Anatomia del drago: Se esistesse davvero, come sarebbe un drago? Innanzitutto, sarebbe la più grande creatura volante. Ma a quale specie apparterrebbe? Vivendo a tutte le latitudini, dovrebbe essere un animale a sangue caldo: non un rettile, ma neanche un mammifero (il drago nasce da un uovo e non allatta ). E neanche un uccello (ha le scaglie e quattro zampe). Potrebbe essere un animale primitivo evolutosi dai dinosauri e capace di vivere fino a mille anni, somiglia più a un rettile. In ogni caso, si racconta che ne esistono diverse specie, alcune con il potere di cambiare colore della pelle come camaleonti.
E’ presente nei racconti di tutti i popoli,dagli Ebrei ai Cinesi, fino ai maya. Rappresentava il mondo dell’ aldilà e la conoscenza dei misteri. Solo fantasia? No: secondo molti studiosi, è un ricordo ancestrale dei dinosauri. E perfino il serpente di Adamo ed Eva era in realtà questo mostro.
Il volo:Tutti i draghi, tranne quelli " orientali, hanno le ali. L'ossatura dell'ala è costituita dall'arto superiore, da un pollice uncinato e da quattro dita molto lunghe, che terminano con un artiglio: tutte interconnesse da una membrana. In genere, le ali sono più grandi dell'intero corpo, per sviluppare l'incredibile forza necessaria a sollevarlo.
La coda: È forte come una spada: ha la funzione di bilanciere nel volo. All'occasione il drago la usa per difendersi.
Dimensioni: Si narra di draghi enormi (lunghi fino a 30 metri con un'apertura alare di 50 metri), ma questi dati non sono verosimili. Una creatura così grande avrebbe serie difficoltà a volare: le ali dovrebbero essere lunghe 200 metri per sollevare una tale mole, persino se le ossa fossero cave come quelle degli uccelli. I draghi più piccoli (lunghi da pochi centimetri a un metro) sono chiamati basilischi: il loro fiato è immaginato terribilmente . distruttivo e lo sguardo tale da uccidere.
Tasta e denti: La testa, dalla tipica forma allungata, è sormontata da una o più corna. La mascella è larga, circondata da potenti muscoli, mobile come quella di alcuni serpenti per inghiottire anche i bocconi più grandi. Il drago è onnivoro (mangia carne e piante), per questo ha due tipi di denti: carlini e incisivi lunghi, ma anche robusti molari per masticare.
Fuoco o ghiaccio: La sua arma più potente è la fiamma che lancia dalla bocca. Da dove viene il fuoco? Secondo alcuni il drago incamera metano generato nella digestione (come le mucche), che, arricchito di fosforo, s'infiamma al contatto con l'aria o con i denti, che causerebbero una scintilla come le pietre focaie. Per altri il gas è l'idrogeno. Non tutti i draghi sputano fuoco, alcuni soffiano un respiro ghiacciato e altri un acido micidiale.
Aspetto: Può essere di tutti i colori, ma predominano il blu, il rosso, il dorato e il verde. Le sfumature sono dovute alla diversa concentrazione di minerali. La tenera pelle è protetta da robuste scaglie di cheratina, una proteina fibrosa che si trova anche nelle nostre unghie.
