Titolo: Again I
Autore: Lezar  lezar82@supereva.it
Spoiler: The Truth fondamentalmente, citazioni nascoste qua e là di altro.
Rating: Pg
Genere: Angst, romance, nel senso che M e S hanno una relazione già all'inizio della fic, non nel senso che è una fanfic sdolcinata, non pensate male!
Feedback: Si, grazie, è la mia unica ricompensa.
Disclaimer: Fox Mulder, Dana Scully, Walter Skinner, John Doggett, Monica Reyes, Gibson Praise e Alvin Kersh appartengono a Chris Carter, alla Fox e alla 1013 e utilizzandoli -senza scopo di lucro- non voglio violare alcun copyright; tutti gli altri personaggi appartengono a me.
Note: Riprendo direttamente dalla scena del Motel; le altre note alla fine. Dovete capire però che ho iniziato a scrivere questa fic subito dopo la messa in onda negli USA dell'episodio; tante cose su The Truth ancora non le sapevo e quindi troverete qualche piccola incongruenza. Onestamente non me la sentivo di fare tagli o cambiamenti in corsa a capitoli già conclusi!

 

  What ravages of spirit
conjured this temptuous rage
created you a monster
broken by the rules of love
and fate has led you through it
you do what you have to do
and fate has led you through it
you do what you have to do…

 

La verità.
La verità è un'effimera chimera che mi ostinavo ad inseguire, pur sapendo che non l'avrei mai raggiunta.
Ma ora, ora che sono riuscito ad afferrarla, la guardo impotente, non avendo il coraggio necessario per sussurrare al mondo che la fine è vicina e che ci schiaccerà come insetti sul parabrezza di un'automobile... non avendo il coraggio di sussurrarlo a lei.
Lei, che mi ha seguito, ad occhi chiusi, e mi ha sorretto.
Lei, che ora stringo tra le mie braccia e guardo da quando i primi bagliori del sole appena sorto hanno bussato ai miei occhi, silenziosi, avvisandomi timidi della loro presenza.
Pensavo che trovata la verità avrei trovato le mie risposte.
Pensavo che la verità ci avrebbe salvati.
Invece la consapevolezza chiude i miei occhi e la mia gola in un circolo vizioso che mi impedisce di parlare, di dire che quella verità, la mia chimera, ci condurrà in un baratro, senza che si possa fare niente per impedirlo.
 
Mi ero arreso.
Avevo perso la speranza e la forza per combattere.
Avevo perso tutto.
Mio figlio.
La mia compagna.
Ben presto avrei perso anche quell'involucro che sorregeva il mio spirito smorto e provato.
Ma poi una flebile luce ha sfocato tanta oscurità.
E forse una nuova speranza può nascere, e da essa una nuova esistenza.

 

X-X-X-X

 

Roswell,
New Mexico
Motel Room
6:47, am
La tempesta, che inesorabile aveva battuto per ore strade e palazzi, era andata scemando durante la notte lasciando il posto ad un sole sbiadito che aveva albeggiato quieto e solitario, distendendo i suoi timidi raggi rosa pallido a raggiera, penetrando silenzioso in ogni vicolo, fessura o spiraglio incontrasse.
Un sole di speranza e di apparente pace, mentre il mostro era alle porta e aspettava solo la giusta occasione e il giusto tempo per entrare.
Un sole che penetrava lì, in quella silenziosa stanza di motel, dove la speranza aveva trovato ancora una volta un relitto a cui aggrapparsi e continuare a sopravvivere, ultima risorsa della loro vita.
 
