LONTANO DAGLI OCCHI, LONTANO DAL CUORE

Autrice: Katherine (conosciuta anche come Phoebe, e qualche volta come Maggie o Alyssa)
E-mail: phoebe_katherine@hotmail.com oppure katherine@freemail.com. preferisco il primo però.
Ratings: G, Scully/other

Disclaimer: I personaggi di Mulder e Scully appartengono alla 20th Century FOX, alla 1013 e a Chris Carter. Per forza di cose, poiché citerò un certo Sonny, devo dire che quest’ultimo è proprietà della Star Comics e di Ade Capone. Ogni riferimento a persone reali vive o morte è puramente casuale.

Note: Questa è la mia prima fanfic che scrivo PER VOI; sia chiaro, io scrivo fanfic da cinque anni, e anche in uno stile del tutto diverso. Mi sto adattando alla situazione per vedere che effetto faccio alla massa, poiché le mie fanfic le leggono solo due persone, me esclusa. Riguardo al racconto, all’inizio troverete un riferimento ad un certo "lui" che nessuno può ricordare: questo "lui" è un tizio apparso all’improvviso sette mesi prima rispetto al tempo in cui si svolge questa storia e poi di nuovo sei mesi dopo la prima volta. Questo tizio, che fa parte di un corpo speciale del governo, era comparso per aiutare Scully a superare un momento critico della sua vita, che non ha niente a che fare con x-files. Alla fine i due..insomma….avevano zompato (scusate la brutalità ma era il miglior modo per farvelo capire). Il mattino dopo, lui prende e va via, senza avvisarla. Voi come vi sareste sentiti?? 6 mesi dopo lui era tornato, ma ormai Scully aveva raggiunto un livello d’intimità molto alto con Mulder e considerava quello che aveva fatto solo uno sbaglio, o comunque pensava che era colpa di lui, che per la cronaca si chiama Sonny. Se siete fortunati adatterò quella storia per voi…. Perché sento già qualcuno urlare "NOOOOOOO!!!!!!!" ?

Commenti: Per quello che ho detto sopra, siate clementi. Tutti i commenti sono bene accetti, e ne ho bisogno soprattutto per sapere se vale la pena continuare o no. Di conseguenza, scrivete e scrivete, anche se è solo un "ma vaffanc..o" Ok?

Ringraziamenti: Scusate se lo faccio ma ritengo più giusto fare i ringraziamenti alla fine del racconto. Così, se è andato bene ringrazio tutti, altrimenti ……..

Spoiler: Questo racconto si svolge in un periodo di tempo indeterminato, e comunque dopo "all things" e prima di "requiem", di conseguenza ci sarà qualche riferimento a Daniel e a Phillip Padgett, e molti altri piccoli riferimenti.

Summary: Ho già visto qualcuno dare di stomaco alla vista del "scully/other", ma state calmi, ora vi spiego: ho deciso di scrivere questa storia (e poi di adattarla per voi), perché una sera qualcuno (non faccio nomi), parlando della relazione tra M&S ha detto "ma ormai con Mulder è scontato…" (parole testuali). Mi ha dato talmente fastidio quest’affermazione che ho deciso di scrivere questa storia, affinché il tizio che ha detto quella cosa ritorni sui suoi passi, non prima di avermi ucciso ovviamente….chiamatela pure vendetta se volete, perché lo è. Il summary vero e proprio è questo: una mattina Scully inizia ad avere qualche dubbio sul modo di condurre la sue esistenza (@_@): l’incontro con una persona cambierà la sua vita e anche quella di Mulder, …letteralmente

(Vi sono venuti i brividi o no?? Già mi sto sentendo riempire di parole….va beh, pazientate e leggete…a proposito, sappiate che la scriverò a pezzi così vi farò morire lentamente ihihihih sono bastarda eh? Ora basta altrimenti tutto questo prologo verrà fuori più lungo del racconto.)

BUONA LETTURA!!!
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 FBI Headquarter
Washington, D.C.
June, 23rd 2000
7.15

Scully era seduta alla scrivania di Mulder, che non sarebbe arrivato al lavoro se non prima delle 8.30….neanche lei sapeva perché aveva deciso di raggiungere l’ufficio, consapevole del fatto che pochi agenti erano al quartier generale, escludendo quelli della sorveglianza e quelli che erano rimasti tutta la notte a lavorare su un caso che dava poche vie d’uscita….

"Molto simile a quello che ultimamente facciamo io e Mulder", pensò Scully.


La luce del sole, non ancora così calda da far volare la mente in continui rimorsi a come sarebbe bello farsi un bagno a quell’ora, filtrava dalle piccole finestre situate appena sotto il soffitto. L’ufficio era illuminato poco, ma a lei piaceva stare così, nel silenzio e nell’oscurità, a pensare. Probabilmente per la stessa ragione si era alzata quando era ancora buio, verso le 4.30, e aveva raggiunto il suo posto preferito: la collina a est di St.Charles Bay, da dove aveva ammirato l’alba. Nonostante amasse molto quella collina sul mare, da dove potevi sentire il rumore delle onde che s’infrangevano sulle rocce e contemporaneamente il silenzio che ti circondava, durante il giorno non aveva molto tempo per andarci, o anche solo per pensare di andarci. L’ultima volta che c’era andata,…..Eh! Non ricordava neanche quando fosse stato. Quella sua personale "seduta spirituale" era stata molto gradita: ultimamente erano successi così tanti avvenimenti che era difficile riuscire a contare con una sola mano, e la parola "ultimamente" racchiudeva un periodo di tempo abbastanza lungo. Ignorando i fatti più remoti, cioè quelli più dolorosi da ricordare, Scully si era soffermata a pensare a "lui" ( ecco il "lui" di cui vi ho parlato)….."lui"….Ancora una volta, come sette mesi prima, non riusciva a pronunciare il suo nome, o a pensarlo. Aveva avuto l’impressione, durante la loro ultima conversazione, che lui non sarebbe tornato facilmente, e soprattutto non sarebbe tornato per sentirsi dire ancora una volta quanto avesse sbagliato. Ora Scully si rendeva conto di aver un po’ esagerato, ma ormai si erano chiariti, e lui le aveva assicurato che, per quello che aveva fatto, non si sarebbe mai perdonato…: la stessa identica cosa che pensava lei. Nonostante tutto non riusciva ancora a perdonarlo e, in fondo al cuore, sapeva che non perdonava neanche se stessa per aver creduto che tra loro potesse nascere qualcosa. Non erano passate neanche tre settimane da quando se n’era andato che era riapparso Daniel…e ancora una volta il morale di Scully era sprofondato sempre più giù, dove era difficile recuperarlo; e forse conscia di questo era andata sulla collina a pensare, per iniziare a riconquistare il suo stato psichico. Quello che era successo aveva riavvicinato lei e Mulder, e di questo c’erano molte prove. (^_^)

Ma qualcosa in lei le fece cambiare pensiero, e riportò alla luce riflessioni che aveva liquidato come "causa dello stress", e che erano improvvisamente apparse nella sua mente in quegli ultimi giorni: era stanca…non stanchezza fisica, ma morale…stanca del lavoro (@_@), del tempo che questo portava via alla sua vita (@_@ @_@), stanca di essere svegliata in piena notte per qualcosa che alla fine si era rivelata completamente inutile…….e, anche se non voleva ammetterlo, era stanca di Mulder (@@@@__@@@@@)….non sapeva come, perché, o da quando sentiva questo, ma era stanca di lui…Scully si portò una mano alla testa, nel tentativo di cacciare via quegli orribili pensieri dalla sua mente: come poteva essere stanca dell’uomo col quale lavorava da sette anni, che conosceva meglio di se stessa, col quale aveva superato i momenti più difficili della sua vita, e per il quale nutriva un affetto particolare?

Un rumore di passi riportò Scully alla realtà, in tempo per vedere Mulder entrare nella penombra dell’ufficio: l’espressione del suo partner cambiò radicalmente da inespressiva a raggiante non appena notò che Scully era lì.

