Spoiler: The Truth, ancora una volta, e
indizi impliciti sparsi qua e là.
Rating: Pg
Genere: Angst, romance, nel senso che M
e S hanno una relazione già all'inizio della fic, non nel senso che è una fanfic
sdolcinata, non pensate male!
Feedback: Si, per favore! Rispondo
sempre!
Disclaimer: Nessuno dei personaggi
creati da CC è mio, e, anche se li uso, lo faccio senza scopo di lucro e non intendendo
violare alcun copyright. La storia e gli altri personaggi sono miei.
Note: giù, se le mettessi qua svelerei
troppo; c'è un motivo per cui non metto mai Summary...
Un grappolo di sole cade sulla tua
veste scura.
Grandi radici notturne
improvvise ti salgono dall'anima
e quant'era in te occulto riaffiora
si che un popolo pallido e azzurro
si nutre di te, appena nato.
Washington, DC
FBI Headquarter Parking
6, am
I neon dipingevano macchie bianche sulle pareti e le
colonne del sotterraneo, un gioco perverso di rimandi e ombre e riflessi cerei come la
pelle funesta di un cadavere.
La tensione rimbalzava sulle pareti ovattate, come
rumore soffocato in una campana di vetro priva di ossigeno.
Non un solo sospiro era udibile, non un fausto respirare
quell'aria gravida di veleno, ma solo una tetra quiete, neanche riscaldata dai fuochi che
rallegrano i viali notturni e silenziosi dei cimiteri.
Una sola automobile colmava il parcheggio come cinquanta
della luce del sole.
E dentro, una figura statica e impercettibilmente
mobile, come le minuscole gocce di sofferenza che gli imperlavano i lembi estremi della
fronte, caricando la sua testa del peso della consapevolezza, della colpa e
dell'espiazione.
Un lampo metalizzato si avvicinò cauto e silenzioso; la
gobba dei pneumatici solcò morbida il pavimento e rallentò fino a fermarsi del tutto.
Le scie giallastre, che per un attimo avevano interrotto
la monotona esecuzione di luce del posto, si spensero di colpo.
E fu per un attimo pace.
Cinque scatti contemporanei rimbombarono come un flebile
tuono nella quiete universale delle anime, e apparevero cinque figure tese e nervose che
fissavano con sospiri affannati e una fretta inumana.
-Grazie di essere arrivati così in fretta.- iniziò
Kersh con voce roca. La spavalderia e l'arroganza, da sempre tratti caratteristici del suo
carattere, avevano iniziato a perdere granelli sulla propria strada già da qualche
giorno, fino a sgretolarsi del tutto come un castello di sabbia all'arrivo della marea.
-Allora?- fece Skinner con fare nervoso.
-Ci sono novità... grosse novità.
-Si, questo me lo ha detto al telefono!- intervenne
spazientito Doggett.
-C'è una divisione nel gruppo, le decisioni definitive
devono ancora essere prese.- prese un respiro profondo- Sono fuori dall'FBI- sospirò.
Skinner e Doggett si guardarono perplessi. Monica Reyes
lasciò Gibson accanto alle portiere dell'automobile e raggiunse i due uomini, accodandosi
al loro stupore.
-Sembrate sorpresi!- ironizzò Kersh, con un amaro
sorriso sulle labbra- Quelle persone non risparmiano i traditori... questo è solo
l'inizio di quello che mi aspetta.
-Signore...- iniziò Monica.
-Non dica nulla agente Reyes, ero pienamente cosciente
delle mie azioni e consapevole di ciò che esse mi avrebbero causato. Ma non me ne pento,
signori, no, non me ne pento... avrei dovuto farlo molto prima!
-E noi, signore? Cosa hanno deciso?- parlò Skinner,
deglutendo un forte nodo alla gola.
-Non hanno ancora preso una decisione definitiva, lo
faranno a giorni. Avete notizie da Mulder e dall'agente Scully?
-Mulder e Scully sono morti, signore!- fece Doggett
risoluto.
-Andiamo, John! Pensa che sia così stupido?- sbottò
Kersh.
-No, signore, non lo penso. Dico solo quello che so.
Dico solo quello che ho visto. E ho visto la loro macchina mentre veniva avvolta da
due lingue di fuoco. Se mi chiede due corpi, signore, mi dispiace, non posso darglieli. Ma
da quello di cui sono stato testimone, posso solo dedurre che Mulder e l'agente Scully
siano morti.
Kersh sbuffò, guardandoli negli occhi uno ad uno.
Capiva la loro reticenza a parlare. Era giustificabile.
Lo avevano visto tra coloro che avevano condannato a morte Mulder, in un processo che era
una farsa storica, in una giuria di marionette con un giudizio già scritto prima ancora
che il processo iniziasse e una gara di testimonianze atte a dimostrare la già palese
evidenza o a rivangare infausti e tormentati ricordi che appartenevano al demone del
passato.
