Spoiler: The Truth fondamentalmente,
citazioni nascoste qua e là di altro.
Rating: Pg
Genere: Angst, romance, nel senso che M
e S hanno una relazione già all'inizio della fic, non nel senso che è una fanfic
sdolcinata, non pensate male!
Feedback: Si, grazie, è la mia unica
ricompensa.
Disclaimer: Fox Mulder, Dana Scully,
Walter Skinner, John Doggett, Monica Reyes, Gibson Praise e Alvin Kersh appartengono a
Chris Carter, alla Fox e alla 1013 e utilizzandoli -senza scopo di lucro- non voglio
violare alcun copyright; tutti gli altri personaggi appartengono a me.
Note: Riprendo direttamente dalla scena
del Motel; le altre note alla fine. Dovete capire però che ho iniziato a scrivere questa
fic subito dopo la messa in onda negli USA dell'episodio; tante cose su The Truth ancora
non le sapevo e quindi troverete qualche piccola incongruenza. Onestamente non me la
sentivo di fare tagli o cambiamenti in corsa a capitoli già conclusi!
What ravages of spirit
conjured this temptuous rage
created you a monster
broken by the rules of love
and fate has led you through it
you do what you have to do
and fate has led you through it
you do what you have to do
La verità.
La verità è un'effimera chimera che mi ostinavo ad
inseguire, pur sapendo che non l'avrei mai raggiunta.
Ma ora, ora che sono riuscito ad afferrarla, la guardo
impotente, non avendo il coraggio necessario per sussurrare al mondo che la fine è vicina
e che ci schiaccerà come insetti sul parabrezza di un'automobile... non avendo il
coraggio di sussurrarlo a lei.
Lei, che mi ha seguito, ad occhi chiusi, e mi ha
sorretto.
Lei, che ora stringo tra le mie braccia e guardo da
quando i primi bagliori del sole appena sorto hanno bussato ai miei occhi, silenziosi,
avvisandomi timidi della loro presenza.
Pensavo che trovata la verità avrei trovato le mie
risposte.
Pensavo che la verità ci avrebbe salvati.
Invece la consapevolezza chiude i miei occhi e la mia
gola in un circolo vizioso che mi impedisce di parlare, di dire che quella verità, la mia
chimera, ci condurrà in un baratro, senza che si possa fare niente per impedirlo.
Mi ero arreso.
Avevo perso la speranza e la forza per combattere.
Avevo perso tutto.
Mio figlio.
La mia compagna.
Ben presto avrei perso anche quell'involucro che
sorregeva il mio spirito smorto e provato.
Ma poi una flebile luce ha sfocato tanta oscurità.
E forse una nuova speranza può nascere, e da essa una
nuova esistenza.
X-X-X-X
Roswell,
New Mexico
Motel Room
6:47, am
La tempesta, che inesorabile aveva battuto per ore
strade e palazzi, era andata scemando durante la notte lasciando il posto ad un sole
sbiadito che aveva albeggiato quieto e solitario, distendendo i suoi timidi raggi rosa
pallido a raggiera, penetrando silenzioso in ogni vicolo, fessura o spiraglio incontrasse.
Un sole di speranza e di apparente pace, mentre il
mostro era alle porta e aspettava solo la giusta occasione e il giusto tempo per entrare.
Un sole che penetrava lì, in quella silenziosa stanza
di motel, dove la speranza aveva trovato ancora una volta un relitto a cui aggrapparsi e
continuare a sopravvivere, ultima risorsa della loro vita.
Mulder era sveglio da una mezzoretta, ma non si era
mosso, non si era alzato. Era rimasto lì, immobile, a guardarla dormire, a vegliare su di
lei dopo tanto, lungo, troppo tempo. Scully dormiva serena, rannicchiata su di lui; il
volto finalmente disteso e le labbra leggermente aperte: forse il demone del sonno aveva
gettato su di lei il suo incantesimo, sgravandola dal peso che incombeva su di loro,
almeno per poche ore.
Quanto a lui... non aveva dormito molto.
Si erano addormentati distesi sulle coperte, dopo una
lunga e importante conversazione sulla verità, su ciò a cui essi credevano, sulla
speranza, godendo finalmente del reciproco calore che per troppo tempo era mancato nelle
loro vite, cullati da quel piccolo ma piacevole conforto.