"Ehi! A quanto pare abbiamo avuto la stessa idea" disse Mulder, sempre più raggiante.

"Che ci fai qui a quest’ora?", gli chiese Scully.

"Io?? Che ci fai TU qui a quest’ora…"

Come pochissime volte accadeva, Scully non aveva la risposta pronta. Non sapeva che dirgli…. Certamente non "Stavo pensando a quanto io riesca a sopportarti poco ultimamente"……così, Scully optò per una risposta che avrebbe portato Mulder a un passo dal trasformare l’ufficio in un megaparty, o almeno così sperava. Ma la risposta che Scully si accingeva a dare era un cosiddetta "risposta tattica", per sviare l’attenzione di Mulder da quello che lei stesse facendo lì a quell’ora, ma non era sicura che avrebbe funzionato…

"L’hai detto tu che noi ci leggiamo nel pensiero, no?"

"Hai ragione. Vediamo se è vero: indovina a cosa sto pensando". Mulder iniziò a guardare Scully nel profondo degli occhi con uno sguardo malizioso….

"……Censura….." rispose Scully dopo qualche secondo.

La risata di Mulder era un buon segno: il suo stratagemma aveva funzionato.

"Non mi hai ancora detto che sei venuta a fare a quest’ora…"

Come non detto….

"Mi godevo la tranquillità durante la tua assenza, e volevo approfittarne per compilare alcuni fascicoli."

"Ma guarda! Ero venuto a fare la stessa cosa."

Che combinazione…..

"Tu, Fox Mulder, ti alzi presto per compilare dei fascicoli?"

"Sì."

Scully fissò Mulder con uno sguardo interrogativo: "Cosa hai bevuto stamattina al posto del caffè?"

"Non sto scherzando."

La pila di fascicoli che Mulder aveva pesantemente buttato sulla scrivania, erano un chiaro segno….almeno non si trattava di un altro inutile caso….

"Bene -iniziò Mulder- Due è meglio di uno vero? Così finiremo prima, e avremo più tempo per parlare del nuovo caso…"

… Scully doveva imparare a non pensare……

"Forza scansafatiche, al lavoro!"

Mulder era troppo allegro quella mattina, per i gusti di Scully….

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

 

16.25

Scully lanciò un’occhiata alla pila di fascicoli, ormai "EX pila di fascicoli": ringraziando il cielo ne era rimasto solo uno….Guardando l’ex pila, Scully notò qualcosa di strano e sollevò l’ultimo fascicolo….ne erano rimasti due….Dopo aver scrutato l’orologio, si accorse che un’altra giornata era stata sprecata.

Alcuni minuti più tardi, avevano finalmente finito….

"Ecco fatto….Per fortuna eravamo in due" disse Mulder mentre sistemava l’ultimo fascicolo.

Sì, per fortuna…….

"Dunque, il caso che ci accingiamo a…"

"No, un momento, scusa: –lo interruppe Scully- ‘ci accingiamo’?"

"Sì."

Scully fece un verso che era un chiaro segnale di quanto fosse stanca….questa volta fisicamente….

"Lo so che sei stanca, ma ascoltami, per due secondi. Solo due."

"Sentiamo."

La rassegnazione era fin troppo evidente nel tono della sua voce.

"Dobbiamo indagare sulla morte di un industriale, che la polizia locale continua a ignorare….E sai perché?"

"Perché?"

"Perché è stato ucciso da un fantasma…"

Come lui si aspettava, Scully iniziò a ridere, e poi si fermò di colpo.

"Dove è successo?"

"Tucson…Arizona."

"Cosa?? Assolutamente no, Mulder." Scully pronunciò la sua frase mentre si alzava.

"Ah, andiamo Scully, è solo….."

"Ho detto no."

Mulder rinunciò a cercare di convincerla e iniziò a squadrarla con uno sguardo che lasciava intendere grande incredulità.

"Senti Mulder, ho appena superato un periodo infernale della mia vita, devo ancora ritrovare lo spirito giusto, e tu salti fuori con uno stupido caso di fantasmi?"

"Stupido??"

Scully capì da quella unica parola che Mulder aveva portato il discorso sul personale e cercò di anticiparlo.

"Fermati, non ho dato delle ‘stupido’ a te, è solo che…."

La situazione le stava sfuggendo di mano, e l’unica cosa che poteva fare era parlare in un tono calmo e tranquillo, non prima di aver emesso un sospiro che aveva l’obiettivo di far capire a Mulder che le sue intenzioni erano buone, ….più o meno…..

"Io….non ho voglia di venire ora…..Pensavo di aver lasciato tutto alle spalle, ma mi sbagliavo: mi serve più tempo…L’unica cosa che ti posso promettere è che ti raggiungerò il prima possibile, ma non oggi."

"Ho capito."

"Mulder…"

"No, non fa niente, non ti preoccupare."

Qualcosa nella voce di Mulder non la convinceva.

"Se per te è proprio importante la mia presenza verrò, ma non posso assicurarti il totale funzionamento delle mie capacità."

Mulder continuò per qualche secondo a guardarla, poi si allontanò e andò a prendere la giacca per uscire.

"Lascia stare, meglio soli che male accompagnati. Il fascicolo è lì."

Mulder uscì con una tale rapidità da non permetterle di esalare un fiato…e si ritrovò di nuovo sola, come quella mattina alle 7.15, quando stava pensando nel buio a come fosse stanca.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

 

Scully’s apartment
Washington, D.C.
19.46

Scully era tornata a casa dopo una giornata passata a fare di tutto per lasciare la mente libera da pensieri e preoccupazioni, che ovviamente in questo caso riguardavano Mulder e il loro ultimo litigio. Nonostante i suoi sforzi, non era riuscita a fare a meno di chiedersi tutto il giorno "Perché non chiama?" o "Forse ho esagerato". Aveva provato di tutto: era rimasta in ufficio a leggere il fascicolo sul caso che Mulder le aveva inutilmente illustrato; aveva fatto ricerche sulla vittima ed era anche riuscita a farsi spedire una copia del rapporto sull’autopsia. All’ora di pranzo era uscita ed era andata in un fast food. Dopo aver pranzato con cibo molto leggero, come al suo solito, si era scoperta a mangiare lo yogurt magro con polline e miele, una cosa che faceva da chissà quanto tempo….per la precisione da circa due anni; ma questo gesto inconscio le aveva riportato alla mente Mulder, che non faceva che ripeterle che era una sciocchezza; tuttavia lei continuava imperterrita a farlo. Verso le 18.00 era andata a trovare sua madre, nella speranza che almeno con lei riuscisse a non pensare al suo partner. Niente di più falso, visto che le prime tre domande di sua madre erano state nell’ordine "Che ci fai qui?", "Dov’è Mulder?" e "Che cosa è successo?". Dana era riuscita a sviare il discorso, ma ormai il danno era fatto. Per fortuna sua madre aveva un impegno e così era dovuta tornare subito a casa. Pensava di essere quasi riuscita a non pensare a Mulder per circa cinque minuti, quando era stata "beccata" sul portone di casa da Charles, il dottore amico di Mulder che li aveva più volte aiutati: ancora una volta dovette spiegare perché fosse sola….

Adesso era finalmente a casa. Scully si diresse immediatamente verso il telefono, ma non c’erano messaggi. Doveva aspettarselo: Mulder non l’aveva chiamata sul cellulare quindi era improbabile che avesse lasciato qualche messaggio a casa. Dana non sapeva che fare: una parte di lei le diceva di raggiungerlo, mentre l’altra le diceva che, se fosse andata, poteva dare l’impressione che lo stesse facendo solo per non sentirlo lamentarsi, e non voleva che succedesse.