Aveva imboccato la giusta via troppo tardi, e,
nonostante il suo gesto, non era riuscito a conquistare la loro diffidente fiducia.
A ragione.
Gibson si avvicinò lentamente ai quattro, poggiando
una mano sul braccio di Doggett e scotendolo nel profondo.
-E' sincero, agente Doggett.- si pronunciò greve- Sta
dicendo la verità. Potete fidarvi di lui.
Skinner, Doggett e Reyes si voltarono verso di lui,
trovando conforto e sicurezza nel suo sguardo: un dodicenne che le sfide della vita
avevano fatto crescere troppo in fretta, trasformandolo in un vecchio saggio dallo spirito
antico.
-Non sappiamo nulla di loro, signore.- iniziò Skinner
ancora voltato verso Gibson.
-L'agente Doggett ed io li abbiamo incontrati in Nuovo
Messico- iniziò Monica guardando Kersh.- Poi siamo saliti su due macchine diverse e siamo
partiti verso opposte direzioni. Non sappiamo dove sono. Pensavamo anche noi che fossero
morti, ma Gibson dice che stanno bene.
-Pensiamo che si siano spostati dal Nuovo Messico,-
continuò Doggett- ma non sappiamo in che direzione.
-Forse verso nord, come avevo detto loro.- suggerì
Kersh.
-Forse. Anche...- Skinner si fermò un attimo, cercando
di trovare le giuste parole per continuare-... anche loro pensano che Mulder e Scully
siano morti?
-E' una delle eventualità che stanno ponderando.
-Perchè? Le altre eventualità quali sono?- chiese
Monica con voce preoccupata.
-Sanno bene che c'è una possibilità, una forte
possibilità che Mulder e Scully siano ancora in vita... e... e se venissero a sapere che
questa possibilità è una certezza, darebbero loro la caccia senza pietà, li
troverebbero e li ucciderebbero. Dovete fare in modo che non ritornino qui a Washington e
che stiano lontani dagli Stati Uniti, almeno fino a che acque non si saranno calmate.
-Non abbiamo modo di contattarli, signore... ma è
probabile che lo facciano loro fra qualche giorno.- sussurrò Skinner.
Quello che accadde dopo, fu un lampo di luce tra le
nuvole di una nera tempesta.
Quattro automobili apparvero improvvise e inaspettate da
quattro diversi angoli e li circondarono. Nessuna via di scampo. Nessuna fuga.
I fari si spensero e da esse uscirono quattro figure,
con viso arcigno e freddo. Non un alito di vita scorreva nelle loro vene.
Due di loro erano facce fin troppo note, più volte
tornate dal limbo, ma mai approdate sulla spiaggia degli Inferi sfidando l'Acheronte e
l'indomita navigazione di Caronte.
-Miles- sussurrò Skinner a denti stretti.
-Crane- continuò Doggett.
Ma i due non risposero e tutto avvenne in pochi minuti.
Uno prendeva Gibson, mentre Skinner e Doggett
inutilmente tentavano di opporsi contro di lui, finendo invece per essere scaraventati
contro l'automobile di Kersh.
Il grido di aiuto del piccolo Price spezzato
all'improvviso dal suono acuto e intenso di un proiettile che usciva dalla canna e colpiva
la sua vittima.
Il cuore del condirettore Kersh.
E come erano arrivati, altrettanto velocemente
sparirono, inghittiti dall'oscurità, dal rombo sempre più flebile e lontano dei motori e
dello sgommare dei pneumatici sul pavimento e dal colpo di pistola che ancora echeggiava
nell'aria.
-Signore!- esclamò Monica, accovacciandosi accanto a
Kerch e tenendogli su la testa.
-Dar...
-Stia tranquillo, ora chiamiamo i soccorsi!- tentò di
rincuorarlo, voltando contemporaneamente il capo per accertarsi che Skinner e Doggett
stessero bene.
I due si stavano rialzando a fatica: non sembrava
avessero nulla di rotto.
-Dar...- sospirò Kersh, prima che il suo respiro di
trasformasse in affannosi rantoli.
-Cosa, signore? Non capisco.- Monica avvicinò
l'orecchio alla sua bocca.
-Dar... Dark.- buttò fuori e con esso il suo ultimo
sospiro.
X-X-X-X
The Middle Cafe
15 km da Blytheville, Arkansas
16: 25, am
Il posto era piccolo e sottilmente fumoso.
Una monotona serie di panche e tavoli in legno facevano bella mostra sulla parete
occidentale, mentre al centro, proprio di fronte la porta d'entrata, incrociava il suo
sguardo il vecchio bancone in legno, orlato di consunti e malandati sgabelli.
Due tizi dall'aspetto piuttosto contrito se
ne stavano appartati al tavolo più lontano, guardando assorti le loro tazzone di caffè e il loro
abbondante pranzo vagamente somigliante a uova strapazzate con pancetta, attendendo forse
che quel concentrato di grassi e colesterolo potesse rivelare loro gli imperscrutabili
segreti della vita.