Mulder era sveglio da una mezzoretta, ma non si era mosso, non si era alzato. Era rimasto lì, immobile, a guardarla dormire, a vegliare su di lei dopo tanto, lungo, troppo tempo. Scully dormiva serena, rannicchiata su di lui; il volto finalmente disteso e le labbra leggermente aperte: forse il demone del sonno aveva gettato su di lei il suo incantesimo, sgravandola dal peso che incombeva su di loro, almeno per poche ore.
Quanto a lui... non aveva dormito molto.
Si erano addormentati distesi sulle coperte, dopo una lunga e importante conversazione sulla verità, su ciò a cui essi credevano, sulla speranza, godendo finalmente del reciproco calore che per troppo tempo era mancato nelle loro vite, cullati da quel piccolo ma piacevole conforto.
Intorno alle 2 Mulder si era svegliato e aveva sistemato entrambi sotto le coperte: Scully non si era mossa mentre la sollevava, la copriva con il lenzuolo e quel pezzo di lana conciata mista a cotone che ricopriva il letto e si sistemava accanto a lei cercando di riscaldarle mani e piedi gelati.
Poi si era riaddormentato e svegliato di nuovo intono alle quattro.
Il sonno lo aveva colto nuovamente fino ad abbandonarlo del tutto intorno alle 6:15.
Aveva aperto gli occhi e aveva visto il suo volto e si era lasciato cullare da quella magnifica sensazione di risvegliarsi al suo fianco al mattino.
In quei pochi giorni in cui avevano vissuto tutti e tre insieme, lui, Scully e William, aveva imparato a riscoprire i piaceri della quotidianità: vivere al fianco delle persone che amava, ritornare a casa trovando qualcuno che aspettava il suo arrivo, attendere impaziente che qualcuno tornasse tra le mura domestiche, giocare con suo figlio e vedere le sue labbra accendersi in un dolce sorriso, guardare la madre di suo figlio prendersi cura di entrambi.
Poi la bomba era esplosa su di loro e tutto era terminato, svanito come un sogno al trillo della svaglia al mattino.
 
Scully iniziò a stropicciare gli occhi e li aprì lentamente, alzando le palpebre al pallido sole che filtrava dalla finestra.
Si voltò pigramente, sorridendogli timida e allungandosi verso di lui. Si incontrarono a metà strada, scambiandosi un dolce e breve bacio di buongiorno.

-Ben svegliata. -le disse, rispondendole al sorriso

-Buongiorno anche a te. -fece lei, tastando con le mani le coperte attorno a loro- Non mi sono neanche accorta quando ci coprivi.

-Eri ko.

-Si, è vero -confermò accennando ad uno sbadiglio.

-Rimaniamo ancora un pò nel letto, uh?

Scully annuì, accoccolandosi meglio accanto a lui.
Si lasciarono cullare dal silenzio, piacevolmente sorpresi di come la natura potesse alternare spaventosi temporali a momenti di pace assoluta, spandendo i raggi del suo sole ovunque, di fronte ai quali ogni pensiero negativo viene cancellato, e ogni tassello sembra tornare al suo posto, promettendo solo il meglio per il futuro.

-Sai...- iniziò Mulder

-Dimmi?- fece Scully.

-Prima, quando mi sono svegliato.... beh... mi è venuta in mente una cosa...

-Cosa?

-Un ricordo stupido... non so neanche perchè mi sia venuto in mente proprio ora...

Scully lo guardò con un misto di curiosità e preoccupazione in volto che lo spinsero a continuare.

-Era l'autunno del '74, i miei mi avevano mandato dalla zia Sophie per un pò...

-L'anno dopo la scomparsa di Samantha, no?

Mulder annuì e proseguì.

-Zia Sophia e suo matiro Habram sono sempre stati osservanti... e quell'autunno festeggiai per la prima volta dopo tanto tempo lo Rosh Hashanah, lo Yom Kippur e il Sukkoth... fu l'ultima volta... poi tornai a casa mia e non festeggiai più nulla.

-Non me lo avevi mai raccontato.

-Te l'ho detto, era una cosa che avevo dimenticato, non so neanche io perchè mi sia venuta in mente!

Scully gli diede un bacio sul torace, lasciando un alone umido sul tessuto della maglietta di Mulder.

-Questa notte, quando ti sei svegliato, potevi almeno toglierti i jeans, non credi? -gli chiese poi, tastandogli i fianchi con le mani.

Mulder fece spallucce, ma non disse una parola, rimanendo a fissarla per qualche istante.

-Hai fame? Vuoi che ti vada a prendere qualcosa?- le sussurrò

Scully fece cenno di no con il capo prima di rispondere.

-Prenderemo qualcosa sulla strada. Anche se, a dirti la verità... il cibo non è propriamente la mia prima preoccupazione.

Si sollevò lentamente, mettendosi seduta accanto a lui.