Quando, dopo un paio di minuti, si era decisa a chiamarlo e aveva ormai impugnato la cornetta, dei colpi alla porta la disturbarono. Scully si diresse ad aprire augurandosi che fosse lui, ma non era così, e Scully se ne accorse quando si trovò di fronte un uomo, forse della sua età, o di un paio di anni più grande. Indossava solo dei pantaloni abbastanza larghi da permettergli qualsiasi movimento e una fantasiosa t-shirt con la scritta "Chi maltratta gli animali è una bestia". I corti capelli neri erano tenuti ordinati grazie a un piccolo strato di gel, e un pizzetto appena visibile copriva la parte sopra la bocca fino al mento. Gli allegri occhi, anch’essi neri, scrutavano Scully…..Sicuramente non era Mulder, e lo si poteva giudicare anche dalla cassetta di attrezzi che sostava vicino al piede destro di quello strano ma simpatico individuo….

"Salve sono…." Il tipo si bloccò all’improvviso, e il suo sguardo divenne più interrogativo "Ma….lei non è quella del parco?"

"Del parco?" chiese Scully, come scesa dalle nuvole.

"Sì, ci siamo incontrati circa un mese fa, forse due." Vedendo che la signorina non dava segni di vita, il tizio riprese: "A dire il vero ci siamo SCONTRATI, più che incontrati."

Un’espressione di sorpresa illuminò il volto di Scully, che chiese incredula: "Lei è l’uomo del parco?!"

"Sì, sono io. In carne e ossa….più carne, che ossa…"

"Non la riconoscevo senza occhiali da sole."

Prontamente l’uomo tirò fuori, dalla tasca dei pantaloni, un paio di occhiali da sole e li inforcò. "Così va meglio?"

"Molto."

Incredibile ma vero, i due si erano incontrati, o meglio scontrati, come aveva sottolineato l’uomo, circa due mesi prima nel parco. Scully era lì per un’indagine e, mentre camminava guardando da tutt’altra parte fuorché davanti a sé, prese in pieno lui, facendo cadere e andare in frantumi la provetta che il tipo teneva in mano mentre stava prendendo un campione di acqua dal fiume. (Non sforzatevi di ricordare, non è successo a X-Files…ma ovviamente l’avevate capito no? Scusate se ho dubitato della vostra intelligenza :p )

"Che combinazione!"

"E’ venuto perché ha deciso di citarmi per danni visto che le ho mandato a monte una giornata di lavoro?"

"No. Sono Matthew Colman, della Protezione Animali." disse, mostrando con un gesto della mano, e con un sorriso, la scritta sulla sua t-shirt.

"Non maltratto gli animali… e soprattutto non ne ho in casa."

"Sicura? Neanche quando qualche suo conoscente viene a trovarla?"

"Scusi?"

"Le dispiace se entro? C’è un gatto appeso a un filo a 5 m dalla sua finestra."

"Cosa? Come ci è finito lì?"

"Sarà caduto dal tetto….Ma è molto più semplice se vede con i suoi occhi."

"Prego." disse Scully, spostandosi per far entrare il sig. Colman. Quando entrambi si affacciarono Scully vide quello a cui l’uomo si riferiva: "Da quanto tempo è lì?"

"Da almeno un’ora, ossia da quando io mi sono messo qui fuori ad aspettare che lei tornasse."

"Perché non si è calato dal tetto?"

Matthew scoppiò in una risata trascinante, cosìcchè anche Scully sorrise aspettando la risposta, che arrivò subito dopo: "Cos’è? Una battuta? Sa quanti metri ci sono da qui a lassù?"

"No, non ne ho idea."

"Parecchi. Sono della Protezione Animali, ma se muoio prima io, chi li salva poi? Permette?"

L’uomo iniziò a tirar fuori un’imbracatura e a mettersela addosso.

"Mi perdoni –iniziò Scully- ma questi lavori non spettano ai Vigili del Fuoco?"

Un’altra risata. "Sì, una volta forse. E comunque l’ho visto prima io."

"Scusi, ma temo di non capire."

"Semplice: più animali salva la mia associazione, più fondi ci danno….e più fondi ci danno, meglio è."

"Ah…"

L’uomo estrasse una corda, si affacciò alla finestra, diede un’occhiata all’animale e poi tornò dentro.

"Cos’ha intenzione di fare con quella corda?" chiese Scully, avendo notato i suoi movimenti.

"Prenderlo al volo: ha presente i cowboy?" e si mise a imitare il classico movimento facendo roteare il braccio. Vedendo lo sguardo allarmato della donna, riprese: "Serve ad attaccarci la vittima, ma in questo caso non credo che sarà consenziente. Ha voglia di darmi una mano?"

"Non mi arrampicherò da nessuna parte…. Non lì fuori almeno."

"No? Peccato, poteva diventare una Cat-woman."

Scully sfoggiò una delle sue risate. Era raro vederla ridere o sorridere, ma quando lo faceva, l’interlocutore, chiunque fosse, andava in estasi.

"Deve prendere il gatto appena arrivo, e metterlo in quella gabbia."

"Ok…Ma come farà a salire?"

"Volando…"

Scully fissò Matthew con il classico sorrisino ‘non-mi-prenda-in-giro’.

"Salirò con quell’altra fune che vede penzolare accanto al gatto. L’ho agganciata io circa mezz’ora fa ad una colonna sul tetto."

L’uomo incominciò a dedicarsi agli ultimi preparativi.

"Cosa intendeva prima, quando mi ha chiesto se avevo animali?". Il sig.Colman non capiva. "A proposito dei conoscenti."

"Oh…Vede, tutti prima o poi, in un momento di rabbia, abbiamo paragonato un nostro conoscente a un animale. Per questo le chiedevo se non aveva animali in casa neanche quando veniva qualcuno."

"No, non ho animali tra i miei parenti."

"Vuol dire che non l’ha mai fatto? Neanche con la sua migliore amica?"

"No"

"Amico?"

"………."

"Suocera?"

"Non sono sposata"

"Accidenti…che peccato…" Il tono della voce dell’uomo faceva pensare a molte cose, tranne che fosse dispiaciuto. I preparativi erano finiti. "Si va. E che Dio mi aiuti."

"Faccia attenzione."

"Certo. Io ci tengo alla pelle."

Matthew iniziò a salire verso il gatto dopo aver agganciato l’imbracatura alla corda. Con un po’ di bravura e fortuna arrivò al gatto.

"Salve micetto. Adesso si scende eh!"

Il gatto era molto impaurito, e quindi abbastanza calmo. L’uomo della ‘Protezione Animali’ non trovò difficoltà neanche a scendere.

"Come va lassù?" chiese Scully.

"Bene, se non fosse che questo spaventatissimo gatto ha affondato mezzo metro di unghie sul mio braccio."

Ancora qualche metro e i due sono salvi, e il gatto è riposto nella gabbia protettiva.

"Per fortuna non soffre di vertigini e non è allergico ai gatti."

"Infatti. Quel simpatico felino mi ha rimosso il primo strato di pelle" disse Matthew guardando le ferite sul suo braccio.

"Mi faccia dare un’occhiata, sono un medico."

L’occhio esperto di Scully non impiegò molto tempo a fare un’analisi delle ferite.

"Sono dei brutti graffi. Se vuole potrei curarglieli io."

"No, non si preoccupi. Le ho già dato abbastanza fastidio. Mi curerò quando sarò arrivato alla <base>."

"Potrebbe morire dissanguato nel frattempo."

Il sig.Colman si bloccò, facendo cadere a terra quello che stava risistemando nella cassetta, e fissò Scully con aria preoccupata. "Sta scherzando vero?"

"Sì, ma a volte funziona" rispose, con un sorrisetto ironico.

Un risolino di rilassamento, e l’uomo riprese a fare quello che aveva interrotto. "Voi medici avete uno strano senso dell’umorismo, ma devo dire che i più strani sono i medici legali."

L’espressione ‘Accidenti-colpito-in-pieno’ che Scully involontariamente mostrò, illuminò Matthew, che dopo qualche secondo rispose: "Non me lo dica!"

"Sono un medico legale."