Sulla destra, proprio accanto alla porta
scardinata che portava ai bagni, un ragazzo, forse diciotto anni, forse venti, ancora
rubato dagli eventi della notte, cercava di strappare ad un vecchio jux boxe un'altra
canzone, mentre i vinili graffiati e le casse acustiche sfondate sfoderavano, con voce
gracchiante e stonata, il "Tunnel of Love" di Mark Knopfler.
Mulder si guardò intorno ancora una volta,
tamburellando due dita sul bancone con una certa ansia, quando vide Scully uscire dai
bagni e andare verso di lui, non prima di aver dato un'occhiataccia al barista che aveva
ripreso a fissarla, nonostante Mulder gli avesse fatto implicitamente intendere di non
farlo non appena erano entrati in quel posto, pochi minuti prima.
-Come ti senti?- le sussurrò con fare preoccupato.
-Devo aver preso un pò di freddo, tutto qui!- rispose con
un lieve sorriso imbarazzato.
Mulder non disse nulla, passandole invece una tazza di caffè
ancora calda.
Entrambi ne assaporarono l'aroma deciso e leggermente
amarognolo in silenzio, gustandone il sapore tanto famigliare che li avrebbe dovuti
mantenere lucidi e in forze per il resto della giornata.
Quando ebbero finito, lasciarono le due tazze sul bancone e
accanto ad esse qualche cent, facendo un breve accenno al proprietario di quel postaccio
che non aveva smesso un attimo di fissarli: magari sembravano due amanti in fuga! In
effetti non dovevano avere un gran bell'aspetto dopo una nottata trascorsa in una
macchina!
Non appena uscirono all'aria aperta i raggi del sole li
colpirono in pieno, accecandoli quasi e stordendoli.
Scully guardò in alto, il cielo apparentemente sgombro da
nubi che aveva ricoperto l'aria di umidità e afa difficilmente sopportabile.
-Presto pioverà!- pensò, mentre si avviava verso
l'automobile.
Mulder era già all'interno e si sistemava la cintura di
sicurezza quando Scully entrò. Lo vide muoversi con fare nervoso e leggermente
impacciato, quasi stesse costringendo se stesso a non voltarsi, a non guardarla e
parlarle.
-So a cosa stai pensando...- sbottò tiepida Scully, sicura
che egli avrebbe compreso.
-Cosa?- fece lui con sguardo sorpreso, lasciando che la
cintura di sicurezza gli scappasse dalle mani e ritornasse celere al suo posto.
In realtà aveva capito benissimo a cosa Dana si stesse
riferendo ma non aveva alcune intenzione di iniziare a litigare con lei in quel momento.
Scully si prese un labbro tra i denti e si voltò verso il
finestrino, cercando di afferrare con la mano l'estremità metallica della cintura di
sicurezza.
Una sfuriata con Mulder non era proprio il caso in quel
contesto!
Si erano svegliati verso le sei di mattina indolenziti e
infreddoliti, cullati dal pallido sole che filtrava implacabile dal vetro del parabrezza.
Erano scesi dalla macchina per sgranchirsi le gambe e lasciare che l'aria fresca del
mattino li svegliasse e stemprasse la crescente stanchezza che poche ore di sonno stesi
sui loro sedili non aveva fatto altro che far aumentare.
Erano ripartiti quasi subito, rimmettendosi sull'interstatale
41 e attraversando l'Oklahoma e l'intero Arkansas.
In realtà, la sosta in quello squallido posto non era
prevista, ma Mulder aveva notato il disagio di Scully e il colorito pallido, benchè lei
continuasse a negare energicamente, affermando di stare bene e di proseguire. Così, non
appena aveva visto l'insegna malmessa e scolorita del Middle Cafè, aveva inchiodato la
macchina ed era sceso, obbligando Scully a seguirlo.
Mulder stette a fissarla per un attimo, prima di scuotere il
capo e infilare la chiave nella toppa dell'accensione. Il rombo del motore e lento
incamminarsi delle ruote sull'asfalto polveroso sembrarono destare Scully dal suo torpore.
Si voltò a guardarlo, squadrando con gli occhi la linea
della sua mascella e i muscoli tesi e nervosi.
-Viaggiando tutta la notte- iniziò lui con voce tirata-
dovremmo arrivare a Providence entro domani sera. E di lì a Quonocontag il passo è
breve.
Scully si limitò ad annuire, prima di esalare un
"ok" a fior di labbra e voltarsi verso il vetro del parabrezza, ammirando con
disagio le ruote che macinavano asfalto e lo spaventoso nulla che si stagliava di fronte a
loro.
X-X-X-X
Balance Motel
Kingsport, Tennesee
2:30, am
L'acqua rigava i vetri della finestra, dividendosi in
mille rivoli, spessi e incostanti. E come lacrime segnavano il volto degli uomini,
costringendoli alla malinconia, non lasciando intravedere neanche un barlume di speranza.