Alle radici del mito: in turco si chiama ejder. In sloveno si scrive zmaj. E in giapponese si pronuncia ryu. È il drago. Le leggende legate a quello che si può considerare l'animale mostruoso per eccellenza sono infatti, al contrario di quelle di altri mostri, presenti a tutte le latitudini e in tutte le culture: racconti epici e testi sacri, aztechi ed egizi, greci e cinesi, vichinghi ed eschimesi, hanno narrato di eroiche battaglie, nei mari e nei cieli, in grotte e palazzi, contro creature serpiformi. In fondo, se ci si pensa bene, la storia culturale dell'Occidente nasce proprio con un drago. Nella Genesi è un inquietante serpente a suggerire a Eva di assaggiare la mela proibita: questo morso fa conoscere all' umanità la differenza tra il bene e il male. Nel mondo antico, infatti, non c'era una vera e propria differenza tra il drago e il serpente. Sono animali indistinti che mito e fantasia deformano a piacimento. La parola drago viene dal greco drakon, serpente, animale ora enorme, che va combattuto con arco e frecce, ora piccolo e insinuante che si nasconde a tradimento nell'erba. Il serpente è un animale che vive a stretto contatto col terreno e sembra nascere dalle cavità stesse della terra: a contatto quindi col mondo dei morti e, soprattutto, capace in molti casi di dare la morte col suo veleno. Non solo, muta la sua pelle e sembra così rinascere di continuo dal suo stesso cadavere. Non a caso in molte culture diventa il simbolo ideale per rappresentare la vicinanza tra il mondo dei vivi e quello dei morti e la possibilità del passaggio dall'uno all'altro. Spesso le prove di coraggio che accompagnano i riti d'iniziazione prevedono proprio il contatto col serpente che nel mito si trasfigura nello scontro eroico contro un terribile mostro. Ecco allora nel mito greco lo scontro tra Apollo e Pito, il drago-serpente guardiano, che il dio, come in un percorso iniziatico, deve uccidere col suo arco per dimostrare la propria superiorità. Apollo afferma le sue doti di guerriero e cacciatore, ma, al tempo stesso, dall'uccisione del drago assume uno speciale potere magico e divinatorio che viene a costituire il segreto del santuario di Delfi. E nella Bibbia non solo nella Genesi viene citato il drago, che spesso è l'avversario per eccellenza, incarnazione del mondo infero, del diavolo e dell'eresia. Come Apollo, anche Daniele affronta il drago per affermare il proprio potere e la superiorità della nuova fede: «Vi era un gran drago e i Babilonesi lo veneravano. Il re disse a Daniele: "Non potrai dire che questo non è un dio vivente; adoralo, dunque". Daniele rispose: "Io adoro il Signore mio Dio, perché egli è il Dio vivente; se tu me lo permetti, o re, io, senza spada e senza bastone, ucciderò il drago". Soggiunse il re: "Te lo permetto". Daniele prese allora pece, grasso e peli e li fece cuocere insieme, poi ne preparò focacce e le gettò in bocca al drago che le inghiottì e scoppiò; quindi soggiunse: "Ecco che cosa adoravate!"».(Dal libro di Daniele, capitolo 14, 23-27).
«Nella cultura occidentale», il drago rappresenta il male, si lega a un mondo oscuro e malvagio: i modelli di riferimento sono certamente la tradizione biblica, in cui il drago è spesso presente come figura in stretta relazione con la dimensione infernale. Il drago è sempre qualcosa da vincere: per esempio il cavaliere senza macchia che libera la fanciulla imprigionata, o il santo che uccide il drago-diavolo». Ecco perché quasi sicuramente il drago sputa fuoco, l'elemento che caratterizza il regno di Satana. Inoltre il drago nel mondo antico è considerato un animale sapiente in grado di trasmettere conoscenze. Il mostro della Genesi insegna a Eva a distinguere il Bene dal Male. Il drago di Delfi investe Apollo di nuovi poteri divinatori. Il mitico indovino Melampo ricevette il dono sciamanico di poter comprendere il linguaggio degli animali grazie a un serpente che gli lambì le orecchie. lamo, capostipite di una dinastia di celebri indovini, venne nutrito, neonato, da serpenti. Sono varianti del modulo mitico dello scontro col drago: l'individuo predestinato a un futuro speciale sopravvive all'incontro col mostro. Anche Ercole, neonato, strangolò un serpente che si insinuò nella sua culla. I serpenti erano talmente importanti nelle pratiche rituali che in alcuni templi venivano addirittura allevati. Fu così che, con la cultura cristiana, draghi e serpenti divennero il simbolo della vecchia religione pagana, incarnazione di credenze magiche primitive che andavano debellate. Ma, curiosamente, anche il nuovo simbolismo finì per utilizzare le stesse strutture mitiche della cultura precedente. Ecco allora che i miti si intrecciano. San Giorgio a cavallo colpisce con la sua lancia il drago, simbolo dell'eresia, proprio come Apollo uccide il serpente Pito, simbolo di un culto più antico da sottomettere.
