La competenza comunicativa
1) GENERALITA’
Con il termine comunicazione possiamo intendere la possibilità di trasmettere una informazione
da un soggetto ad un altro o ad altri.
Si ha, quindi, comunicazione non solo fra due esseri umani che si dicono qualcosa, ma anche
fra un animale e l’uomo, fra animale e animale. Ed anche fra una pianta e l’uomo (Lasciamo pure
da parte il caso di persone che “parlano alle piante” con parole o con musica. Ma è innegabile
che anche una pianta riesce a comunicarci, ad es., il suo bisogno di luce o di acqua). E perfino
un oggetto riesce a comunicarci molte cose (Es.: una roccia che ingloba un organismo preistorico)
In questa conversazione restringeremo molto il campo limitandoci a trattare la comunicazione
fra esseri umani.
2) LA CIVILTA’ DELLA COMUNICAZIONE
Possiamo ben definire la nostra epoca come l’epoca della comunicazione. Possiamo dire,
paradossalmente, che tanta è la nostra attitudine a comunicare che comunichiamo sempre,
anche quando non vorremmo farlo (penso a quando ci troviamo in ascensore con degli
sconosciuti. Nessuno parla ma ciascuno comunica molto della propria condizione sociale,
della cura che ha della propria persona, del proprio stato d’animo, ecc.). In questi
casi si parla di comunicazioni sommerse veicolate da quello che può considerarsi il
linguaggio dei nostri comportamenti quotidiani. Si tratta di comunicazioni in gran parte
inconsce che possono anche produrre messaggi distorti. I quali avranno poi bisogno
di essere corretti con messaggi intenzionali coerenti con le situazioni e con gli scopi.
Stabilire dei positivi rapporti sociali implica stabilire una comunicazione con gli altri.
Da cui si desume la grande importanza anche sociale della comunicazione.
E’ superfluo dire che lo strumento più idoneo per comunicare è il linguaggio verbale.
Si può dire, quindi, che la funzione comunicativa del linguaggio, pur non essendo l’unica,
è però certamente la più importante. Infatti anche quando intendiamo esercitare una funzione
diversa come, ad esempio, la funzione emotiva che, come è noto, serve ad esprimere
i nostri sentimenti, emozioni e stati d’animo, esercitiamo contemporaneamente
anche la funzione comunicativa. Quelle emozioni, sentimenti e stati d’animo, infatti,
vogliamo esprimerli, salvo rare eccezioni, per farli conoscere a qualcuno.
3) LA COMPETENZA COMUNICATIVA
A proposito di competenza comunicativa a giudizio di G.Berruto (“Sociolinguistica” Torino,
Zanichelli, 1980) questa abilità “ non comprende solo l’abilità per così dire linguistica,
grammaticale (di produrre frasi ben formate e di saper interpretare e dare giudizi sulle frasi
prodotte da sé o da altri), ma necessariamente consterà, da una parte, di una serie di abilità
extralinguistiche interrelate (sociali: il saper produrre un messaggio adeguato alla situazione,
cioè sapere l’appropriatezza nel contesto; e semiotiche: il saper utilizzare, in aggiunta o anche in
alternativa al fondamentale strumento linguistico, anche altri codici, per esempio cinesici, cioè
espressioni, atteggiamenti, movimenti del volto, delle mani, ecc.) e dall’altra, di un’abilità
linguistica per così dire sfaccettata e multiforme, che varrà
soprattutto nel possedere più varietà di
lingue, nel saperle identificare e nel saper passare dall’una all’altra. “
E’ soprattutto su quest’ultima affermazione che vogliamo richiamare l’attenzione. Cosa significa,
infatti “possedere più varietà di lingue” ?
Partiamo dalla considerazione che i linguisti ormai concordemente fanno sul fenomeno “lingua”.
Essi affermano che, stante la grande complessità del fenomeno linguistico, è più corretto parlare
di lingue anziché di lingua. Il linguaggio, infatti, nelle varie circostanze e in rapporto a certi
fattori, deve variare per adattarsi alle situazioni al punto che essa, la lingua, non appare tanto
come una struttura uniforme e monolitica, quanto, piuttosto, come un
repertorio di varietà d’uso.