I lampi squarciavano il cielo, schiarendo per brevi
istanti nuvole nere e cariche di oblio.
Da lontano tuoni rombavano fragorosi, scotendo fin nel
profondo la terra e gli sventurati passanti che si trovavano su di essa in quel momento.
Scully scostò lo sguardo dalla finestra, non appena
udì la porta della loro stanza aprirsi e Mulder entrare bagnato fradicio.
Lo vide scrollarsi la pioggia dai capelli e dal viso,
levarsi la giacca, lasciandola giacere per terra, e sparire dietro la porta del bagno.
Non una parola tra di loro.
Neanche un gesto di intesa.
In effetti, non è che avessero parlato molto nelle
ultime 10 ore, da quando avevano lasciato il Middle Cafe e l'Arkansas, inoltrandosi nel
Tennesee. Solo qualche raro accenno e uno sporadico parlare a monosillabi.
Prima o poi la tensione che avevano accumulato in quei
giorni doveva venir fuori, sapevano che sarebbe accaduto.
Iniziavano a darsi sui nervi l'un l'altro, senza che
nessuno dei due ne avesse motivo o lo volesse realmente.
Scully si scostò lentamente dalla finestra,
raccogliendo la giacca lasciata cadere da Mulder e dirigendosi verso il bagno.
Mulder si stava asciugando i capelli con energiche
passate di asciugamano. La maglietta giaceva scomposta sul coperto del water, i pantaloni
erano slacciati e in angolo remoto, appena sotto il lavandino, sbucavano un paio di
scarpe, inscurite dalla pioggia, e da esse due calzini.
-Dovresti asciugarti i capelli con il phon.- azzardò
lei, lasciando la giacca sul bordo della vasca affinchè s'asciugasse.- Se vuoi te lo vado
a prendere.
-No, lascia perdere.- La voce di Mulder era andata
perdendo la dolcezza che solitamente le riservava nel corso della giornata, fino ad
assumere una tonalità dura e aspra.
-Avremmo potuto continuare a viaggiare, risparmiando
tempo.- riprese Scully, guardandolo di sottecchi per studiare la sua reazione.
Ed infatti Mulder smise di asciugarsi i capelli e si
mise l'asgiugamano intorno al collo con fare irritato.
-Non so tu, Scully, ma io sono stanco e vorrei riposare
per qualche ora in un letto!- sbottò mentre recuperava la sua maglietta e lasciava il
bagno.
In effetti era stato Mulder a decidere ogni cosa.
Quando aveva constatato che le strade si erano fatte del
tutto impraticabili e che la pioggia non accennava a smettere ma che, anzi, prometteva di
aumentare di intensità, aveva svoltato per il primo motel che aveva visto, sentenziando
un "Ci fermiamo qua!" che non permetteva repliche.
Scully chiuse la luce del bagno e ritornò nella loro
stanza, trovando Mulder che frugava nel borsone alla ricerca dell'asciugacapelli.
Istintivamente si portò accanto al letto, spense la
luce della stanza, lasciando il compito di illuminarla alla sola lampada del comodino.
Mulder si voltò a guardarla, e la vide sedersi sul
materasso con aria veramente distrutta: non solo una fatica fisica, ma anche e soprattutto
una fatica mentale.
Lasciò perdere il borsone e le si avvicinò, espirando
profondamente.
-Credo che... che dovremo avvertirli, affinchè ci
possano raggiungere a Quonocontag e ci possano portare... non so, vestiti, contanti...
tutto ciò che può servirci per sparire dalla circolazione per un pò.
Ma Scully non rispose.
-Dana?
-E se fossero morti Mulder?
-Dana...- iniziò abbassando il capo, ma Scully lo
interruppe bruscamente.
-Dannazione, Mulder! Non sappiamo come stanno le cose a
Washington!- scattò in piedi verso di lui- Non sappiamo se Doggett e Monica sono riusciti
a lasciare il Nuovo Messico sani e salvi! Non sappiamo che fine abbiano fatto Skinner e
Gibson! Non sappiamo... non sappiamo se nostro figlio sta bene.- terminò in un sussurro
rotto di pianto.
Mulder scattò a guardarla.
-Lui sta bene.- sussurrò poi.
-E che ne sappiamo, Mulder. Sono riusciti a trovarci in
Nuovo Messico, possono benissimo trovare William.- la sua voce impastata alle lacrime.
-Lui sta bene.- replicò e le si avvicinò lentamente.
-E se l'avessero preso, Mulder? E se...
Non riuscì terminare la frase, vinta dalla troppa
emozione e dalle braccia di Mulder che l'avevano circondata tutta, impedendole quasi di
respirare.
Non potevano pensare, nessuno dei due, che il loro
bambino, la loro creatura, il loro miracolo fosse finito nelle *loro* mani o che
addirittura avesse lasciato per sempre questa terra e questa vita.