Un’altra risata ironica precedette la frase: "Non mi farò curare dei minuscoli graffi da un medico legale."

"Come vuole…Ma sa quante malattie possono arrivare da ‘dei minuscoli graffi’ di un gatto randagio?"

"Lo so, ma non credo che questo sia il mio caso, l’animale è in buone condizioni."

"Scommettiamo?"

Quell’ultima parola convinse Matthew: "Le ha mai detto nessuno che ha l’incredibile capacità di essere molto persuasiva?"

"Sì, mia madre."

"Che probabilmente avrà la stessa capacità."

"Esatto! Come ha fatto a indovinare?"

"Mia madre mi diceva che sono molto intelligente."

"Venga" disse Scully dopo qualche secondo e un sorriso.

Scully guidò il giovane nella cucina, dove iniziò a curarlo. Era già a buon punto, quando non poté fare a meno di non notare l’espressione di disgusto sul volto del ferito. "Brucia?" chiese.

"No, stavo pensando a me sul tavolo mentre lei mi faceva a fettine."

Scully rise. Non capiva come mai molte persone non sopportassero neanche il pensiero di fare un’autopsia…beh, ci vuole un coraggio non indifferente…

"Ecco fatto. Non è che per caso ha una fiala di vaccino contro la rabbia?" chiese Scully.

"Sì, dovrei."

In meno di dieci minuti il sig.Colman era come nuovo.

"Grazie."

"Di niente."

Ormai i due erano sulla porta, quando il giovane si girò di scatto. "….E se l’invitassi a cena?"

"A cena?"

"Sì. Per ringraziarla."

"Ma….non ho fatto niente di speciale."

"Potevo morire dissanguato se lei non fosse intervenuta."

Quell’ultima frase divertì molto Scully, che con un sorriso sulle labbra acconsentì. Matthew si stava allontanando, e aveva quasi raggiunto l’appartamento successivo quando si girò di nuovo e tornò indietro.

"Ah, dimenticavo i particolari."

Scully notò che improvvisamente era diventato come un ragazzino al suo primo appuntamento, ma anche in quella situazione manteneva un aspetto molto simpatico e divertente.

"Ehm….le piace la cucina italiana?"

"Sì."

"Ok…..ehm……al ristorante di Queens Folly Road alle otto?"

"Perfetto."

Matthew si incamminò di nuovo, ma questa volta fu lei a ricordarsi in tempo di una cosa. "Dana Scully", disse.

Al suono della voce della donna, lui si girò per la terza volta: "Come?"

"Dana Scully. E’ il mio nome. Le serve per la prenotazione."

"Ah sì, la prenotazione….Dana Scully….certo."

Ennesimo sorrisino di lei. "A domani sera."

"A domani"

E finalmente Scully poté chiudere la porta.

Matthew Colman aspettò di essere abbastanza lontano per non essere sentito dopodiché esplose in un "E vai" di gioia mentre camminava nel bianco corridoio.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

FBI Headquarter
Washington, D.C.
June, 24th 2000
13.58

Il trillo del telefono ruppe il silenzio dell’ufficio. Scully rispose prima del secondo squillo. Era una sua abitudine, lo faceva quando stava realizzando qualcosa d’importante: non le piaceva far aspettare le persone e soprattutto non voleva perdere molto tempo, così prima rispondeva e prima sarebbe finita la conversazione.

"Pronto?" Per la curiosità di sapere chi dava fastidio a quell’ora tradi Scully rispose con un tono quasi irritato.

"Ti ho disturbato?" La voce di Mulder dall’altra parte del telefono era chiara e squillante, sebbene si trovasse a chilometri di distanza.

"Ehm, no….stavo….facendo alcuni controlli". Scully era un po’ nervosa e non riusciva a far fluire bene le parole dalla bocca. Non si aspettava una sua chiamata, e dal modo in cui parlava Mulder sembrava che ci fosse qualcuno che gli stesse premendo un coltello alla gola. Scully pensava che l’avesse chiamata solo per fare la sua buona azione quotidiana e cercò di mantenere la calma, ma non era facile. L’aria era più pesante di un Boeing 747 in fase d’atterraggio.

"Ho saputo che ti sei fatta spedire una copia del rapporto sull’autopsia….."

"Infatti…"

L’aria era sempre più pesante. Scully si domandò se anche il coltello sulla gola di Mulder non fosse più pesante ora…

"Non hai notato niente di strano?" chiese infine Mulder.

"No, niente che faccia supporre che il sig.Boeder sia stato ucciso da un fantasma. In fondo….ha una sola accoltellata al petto. Potrebbe essere stato chiunque…anche lui stesso."

"Già. E non abbiamo notato tracce significanti da nessuna parte."

"L’arma del delitto?"

"Bella domanda. Ti farò sapere se la recuperiamo, ma non credo di trovarci impronte sopra…"

In quel momento Scully rivolse una benedizione a quel caso. In qualche modo erano riusciti a parlare quasi serenamente.

"E tu…come stai?"

L’oscurità scese di nuovo minacciosa sul loro discorso. Scully temeva di sentirsi rivolgere questa domanda. Questa volta non poteva mentire. "Bene….Credo di aver esagerato ieri mattina. Forse….lavorare mi farà bene…."

"Dicesti così anche quando….." Mulder si rese conto in tempo di quello che stava per dire. Loro due stavano ricominciando a viaggiare sullo stesso binario, e citare adesso la morte di William e Melissa Scully non era una cosa intelligente da fare…Purtroppo per lui, Scully aveva capito al volo:

"Sì, dissi così. Quelle due volte…..ha fatto effetto e…..non c’è due senza tre…."

Dana aveva capito che Mulder non voleva farlo e aveva tentato di rispondere il più naturalmente possibile. Non sapeva però che lui riconosceva l’inflessione che la voce di lei assumeva involontariamente ogni qualvolta si citavano suo padre e sua sorella. Anche se erano passati rispettivamente sette e cinque anni dalla loro morte lei rimaneva ancora turbata quando qualcuno li nominava, e la cosa peggiorava se si trattava di Melissa. Scully aveva detto al suo partner, mentre si trovavano nella stanza d’ospedale di Melissa quando ormai il letto era vuoto, che si sentiva in colpa. "E’ morta per me" disse allora; lui le aveva fatto capire che non era colpa sua ma, nonostante questo, Mulder sentiva che ancora adesso lei pensava la stessa cosa. La conversazione al telefono era diventata ancora più difficile di quanto lo fosse all’inizio, e forse era meglio troncarla subito.

"Senti, credo di tornare a Washington entro domani sera, anche se dovessi trovare l’arma del delitto con delle impronte sopra. In quel caso la polizia dovrebbe farcela anche senza di me, quindi non c’è bisogno che tu venga."

"Ehm…..io….stavo cercando nei fascicoli se fosse accaduto qualcosa di simile in passato, in quella zona, ma non ho trovato niente. Ho solo scoperto che credevano infestata dal vecchio proprietario la casa in cui abitava il sig. Boeder."

"Davvero?" Mulder gradiva molto il fatto che Scully si fosse data da fare, e si aspettava qualche altro aiuto. "E sai niente sulle apparizioni?"

"Sì, ho trovato qualcosa in Internet. Più che apparizioni si sentivano rumori di passi. Un testimone ha poi affermato di aver dormito nella stanza infestata e di aver visto una sedia a dondolo muoversi da sola. Poi ha sentito i passi avvicinarsi alla finestra e un vento improvviso."

"Mi hanno detto che il vecchio proprietario si è suicidato nel 1923. Indovina?"

"Si è buttato dalla finestra."

"Pensa tu, aveva scoperto che la moglie lo tradiva…..Da allora chiunque avesse abitato quella casa era disturbato dal fantasma."

"Mulder, non avrai intenzione di dormire lì vero?"

"Chi lo sa….."

Anche se non si potevano vedere, Mulder sapeva che in quel momento Scully stava facendo la sua tipica espressione <tu sei pazzo>.