Intorno alle 2 Mulder si era svegliato e aveva sistemato
entrambi sotto le coperte: Scully non si era mossa mentre la sollevava, la copriva con il
lenzuolo e quel pezzo di lana conciata mista a cotone che ricopriva il letto e si
sistemava accanto a lei cercando di riscaldarle mani e piedi gelati.
Poi si era riaddormentato e svegliato di nuovo intono
alle quattro.
Il sonno lo aveva colto nuovamente fino ad abbandonarlo
del tutto intorno alle 6:15.
Aveva aperto gli occhi e aveva visto il suo volto e si
era lasciato cullare da quella magnifica sensazione di risvegliarsi al suo fianco al
mattino.
In quei pochi giorni in cui avevano vissuto tutti e tre
insieme, lui, Scully e William, aveva imparato a riscoprire i piaceri della quotidianità:
vivere al fianco delle persone che amava, ritornare a casa trovando qualcuno che aspettava
il suo arrivo, attendere impaziente che qualcuno tornasse tra le mura domestiche, giocare
con suo figlio e vedere le sue labbra accendersi in un dolce sorriso, guardare la madre di
suo figlio prendersi cura di entrambi.
Poi la bomba era esplosa su di loro e tutto era
terminato, svanito come un sogno al trillo della svaglia al mattino.
Scully iniziò a stropicciare gli occhi e li aprì
lentamente, alzando le palpebre al pallido sole che filtrava dalla finestra.
Si voltò pigramente, sorridendogli timida e
allungandosi verso di lui. Si incontrarono a metà strada, scambiandosi un dolce e breve
bacio di buongiorno.
-Ben svegliata. -le disse, rispondendole al sorriso
-Buongiorno anche a te. -fece lei, tastando con le mani
le coperte attorno a loro- Non mi sono neanche accorta quando ci coprivi.
-Eri ko.
-Si, è vero -confermò accennando ad uno sbadiglio.
-Rimaniamo ancora un pò nel letto, uh?
Scully annuì, accoccolandosi meglio accanto a lui.
Si lasciarono cullare dal silenzio, piacevolmente
sorpresi di come la natura potesse alternare spaventosi temporali a momenti di pace
assoluta, spandendo i raggi del suo sole ovunque, di fronte ai quali ogni pensiero
negativo viene cancellato, e ogni tassello sembra tornare al suo posto, promettendo solo
il meglio per il futuro.
-Sai...- iniziò Mulder
-Dimmi?- fece Scully.
-Prima, quando mi sono svegliato.... beh... mi è
venuta in mente una cosa...
-Cosa?
-Un ricordo stupido... non so neanche perchè mi sia
venuto in mente proprio ora...
Scully lo guardò con un misto di curiosità e
preoccupazione in volto che lo spinsero a continuare.
-Era l'autunno del '74, i miei mi avevano mandato dalla
zia Sophie per un pò...
-L'anno dopo la scomparsa di Samantha, no?
Mulder annuì e proseguì.
-Zia Sophia e suo matiro Habram sono sempre stati
osservanti... e quell'autunno festeggiai per la prima volta dopo tanto tempo lo Rosh
Hashanah, lo Yom Kippur e il Sukkoth... fu l'ultima volta... poi tornai a casa mia e non
festeggiai più nulla.
-Non me lo avevi mai raccontato.
-Te l'ho detto, era una cosa che avevo dimenticato, non
so neanche io perchè mi sia venuta in mente!
Scully gli diede un bacio sul torace, lasciando un
alone umido sul tessuto della maglietta di Mulder.
-Questa notte, quando ti sei svegliato, potevi almeno
toglierti i jeans, non credi? -gli chiese poi, tastandogli i fianchi con le mani.
Mulder fece spallucce, ma non disse una parola,
rimanendo a fissarla per qualche istante.
-Hai fame? Vuoi che ti vada a prendere qualcosa?- le
sussurrò
Scully fece cenno di no con il capo prima di
rispondere.
-Prenderemo qualcosa sulla strada. Anche se, a dirti la
verità... il cibo non è propriamente la mia prima preoccupazione.
Si sollevò lentamente, mettendosi seduta accanto a
lui.
-Vado a farmi una doccia- gli comunicò, dandogli un
veloce bacio a fior di labbra.