-Vado a farmi una doccia- gli comunicò, dandogli un veloce bacio a fior di labbra.

Spinse le coperte, gli arruffò i capelli con una mano e scese dal letto, dirigendosi prontamente verso il bagno.

-Ora ti raggiungo!- fece lui, quando ormai Scully era fuori dalla sua visuale.

Il bagno era piccolo ma confortevole, molto più di quanto potesse sperare.
Morbidi asciugamani bianchi orlati di una fascia blu e lo stemma del motel a forma di ufo.
Strano destino.
Un'invitante vasca da bagno in cui immergersi e rilassarsi, tra sali, profumi e tanta schiuma bianca.
Scacciò via quel pensiero. Non era il momento di pensare a rilassarsi, doveva fare in fretta, non potevano rimanere a lungo in quel motel. Non sapeva esattamente dove Mulder l'avrebbe condotta. Non è che le importasse. Sapeva solo che dovevano partire, dovevano andarsene, e questo era sufficiente.
Si tolse vestaglia e biancheria, piegandoli e posandoli accuratamente sulla tavoletta del water.
Chiuse le tendine attorno alla vasca da bagno e si infilò sotto lo scrosciante e rilassante getto d'acqua tiepida, lasciando che i suoi muscoli tesi si sciogliessero e trovassero conforto.
Rimase immobile per qualche minuto, facendo im modo che l'acqua la bagnasse completamente e la purificasse.
Mulder non l'aveva raggiunta, ma di questo non si era preoccupata.
L'aveva fatto la sera precedente, e si era lasciato lavare i capelli da lei.
Nei giorni in cui aveva vissuto con lui e con William, era capitato un paio di volte che lui la sorprendesse sotto la doccia o che entrasse in bagno timidamente, chiedendole il permesso di infilarsi nella vasca con lei.
La prima volta c'era stata una punta di imbarazzo da parte di entrambi, ma presto gesti così intimi, propri di una vecchia coppia sposata, erano entrati nella loro quotidianità.
Scully scrollò il capo e si affrettò, passandosi il sapone sulla pelle e lo shampoo tra i capelli.
Si riasciacquò con cura, prima di chiudere l'acqua, aprire le tendine e uscire dalla vasca, afferrando al volo un asciugamano grande che si drappeggò intorno al corpo e uno un pò più piccolo con cui si strofinò i capelli.
Uscì dal bagno, trovando Mulder, seduto sul letto, con in dosso ancora i jeans del giorno prima ma senza maglietta, che invece pendeva malamente da una sponda del materasso.
Era a capo chino e non si accorse dell'avvicinarsi felpato di lei.
Gli possò una mano tra i capelli, massaggiandogli la cute delicatamente.
Mulder alzò il capo accennando un sorriso.

-Ho preso un pò di caffè- le comunicò, facendole segno con il capo verso il comodino.

Scully voltò lo sguardo e vide una tazza appoggiata al piano in legno, da cui usciva del fumo e un piacevole e familiare aroma.

-Mentre eri sotto la doccia ho fatto un salto dal gestore del motel e gli ho chiesto se poteva darmi una tazza di caffè "per la donna che è con me".- enfatizzò le ultime parole-  E' stato gentile, no?

-Avevo detto che avremmo preso qualcosa lungo la strada. -gli ribattè con finta aria seccata.

Prese la tazza dal comodino e gli si sedette sulle gambe.
Iniziò a sorseggiare il suo caffè, lasciandosi cullare dal suo sapore amarognolo e dalle confortanti carezze sul suo fianco che Mulder le stava offredo.
Non terminò di bere, ma passò la tazza a Mulder affinchè potesse usufruirne anche lui.
Ci fu solo uno scambio di sguardi tra loro. Poi Mulder prese la tazza dalle mani di lei e la condusse alle labbra, terminando con due sorsi il suo contenuto e posando nuovamente la tazza sul comodino.

-Vado a darmi una sistemata e andiamo, ok?- fece lui, dandole un leggero buffetto sulle guance.

Scully annuì, cercando di cacciare indietro le lacrime.
Sapeva che non poteva lasciarsi andare, non poteva mollare proprio in quel momento.
Doveva farlo per se stessa e per Mulder.
Lo sapeva.
Ma...