"Ti dirò tutto domani mattina."

"Tutto cosa?"

"Se ho dormito lì o se tornerò in giornata. Ci vediamo…"

Dall’altra parte del telefono ora si sentiva solo il tipico segnale di Conversazione Terminata. A prima vista poteva sembrare che si fossero rimessi in sintonia, ma sotto l'aspetto tecnico non era così. Scully decise di continuare la sua ricerca. A Mulder aveva fatto piacere, se ne era accorta, e in fondo lui poteva averne bisogno. A un orario ragionevole sarebbe poi tornata a casa per prepararsi: stasera aveva un appuntamento con Matthew Colman….Adesso che ci faceva caso, da quando quel simpatico ragazzo aveva bussato alla sua porta e per tutto il tempo che era stato lì, Scully non aveva pensato a Mulder e gli effetti si erano visti. Avevano "tranquillamente" parlato al telefono; lei aveva fatto il suo dovere scusandosi e facendo delle ricerche. Ora dovevano solo ricominciare, come se quella mattina non fosse successo niente. Scully sentiva che Mulder aveva preso troppo a cuore quel "stupido" che lei aveva detto. Ovviamente era riferito al caso, non avrebbe mai dato dello stupido a Mulder. Non condivideva le sue opinioni e il suo atteggiamento quando si trattava di cose paranormali, ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Scully sperava che quella sera il sig.Colman la potesse aiutare a pensare solo a divertirsi. Quando Mulder avrebbe chiamato il mattino dopo, lei sarebbe stata più rilassata…Non c’era niente di male a uscire con Matthew: in fondo era solo una cena……

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

Max’s Italian Place Restaurant
1562 Queens Folly Road
Washington, D.C.
20.04

Scully scese dal taxi e si diresse verso l’entrata del ristorante. Max, il padrone del locale, come si poteva facilmente intuire dall’enorme insegna luminosa, era molto conosciuto a Washington. Suo padre si era trasferito negli Stati Uniti negli anni ’60 e, sebbene fosse nato a New York e quindi giuridicamente di nazionalità americana, Max non tradiva mai le sue origini italiane. Tutte queste informazioni si potevano avere senza difficoltà già la prima volta che si andava a cenare lì: se eri un nuovo cliente, veniva Max in persona ad accoglierti e, tra una portata e l’altra, ti deliziava con i suoi racconti sull’Italia, riuscendo a far mantenere sempre alto il tuo stato d’interessamento. Di conseguenza, una volta che entravi lì dentro, il nome del ristorante rimaneva impresso nella tua mente, e ci ritornavi ogni volta che era possibile. Il locale era abbastanza pieno, come al solito: Max girava tra i tavoli facendo domande a tutti i clienti. Scully mosse qualche passo in direzione del signore che aveva sotto mano tutte le prenotazioni: era impegnato a guardare in giro, e non si accorse del suo arrivo.

"Scusi…", Dana cercò di attirare gentilmente la sua attenzione. Il signore si girò immediatamente, e un’espressione di sorpresa si dipinse sul suo viso.

"Signorina Scully!"

Dana era stata in quel ristorante solo quattro o cinque volte, ma tutti si ricordavano benissimo di lei.

"E’ un piacere rivederla! Aspetta qualcuno o qualcuno aspetta lei?"

"Qualcuno aspetta me: Matthew Colman."

"Ah certo, quel simpatico giovanotto!". Il cameriere si voltò verso Max e lo chiamò a gran voce. L’uomo arrivò nel giro di pochi secondi.

"Signorina Scully! Che gradevole sorpresa! Chi è il ragazzo fortunato che la aspetta?" disse Max, guardandola dalla testa ai piedi.

"Matthew Colman"

"Ah, Matthew."

"Lo conosce?"

"Certo che lo conosco. Viene sempre qui a mangiare. A quanto pare lo conosce anche lei…" Ancora una volta Max la guardò. La sua frase ironica voleva essere un complimento celato. Scully vestiva un abito di seta blu scuro, che le scendeva dritto dalle spalle fino alla vita; da qui iniziava una gonna ondulata, con un moderato spacco sul lato destro, che arrivava appena sopra alle ginocchia. Dalla scollatura partivano due finissime bretelline di tessuto ricoperto di brillanti. I capelli erano tenuti legati in alto, e alcuni ricciolini le cadevano sulla spalla.

"Solo da un giorno. Mi ha invitato a cena per ringraziarmi di un favore…"

"Cosa posso dire? Solo ‘beato lui’. Mi segua, il suo cavaliere la sta aspettando. Ora capisco perché era impaziente." Max diede un’ultima occhiata a Dana prima di girarsi e andare verso il tavolo dove era seduto Matthew. Quest’ultimo si alzò immediatamente appena li vide dirigersi verso di lui. Anche lui era molto elegante. Indossava un completo grigio chiaro, e sotto la giacca aveva una camicia bianca molto leggera portata fuori dai pantaloni. Anche adesso aveva lo stesso atteggiamento che aveva avuto sul pianerottolo la sera del giorno prima: sembrava incantato e soprattutto molto agitato.

"Eccoci. Io tornerò fra qualche minuto. I menù sono sul tavolo". E così dicendo Max si era allontanato lasciandoli soli.

Matthew stava guardando Scully e non riusciva a immaginare un aggettivo che potesse rendere giustizia a quello splendore. Dal canto suo lei lo guardava con aria divertita. Notando ciò, Matthew trovò il coraggio di parlare. "E’ stupenda." Breve, chiaro e conciso.

"La ringrazio…"

Matthew capì che forse era il momento di iniziare a darsi del tu, e la interruppe prima che potesse continuare la frase. "Forse è meglio darci del tu. Dobbiamo parlare tutta la sera e continuare con i formalismi sarebbe troppo complicato."

Dopo qualche secondo Scully riformulò la frase. "Grazie. Anche tu sei molto elegante."

Con un’ottimo tempismo, e dimostrandosi molto cavalleresco, Matthew accompagnò la sedia sulla quale Scully si stava sedendo.

"E’ molto che aspetti?", chiese lei.

"No, io faccio sempre così al primo appuntamento con una persona. Per non rischiare arrivo circa mezz’ora prima….ma non preoccuparti, non sei per niente in ritardo….e poi….ne è valsa la pena…"

L’imbarazzo, che già aveva colpito Scully con la frase "E’ stupenda", continuava a emozionarla. Riuscì a rispondere solo dopo qualche secondo, necessario per farla riprendere: "Così…vieni spesso qui. Max mi ha detto che ti conosce bene."

"Sì, vengo molte volte. Ormai sono della famiglia."

Perché ora, il sorriso che Matthew le rivolgeva, affascinava Scully di più di quanto l’avesse fatto la sera prima? Eppure sembrava lo stesso.

"Anch’io vengo qui appena possibile. Però non ti ho mai visto."

"Non potevi. Vengo agli orari più strani che ci siano, per mangiare."

Scully non era riuscita a sviare il discorso per togliere l’imbarazzo che gravava sulle loro teste. Per fortuna Max si stava avvicinando: "Allora signori, volete ordinare?"

"A dire il vero non abbiamo ancora deciso..."

"Già. Qui è tutto così buono." Scully era andata in soccorso di Matthew, per evitare di far capire a Max che non avevano ancora scelto perché erano stati ore a guardarsi e a sentirsi imbarazzati.

"Facciamo una cosa Max. Visto che conosci entrambi, decidi tu per noi: prendi quello che ci è piaciuto di più." Matthew aveva avuto una bella idea. In questo modo li aveva risparmiati alla difficile scelta.

"Ok. Vino?"

"Il Chianti va bene per te?" chiese Matthew.

"Sì"

"Perfetto." Max prese i menù "Vi auguro una buona serata." E si allontanò.

"Grazie", risposero i due all’unisono.

Ancora qualche secondo di silenzio…..

"Non ho ancora capito bene di cosa ti occupi con il tuo lavoro." esordì Scully.