Spinse le coperte, gli arruffò i capelli con una mano
e scese dal letto, dirigendosi prontamente verso il bagno.
-Ora ti raggiungo!- fece lui, quando ormai Scully era
fuori dalla sua visuale.
Il bagno era piccolo ma confortevole, molto più di
quanto potesse sperare.
Morbidi asciugamani bianchi orlati di una fascia blu e
lo stemma del motel a forma di ufo.
Strano destino.
Un'invitante vasca da bagno in cui immergersi e
rilassarsi, tra sali, profumi e tanta schiuma bianca.
Scacciò via quel pensiero. Non era il momento di
pensare a rilassarsi, doveva fare in fretta, non potevano rimanere a lungo in quel motel.
Non sapeva esattamente dove Mulder l'avrebbe condotta. Non è che le importasse. Sapeva
solo che dovevano partire, dovevano andarsene, e questo era sufficiente.
Si tolse vestaglia e biancheria, piegandoli e posandoli
accuratamente sulla tavoletta del water.
Chiuse le tendine attorno alla vasca da bagno e si
infilò sotto lo scrosciante e rilassante getto d'acqua tiepida, lasciando che i suoi
muscoli tesi si sciogliessero e trovassero conforto.
Rimase immobile per qualche minuto, facendo im modo che
l'acqua la bagnasse completamente e la purificasse.
Mulder non l'aveva raggiunta, ma di questo non si era
preoccupata.
L'aveva fatto la sera precedente, e si era lasciato
lavare i capelli da lei.
Nei giorni in cui aveva vissuto con lui e con William,
era capitato un paio di volte che lui la sorprendesse sotto la doccia o che entrasse in
bagno timidamente, chiedendole il permesso di infilarsi nella vasca con lei.
La prima volta c'era stata una punta di imbarazzo da
parte di entrambi, ma presto gesti così intimi, propri di una vecchia coppia sposata,
erano entrati nella loro quotidianità.
Scully scrollò il capo e si affrettò, passandosi il
sapone sulla pelle e lo shampoo tra i capelli.
Si riasciacquò con cura, prima di chiudere l'acqua,
aprire le tendine e uscire dalla vasca, afferrando al volo un asciugamano grande che si
drappeggò intorno al corpo e uno un pò più piccolo con cui si strofinò i capelli.
Uscì dal bagno, trovando Mulder, seduto sul letto, con
in dosso ancora i jeans del giorno prima ma senza maglietta, che invece pendeva malamente
da una sponda del materasso.
Era a capo chino e non si accorse dell'avvicinarsi
felpato di lei.
Gli possò una mano tra i capelli, massaggiandogli la
cute delicatamente.
Mulder alzò il capo accennando un sorriso.
-Ho preso un pò di caffè- le comunicò, facendole
segno con il capo verso il comodino.
Scully voltò lo sguardo e vide una tazza appoggiata al
piano in legno, da cui usciva del fumo e un piacevole e familiare aroma.
-Mentre eri sotto la doccia ho fatto un salto dal
gestore del motel e gli ho chiesto se poteva darmi una tazza di caffè "per la donna
che è con me".- enfatizzò le ultime parole- E' stato gentile, no?
-Avevo detto che avremmo preso qualcosa lungo la
strada. -gli ribattè con finta aria seccata.
Prese la tazza dal comodino e gli si sedette sulle
gambe.
Iniziò a sorseggiare il suo caffè, lasciandosi cullare
dal suo sapore amarognolo e dalle confortanti carezze sul suo fianco che Mulder le stava
offredo.
Non terminò di bere, ma passò la tazza a Mulder
affinchè potesse usufruirne anche lui.
Ci fu solo uno scambio di sguardi tra loro. Poi Mulder
prese la tazza dalle mani di lei e la condusse alle labbra, terminando con due sorsi il
suo contenuto e posando nuovamente la tazza sul comodino.
-Vado a darmi una sistemata e andiamo, ok?- fece lui,
dandole un leggero buffetto sulle guance.
Scully annuì, cercando di cacciare indietro le lacrime.
Sapeva che non poteva lasciarsi andare, non poteva
mollare proprio in quel momento.
Doveva farlo per se stessa e per Mulder.
Lo sapeva.
Ma...
-Ehy...- le sussurrò Mulder, prendendole il viso tra
le mani.