Un'idea diametralmente opposta dei draghi l'hanno gli orientali e in particolare i cinesi. In Cina, poiché si riteneva che il drago fosse una creatura d'acqua che abitava le profondità dei fiumi e dei mari, rappresentava le nubi, il tuono, la pioggia ed è per questo che i contadini lo hanno sempre adorato. Tanto da influenzare anche gli imperatori che vedendo il drago come "signore del tempo" lo hanno scelto a proprio simbolo. Insomma, senza troppe forzature si può dire che i draghi siano sempre stati con noi, fin dalla notte dei tempi. Ma cosa ha spinto l'essere umano a creare il mito del drago? «Potremmo provare a dare una spiegazione scientifica», la disciplina che ha lo scopo di scoprire e catalogare tutte le specie animali che non hanno ancora trovato una collocazione all'interno della tassonomia ufficiale. «I grandi cronisti della storia, trovandosi di fronte a un animale che non avevano mai visto prima, possono aver pensato a una bestia fantastica o mostruosa. Probabilmente è quello che è successo quando in Europa cominciarono a essere importati i primi coccodrilli». Basti pensare, poi, a come veniva descritto il prometeo, anfibio che vive esclusivamente nelle acque sotterranee del Carso: si pensava fosse un "cucciolo di drago", e così viene chiamato ancora oggi. Solamente nel 1768 il naturalista Laurenti lo indica come animale appartenente alla fauna cavernicola. Qualcuno, ancora, potrebbe scambiare per un piccolo drago la lucertola Pogona vitticeps, detta "drago barbuto", o il famoso drago di Komodo. Il suo vero nome è Varanus komodoensis ed è il più grosso dei varani conosciuti, una sorta di lucertolone che raggiunge i quattro metri e vive solo in alcune sperdute isole dell'arcipelago della Sonda (Indonesia). Fu a lungo considerato una leggenda frutto di credenze popolari, fino a quando una spedizione scientifica americana, sbarcata a Komodo nel 1913, non lo classificò tra le specie realmente esistenti. Creatura schiva, ma combattiva, il drago di Komodo aggredisce con ferocia i suoi simili, si ciba di maiali selvatici, uova di testuggine e piccoli vertebrati della foresta, non disdegnando però i più grossi mammiferi, tra cui, all'occorrenza, anche l'essere umano. Oggi, poverino, è ridotto a sfuggire i turisti voraci di belle fotografie. Chissà, forse un tempo animali simili vivevano anche in altre parti del mondo e possono aver dato origine a miti e leggende. Un altro animale che può avere indotto molti a pensare di aver visto un draghetto è il Phyllopteryx eques, il cosiddetto drago di mare. Lungo poco meno di 50 centimetri, è un bizzarro pesce, della stessa famiglia dei cavallucci marini, coperto di appendici a forma di foglia per meglio mimetizzarsi tra le alghe, diffuso lungo le coste d'Australia e Tasmania. Ma molti altri esempi potrebbero essere fatti per dimostrare come molte persone in passato siano state convinte di aver avvistato un drago. È il caso del medico e naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605) che nelle sue "Serpentum et draconum historiae" racconta del ritrovamento, nel 1572, di un draghetto nelle campagne bolognesi. E nel 1689 lo storico sloveno Valvasor, convinto di aver visto un drago, lo descrive come un animale «lungo appena una spanna e aveva l'aspetto di una lucertola». Nel 1723, addirittura, in alcune guide si sconsigliava di attraversare alcuni passi nelle Alpi svizzere per il pericolo di incontrare draghi. Tutti casi in cui, probabilmente, chi credeva di aver di fronte un drago aveva solamente visto una grossa lucertola o un anfibio mai osservato prima. Il mito dei draghi è legato anche a un altro fattore: il ritrovamento di fossili di dinosauro che hanno scatenato le ricostruzioni più fantasiose. «In molte chiese italiane», «vi sono tuttora appesi resti di dinosauri probabilmente vissuti nel Quaternario ma che si credevano appartenere a draghi». Giulio Guidorizzi, noto studioso di mitologia e di folclore, nonché appassionato cultore di dinosauri, non solo non appare stupito, ma ci dice qualcosa di più. «Che cosa sono i draghi se non dinosauri?». In effetti i draghi nell'immaginario folcloristico non sono molto diversi dai rettili primitivi. «Certo è singolare», prosegue Guidorizzi, «che i draghi un po' in tutte le culture abbiano sempre delle caratteristiche che ricordano i dinosauri: