LEGGENDE VALDOSTANE |
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Il
ponte di Pont-Saint-Martin San Martino giunse un giorno a Pont-Saint-Martin, i cui abitanti gli chiesero aiuto per costruire un ponte sul torrente Lys. San Martino si accordò con il diavolo, che accettò di realizzarlo, a patto che gli fosse consegnato il primo essere vivente che vi avrebbe transitato. Al momento di aprire il ponte, san Martino vi fece passare un cane, beffando il demonio. Il ghiacciaio del Rutor La fata di Pouillaye Il
drago di Loo l |
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Champorcher
Champorcher
prese il nome da san Porzio (in francese Porcier) che, scampato al massacro
della Legione Tebea, venne con san Besso in Valle d'Aosta, per predicarvi il
Vangelo .
A Cogne i due si separarono. Mentre il compagno passava in Val Soana, Porzio,
attraverso il Col Fênetre, giunse nei pressi del lago Miserin, dove decise di
stabilirsi e di fare il pastore, come la gente del posto.
Pascolava le pecore e parlava ai montanari di Cristo, con così ispirata fede
che si convertirono tutti. Scolpì di sua mano una statua della Madonna, che
collocò in una cappellina da lui costruita, alla quale ben presto cominciarono
a confluire i pellegrini. La località fu detta, in memoria del santo,
Champorcher, cioè Campo di Porzio; ed il nome le rimase, anche dopo che, sul
finire del 1500, Carlo Emanuele I, duca di Savoia, ordinò con lettere patenti
di chiamare il paese semplicemente Saint-Porcier.
Fonte: J.M. Henry, Historie populaire, religieuse et civile de la Vallée d'Aoste, Aosta 1967
La Madonna del lago Miserin
Il
5 agosto, ogni anno, quando si celebra la festa della Madonna delle Nevi, una
caratteristica processione sale da Champorcher al lago Miserin, snodandosi
attraverso prati e boschi, fino agli alpeggi abitati. Tra i fedeli che seguono
la croce, non molti sanno di adempire un voto che risale al 1630, quando i pochi
sopravvissuti alla peste fecero promessa di compiere ogni anno un pellegrinaggio
di ringraziamento alla cappella della loro celeste protettrice. Ma la storia
della miracolosa statua della Vergine, quella la conoscono tutti. Alcuni pastori
la ritrovarono, centinaia d'anni orsono, in una grotta naturale tra le rocce, e
piamente la trasportarono a Dondena, dove fu sistemata in una cappelletta.
All'improvviso la statua scomparve e fu trovata di nuovo presso il lago. Là
forse l'aveva portata Porzio, il soldato della Legione Tebea che a Champorcher
era stato accolto dai pastori.
Era chiaro comunque che di lì la Madonna non voleva essere rimossa. Rimase così
al Miserin e lì continua ad essere venerata dai fedeli.
Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924
La fata di Pontboset
Avvolta
nel fascino del mistero di una rapida apparizione, la fata di Pontboset si
mostrava ogni domenica sulla riva sinistra dell'Oyace, quando suonava la campana
grande, tra il Sanctus e la Comunione.
Seduta su una roccia a pettinare la sua chioma d'oro, continuava a ravviarla,
finché non si spegneva l'ultimo rintocco.
I suoi lunghi capelli lambivano le onde. Perciò di chi è cappellone si dice
che è chiomato come la fata della roccia.
Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924
Le fate
Come
le Ninfe della mitologia pagana, le fate della leggenda valdostana abitano nei
boschi, nelle grotte delle montagne, nelle conche dei laghi o presso limpide
fonti.
Custodi delle sorgenti, spesso assumono l'aspetto di serpi, esponendosi, con la
metamorfosi, anche a pericoli mortali.
Alcune delle fate valdostane non sono che rapide apparizioni, come quella di
Verrayes, che abita nella Borna de la Faye e conosce i destini del mondo; quella
di Pontboset, che la domenica si pettina i biondi capelli seduta su una roccia
del torrente; o la Weiss-Weib, la bianca sposa che vaga tra i ghiacci.
Altre si lasciano avvicinare, specie dai bambini, mostrandosi generose verso chi
ha bisogno di aiuto.
La notte, spesso le fate si incontrano su qualche pianoro, per intrecciare danze
sul muschio, al suono di dolci melodie. E là dove hanno danzato , al mattino
sbocciano in circolo i fiori, e spontano i funghi.
Terrisse
Terrisse,
il più antico villaggio di Pontboset, sorge ai piedi del monte Charvaton. In
una delle numerose grotte che si aprono sul pendio roccioso, non lontano
dall'abitato, la tradizione vuole sia nascosto un tesoro, che si mostra a
Natale, durante la messa di mezzanotte.
Per questo qualcuno fa derivare il nome Terrisse da Terre Riche, terra ricca.
Fonte: A. Chanoux, Contes de ma valée, 1924
Il santuario di Retempio
Il
santuario di Retempio sorse per iniziativa del parroco di Pontboset Jean Gros,
nativo di Fontainemore.
Venendo da un paese dove tutti vocazionalmente sono muratori, il religioso pensò
di edificare il tempio con l'aiuto dei fedeli, coinvolgendoli nell'entusiasmo
della sua fede, nonostante le difficoltà che l'opera comportava.
Il fuso e il diavolo
Una
vecchia di Hône stava filando in una stalla, seduta su una panca. Era domenica,
e già la campana aveva chiamato i fedeli alla messa. Ma alla donna stava più a
cuore finire la lana, che dedicare un po' del suo tempo al Signore. Ed ecco
affacciarsi alla porta uno sconosciuto vestito di nero, con l'aria distinta e la
dita cariche di anelli. Chiese di riposarsi un poco in compagnia, e la vecchia
gli fece posto accanto a se sulla panca.
Continuava a filare con movimenti svelti e precisi; ma, ad un tratto, il fuso le
sfuggì di mano, finendo a due passi dall'uomo dall'abito nero. Chinandosi per
raccoglierlo. la filatrice vide con orrore che le gambe dell'ospite terminavano
in zoccoli caprini.
Un rapido segno di croce e... via di corsa alla messa festiva, di cui scoccavano
gli ultimi botti, mentre il diavolo spariva, avvolto in denso fumo, lasciandosi
dietro un acre odor di zolfo.
Fonte: E. Del Montechiaro, Le cento leggende, 1940
La porta dell'inferno a Courtil
La
gente di Hône è sempre stata assai pia, forse perchè il diavolo sta di casa a
due passi.Tra le rocce di Courtil, infatti, si aprono certe ampie caverne che
portano dritto all'inferno.
La galleria, che da quelle parti scende a gradini fin sotto l'Ayasse, facendosi
sempre più stretta; quindi risale verso la sponda opposta, portando di nuovo
all'aperto: A meno che non si voglia imboccare l'altra strada, e sprofondare nel
baratro più profondo.
Fonte: E. Del Montechiaro, Le cento leggende, 1940
Le leggende sopra riportate sono state tratte da "Il fiore del leggendario valdostano: enciclopedia dei motivi e dei personaggi della tradizione narrativa popolare. 1988 Edizioni Emme (TO) a cura di Tersilla Gatto