-Mi dispiace, Mulder.
-Non scusarti con me.- le asciugò le lacrime con i
pollici, prima di darle un bacio leggero sulla punta del naso e spostare le mani sui suoi
fianchi attirandola a se.
Fronte contro fronte e i loro corpi intrecciati.
-Vai, altrimenti si fa troppo tardi- bisbigliò Scully.
-Vorrei che avessimo più tempo, Dana, per prendermi
quello che mi è stato negato in questi mesi.
Riuscì a strapparle un sorriso.
-Non perdere la speranza, Mulder, potrebbe accadere
più presto di quanto immagini...- gli afferrò un labbro con la bocca, lasciandolo andare
molto lentamente- ...tempo o non tempo...
Si districò dal loro abbraccio e si sedette accanto a
lui.
-Faccio in un attimo- Mulder si alzò piuttosto
riluttante e le diede un soffice bacio tra i capelli ancora bagnati, prima di scomparire
dietro alla porta del bagno.
Scully si alzò dal letto dopo pochi istanti,
raggiungendo quell'unico piccolo borsone che avevano portato con loro e tirandone fuori
una spazzola e un asciugacapelli.
Si pettinò i capelli, prima di azionare il phon,
cercando di dare una piega decente alle sue ciocche ribelli.
Si sistemò di fronte a quel piccolo specchio attaccato
alla parete sulla scrivania; a dispetto della precaria situazione in cui si trovavano, il
suo viso sembrava abbastanza riposato. Non c'erano occhiaie sotto i suoi occhi e dal blu
mare delle sue pupille sembrava essere scomparso il velo di preoccupazione che aveva
appannato la sua vista nei giorni precedenti.
Terminò la sua operazione in poco tempo, benchè i suoi
capelli fossero ancora un pò umidi.
Rimise a posto il phon- quando era di fretta Mulder
raramente lo utilizzava per asciugarsi i capelli; di solito usava solo energiche passate
di asciugamano, e, benchè in passato spesso lo avesse rimporverato per questo, non era
certo quello il momento di mettersi a sottilizzare su certe cose- e la spazzola, e usci
dal borsone un pettine.
Prese dalla sedia accanto alla scrivania i suoi abiti
per ritornare in bagno a vestirsi, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Il suo portafogli.
Lo prese in mano, tastandolo e osservandolo con cura.
Avevano pochi contanti e certo non potevano usare la sua
carta di credito.
Prima o poi avrebbero dovuto mettere benzina
nell'automobile e qualcosa sotto i denti.
Avrebbero dovuto economizzare sui motel. Magari potevano
dormire in macchina e utilizzare i bagni delle stazioni di servizio.
Sospirò, poggiando nuovamente il portafogli sulla
scrivania.
Fissò per un attimò il suo riflesso nello specchio,
distogliedo poi lo sguardo e dirigendosi in bagno, chiudendo la porta dietro di se.
X-X-X-X
Luogo Sconosciuto
Ora sconosciuta
La sala era immersa nell'oscurità, eccetto che per i
flebili aloni di luce provenienti dalle lampade accese al centro dell'enorme tavolo ovale.
Sul legno chiaro si rifletteva un'aureola dorata,
leggermente tremolante.
Nove figure sedevano a quel tavolo, con aria disinvolta
e tranquilla, almeno stando all'apparente calma delle loro mani. Impossibile vederli in
viso. Impossibile scorgere le loro fattezze.
-Abbiamo aspettato troppo, dovevamo intervenire prima.
-fece una voce dal fondo della stanza
-Cosa ti fa credere che agendo in fretta avremmo
migliorato le cose? -ribattè l'ombra che era accanto a lui.
Una risata secca riecheggò fra di loro.
-Ormai i giochi sono iniziati- borbottò una voce di
donna.
-E a noi piace giocare, giusto? -le ribattè sarcastica
chi le era accanto.
-Esattamente -un tono malizioso con spiccato accento
femminile.
Un flebile cigolio li fece voltare.
L'unica porta della sala era stata aperta e da essa
proveniva una forte luce di neon in cui si stagliava una figura imponente, un uomo,
prestante fisicamente e molto alto.
Richiuse il pesante acciaio alle sue spalle e venne
inghiottito dalla penombra della stanza.