-Ehy...- le sussurrò Mulder, prendendole il viso tra le mani.

-Mi dispiace, Mulder.

-Non scusarti con me.- le asciugò le lacrime con i pollici, prima di darle un bacio leggero sulla punta del naso e spostare le mani sui suoi fianchi attirandola a se.

Fronte contro fronte e i loro corpi intrecciati.

-Vai, altrimenti si fa troppo tardi- bisbigliò Scully.

-Vorrei che avessimo più tempo, Dana, per prendermi quello che mi è stato negato in questi mesi.

Riuscì a strapparle un sorriso.

-Non perdere la speranza, Mulder, potrebbe accadere più presto di quanto immagini...- gli afferrò un labbro con la bocca, lasciandolo andare molto lentamente- ...tempo o non tempo...

Si districò dal loro abbraccio e si sedette accanto a lui.

-Faccio in un attimo- Mulder si alzò piuttosto riluttante e le diede un soffice bacio tra i capelli ancora bagnati, prima di scomparire dietro alla porta del bagno.

Scully si alzò dal letto dopo pochi istanti, raggiungendo quell'unico piccolo borsone che avevano portato con loro e tirandone fuori una spazzola e un asciugacapelli.
Si pettinò i capelli, prima di azionare il phon, cercando di dare una piega decente alle sue ciocche ribelli.
Si sistemò di fronte a quel piccolo specchio attaccato alla parete sulla scrivania; a dispetto della precaria situazione in cui si trovavano, il suo viso sembrava abbastanza riposato. Non c'erano occhiaie sotto i suoi occhi e dal blu mare delle sue pupille sembrava essere scomparso il velo di preoccupazione che aveva appannato la sua vista nei giorni precedenti.
Terminò la sua operazione in poco tempo, benchè i suoi capelli fossero ancora un pò umidi.
Rimise a posto il phon- quando era di fretta Mulder raramente lo utilizzava per asciugarsi i capelli; di solito usava solo energiche passate di asciugamano, e, benchè in passato spesso lo avesse rimporverato per questo, non era certo quello il momento di mettersi a sottilizzare su certe cose- e la spazzola, e usci dal borsone un pettine.
Prese dalla sedia accanto alla scrivania i suoi abiti per ritornare in bagno a vestirsi, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Il suo portafogli.
Lo prese in mano, tastandolo e osservandolo con cura.
Avevano pochi contanti e certo non potevano usare la sua carta di credito.
Prima o poi avrebbero dovuto mettere benzina nell'automobile e qualcosa sotto i denti.
Avrebbero dovuto economizzare sui motel. Magari potevano dormire in macchina e utilizzare i bagni delle stazioni di servizio.
Sospirò, poggiando nuovamente il portafogli sulla scrivania.
Fissò per un attimò il suo riflesso nello specchio, distogliedo poi lo sguardo e dirigendosi in bagno, chiudendo la porta dietro di se.

 

X-X-X-X

 

Luogo Sconosciuto
Ora sconosciuta
 
La sala era immersa nell'oscurità, eccetto che per i flebili aloni di luce provenienti dalle lampade accese al centro dell'enorme tavolo ovale.
Sul legno chiaro si rifletteva un'aureola dorata, leggermente tremolante.
Nove figure sedevano a quel tavolo, con aria disinvolta e tranquilla, almeno stando all'apparente calma delle loro mani. Impossibile vederli in viso. Impossibile scorgere le loro fattezze.

-Abbiamo aspettato troppo, dovevamo intervenire prima. -fece una voce dal fondo della stanza

-Cosa ti fa credere che agendo in fretta avremmo migliorato le cose? -ribattè l'ombra che era accanto a lui.

Una risata secca riecheggò fra di loro.

-Ormai i giochi sono iniziati- borbottò una voce di donna.

-E a noi piace giocare, giusto? -le ribattè sarcastica chi le era accanto.

-Esattamente -un tono malizioso con spiccato accento femminile.

Un flebile cigolio li fece voltare.
L'unica porta della sala era stata aperta e da essa proveniva una forte luce di neon in cui si stagliava una figura imponente, un uomo, prestante fisicamente e molto alto.
Richiuse il pesante acciaio alle sue spalle e venne inghiottito dalla penombra della stanza.
Una sagoma scura si avvicinò al tavolo.
Nove teste si voltarono verso di lui.