Questo potrebbe creare qualche perplessità all’insegnante abituato ad insegnare una lingua, ad
avere per modello una lingua che potremmo chiamare “lingua standard” o “lingua dei
grammatici” o in qualche altro modo. La risposta è che dobbiamo avere un modello e questo
modello possiamo continuare a chiamarlo “lingua standard”. L’importante, però, è insegnare che
la lingua, specie nell’uso orale, in quanto deve adattarsi a molteplici situazioni, deve, per adattarsi
convenientemente, subire delle variazioni.
Esaminiamo, a questo punto, quali sono le variazioni che si determinano nel linguaggio in
rapporto ai vari fattori e alle varie situazioni:
- Variazioni diacroniche = quelle determinate dal tempo
- Variazioni diatopiche = determinate da fattori geografici (lingue regionali, dialetti…)
- Variazioni diastratiche = determinata da fattori sociali
- Variazioni = determinate da fattori professionali, di specializzazione (sottocodici o
Linguaggi settoriali)
- Variazioni di registro = determinate dalla situazione comunicativa e dal ruolo degli
interlocutori
- Variazioni = determinate dalle funzioni e dagli scopi.
Soffermiamoci un momento su ciascuna di queste variazioni.
Variazioni diacroniche La lingua è un fenomeno vivo, che appartiene ai parlanti e non ai
grammatici. Sono i parlanti che modificano continuamente la lingua. Dopo, i grammatici,
registrano le variazioni.
E’ nella consapevolezza di tutti che il tempo che passa determina variazioni nel linguaggio.
Parlare col linguaggio del proprio tempo facilita la comunicazione ed è, quindi, un fattore della
competenza comunicativa.
Variazioni diatopiche La lingua, anche all’interno di una stessa grande area linguistica (per noi
l’italiano) subisce delle variazioni da regione a regione, da zona a zona, sia sotto forma del
cosiddetto “linguaggio regionale”, sia sotto forma di “dialetto”. Per una buona comunicazione
orale è utile e, qualche volta, necessario, in determinati contesti, saper usare anche il dialetto.
Variazioni diastratiche La lingua varia anche in rapporto al gruppo sociale di appartenenza e la
comunicazione fra interlocutori appartenenti allo stesso gruppo scorre più disinvoltamente usando la
variazione linguistica in uso nel proprio gruppo.
Variazioni legate a fattori professionali Le persone appartenenti alla stessa specializzazione
professionale devono usare molti termini indicanti cose o azioni che riguardano esclusivamente la loro
specializzazione. Il loro linguaggio, infarcito di tali termini, viene a costituirsi come un vero e proprio
linguaggio settoriale, detto anche “sottocodice”, comprensibile solo per gli specialisti e per essi
necessario per comunicare.
Variazioni legate alla situazione comunicativa . Si parla di “variazioni di registro” quando la
lingua varia in rapporto al ruolo dell’interlocutore. Il registro è confidenziale quando ci si rivolge a un
familiare o ad un amico, mentre si fa più ricercato quando ci si rivolge a una persona importante, a un
superiore o, comunque, a una persona di riguardo.
Variazioni legate alle funzioni del linguaggio. E’ intuitivo che col linguaggio si esercitano diverse
funzioni. Per il linguista Jakobson le funzioni sarebbero sei, riferita ciascuna a uno dei sei elementi
di un sistema di comunicazione. Gli elementi sono : Emittente, Destinatario, Messaggio, Codice,
Canale e Contesto. E le funzioni sono:
Emotiva Esercitiamo questa funzione quando esprimiamo, “mettiamo fuori”, le nostre emozioni,
i nostri sentimenti, i nostri stati d’animo. Il “metter fuori” ciò che abbiamo dentro e che, talvolta,
ci turba, ha anche una funzione terapeutica. Vedi, a questo riguardo, l’effetto benefico della
confessione nonché il far affiorare e metter fuori con l’aiuto dello psicanalista le cose negative di
cui abbiamo bisogno di liberarci. E’ riferita all’Emittente.
Conativa E’ la funzione che esercitiamo quando tentiamo di modificare il comportamento altrui
ordinando, consigliando, chiedendo, supplicando, ecc. E’ riferita al Destinatario
Estetica Quando ci preoccupiamo per la forma del messaggio che vogliamo trasmettere, esercitiamo
questa funzione. Come è ovvio questa funzione viene esercitata al massimo grado da scrittori e poeti.
E’ riferita al Messaggio.
Metalinguistica La funzione metalinguistica è quella che ci consente di esercitare un controllo
grammaticale e sintattico sul testo del messaggio. E’ riferita al Codice.