"Cosa non ti è chiaro?"

"Cosa hai studiato?"

"Biologia. Lo so, dovrei fare qualcos’altro con un titolo di studio del genere, ma mi trovo bene con questo impiego."

"Lavorate solo in città?"

"No, molte volte andiamo in giro: foreste, montagna, mare….Tecnicamente noi dovremmo salvare gli animali in pericolo di estinzione o cose del genere. Spesso dobbiamo passare settimane in mezzo alla natura più selvaggia….quasi come un campeggio. Solo un po’ più...complicato."

"Interessante…"

"E tu? Solo autopsie?"

"No…sono…dell’FBI."

"Ma non mi dire…"

"E invece sì."

"Oh mio Dio! Sto cenando con un federale!"

Scully sorrise: "Non preoccuparti, io faccio solo indagini…"

"Ah, per fortuna…e su cosa?"

"Ehm…."

"E’ un segreto dell’FBI?"

"No, non è quello….E’ solo che…lo troverai strano…"

"Ok, farò finta di non essere sorpreso."

"Indago su….come posso dire….cose inspiegabili."

Nonostante i suoi sforzi Matthew non riuscì a nascondere la sua incredulità.

"Indago sul paranormale."

Il ragazzo non si era mosso di un millimetro dalla posizione che aveva assunto due secondi prima.

"Lo stai facendo!" disse Scully con un largo sorriso.

"No…"

"Sì invece, eri sorpreso!"

"Ok, ero sorpreso, ma…." Ora anche lui stava sorridendo ampiamente.

"Lo sei ancora."

"E’ ancora più strano delle autopsie…E su cosa indagate precisamente?"

"Su tutto quello di insolito con cui la polizia non vuole avere niente a che fare."

"Tipo?"

"Tipo…"

"Mostri? Fantasmi?…..Alieni?"

"Più o meno."

Matthew la stava guardando con aria divertita quando arrivò il cameriere con la prima portata.

"Ecco a voi. Buon appetito."

Il ragazzo aspettò che il cameriere si fosse allontanato prima di continuare il discorso. "Che ne dici di parlare di qualcos’altro? Non fa bene alla salute conversare di lavoro ad una cena."

"Hai ragione…Non sei di Washington vero?"

"Sì che lo sono."

"Intendevo dire che non sei nato qui."

"Ah….no, infatti. Sono del Montana."

"Davvero? E’ il mio Stato preferito. Di dove esattamente?"

"Glendive"

"Wow…E perché non sei rimasto lì?"

"Dovevo pur imparare a vivere da solo no? Non mi pagavano un granché a fare il cowboy nel ranch di papà….E poi i genitori non sono eterni…"

"Purtroppo no."

"E tu dove sei nata?"

"San Diego" (Ho ipotizzato io San Diego visto che non si sa dove è nata. Se non mi ricordo male lo ipotizzai quando fecero "Emily". Disse la moglie di Bil che avevano sistemato Dana nella sua vecchia stanza, e nei ricordi che faceva, lei era ancora piccola.)

"Adesso tocca a te dirmi perché sei andata via da quella città."

"Mio padre era della Marina…"

"Ah ecco. Non c’è bisogno di dire altro. E tu in che cosa ti sei laureata?"

"Fisica e Medicina Legale."

"Complimenti…E sei felice della tua vita?"

Ahia! Colpita e affondata. Come rispondere ora? Scully decise in un primo momento di mentire, ma guardando Matthew cambiò idea. Le ispirava fiducia e aveva l’impressione che fosse qualcuno con cui è bello parlare dei propri problemi."…..Fino a poco tempo fa…."

Il volto di Matthew si scurì all’improvviso. "Cosa c’è che non va?"

"Mm…Non vorrei annoiarti con i miei problemi."

"Molto divertente. Avanti, cosa è successo?"

Qualche secondo di silenzio: Scully stava pensando. "Non lo so…L’altro giorno ero andata sulla collina a est di St.Charles Bay a pensare e….mi è venuto in mente che….sono stanca del mio lavoro…E’ che…sento il bisogno di….staccare la spina per un po’ di tempo."

"E staccala allora."

"E’ qui il difficile. L’altra parte di me non vuole. In fondo io amo il mio lavoro."

"Bel problema. Secondo me dovresti prenderti una lunga e rilassante vacanza, divertirti e non pensare a niente che riguardi Washington. Magari al tuo ritorno potresti avere le idee più chiare. Se mi hai detto che ami il tuo lavoro, forse hai solo bisogno di riposo: può essere un momento di debolezza…"

"E’ vero…Sì…Hai proprio ragione…E’ un momento, passerà."

"Se hai bisogno di un accompagnatore per la tua vacanza…." disse Matthew con un sorriso

Anche Dana sorrise. Matthew era proprio un bravo ragazzo e l’aveva aiutata a risolvere il problema. Non doveva prendere la questione troppo sul serio, nel giro di pochi giorni sarebbe tornata come prima….Ma, chissà perché, sentiva in lontananza una voce, nel suo subconscio, che le diceva "Sarebbe divertente avere lui come accompagnatore."

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23.13

Dana e Matthew avevano finito di cenare da circa venti minuti, ma erano rimasti a parlare. A parte quella piccola parentesi sul problema di lei, i due avevano passato il resto del tempo a ridere e a scherzare. Di qualunque cosa. Era quello il bello di Matthew: di qualsiasi cosa si parlasse era capace di portare il discorso sul lato divertente. In quel modo il tempo era volato. In questo momento stavano parlando del baseball.

"L’ultima volta che ho giocato con i miei amici sono tornato a casa con un’occhio nero."

"Perché?"

"Stavo letteralmente ‘volando’ verso la seconda base: l’interbase voleva assolutamente prendere la palla al volo, e correva in avanti guardando in alto. Non si è assolutamente accorto della mia presenza sulla sua scia. Io me ne sono accorto in ritardo, e così…."

"Non ci credo!" Scully stava sorridendo. Ormai aveva perso il conto dei sorrisi…

"Mi è franato addosso. Hanno detto che la scena è stata molto divertente."

"Immagino…"

"Un’altra volta sono caduto dal muro di delimitazione. Volevo prendere una palla che stava chiaramente andando verso l’homerun…"

"E tu non ti sei arreso."

"Ho dovuto farlo quando mi sono accorto che io ero a terra e la palla non era nel mio guanto. A dire il vero, più che caduto mi sono lanciato…"

"Cosa?!"

"Mi ero arrampicato fino alla cima, ho visto la palla che stava per passare a pochi centimetri dalla mia testa e ho deciso di lanciarmi…"

Dana esplose in una risata…

"E così….oltre alla partita abbiamo perso anche la mia incolumità…"

Lei stava letteralmente morendo dalle risate.

"Non c’è niente di divertente, potevo morire…", disse Matthew con una finta faccia seria.

"In quel caso avrei provveduto io all’autopsia." Si era ripresa.

Matthew chiamò Max con un cenno e gli fece capire di portare il conto. Il simpatico italiano arrivò subito.

"Sei venuta con la tua macchina?"

"No, in taxi."

"Potremmo arrivare a casa tua a piedi. Non è molto lontano. Che ne dici?"

"D’accordo. Ti aspetto fuori."

"Arrivo subito."

Non appena Dana si fu allontanata, Max potè parlare. "Bella donna eh? Come è andata?"

"Bene…benissimo…Meglio di così non poteva andare."

"Quanto siete lontani ancora?"

"Da cosa?"

Max rise. "Andiamo, non fare il finto tonto con me…"

"Non lo so…E’ ancora troppo presto."

"Hai ragione. Potrai provarci al secondo appuntamento."

"No, non è il momento. Ci conosciamo da appena due giorni. Io sono solo il simpatico ragazzo che è diventato suo amico."

"Per adesso…."

Matthew sorrise. "Magari fossi sicuro di riuscirci."

"E’ troppo bella per essere vera dici?"

"No,…è troppo bella per me."