-Allora?- chiese impaziente una di esse.

-Tutto fatto- rispose a denti stretti- la partita è iniziata- e nella sua voce una punta di sarcasmo e di giovanile emozione.

 

X-X-X-X

 

Washington, DC
Doggett's Home
9:45, pm
 
Bastò un lieve tocco alla porta. Echeggiò nel silenzio della stanza come un tuono che squarcia il cielo sereno prima di un violento acquazzone. Del tutto improvviso.
Doggett andò ad aprire con fare nervoso, trovandosi davanti Skinner inzuppato d'acqua.
La pioggia aveva iniziato a battere su Washington già dalle prime ore del mattino, fitta e lenta; nel pomeriggio aveva  increspato i suoi umori, trasformandosi in un temporale in piena regola.
I due uomini si fissarono un attimo; poi, dopo essersi guardato intorno per essere certo che nessuno lo stesse osservando, Skinner entrò in casa, richiudendosi la porta alle spalle.
Si tolse il soprabito, scrollandosi le gocce di pioggia da dosso.
Monica Reyes era seduta al divano e fissava assorta il televisore.
L'aria era tesa e immobile, lasciando presagire che ben presto sarebbe scoppiata una tempesta anche in quella casa.

-Allora?- Doggett lo invitò a parlare.

-Per ora la situazione giù al quartier generale è tranquilla- iniziò Skinner, dopo aver preso un profondo respiro- ma presto la notizia si diffonderà, sarà inevitabile.

-Ci penseremo quando sarà il momento- la voce di Doggett risuonò greve e incrinata.

-Il condirettore Kersh?- fece Monica, dopo essersi alzata dal divano e avvicinata ai due.

-L'ho visto un paio di volte stamattina, poi è stato convocato ai piani alti e non l'ho più visto. Quando me ne sono andato la riunione non era ancora finita.

-Sa di cosa hanno discusso in questa riunione?- chiese Doggett, espirando rumorosamente.

-No. Non sono riuscito a sapere assolutamente nulla.

I tre rimasero in silenzio, ascoltando solo la profondità dei loro respiri, intervallati dal ticchettio della pioggia sui vetri delle finestre.

-E qui?- sospirò Skinner, fendendo l'aria pesante della stanza- Come va?

-Tutto tranquillo, per ciò che questa parola può significare in un momento come questo- fece Monica.

-Avete avuto loro notizie?

-No.- rispose Doggett- Abbiamo controllato il conto di Scully ma, come avevamo previsto, non hanno ancora usato la sua carta di credito.

-E non lo faranno- continuò Monica, guardadoli negli occhi- Comunque.... Gibson dice che stanno bene.

-Dov'è lui ora?- chiese Skinner

-E' di là che riposa- disse Doggett- E' stata una giornata stressante per tutti.

-E non sarà l'ultima, John- gli sussurrò Monica.- Non sarà l'ultima.

-Mi chiedo cosa accadrà ora, che cosa abbiamo scatenato.

-Non è qualcosa che abbiamo scatenato, John, è qualcosa che esiste da tempo e che pian piano sta venendo allo scoperto... E non possiamo impedirlo. -concluse Monica con voce incrinata e rassegnata.

Era diventata per tutti un'amara certezza.
Benchè Mulder non avesse rivelato neanche a loro la natura della sua scoperta, un'aura di inconscia consapevolezza si era riversata su di loro.
Qualcosa di grosso si stava per abbattere e qualunque cosa avrebbero cercato di fare, non sarebbe stata comunque sufficiente.

-Pensate che torneranno?- fece Skinner, rompendo quel gravoso silenzio.

-Suppongo di si, anche se... nessuno può dirlo con certezza... a questo punto- sospirò Doggett

Fin troppo evidente il doppio senso.
Sarebbero tornati Mulder e Scully? Quando?
E quando sarebbero tornati i super-soldati per terminare la loro opera?
 
Fuori, la pioggia continuava a battere Washington, violenta e fitta, avvolta dalle nere nubi della notte, che non si lasciavano trapassare dalla pallida luce della luna.
Una notte priva di stelle e priva della luce del sole.