Una sagoma scura si avvicinò al tavolo.
Nove teste si voltarono verso di lui.
-Allora?- chiese impaziente una di esse.
-Tutto fatto- rispose a denti stretti- la partita è
iniziata- e nella sua voce una punta di sarcasmo e di giovanile emozione.
X-X-X-X
Washington, DC
Doggett's Home
9:45, pm
Bastò un lieve tocco alla porta. Echeggiò nel silenzio
della stanza come un tuono che squarcia il cielo sereno prima di un violento acquazzone.
Del tutto improvviso.
Doggett andò ad aprire con fare nervoso, trovandosi
davanti Skinner inzuppato d'acqua.
La pioggia aveva iniziato a battere su Washington già
dalle prime ore del mattino, fitta e lenta; nel pomeriggio aveva increspato i suoi
umori, trasformandosi in un temporale in piena regola.
I due uomini si fissarono un attimo; poi, dopo essersi
guardato intorno per essere certo che nessuno lo stesse osservando, Skinner entrò in
casa, richiudendosi la porta alle spalle.
Si tolse il soprabito, scrollandosi le gocce di pioggia
da dosso.
Monica Reyes era seduta al divano e fissava assorta il
televisore.
L'aria era tesa e immobile, lasciando presagire che ben
presto sarebbe scoppiata una tempesta anche in quella casa.
-Allora?- Doggett lo invitò a parlare.
-Per ora la situazione giù al quartier generale è
tranquilla- iniziò Skinner, dopo aver preso un profondo respiro- ma presto la notizia si
diffonderà, sarà inevitabile.
-Ci penseremo quando sarà il momento- la voce di
Doggett risuonò greve e incrinata.
-Il condirettore Kersh?- fece Monica, dopo essersi
alzata dal divano e avvicinata ai due.
-L'ho visto un paio di volte stamattina, poi è stato
convocato ai piani alti e non l'ho più visto. Quando me ne sono andato la riunione non
era ancora finita.
-Sa di cosa hanno discusso in questa riunione?- chiese
Doggett, espirando rumorosamente.
-No. Non sono riuscito a sapere assolutamente nulla.
I tre rimasero in silenzio, ascoltando solo la
profondità dei loro respiri, intervallati dal ticchettio della pioggia sui vetri delle
finestre.
-E qui?- sospirò Skinner, fendendo l'aria pesante
della stanza- Come va?
-Tutto tranquillo, per ciò che questa parola può
significare in un momento come questo- fece Monica.
-Avete avuto loro notizie?
-No.- rispose Doggett- Abbiamo controllato il conto di
Scully ma, come avevamo previsto, non hanno ancora usato la sua carta di credito.
-E non lo faranno- continuò Monica, guardadoli negli
occhi- Comunque.... Gibson dice che stanno bene.
-Dov'è lui ora?- chiese Skinner
-E' di là che riposa- disse Doggett- E' stata una
giornata stressante per tutti.
-E non sarà l'ultima, John- gli sussurrò Monica.- Non
sarà l'ultima.
-Mi chiedo cosa accadrà ora, che cosa abbiamo
scatenato.
-Non è qualcosa che abbiamo scatenato, John, è
qualcosa che esiste da tempo e che pian piano sta venendo allo scoperto... E non possiamo
impedirlo. -concluse Monica con voce incrinata e rassegnata.
Era diventata per tutti un'amara certezza.
Benchè Mulder non avesse rivelato neanche a loro la
natura della sua scoperta, un'aura di inconscia consapevolezza si era riversata su di
loro.
Qualcosa di grosso si stava per abbattere e qualunque
cosa avrebbero cercato di fare, non sarebbe stata comunque sufficiente.
-Pensate che torneranno?- fece Skinner, rompendo quel
gravoso silenzio.
-Suppongo di si, anche se... nessuno può dirlo con
certezza... a questo punto- sospirò Doggett
Fin troppo evidente il doppio senso.
Sarebbero tornati Mulder e Scully? Quando?
E quando sarebbero tornati i super-soldati per terminare
la loro opera?
Fuori, la pioggia continuava a battere Washington,
violenta e fitta, avvolta dalle nere nubi della notte, che non si lasciavano trapassare
dalla pallida luce della luna.
Una notte priva di stelle e priva della luce del sole.