"Sì, come se non avessi come ti guardava."

"Perché, come mi guardava?"

"Ah! Matthew Matthew! Te ne accorgerai." Prese il conto con il denaro. "Buona serata" disse alzando le soppracciglia, e si allontanò.

Matthew raggiunse Dana fuori dal locale.

"Possiamo andare."

I due iniziarono a camminare. A quell’ora passavano solo poche macchine e le luci della sera rendevano Washington ancora più bella. Matthew continuava a spostare il suo sguardo da Scully alla strada, come se stesse pensando a qualcosa su di lei, che se ne accorse poco dopo. "Che c’è?" chiese.

"Niente. Stavo solo…"

"Pensando."

"Sì."

"A cosa?"

"Alla bella serata che abbiamo passato." Salvato in corner….

I secondi di silenzio passavano inesorabili….

"Cosicchè…non hai ancora avuto il piacere di avere una suocera…", disse lui. Ormai non sapeva più di cosa parlare per evitare l’imbarazzo che ancora li avvolgeva.

"No, non ancora…"

"Una ‘quasi-suocera’?"

"Nenche."

"Nemmeno un ‘tentativo’ di suocera?"

"Qualcuna…"

"Come me…Poi però mi sono accorto che sono troppo giovane per passare il resto della mia vita a litigare con la madre di mia moglie…"

"Beh…quello è un modo di dire…non è detto che sia così per tutti."

"Hai ragione…ma è meglio non rischiare…"

Un altro sorrisino di Scully. Forse il 152°….

Matthew iniziò a ridere all’improvviso. La sua solita risata trascinante fece ridere anche lei….

"Che c’è adesso?"

"Stavo riflettendo su una cosa. Abbiamo passato la serata a parlare di tutto quanto era possibile e non ci siamo ancora chiamati per nome…"

"Probabilmente perché entrambi pensavamo che…potremmo non incontrarci più"

"Sarebbe un vero peccato…"

"C’è sempre la possibilità che qualche gatto cada dal mio tetto e vada a finire a 5 metri dalla mia finestra."

Matthew rise. Mentre si incamminavano per le vie di Washington, si augurò che quella non fosse l’ultima volta che l’avrebbe vista.

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Georgetown
Washington, D.C.
23.57

Matthew e Dana erano quasi arrivati. Per tutto il tragitto avevano parlato del più e del meno, ma niente da fare: l’imbarazzo era rimasto, e se n’erano accorti entrambi. Durante quelli che forse sarebbero stati gli ultimi secondi di silenzio della serata, Scully si accorse che per arrivare al suo portone dovevano passare prima di fianco al vicolo….Non aveva alcuna intenzione di rovinare quella bella serata, e si promise di non guardare in quella direzione. Quando però ci passarono davanti, la sua testa si voltò, contro la sua volontà. Immancabilmente fu colta da una fitta di dolore allo stomaco e la sua mente ritornò a quella sera. Scully ricordò ogni minimo particolare…ancora una volta…: il rumore delle macchine che passavano a pochi metri di distanza, l’eco dei suoi passi nel vicolo, le tre sagome che uscivano dall’oscurità, le mani sulle sue spalle che la buttarono a terra, e poi solo calci e…i…baci sul…collo…Si bloccò al centro della strada, la sua mente troppo occupata a ricordare, per accorgersi che Matthew la stava chiamando….

"Dana? Qualcosa non va?"

Al tocco della mano di Matthew sulla sua spalla, Scully chiuse gli occhi e si mise una mano sulla fronte: classico gesto che faceva quando voleva scacciare dalla mente i pensieri che stava facendo …Dopo qualche altro secondo, guardò Matthew con un mezzo sorriso. "No, tutto ok….Sono solo esausta." e si avviò verso il portone seguita dal suo accompagnatore.

Anche se la conosceva da appena due giorni, Matthew capì che quello che lei aveva fatto poco prima, non era il suo classico sorriso. Voleva saperne di più per aiutarla, ma poi comprese che forse era meglio lasciar correre: se lei avesse voluto dirglielo, l’avrebbe fatto prima.

Ormai erano sotto il portone, quando lei si voltò con un sorriso, questa volta ‘normale’. "Eccoci arrivati."

Matthew guardò in alto. "Però! Non sembra così alto col buio!". Si riferiva al palazzo.

Scully sorrise. "Beh, hai visto di persona quanto è alto, ormai."

Matthew riportò il suo sguardo sugli occhi di lei e si ricordò del giorno prima. Appena lei aveva aperto la porta, la prima cosa che il ragazzo aveva notato erano i suoi occhi, e si era soffermato per pochi millesimi di secondo a guardare quegli splendidi occhi verdi. Pochi millesimi necessari per farlo perdere nella loro profondità.

Anche ora lo sguardo di Dana era molto profondo.

"Grazie della serata, mi sono divertita molto."

"Credo che mi farò graffiare più spesso da quel gatto, visto che mi ha portato così tanta fortuna."

Entrambi sorrisero.

"E’ tardi, devo andare."

"Domani quali mostri ci saranno?"

"Vedremo…"

Dopo aver sorriso, Matthew e Dana si guardano negli occhi. Questa volta hanno un’espressione seria, e sanno benissimo a cosa stanno andando incontro, se continuano a osservarsi…Le menti di entrambi stanno pensando a una sola cosa: come sarebbe bello baciare quelle stupende labbra….

La prima a distogliere lo sguardo fu lei, che iniziò a indietreggiare, non tanto per scappare da quel desiderio, quanto per tornare a casa….che poi era la stessa cosa…

"Allora….ci vediamo…"

Matthew a quel punto era solo capace di muovere la testa in segno d’assenso: aveva bisogno di più tempo per riportare i piedi per terra. Riuscì a parlare di nuovo solo quando si accorse che lei si stava allontanando nell’atrio del suo palazzo. "Ci…vediamo" disse, alzando la mano per salutarla, quando lei si voltò per l’ultima volta. Dopodiché sparì dietro l’angolo.

Matthew rimase ancora qualche secondo sugli scalini a sorridere, nella sua testa girava una sola frase: "Ce l’ho fatta."…..Si rincamminò nell’oscurità, una sagoma nera nel buio della notte di Washington.

(N.B-qualcuno si starà chiedendo "Che cavolo gli ha ricordato il vicolo a Scully?". Con calma, ora ve lo spiego. Mettetevi seduti però, è meglio. Io scrivo fanfic da 5 anni, e questo è solo un adattamento al mio modo di scrivere per farvi leggere i miei "capolavori". Vi ricordate di Sonny, quel "lui"? Ebbene, 2 mesi prima del suo 1° arrivo, a scully successe una cosa tremenda in quel vicolo, e potete capire cosa dai suoi ricordi. Se non l’avete capito, un altro indizio: per chi ha letto "the darkset hour" in inglese, vi ricordate che aveva fatto krycek a scully? Sì, l’aveva violentata…ora credo che avete capito….su riprendetevi….Non vi preoccupate, qualcuno del mb mi ha già chiesto di scriverla, ma una cosa alla volta, prima finisco questa. Beh vi sta piacendo? Tutti i noromo stanno già festeggiando credo. Vi ricordo che io sono shipper: questa è solo una tremenda vendetta verso chi ha detto "ma con mulder ormai è scontato..". e voi dite " e noi che c’entriamo?" Niente, però….se soffre uno, devono soffrire tutti! Ihihihihih :p. Buona continuazione!)

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Scully’s apartment
Washington, D.C.
June, 25th 2000
8.56

Il silenzio della casa fu rotto dallo squillo del telefono, ma la segreteria entrò subito in azione: "Salve, sono Dana Scully. Mi dispiace molto non potervi rispondere, lasciate un messaggio e vi richiamerò. Buona giornata." (tra parentesi, questo era il messaggio che c’era sulla segreteria di Melissa quell’infausto giorno…ancora qualcosa in sua memoria…ç_ç)

"Scully sono io…Sto provando a chiamarti dappertutto, ma non ti trovo mai…"

Una mano sollevò la cornetta. "Mulder…"

"Ehi! Dov’eri finita?"