 

X-X-X-X

 

Chickasha,
Oklahoma
Interstatale 41
10, pm
 
Le automobili sfrecciavano improvvise e solitarie, interrompendo di tanto in tanto il placido silenzio della notte.
La luna, alta in cielo, illuminava piccole porzioni di terra, impedendo all'oscurità di invadere prepotente le nostre esistenze, e concedendo sollievo al letargo della vita.
Orione sorreggeva glorioso le redini del mondo, difendendo con la sua spada i mortali, e attendendo che Atlante l'aiutasse a portare la Terra sulle sue spalle.
Scully osservava assorta quella strana figura che le stelle formavano in cielo, stupendosi della speranza che gli antichi popoli riversavano nelle stelle, della loro determinazione a credere in esse e a riporre in loro piena fiducia, quasi a voler riversare su di esse ogni colpa e responsabilità ma al contempo confortati dalla sicurezza di avere un luogo in cui cercare la verità.

-Cosa guardi?- la voce di Mulder suonò limpida e sincera, quasi avesse per un attimo dimenticato tutta la sofferenza che avevano affrontato e che avrebbero dovuto patire.

-Le stelle... solo... le stelle.- sussurrò Scully, volgendosi verso di lui e accennandogli un sorriso. -Come mai ci hai messo tanto? Iniziavo a preoccuparmi.

-Non avevano il resto- le rispose, aprendo il cartoccio bianco che aveva tra le mani.

Ne tirò fuori due sandwich avvolti in carta da cucina trasparente e uno strano pacchetto di plastica.

-Tieni- le offrì, porgendole un panino e lo strano pacchetto. -Avrei voluto comprartene uno vero, ma temevo che si sciogliesse.

Scully lo fissò con un cipiglio un pò irritato, ma ogni forma d'ira svanì non appena guardò il suo volto sbarazzino che la osservava con un timido sorriso a fior di labbra.
Aprì lo strano involucro e soppresse a stento un sorriso: un cono di tofu e riso.

-Sorprendente cosa si riesca a trovare nei Drugstore di questi tempi, uh?

-Mulder... avevamo detto...

-Lo so che avevamo detto, ma... non hai voluto prendere una camera in un motel, almeno mangiamo qualcosa in più, no?

-Ok- esalò, arrendendosi alla sua dolce ostinazione- Cosa hai preso da bere?

Mulder ficcò la mano nel sacchetto di carta, tirando fuori due borrigliette.

-Tea... va bene?

-Direi di si.

Consumarono la loro frugale cena in silenzio, cullati dalla quiete della notte e dai loro ricordi, dai loro pensieri, che liberi circolavano nelle loro vene come ossigeno per i loro tessuti.
 
Mulder terminò in fretta, fermandosi ad osservare Scully mordere il suo cono.
Quando era entrato in quel drugstore sulla strada, si era davvero soffermato davanti al bancone dei surgelati, decidendo se fosse il caso o meno di arricchire la loro cena. Poi aveva immaginato la faccia di Scully e aveva desistito: Dana aveva ragione dopo tutto, non avevano molti contanti con loro e dovevano economizzare il più possile. Così si era avviato con volto rassegnato verso la cassa, con i suoi due panini al pollo e le due bottigliette di tea tra le mani. Poco prima di pagare però, aveva detto al commesso di aspettare e aveva gironzolato tra i banchi, trovando in fine il suo cono di tofu e riso: se non le avesse potuto dare un gelato vero, le avrebbe dato almeno un suo surrogato.

-Mulder, mi hai fatto sentire in colpa- fece Scully con faccia un pò imbronciata, mettendo in bocca il fondo del suo cono.

-Perchè, scusa?

-Potevamo almeno fare a metà, no?- Scully si voltò verso di lui con volto rammaricato.

-Sai bene che quella roba non la mangio. Va bene così, credimi.

-Questo non diminuisce il mio senso di colpa.

Mulder scosse il capo, avvicinandosi a lei e passandole le labbra sulla bocca.

-Ecco, adesso siamo pari. Ora non avrai più motivo di lamentarti, ho assaggiato anche io il sapore di quella robaccia. Come fanno a definirla buona?