sono verdi, squamati, feroci, spesso cannibali. Non solo. Vengono sempre rappresentati come abitatori di luoghi marginali: foreste, caverne, paludi». Una studiosa statunitense di folclore, Adrienne Mayor, nel suo libro "The first fossil hunters: paleontology in Greek and Roman times" (Princeton University Press) ha mostrato come molte di queste creature siano riconducibili a scoperte di fossili preistorici. Fossili di mammiferi estinti risalenti al Pleistocene o al Cretaceo, spiega la Mayor, sarebbero alla base delle credenze asiatiche sui draghi. La Mayor, per esempio, ricollega il mito del grifone, animale simbolo del l'antica cultura scitica, con l'attività nelle miniere d'oro: gli scavatori, lavorando sulle pendici dei monti Aitai, avrebbero scoperto i resti di protoceratopi e altri dinosauri, traendone poi il mito del grifone guardiano delle miniere. In realtà non è una teoria nuova: già nel 1914 un paleontologo e paleobiologo austriaco, Othenio Abel, suggerì che i terribili Ciclopi dell'Odissea, mostri con un solo occhio, fossero l'incarnazione di fantasie nate dall'osservazione dei teschi di elefanti nani preistorici. L'incomprensibile buco della cavità proboscidale divenne l'inquietante prova di un solo grande occhio in mezzo alla fronte. Il Museo Archeologico di Siracusa custodisce gli scheletri di due di questi animali, ritrovati sulle montagne del retroterra siracusano, in un'area non distante da quella in cui la mitologia classica collocava i Ciclopi. Non si tratta solo di paure dell'antichità. È celebre il caso della città di Klagenfurt dove alla fine del '500 fu scolpita una testa di drago che riproduceva un reperto portato alla luce più di due secoli prima e interpretato appunto come un drago fino a quando non è stato più saggiamente identificato con un rinoceronte dell'età glaciale. «Anche se tra reperti fossili e credenze di mostri, come per esempio i draghi, c'è una chiara relazione», prosegue Guidorizzi, «credo che la questione sia più complicata. Il mito è mito e, prima di tutto, poggia sul l'immaginario». Che cosa vuol dire? «Il fatto che i draghi assomiglino ai dinosauri non può essere un caso. È difficile dare una spiegazione convincente, ma potremmo pensare a un deposito della memoria collettiva; una sorta di ricordo inconscio. Un'immagine sedimentata, sepolta da qualche parte nella nostra mente, che si è tramandata nei secoli per via genetica dai primi mammiferi all'uomo». Anche l'archeologa Luciana Jacobelli si è occupata di fossili e mostri: «Gli antichi andavano pazzi per i ritrovamenti di scheletri e ossa. Lo storico romano Svetonio racconta dello scalpore che fece una scoperta nelle acque di Capri. Un pescatore trovò delle ossa smisurate che furono subito soprannominate "ossa dei Giganti". Oggi sappiamo che in età preistorica l'isola era abitata da orsi e probabilmente le ossa ritrovate erano resti di quegli animali. I fossili hanno lasciato tracce curiose nella cultura antica. Draghi ed eroi erano esseri eccezionali vissuti in un lontano passato e, in un certo senso, venivano messi sullo stesso piano: le ossa di animali preistorici potevano essere attribuite agli uni o agli altri».
Sembra quindi che il drago sia veramente un animale di fantasia legato solo a delle suggestioni popolari. «È impossibile che sulla faccia della Terra sia esistito un animale lungo 50 metri con le ali. Sarebbe contro tutte le leggi della fisica: si sarebbe spezzato subito». Eppure c'è chi, un po' per gioco, un po' forse perché ci crede veramente, ha dato una giustificazione "scientifica" a tutte le caratteristiche del drago. È lo scrittore statunitense Peter Dickinson che ai draghi ha dedicato un libro nel 1979: "Thè Flight of Dragons". Dickinson sostiene che il drago usi le ali solo per "direzionare" il proprio volo. Per sollevare una mole come quella del drago, infatti, servirebbero ali lunghe 200 metri l'una. Allora come fa a sollevarsi? Lo scrittore americano è convinto che l'animale prenda quota come un dirigibile, gonfiando il proprio stomaco a seguito di una reazione chimica che libera nel suo corpo idrogeno, un gas più leggero dell'ossigeno. E c'è una spiegazione pseudo-scientifica anche per l'emissione di fuoco dalla bocca: l'idrogeno esalato, incontrando i denti che agirebbero come pietre focaie, darebbe origine alle fiammate.