X-X-X-X
Chickasha,
Oklahoma
Interstatale 41
10, pm
Le automobili sfrecciavano improvvise e solitarie,
interrompendo di tanto in tanto il placido silenzio della notte.
La luna, alta in cielo, illuminava piccole porzioni di
terra, impedendo all'oscurità di invadere prepotente le nostre esistenze, e concedendo
sollievo al letargo della vita.
Orione sorreggeva glorioso le redini del mondo,
difendendo con la sua spada i mortali, e attendendo che Atlante l'aiutasse a portare la
Terra sulle sue spalle.
Scully osservava assorta quella strana figura che le
stelle formavano in cielo, stupendosi della speranza che gli antichi popoli riversavano
nelle stelle, della loro determinazione a credere in esse e a riporre in loro piena
fiducia, quasi a voler riversare su di esse ogni colpa e responsabilità ma al contempo
confortati dalla sicurezza di avere un luogo in cui cercare la verità.
-Cosa guardi?- la voce di Mulder suonò limpida e
sincera, quasi avesse per un attimo dimenticato tutta la sofferenza che avevano affrontato
e che avrebbero dovuto patire.
-Le stelle... solo... le stelle.- sussurrò Scully,
volgendosi verso di lui e accennandogli un sorriso. -Come mai ci hai messo tanto? Iniziavo
a preoccuparmi.
-Non avevano il resto- le rispose, aprendo il cartoccio
bianco che aveva tra le mani.
Ne tirò fuori due sandwich avvolti in carta da cucina
trasparente e uno strano pacchetto di plastica.
-Tieni- le offrì, porgendole un panino e lo strano
pacchetto. -Avrei voluto comprartene uno vero, ma temevo che si sciogliesse.
Scully lo fissò con un cipiglio un pò irritato, ma
ogni forma d'ira svanì non appena guardò il suo volto sbarazzino che la osservava con un
timido sorriso a fior di labbra.
Aprì lo strano involucro e soppresse a stento un
sorriso: un cono di tofu e riso.
-Sorprendente cosa si riesca a trovare nei Drugstore di
questi tempi, uh?
-Mulder... avevamo detto...
-Lo so che avevamo detto, ma... non hai voluto prendere
una camera in un motel, almeno mangiamo qualcosa in più, no?
-Ok- esalò, arrendendosi alla sua dolce ostinazione-
Cosa hai preso da bere?
Mulder ficcò la mano nel sacchetto di carta, tirando
fuori due borrigliette.
-Tea... va bene?
-Direi di si.
Consumarono la loro frugale cena in silenzio, cullati
dalla quiete della notte e dai loro ricordi, dai loro pensieri, che liberi circolavano
nelle loro vene come ossigeno per i loro tessuti.
Mulder terminò in fretta, fermandosi ad osservare
Scully mordere il suo cono.
Quando era entrato in quel drugstore sulla strada, si
era davvero soffermato davanti al bancone dei surgelati, decidendo se fosse il caso o meno
di arricchire la loro cena. Poi aveva immaginato la faccia di Scully e aveva desistito:
Dana aveva ragione dopo tutto, non avevano molti contanti con loro e dovevano economizzare
il più possile. Così si era avviato con volto rassegnato verso la cassa, con i suoi due
panini al pollo e le due bottigliette di tea tra le mani. Poco prima di pagare però,
aveva detto al commesso di aspettare e aveva gironzolato tra i banchi, trovando in fine il
suo cono di tofu e riso: se non le avesse potuto dare un gelato vero, le avrebbe dato
almeno un suo surrogato.
-Mulder, mi hai fatto sentire in colpa- fece Scully con
faccia un pò imbronciata, mettendo in bocca il fondo del suo cono.
-Perchè, scusa?
-Potevamo almeno fare a metà, no?- Scully si voltò
verso di lui con volto rammaricato.
-Sai bene che quella roba non la mangio. Va bene così,
credimi.
-Questo non diminuisce il mio senso di colpa.
Mulder scosse il capo, avvicinandosi a lei e passandole
le labbra sulla bocca.
-Ecco, adesso siamo pari. Ora non avrai più motivo di
lamentarti, ho assaggiato anche io il sapore di quella robaccia. Come fanno a definirla
buona?