Scully fece per aprire la bocca e controbattere, ma poi rinunciò, emettendo solo un lieve sospiro e rifilandogli un'amorevole occhiataccia dal chiaro significato: "Per ora me la bevo, ma non credere che finisvca qui!"
Mulder la guardò divertito e le circondò le spalle con un braccio, attirandola a sé.

-Torniamo dentro la macchina.- le disse, dandole un buffetto tra i capelli- Sta scendendo l'umidità.

Scully annuì e si avviò dal lato passeggero.
La temperatura all'interno dell'automobile era decisamente più gradevole rispetto a quella esterna.
Si sistemarono alla meglio sui sedili, dopo avervi abbassato lo schienale: non erano certo morbidi e confortevoli letti, ma ci si poteva accontentare per una notte.

-Sei sicura di non avere freddo? Vuoi anche la mia giacca? Vuoi che...

-Mulder- fece lei, interrompendolo e fissandolo con occhi rassicuranti- Sto bene così, sta tranquillo.

-Ok.

-Buonanotte.- Scully gli si avvicinò dandogli un lieve colpo sulle labbra.

-Buonanotte.

Ognuno si sistemò sul proprio sedile, stanchi e spossati per la lunga giornata, consapevoli che il sonno ben presto li avrebbe accolti tra le sue braccia.
 
Avevano lasciato Roswell intorno alle 7:30 del mattino e attraversato la punta settentrionale del Texas e una piccola parte dell'Oklahoma, giungendo verso sera nella piccola cittadina di Chickasha; ne avevano attraversato la periferia, spingendosi fino all'interstatale 41, da cui avrebbero proseguito il mattino dopo.
Avevano fermato la macchina in una radura lungo la strada, ben coperta dagli alberi e difficile da individuare, in modo da non dover dare inutili e fastidiose spiegazione a qualche pattuglia della stradale.
Un altro giorno era trascorso, e tranquillo il mondo aveva continuato a girare, ignaro dell'imminente catastrofe che c'era alle porte.

 

X-X-X-X

 

Washington, DC
Doggett's Home
5:30, am
 
Lo squillo del telefono giunse rapido e improvviso, facendo sobbalzare i due uomini che si erano appisolati sul divano.
Doggett si rizzò in maniera un pò maldestra, allungando il braccio per accedere il lume del tavolino accanto al divano e prendere il telefono.

-Pronto?- biascicò.

Skinner, che era accanto a lui, non poteva ascoltare le parole dell'individio dall'altra parte della cornetta, nè riusciva a carpire qualche significato dai pochi "si" e "mi dica" pronunciati da Doggett; qualcosa nell'espressione seria di questi gli diceva però che doveva essere qualcosa di importante: non che se ne stupisse, visti i tempi!
Alzò lo sguardo verso lo strisciante rumore che proveniva dal fondo buio del corridoio da cui poco dopo sbucarono Monica e Gibson che si strofinavano gli occhi ancora di sonno e si avvicinavano al divano.
I tre attesero che la conversazione terminasse, sperando che una brutta notizia non giungesse nuovamente a profanare le loro orecchie.
Doggett chiuse lentamente il telefono, guardando la cornetta come se si aspettasse che da lì uscisse da un momento all'altro il leggendario Big Blue.

-Era Kerch.- disse in fine- Ha detto di raggiungerlo, che deve darci comunicazioni importanti. Ci aspetta al parcheggio del quartier generale.

 

 

Continua nel prossimo capitolo....

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NOTE:
1- il Rosh Hashanah è il capodanno ebraico; lo Yom Kippur è il Giorno dell'Espiazione, quando i peccati vengono confessati direttamente a Dio e si prega per il perdono; il Sukkoth è la festa del raccolto, dura sette giorni durante i quali si commemora la cura di Dio verso gli Israeliti nel deserto dopo l'esodo dall'Egitto.
2- Atlante, secondo la mitologia graca, era un gigante che teneva sollevato il mondo portandolo sulle sue spalle.
3- Orione, è una costellazione che raffigura il mitico eroe con una spada; ammirata da molti popoli antichi, secondo una teoria, gli antichi Egizi costruirono le piramidi della piana di Gizah riflettendo sulla terra l'esatta posizione della cintura di Orione e puntarono i pozzi di areazione della Piramide di Khufu verso due stelle della costellazione.