PER I MAYA CREO’ L’UNIVERSO
E nelle Americhe? Anche in quest' area demoni serpiformi erano oggetto di culto e protagonisti di leggende, I Maya avevano un dio serpentino: «Era Itzamnà», spiega Ugo Stornaiolo, esperto di culture mesoamericane, «è l'essere "che tutto pervade" e incarna il dualismo mono e politeistico del soprannaturale Maya. È il giorno e la notte, la terra e il cielo. Il creatore dell'universo». Nel sistema mitologico Maya Itzamnà ha sicuramente un ruolo più importante di quello che ha il drago-serpente nel mondo occidentale, anche se in realtà poi non è così diverso. Nella nostra cultura, come in quella mesoamericana, il drago è un portatore di conoscenze. Da noi però questo ruolo è stato avvertito come pericolosamente antagonistico a quello di Dio e così il drago ha finito per rappresentare il Demonio, preda di santi e cavalieri. «In Messico invece è diventato il dio che contiene tutti gli altri dèi, compreso l'azteco QuetzalcoatI, il serpente piumato, da molti ritenuto l'aspetto oscuro che completa il luminoso Itzamnà, il malaugurio che si oppone al buonaugurio». E quando le due culture si sono incontrate cosa è accaduto? «Gli Spagnoli», «si guardarono bene dal demonizzare il dio azteco. Anzi. Visto che la mitologia locale rappresentava il dio come barbuto e sosteneva che era partito per mare, abbandonando il Messico, l'invasore Cortes presentò il proprio arrivo come il ritorno del dio. Non solo. In seguito gli Spagnoli, per cristianizzare più facilmente i nativi, assimilarono il dio azteco a Cristo». II dio serpentino così avversato dal mondo cristiano diventa una sorta di curioso doppio di Dio: le strade di demoni e draghi sono davvero infinite.
STRANE OSSA IN ITALIA
In alcune chiese italiane sono conservati fossili misteriosi. Ecco i più importanti.
ALMENNO S. SALVATORE (BG) Nella chiesa di San Giorgio è custodito un autentico mistero. All'abside ligneo della chiesa è appesa, sopra la testa del visitatore, una gigantesca costola ricurva di 2,60 metri. Sarebbe un osso del leggendario drago del lago di Gerundo.
TIRLI (GR). Nella chiesa di Sant'Andrea è conservato un "osso di drago", che soltanto il 10 settembre 2002 è stato scientificamente riconosciuto come appartenente a una balenottera comune. Secondo la tradizione, invece, è quanto rimarrebbe del gigantesco drago ucciso da San Guglielmo.
UDINE. Un "osso di drago" è conservato nella celebre abbazia di Santa Maria delle Grazie, a testimonianza delle lotte tra religione e paganesimo, tra bene e male.
REVELLO (CN). L'Abbazia di Staffarda è uno dei luoghi più misteriosi del nostro Paese, costruita su un luogo di culto celtico o addirittura preceltico. In mezzo a tanti segreti gelosamente custoditi, non poteva mancare una costola di drago.
ORTA SAN GIULIO (NO). L'isola di San Giulio, al centro del Lago d'Orta (in Piemonte), si narra che un tempo fosse abitata da draghi e mostri, scacciati poi dal santo da cui prende il nome. L'anello di una vertebra enorme trovata nel '600 è appeso a una catena nella Basilica di San Giulio.
PIETRALUNGA (PG). Nella chiesetta di San Crescenziano si conserva una gigantesca costola spezzata, lunga circa due metri: si racconta appartenesse a un drago che infestava la Val Tiberina, decapitato nel 303 dal valoroso cavaliere Crescenziano
Il Medioevo vede fiorire una moltitudine di strane teorie sui fossili.
L’uomo, incapace di cogliere la vera realtà dei fossili, cerca di dare loro un posto nel suo universo e nella sua storia. La tendenza popolare è volta a mitizzare quanto non è in grado di spiegare, favorendo così il sorgere di molte leggende.
