto. La prima abilità è necessaria per poter scrivere. La seconda per saper leggere.

La calligrafia Oggi la scuola non si occupa quasi più della calligrafia degli alunni. E, purtroppo, non si occupa quasi più neppure di una scrittura minimamente ordinata e ben leggibile. Si tende, infatti, a considerarli aspetti formali e, quindi, poco importanti, essendo ritenuti esclusivamente importanti e sostanziali i contenuti. Nessuno si sognerebbe di considerare non importanti i contenuti, il significato di ciò che il bambino scrive. Essi sono senza dubbio molto importanti e rappresentano l’aspetto sostanziale.  Tuttavia non sembra giusto, per un bambino delle elementari, trascurare completamente l’ordine e la calligrafia, intendendo per calligrafia accettabile quella che presenta parole leggibili, con lettere di forma corretta. L’ordine che sta intorno al bambino – diceva la Montessori – si riflette al suo interno e contribuisce a fare ordine nella mente. Ci sentiamo, quindi, di esortare insegnanti e genitori a non essere indifferenti a questi aspetti e di pretendere dal bambino una scrittura chiara e ordinata. I quaderni sono rigati in modo da guidare il bambino, specie nelle prime classi, a scrivere lettere “dentro le righe” e, quindi, tutte uguali, nonché a scrivere righe perfettamente orizzontali. Un quaderno pulito e scritto bene è fonte di soddisfazione prima di tutto per il bambino che lo possiede. Se questo sarà fatto nelle prime classi, giunto in quarta e in quinta il bambino tenderà a personalizzare la propria calligrafia ma conserverà l’abitudine all’ordine e alla produzione di scritture leggibili.

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