-Io non lo so perchè, Dana, ma... sono sicuro, ho
l'assoluta certezza che William sta bene e che presto lo rivedremo. E tu mi credi, vero?
Scully annuì staccandosi leggermente da lui.
-Mi dispiace per... lo scatto di rabbia che ho avuto
prima in bagno.
-Avevi ragione, Mulder- ribattè lei, cercando di
ricacciare indietro le lacrime- Non potevamo continuare con questo acquazzone.
-Sono teso, anzi, lo siamo entrambi.
-Passerà.
-Uhm... voglio che passi stanotte- fece lui con volce
calda e suadente, iniziandole a dare brevi baci a bocca aperta sulla mascella e poi sul
collo e inviandole sensazione che ben poco avevano di romantico o platonico.
-Mul... Mulder, non è il momento.
-Io... credo di si- le alitò in un orecchio- Lasciati
andare, Dana. Lascia che ci dia un pò di sollievo.
Senza dire più neanche una parola, la sollevò e la
fece sdraiare sul letto.
Riprese a baciarle il collo, scendendo sempre più giù
e scostando con un abile movimento di dita le asole della sua camicetta dai bottoni.
Allungò una mano e spense la luce del comodino,
lasciando che la stanza fosse avvolta e sedotta dall'oscurità.
X-X-X-X
Balance
Motel
Kingsport, Tennesee
6:30, am
Aprì lentamente le palpebre, attirate dalla flebile
luce, che, ostinata, filtrava dalle trame della tenda drappeggiata attorno al finestrone
che dava sulla strada. Una lieve fessura che si faceva largo al giorno, sopportando e
combattendo la fatica di una lunga giornata.
Scully aprì del tutto gli occhi, prima di richiuderli
immediatamente, avvertendo la piacevole sensazione dei muscoli che ritrovavano lentamente
il loro vigore dopo il torpore e la fatica di una nottata; un lieve dolore che la faceva
sentire viva e le infondeva una strana sensazione di benessere in tutto il corpo, anche
negli angoli più nascosti e reconditi che non sospettava minimamente di possedere.
Si mise a sedere lentamente, scostando le coperte e il
braccio che Mulder aveva comodamente disteso sul suo addome.
Quando fu in piedi fu scossa per un attimo dall'aria
fresca e stantia della stanza che solleticava la sua pelle nuda.
Raccattò da terra il primo indumento che trovò e se lo
infilò.
Subito avvertì il suo odore.
Il profumo di Mulder la colpì alle narici e un piccolo
ma elettrizzante flash della notte appena trascorsa le attraversò il cervello,
irradiandole un pizzico di imbarazzo e tanta energia.
Andò in bagno per sciacquarsi il viso e riempire la
vasca di acqua tiepida, sali e oli profumati.
Si sentiva viva e stranamente in pace quella mattina, ma
una sottile fatica serpeggiava ancora tra le fibre dei suoi muscoli. Sapeva che quella
momentanea gioia, quel momentaneo rinfrancamento sarebbe svanito presto, e sarebbe
ripiombata su di loro la loro triste realtà. Sapeva che probabilmente avrebbero dovuto
affrontare difficoltà anche maggiori di quelle contro cui avevano combattuto fino a quel
momento. Ma spesso ritardare l'amaro, pur avendone consapevolezza, con qualcosa di molto
dolce, può tirare su gli animi per affrontare meglio la vita.
Lasciò l'acqua profumata e fumante e ritornò vicino al
letto.
Mulder si era girato di schiena, scoprendosi quasi del
tutto.
Scully quasi rise, mentre ascoltava il sommesso e lento
russare di lui.
Era proprio ko.
Gli si avvicinò piano e gli si sedette accanto.
-Mulder.- sussurrò accarezzandogli il fianco nudo-
Mulder, sveglia.
Lui in risposta brofonchiò qualcosa, molto simile a un
"Ancora due minuti" assonnato.
-Sveglia, su.- continuò lei, sfiorandoli gli angoli
della bocca con le sue labbra.
Mulder aprì prima un occhio, poi l'altro e le sorrise
sornione.
-Avrei voluto farti dormire di più, ma poi facciamo
tardi.
Mulder annuì leggermente, tirandosi a sedere, mentre i
suoi muscoli mandavano gemiti di protesta per lo sforzo.
-Magari posso guidare io, mentre tu ti fai un
sonnellino sul sedile.
-Non è necessario- espirò, sedendosi accanto a lei.-
Dormito bene?- chiese poi, pur sapendo che la sua era una chiara domanda retorica.
-Si- sussurrò Scully, mentre un sorrisino imbarazzato
si apriva sulle sue labbra- Anche se per poco.
Mulder le diede un delicato buffetto sulla guancia prima
di alzarsi del tutto e stiracchiarsi per bene.