Già dall’XI secolo è opinione comune che alcuni tipi di pietre e di gemme siano dotate di straordinarie proprietà e virtù taumaturgiche , tanto da esercitare un effetto benefico sulle persone che ne entrano in possesso. Sono pervenuti fino a noi accurati elenchi di “minerali” ad opera di ecclesiastici, in rigoroso ordine alfabetico, che tuttavia non forniscono elementi diagnostici, bensì abbondano di osservazioni fantastiche.
Storie di streghe, di diavoli e di draghi hanno molta fortuna nell’immaginario collettivo medioevale: esse derivano dall’impatto fra la fantasia popolare ed i fossili che vengono rinvenuti casualmente, per esempio arando un campo o scavando per costruire un ponte.
Superstizioni analoghe sono sorte indipendentemente presso popoli diversi.
In molte zone alpine, le rocce a forma di zoccolo di cavallo vengono chiamate “impronte del diavolo” (probabilmente si tratta del Conchodon , un lamellibranco di 200 milioni di anni fa). Le ossa dei titanoteri , grossi mammiferi simili a rinoceronti, i cui resti vengono alla luce dopo le piogge torrenziali dai depositi oligocenici delle Badlands del Nebraska e del Dakota, sono note ai Sioux come resti dei “cavalli del tuono”, mentre gli indiani Navajo dell’Arizona ritengono che i tronchi silicizzati delle “foreste pietrificate” non siano altro che ossa di giganti.
Il drago di Klagenfurt in Carinzia (Austria), posto ad ornamento dell’omonima fontana, è forse il primo tentativo di ricostruzione di un animale del passato: si tratta di un rinoceronte vissuto in Europa durante il Quaternario il cui cranio è stato trovato nei dintorni della città. Lo scultore Ulrich Vogelsang erige la fontana nel 1590 e usa come modello per la testa del drago il calvarium (cranio privo della mandibola) di un rinoceronte lanoso (Coelodonta antiquitatis) dell’Età glaciale, rinvenuto nella Fossa del Drago a nord di Klagenfurt, circa 600 anni fa.
Molto ricercate dagli speziali medioevali, le belemniti curano gli incubi e gli incantesimi, guariscono le piaghe e puliscono perfino i denti...
Gli elementi del peduncolo dei crinoidi, simili a stelline pentagonali, suggeriscono ai fantasiosi indagatori dell’origine dei fossili l’idea che il loro aspetto fosse determinato dall’influsso delle stelle.
I serpenti di pietra arrotolati su se stessi che appaiono nello stemma della contea di York altro non sono che ammoniti ricurve , di cui è ricca quella parte dell’Inghilterra, nelle quali è stata scolpita la testa dell’animale.
Non c’è regione del pianeta che non conosca leggende legate alla figura del drago.I miti locali ci fanno arrivare a zone come la Babilonia e la Grecia, per poi risalire sino alla Germania e all’Inghilterra, dove i draghi venivano rappresentati come i custodi di tesori. Il principale habitat naturale dei draghi si estenderebbe dalla Sicilia alle selve centro-europee.
Non mancano però avvistamenti extra europei, in particolare in Cina, ove il drago è considerato un essere benefico, datore di pioggia.
A parte i bestiari medievali, bellissimi, ma frutto più di elucubrazioni filosofiche che di considerazioni scientifiche, sono soprattutto i trattati di scienze naturali del ‘500 e del ‘600 a riportare le testimonianze più impressionanti, anche se a nostro avviso dubbie, sulla vera esistenza dei draghi.
Un esempio per tutti è l’opera di Ulisse Aldrovandi, medico bolognese, che descrive un draghetto ucciso nei dintorni di Bologna nel 1572.
Sempre di Aldrovandi è la notizia della cattura in Svizzera di un drago munito di orecchie nel 1499.
Nel 1723 in alcune guide si sconsigliava di attraversare alcuni passi nelle Alpi Svizzere per pericolo draghi. Nel 1689 lo storico sloveno Valvasor, accorso a vedere un drago, scrive: "era lungo appena una spanna e aveva l’aspetto di una lucertola". Era cioè una specie di salamandra cieca e dalla pelle rosa.