Scully fece per aprire la bocca e controbattere, ma poi
rinunciò, emettendo solo un lieve sospiro e rifilandogli un'amorevole occhiataccia dal
chiaro significato: "Per ora me la bevo, ma non credere che finisvca qui!"
Mulder la guardò divertito e le circondò le spalle con
un braccio, attirandola a sé.
-Torniamo dentro la macchina.- le disse, dandole un
buffetto tra i capelli- Sta scendendo l'umidità.
Scully annuì e si avviò dal lato passeggero.
La temperatura all'interno dell'automobile era
decisamente più gradevole rispetto a quella esterna.
Si sistemarono alla meglio sui sedili, dopo avervi
abbassato lo schienale: non erano certo morbidi e confortevoli letti, ma ci si poteva
accontentare per una notte.
-Sei sicura di non avere freddo? Vuoi anche la mia
giacca? Vuoi che...
-Mulder- fece lei, interrompendolo e fissandolo con
occhi rassicuranti- Sto bene così, sta tranquillo.
-Ok.
-Buonanotte.- Scully gli si avvicinò dandogli un lieve
colpo sulle labbra.
-Buonanotte.
Ognuno si sistemò sul proprio sedile, stanchi e
spossati per la lunga giornata, consapevoli che il sonno ben presto li avrebbe accolti tra
le sue braccia.
Avevano lasciato Roswell intorno alle 7:30 del mattino e
attraversato la punta settentrionale del Texas e una piccola parte dell'Oklahoma,
giungendo verso sera nella piccola cittadina di Chickasha; ne avevano attraversato la
periferia, spingendosi fino all'interstatale 41, da cui avrebbero proseguito il mattino
dopo.
Avevano fermato la macchina in una radura lungo la
strada, ben coperta dagli alberi e difficile da individuare, in modo da non dover dare
inutili e fastidiose spiegazione a qualche pattuglia della stradale.
Un altro giorno era trascorso, e tranquillo il mondo
aveva continuato a girare, ignaro dell'imminente catastrofe che c'era alle porte.
X-X-X-X
Washington, DC
Doggett's Home
5:30, am
Lo squillo del telefono giunse rapido e improvviso,
facendo sobbalzare i due uomini che si erano appisolati sul divano.
Doggett si rizzò in maniera un pò maldestra,
allungando il braccio per accedere il lume del tavolino accanto al divano e prendere il
telefono.
-Pronto?- biascicò.
Skinner, che era accanto a lui, non poteva ascoltare le
parole dell'individio dall'altra parte della cornetta, nè riusciva a carpire qualche
significato dai pochi "si" e "mi dica" pronunciati da Doggett;
qualcosa nell'espressione seria di questi gli diceva però che doveva essere qualcosa di
importante: non che se ne stupisse, visti i tempi!
Alzò lo sguardo verso lo strisciante rumore che
proveniva dal fondo buio del corridoio da cui poco dopo sbucarono Monica e Gibson che si
strofinavano gli occhi ancora di sonno e si avvicinavano al divano.
I tre attesero che la conversazione terminasse, sperando
che una brutta notizia non giungesse nuovamente a profanare le loro orecchie.
Doggett chiuse lentamente il telefono, guardando la
cornetta come se si aspettasse che da lì uscisse da un momento all'altro il leggendario
Big Blue.
-Era Kerch.- disse in fine- Ha detto di raggiungerlo,
che deve darci comunicazioni importanti. Ci aspetta al parcheggio del quartier generale.
1- il Rosh Hashanah è il capodanno
ebraico; lo Yom Kippur è il Giorno dell'Espiazione, quando i peccati
vengonoconfessati direttamente a Dio e si prega per il perdono; il Sukkoth
è la festa del raccolto, dura sette giorni durante i quali si commemora la cura di Dio
verso gli Israeliti nel deserto dopo l'esodo dall'Egitto.
2- Atlante, secondo la mitologia graca,
era un gigante che teneva sollevato il mondo portandolo sulle sue spalle.
3- Orione, è una costellazione che
raffigura il mitico eroe con una spada; ammirata da molti popoli antichi, secondo una
teoria, gli antichi Egizi costruirono le piramidi della piana di Gizah riflettendo sulla
terra l'esatta posizione della cintura di Orione e puntarono i pozzi di areazione della
Piramide di Khufu verso due stelle della costellazione.