Si stava avviando verso il bagno con aria ancora
insonnita e imbronciata, quando sentì Scully ridacchiare.
-Che c'è?- le chiese, nascondendo uno sbadiglio e
grattandosi distratto il retro della nuca.
Scully si coprì la bocca con una mano, contenendo le
sue risate e guardandolo con aria estasiata: era semplicemente adorabile di prima mattina,
con l'aria ancora insonnita.
-Allora?- le si pose di fronte, le mani sui fianchi.
-Niente, davvero- gli rispose sorridendo.
-Ah... faccio ridere così tanto?- chiese lui con
faccia allibita.
Non sapeva perchè mai Scully stesse ridendo a quel
modo, ma vedere il suo viso così rilassato e solare gli riempiva il cuore. Oh, diavolo,
non aveva la minima idea di cosa avesse fatto quella mattina, ma lo avrebbe rifatto ogni
mattina se poteva renderla così felice.
-No, è che... a volte non ti rendi conto di quello che
fai.- fece lei, non abbandonando l'aria da ragazzina birichina che aveva assunto.
-Perchè, che avrei fatto?- ribattè, avvicinandosi a
lei.
Scully non rispose ma gettò una lunga occhiata al corpo
nudo di lui: a volte Mulder sembrava davvero puro e disinibito come un bambino.
Mulder seguì il suo sguardo e finalmente comprese.
-Oh....- fece lui, sornione e divertito.- Spero almeno
che lo spettacolo le sia gradito, signora.
-Potevi metterti qualcosa addosso, non credi?
-Nah, non valeva la pena indossare qualcosa per
togliermela nuovamente non appena entrato in bagno, ed inoltre...- fece Mulder,
inginocchiandosi di fronte a lei- credo che tu conosca ogni singola parte del mio corpo
meglio di me.
-A proposito di bagno...- iniziò lei, cercando di
distogliere da sè lo sguardo con cui Mulder aveva iniziato a fissarla, uno sguardo che
conosceva bene e che li aveva sempre condotti in un'unica direzione- Di là ho riempito la
vasca.
-Uhhh... la cosa già mi alletta.- rispose lui,
voltandosi verso il bagno.
Scully non potè resistere: sprofondò le dita tra i
capelli di lui e iniziò a pettinargli le ciocche scomposte dalla notte e dal sonno. Nelle
giornate normali e tranquille Mulder passava ore in bagno quando si trattava di sistemarsi
i capelli e doveva dire che aveva fatto proprio un bel lavoro: sembrava di passare la mani
sulla seta o sulla pelliccia di un cucciolo appena lavata, pettinata e ammorbidita da un
balsamo profumato.
Mulder si girò a guardarla con un'espressione
impertinente e felice, gli occhi piccoli e brillanti, e un sorriso lievemente accennato
che gli accendeva le labbra, lo stesso sorriso che gli aveva visto una volta, su un
diamente, in una calda sera, quando l'aria profumava di erba e baseball, e la loro vita
era illuminata dai fari del campo e movimentata da un monello con un basco e una macchina
lancia palline.
La felicità può essere racchiusa in una vita intera o
in pochi attimi della nostra esistenza, tanto intensi da sembrare infiniti.
-Tu lo sai che ti amo, vero?- gli sussurrò in
un'orecchio, trasferendo in quelle sette parole l'amarezza e la felicità accumulate in
nove anni.
Mulder l'attirò a sè, imprigionandola fra le sue
braccia e stringendola contro di sè, quasi a volerla fondere con il suo stesso corpo per
non doversene separare mai ed essere sempre, in ogni istante, una sola e unica cosa.
-Non ho mai immaginato che un giorno qualcuno mi
sarebbe mancato così tanto quanto mi siete mancati tu e William in questi mesi. Ogni mio
pensiero era verso di voi, ogni giorno.- le sussurrò con voce spezzata.- Vorrei regalarti
la felicità. Vorrei che dai tuoi occhi non sgorgassero più lacrime. Vorrei poter essere
in grado di rimettere a posto le cose. Vorrei esserne in grado davvero, Dana. E vedere nei
tuoi occhi lo stesso sorriso che ho visto questa mattina.
Nascose il suo viso nella spalla di lei, e lasciò che
Scully lo cullasse lentamente, accarezzandogli i capelli, come un bimbo bisognoso di
coccole.
-Se non ci sbrighiamo- iniziò lei, dandogli un bacio
leggero sulla tempia- l'acqua della vasca diventerà fredda.
Mulder ridacchiò e si lasciò trasportare ubbidiente
nel bagno, chiudendo la porta dietro di se.
X-X-X-X
Luogo Sconosciuto,
14, pm
Il monitor inviava strane immagini, come meduse
fluttuanti e trasparenti, che ruotavano, si contorcevano, non trovando pace per il loro
eterno movimento.
La sala era illuminata appena, solo qualche neon alle
alte colonne in cemento e il bianco metallico leggermente inscurito proveniente dai
monitor.