Fatica Con questa funzione controlliamo la praticabilità del canale. Un simpatico esempio è quello
della persona che ascolta una telefonata emettendo ogni tanto un breve suono (si…si…eh…eh) che
rassicura l’interlocutore facendo capire che il canale è aperto. Ove questi suoni manchino, sarà l’altro
interlocutore a controllare il canale (Pronto ? …Mi senti ?… Ci sei ancora ?…). E’ riferita, appunto,
al Canale.
Referenziale E’ la funzione che si esercita quando si racconta, si relaziona, si descrive…E’ riferita al
Contesto.
LE MACROFUNZIONI DI HALLIDAY (1)
A titolo informativo accenniamo anche, brevemente, alle funzioni indicate da questo linguista:
Funzione ideativa logica, quando si usa la lingua per sostenere un ragionamento logico.
esperienziale quando con la lingua ci si riferisce ai fatti dell’esperienza.
Funzione interpersonale quando usiamo la lingua per entrare in contatto con gli altri.
Funzione testuale che esercitiamo per produrre testi pertinenti alla situazione
Variazioni legate agli scopi della comunicazione
Anche lo scopo della comunicazione produce importanti variazioni nel linguaggio. Tanto è vero
che esiste un particolare settore della linguistica chiamato “scopistica” che si occupa proprio degli
“scopi” della comunicazione. E’ abbastanza evidente che, anche all’interno della stessa funzione,
ad esempio la funzione conativa, il linguaggio varierà notevolmente a seconda che si dia un ordine,
o che si consigli, o che si chieda con arroganza, o che si chieda per favore, ecc.
Un aspetto rilevante relativo agli scopi della comunicazione è quello relativo al fatto che non sempre
gli scopi della comunicazione vengono resi evidenti dalla comunicazione stessa. Talvolta, anzi, essi
vengono deliberatamente tenuti celati dietro uno scopo apparente. Si parla, allora, di “sovrascopi”
il cui studio si presenta molto interessante. Esempio: Se uno dice a un interlocutore che si trova
nello stesso locale: “Mi sembra che l’aria sia un po’ viziata”, lo scopo apparente sembra quello
di voler fare una semplice constatazione, mentre il vero scopo può essere quello di indurre l’altro
ad aprire la finestra.
4) IL SIGNIFICATO RELAZIONALE DELLA COMUNICAZIONE
Un’attenzione particolare va riservata a questo aspetto. Colui che parla per comunicare con altri, in
qualche modo si mette in gioco, si espone al giudizio di altri e, in qualche modo, si presenta agli altri
dando una certa immagine di sé.
In altre parole è come se dicesse : “Ecco come io mi vedo !” e chiedesse, implicitamente,
conferma.
A questa implicita richiesta può essere data una delle seguenti, implicite, risposte:
- “ Sì, anch’io ti vedo come tu ti vedi “ (conferma)
- “ No, io non ti vedo come tu ti vedi” (non conferma)
- “ Non ti vedo per niente” (disconferma)
La prima risposta sarà, ovviamente, positiva e gratificante.
La seconda sarà una risposta critica che, se costruttiva, sarà positiva e aiuterà il miglioramento e la
crescita.
La terza sarà negativa e molto deprimente in quanto sarà un vero e proprio disconoscimento
dell’esistenza dell’altro.
E’ evidente l’importanza che l’attenzione a questi messaggi viene ad assumere nel rapporto
educativo.
Al messaggio relazionale lanciato dall’alunno l’educatore dovrà rispondere con chiari messaggi di
conferma (quando sono possibili) o di non conferma costruttiva. L’alunno, infatti, accetta di buon
grado l’”asimmetria educativa” (necessario dislivello fra educatore e educando) purchè si senta
accettato, purchè senta che lo scopo dell’adulto è la sua crescita e senta che l’adulto ha fiducia nel
conseguimento di questo scopo.
NOTE
(1) Halliday tenta anche di individuare alcune funzioni generali (non si possono definire in modo
specifico perché variano a seconda del contesto) fondandole su gli atti linguistici.
Queste sono:
strumentale per soddisfare i bisogni materiali “ io voglio”
regolativa per influenzare gli altri “fai come ti dico”
interattiva o interpersonale per l’interazione fra sé e gli altri
euristica per interrogare la realtà, per bisogno di conoscenza
immaginativa “non per sapere come stanno le cose, ma per farle” secondo i propri desideri e
aspirazioni
rappresentativa “ho qualcosa da dirti” riferito a fatti o persone reali.