Se esaminiamo la fauna dell’intera Terra, una potenziale parentela con i dragoni, può essere riconosciuta ai Varani, grandi lucertole asiatiche o africane. Il più imponente essere è il dragone di Komodo: misura oltre tre metri e si nutre di cinghiali e cervi.
A perpetuare nell’immaginario collettivo l’immagine del drago come creatura realmente esistita è stato probabilmente il rinvenimento di scheletri di dinosauro, animale sconosciuto e perciò assimilato al drago stesso.
Il drago per le sue straordinarie capacità ha sempre spinto fin dall’antichità gli uomini a considerarlo un fiero antagonista degno di lotta.
Non ci stupisce quindi che grandi come Alessandro Magno annoverino fra le loro imprese la sconfitta di un drago.
Anche la mitologia classica riconosce la grandezza di questi esseri. Perseo uccide Ceto, un mostro marino, inviato da Poseidone a devastare il paese di Cefeo, re d’Etiopia . Ercole invece si cimenta vittoriosamente con Ladone, drago a guardia del giardino delle Esperidi. Sigfrido, nella mitologia germanica ha la meglio sul custode del tesoro dei Nibelunghi, il drago Farfnir.
Con il Cristianesimo il drago acquista una cattiva reputazione e spesso viene identificato con il demonio. Numerosi Santi combattono perciò con la personificazione del male: San Giorgio, San Siro che sconfigge il dragone che campeggia sullo stemma di Genova, San Leucio che si limita a incatenare il drago che terrorizzava il territorio di Atessa, San Mamiliano che libera l’Isola di Montecristoda una di queste inquietanti presenze.
Esiste però nella memoria collettiva un drago così puro e perfetto da essere il guardiano del Santo Graal. E’ il drago dorato e non appartiene né alla terra, né all’acqua, né al fuoco, ma può vivere ovunque.
Il Drago Visconteo
Nel suo "De Magnalibus urbis Mediolani" Bonvesin della Riva, cronista milanese vissuto nel XIII secolo scriveva: "(...) uno che abbia il nobilissimo sangue dei Visconti, che sia il più degno, riceve in dono una bandiera con una vipera celeste che inghiotte un Saraceno rosso; detto vessillo procede innanzi a tutti e il nostro esercito non s'accampa se prima non vede la vipera sventolare".
Intorno al Drago che campeggia sullo stemma visconteo, fiorirono durante il Medioevo molte leggende. Secondo la più nota tra queste, alla morte di S. Ambrogio, patrono della città, comparve nel cielo di Milano un luminoso Drago che tiranneggiava la popolazione esigendo vittime umane per placare la propria sete di sangue. Proprio mentre la bestia stava per avventarsi su di un bambino offertogli in sacrificio, fu colpito a morte ed ucciso da Uberto Visconti che decise, per dare maggiore lustro al suo nome, di adottare l'emblema del Drago come suo stemma. Le implicazioni simboliche si rilevano sin troppo ovvie: l'apparizione del Drago poco dopo la morte di un campione della Cristianità, allude ad una resipiscenza degli antichi culti, oppure, cosa che risulta per altro più attendibile dal punto di vista storico, ad un rafforzamento dell'eresia ariana, particolarmente diffusa a Milano in quel periodo. L'intervento di Uberto Visconti segna il definitivo trionfo della Fede. |
Va detto che, secondo altre fonti, il serpe visconteo è lo stesso che, come si legge nel libro dell'Esodo (4, 18), Mosè innalzò al cielo in difesa del suo popolo. La leggenda vuole che quello stesso serpe fu poi portato a Milano dal Vescovo Ariulfo, che lo ricevette in dono durante un ambasceria a Costantinopoli. Detta reliquia, conservata ancor oggi nella Basilica di S. Ambrogio in Ciel d'Oro, fu poi adottata come stemma dai Lombardi che presero parte alla prima Crociata. E' arduo stabilire quale delle due versioni sia più attendibile dal punto di vista filologico-letterario, tuttavia è interessante notare come la seconda, pur essendo quella seguita da Bonvesin della Riva che parla appunto di un saraceno rosso, non sembra trovare altri riscontri nelle fonti orali. E' possibile quindi pensare che essa sia il frutto di una lettura tarda della vicenda, legata a fatti contingenti.