Tranquillità e un innaturale quanto inconsueto silenzio
in quel posto, solo un leggero via vai qualche minuto prima e un sottile scalpitio che le
suole delle scarpe producevano a contatto con il pavimento metallico.
-E' accaduto l'inevitabile!- proruppe
una voce accanto allo schermo, mentre fissava quasi assorta il fluttuare incessante di
quella strana forma.
-Alexis, vorrei che capissi la gravità della situazione. Il
gioco ci sta sfuggendo di mano!- replicò una donna, ponendosi accanto a lui.
-Sari, non possiamo fare niente finchè non avremo la
certezza che loro stanno per compiere la loro mossa.- le rispose il giovane, girandosi a
guardarla con una certa curiosità e preoccupazione.
-Già... intanto stiamo a guardare l'ammucchiata di cadaveri
che si sta impilando ben benino!- rispose sarcastica.
-E l'ammucchiata aumenterà se va tutto a puttane!- fece
fredda una voce avvolta nell'oscurità.
I due giovani si voltarono entrambi e videro
lentamente un'alta figura emergere dal buio con i suoi prestanti lineamenti e la sua
struttura quasi imponente.
-Lukah- sussurrò Alexis.
-Che c'è?- fece il giovane rivolto a Sari.
-Non so... - espirò lei, abbassando lo sguardo-
Sono stranamente nervosa. E... non mi piace esserlo.
-Capita a tutti, e la situazione... sta
effettivamente prendendo una piena inaspettata.- le sussurrò, ponendole delicatamente una
mano sulla spalla.- Ma sappiamo che c'era quest'eventualità e... il nervosismo non fa
bene a noi, e non fa bene a loro.- le sistemò una ciocca di capelli nerissimi dietro
l'orecchio- Gli altri dove sono?
-Isabel era nella nostra stanza- iniziò Alexis,
alzandosi e accostandosi ai due- Luis, Fay, Noel e Ina in palestra.
-In palestra?- fece Lukah leggermente stupito.
-Ah, beh... il nervosismo è di casa qui dentro in
questi giorni...- rispose Alexis con una certa rassegnazione nel suo tono.
-E... Roar e June? Pensavo di trovarli qui, con
voi.
-Sono fuori con una squadra... torneranno a breve.
Lukah annuì con il capo, facendogli intendere di
aver compreso.
Poi la sala si riempì nuovamente del silenzio
stantio e nervoso di qualche minuto prima.
Il leggero ronzio proveniente dai computers
conferiva quel tocco di insana irritazione che proprio non era necessaria al momento e che
di certo aggravava la già difficile situazione.
L'aprirsi frettoloso e violento della porta
metallica giunse improvviso e distolse tutti e tre dai loro pensieri, focalizzando i loro
sguardi sulla figura, ancora in ombra, che era appena entrata e che si avvicinava con una
certa velocità e preoccupazione.
-Isi?- iniziò Alexis, vedendo Isabel
improvvisamente sbiancata in viso e i suoi polmoni immettere una quantità d'aria
superiore alla norma.- Che c'è? Che è successo?
-Abbiamo un problema... un grosso problema- riuscì
a balbettare.
X-X-X-X
Quonocontag, Rhode Island
11, pm
La notte sembrava una incredula e disperata spettatrice,
cha rimaneva fissa a guardare gli eventi luttuosi scorrerle innanzi, che osservava
attonita quanto l'uomo fosse capace di ditruggersi e distruggere senza rendersi pienamente
conto del danno e della beffa apportati alla vita.
Avvolgeva con il suo manto oscuro quanto di negativo
trovava al suo passaggio, nascondendolo al mondo affinchè esso fosse un felice
inconsapevole della catastrofe. E quando essa sarebbe arrivata, l'avrebbe vista giungere
con la bocca spalancata e gli occhi attoniti, attendendo solo che l'inevitabile si
compisse.
E intorno si riempiva dell'innaturale silenzio.
Ogni albero, ogni animale iniziava il suo letargo,
scrutando con occhi di paura il vuoto e il buio e temendo di vedere la fine giungere sul
carro del sole e Pegaso distendere le sue ali, mentre la vita lentamente si spegneva.
Neanche il temerario passante, il guardingo e frettoloso
abitante di tempeste e uragani, che si avventura anche quando il resto del mondo non osa
farlo, solcava lo sterile suolo della terra.
E la luna e le stelle nascondevano il loro viso,
deturpate nelle guance e troppo orride alla vista.
Nulla.
Solo un vuoto ovattato di cui riempirsi la vista e
qualche tacita ombra che solo l'occhio esperto riuscirebbe a stento a vedere.
E avvolta nelle fitte trame dell'oscurità lo scheletro
di una casa, a mala pena distinguibile nei suoi contorni e nelle sue forme, lievemente
accennata in buie e fosche finestre.
Non sembrava ci fosse nessuno all'interno.
Nessuna luce, nessun movimento.
Solo una quiete innaturale e funerea.
Un lieve e lontano fruscio sembrò distogliere la notte
dai suoi pensieri e attirare la sua attenzione verso un'ombra che si avvicinava
silenziosa.
Un'ombra dalla forma allungata e priva di luce che si
fermò tanto improvvisa quanto era stato il suo sopraggiungere.
Un lieve "clic" tuonò nell'aria e risuonò
come un'eco lontana.
Tre figure avvolte dalla fitta nebbia dell'oscurità si
avviarono titubanti e disorientati verso la casa, sparendo ben presto all'interno.
Sembrava disabitata da lungo tempo.
Sui mobili vecchie lenzuola un tempo bianche, ora
ingiallite e consunte dalla polvere. Qualche telo di nailon era drappaggiato sui
soprammobili e delineava grossolanamente i loro contorni, facendoli apparire goffi e
deformi. Per terra qualche coccio coperto dalla polvere.
-Scusate il disordine, ma non aspettavamo visite- la
voce di Mulder risuonò improvvisa.
I tre quasi sobbalzarono, colti di sorpresa dallo
scuotersi inaspettato dell'aria tersa di silenzio.
-Temevamo non arrivaste più!- continuò Scully,
lasciando che un piccolo lume, scampato alla furia distruttiva di qualche anno prima,
illuminasse un lembo della stanza.
-Abbiamo avuto un pò di problemi... a decifrare
l'e-mail.- fece Skinner con voce greve.
-Non potevamo permetterci di venire intercettati.
Ma nessuno dei tre parlò oltre, rimanendo in penombra,
lievemente scheggiati dalla luce d'oro antico che filtrava nella stanza.
-Allora, avete portato ciò che vi abbiamo chiesto?-
chiese Scully con una punta di apprensione nella voce.
-Si.- sospirò Monica.
-Insomma, che avete? Che succede? E... dov'è Gibson?-
sbottò Mulder con una certa concitazione.
Aveva una brutta, bruttissima sensazione.
E di solito le sue sensazione si rivelavano corrette.
-Abbiamo avuto dei problemi.- esordì Doggett.
-Qui siamo tutti in un enorme problema, agente Doggett!
Volete dirci che sta succedendo, o no?- continuò Mulder con tono notevolmente alterato
dalla paura più che da un'effettiva rabbia.
Skinner e Doggett fecero qualche passo avanti in modo
che i loro volti potessero essere completamente illuminati ma non parlarono. Non erano
necessarie le parole. L'evidenza emetteva suoni fin troppo chiari.
-Ma che diavolo...- si bloccò Mulder.
-Che vi è successo?- continuò Scully, avvicinandosi
ai due e tastanto con le dita i loro volti.
Due enormi ematomi ricoprivano i loro zigomi e le
mascelle, graffi piuttosto profondi sulla fronte e cerchi neri sugli occhi.
Certo, non una bella impressione!
-Il condirettore Kersh è morto- esordì decisa
Monica.- Eravamo nel parcheggio del Quartier Generale quando siamo stati circondati da
quattro automobili. Da due di esse sono scesi Miles e Crane. Hanno preso Gibson e
ucciso Kersh.
Mulder e Scully li guardarono sgomenti, ma non
fiatarono, attendendo che l'ennesima sentenza venisse emessa.
-E... c'è dell'altro- buttò fuori Doggett con non
poca esitazione.
-Abbiamo avuto la notizia poche ore fa. Due individui
non identificati hanno ucciso i genitori adottivi di William.- continuò Skinner- Di
William nessuna traccia.
1- Ho sempre amato poco il personaggio
di Kersh- non certo l'attore che lo interpreta, per carità!!!-; non era
semplicemente il cattivo, come CSM, era un essere viscido e perverso; devo dire che il
lavoro fatto da CC nelle battute finali di The Truth ha fatto crescere di molto il mio
giudizio sul personaggio: non cancella quello che è stato, ma almeno so perchè è stato
quello che è stato. E' stato doveroso inserirlo in questi due primi capitoli, così come
doverosa è stata la sua uscita di scena, inevitabile, a mio giudizio, visto l'evolversi
degli eventi; mi sarei potuta limitare ad una semplice pallottola in testa, ma come
omaggio a questa mia nuova rivalutazione gli ho messo in bocca qualcosa che aiuterà i
nostri eroi.
2- Prima che saltiate a conclusioni
errate... non c'è nessun bambino in mezzo, quello di Scully era solo un normale malore
dovuto a stress e freddo. Mi spiegate voi come facevano a concepire un figlio? L'osmosi a
distanza non è contemplata nel mio repertorio.
3- Giusto per completezza nei riguardi
di chi non lo sapesse, l'Acheronte è il mitico fiume infernale ed è
attraversato con la sua barca da Caronte, il traghettatore della anime.