Ero appena uscita, ho sentito il telefono e sono tornata indietro…"

"Ho provato a chiamarti poco fa in ufficio, ma non c’eri, così ho pensato che fossi ancora a casa. Tra l’altro hai il cellulare spento…"

Scully rispose dopo aver controllato. "E’ vero, mi sono scordata di accenderlo. Come va lì?"

"Avevi ragione, non c’è niente di paranormale nella morte del sig.Boeder. Non ho mai risolto un caso così velocemente."

"Che è successo?"

"Non è stato altri che il figlio ad ucciderlo."

"Fammi indovinare: eredità?"

"Sì….. Lo stavamo interrogando riguardo al padre, avevamo bisogno d’informazioni, ma non si sa perché, è crollato e ha confessato. Ci ha detto dove trovare l’arma del delitto, e sopra c’erano le sue impronte. Ha usufruito della storia del fantasma per far sviare le indagini."

"E c’era quasi riuscito."

"Sì. Era solo uno stupido caso di eredità…" La sua voce era triste, ma lei non sapeva che dire. "Avevi ragione tu, mi dispiace averti trattato in quel modo."

"Non fa niente. L’80% delle volte hai ragione tu." Questa era un’altra frase che Mulder le aveva detto durante un caso.

Mulder rise. "E’ vero…ma mi dispiace lo stesso."

"Se proprio insisti…"

Fox riprese a parlare dopo qualche secondo. "E tu come stai?"

Non si aspettava questa domanda. Si chiese se Mulder non l’avesse fatto di proposito, a darle ragione; forse perché aveva capito che lei non stava un granché bene moralmente. "Io? Bene. Mi riprenderò col tempo."

"Credi di poter portare la vecchia Scully all’aeroporto, questa sera, alle otto?"

Scully sorrise. "A che ora hai il volo?"

"Alle quattro. Non sono riuscito a trovarne uno prima. Non sai come non vedo l’ora tornare a Washington, qui fa un caldo insopportabile. Per i prossimi due mesi cercherò di prendere casi ambientati al nord."

"Cercherò di esserci."

"Bene. Se ci saranno complicazioni o incidenti di percorso ti avviserò."

"Ok. Ci vediamo stasera."

Scully ripose la cornetta e si diresse alla porta per raggiungere l’ufficio.

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Dulles International Airport
Washington, D.C.
20.17

Scully stava aspettando Mulder seduta ad una delle migliaia di sedie presenti nell’aeroporto. C’era molta gente, e Scully si divertiva ad assistere a tutte le scene d’addio o di "ben tornato" che si svolgevano lì. Era intenta a guardare una di queste scenette e non si accorse che i passeggeri del volo di Mulder erano già usciti dalla stanza dove ritiravano i bagagli.

Mulder fu colto da un’improvvisa smorfia di sorpresa nel vedere tutta quella gente, e soprattutto nel non vedere Scully che lo aspettava a braccia aperte. Era sicuro che lei era lì, lo sentiva: loro avevano come un filo invisibile che legava le loro menti. Si incamminò in mezzo alla folla, ma non riusciva a vederla. Ad un tratto, come un’angelica visione, la vide seduta a pochi metri di distanza. In realtà era di spalle, ma lui l’avrebbe riconosciuta anche in mezzo a 4000 cloni, perché aveva qualcosa di speciale che la distingueva da tutte le altre donne che lui aveva conosciuto. Ed era per quel qualcosa che si sentiva attratto da lei. Si avvicinò piano: era intenta a guardare un gruppo di amici che si salutavano molto calorosamente, e non si sarebbe accorta del suo arrivo.

"Chi sono?" disse Mulder, mettendole le mani sugli occhi e tentando di camuffare la voce. (che carino!! ^_^ e poi dite che non sono shipper…ma non preoccupatevi. Ho già in mente una fine della storia che ripagherà tutte le scene noromo che ci saranno…prego, prego, non c’è di che…^_^)

"Quell’odioso del mio partner." disse Scully, in tono scherzoso.

Chissà perché, ma a Mulder la parola ‘partner’ detta in quel momento sembrava riferirsi non solo al loro rapporto di lavoro (^_^). "Ah, grazie…E’ così che mi accogli dopo che ho fatto quattro ore di volo, per giunta senza discutere con te riguardo al mio bel carattere?"


Scully si alzò e si girò verso il suo collega. "Se vuoi posso sempre rimediare oggi. Abbiamo tutta la sera disponibile."

"Che ne dici se ti offro qualcosa da bere in un bar allora?"

"D’accordo"

"Ok" disse Mulder sorridendo "Prima passiamo da casa mia. Mi faccio una doccia (uellà! ^_^), mi cambio e lascio la valigia. Dove hai parcheggiato il bolide?"

"Non molto lontano."

I due si incamminarono verso il parcheggio, e arrivarono alla macchina pochi minuti dopo.

"Scully, fai guidare me per favore?"

"Dillo chiaramente se vuoi evitare il mio ‘sobrio’ stile di guida."

Mulder rise. "No, è che ancora non ho imparato a guidare un aereo. Vorrei riprovare l’ebbrezza di guidare con te di fianco." (e va beh! Chiedile di sposarti e fai prima no? Magariiii ^_^)

"Se proprio insisti…"

"No, dai, scherzo, guida tu." Disse Mulder alla fine. Era più divertente quando guidava lei, così poteva prenderla in giro.

"Non preoccuparti, io incasso bene i colpi."

"No, davvero, scherzavo. Guida tu."

Dopo un po’ Scully cedette: "Ok", disse, ed entrò in macchina.

Qualche minuto dopo, i due erano diretti verso l’appartamento di Mulder, il quale aveva già iniziato a prenderla in giro da quando erano usciti dall’aeroporto. "Sei sicura di farcela? Se vuoi posso darti una mano, io ci arrivo fino ai pedali da qui."

Scully sorrise. Sapeva che lui lo faceva di proposito e lei stava al gioco. "No, grazie, riesco a premere i pedali fino in fondo per adesso."

"Meno male. Non vorrei essere coinvolto in un incidente…"

Scully rise. Ormai le cose con lui andavano decisamente meglio. Da quando era arrivato non faceva altro che scherzare con lei, e sembrava davvero che quella mattina di due giorni fa non fosse successo niente, come lei voleva. I suoi pensieri furono interrotti da Mulder: appoggiò la mano su quella di Scully, che sostava sul cambio. Lei girò lo sguardo su di lui: quell’improvviso gesto le provocò un inaspettato calore sul viso. Ma non poteva distrarsi per molto, così torno a guardare la strada.

"Hai il vizio di lasciare la mano sul cambio. Rimettila sul volante." disse Mulder. Aveva ragione. Scully ogni tanto aveva la cattiva abitudine di tenere la mano sul cambio, invece che tenerla saldamente sul volante. Ma lei non aveva alcuna voglia di toglierla da lì, da quel calore che la mano del suo collega le trasmetteva. E anche lui non voleva, ma la tolse dopo qualche secondo.

Scully potè riportare la sua attenzione sul traffico, anche se ormai era molto difficile riuscire a concentrarsi.

(Oh sì! Finalmente qualcosa di shipper, avevo bisogno di una dose. Consideratelo un omaggio a tutti gli shipper che conosco. ^_^ )

XOXOXOXOXOXOXO

Mulder’s apartment
Washington, D.C.
21.09

Mulder aveva appena finito di farsi la doccia. Scully lo stava aspettando seduta sul divano, mentre era occupata a osservare bene quella stanza dell’appartamento di Mulder. Non ci aveva fatto molto caso, ma la scrivania era stranamente in ordine quel giorno, e anche il resto della casa. Come era possibile tutto ciò? Forse dopo sette lunghi anni si era deciso a seguire i consigli di lei? "Impossibile", si disse Scully.

Mulder comparse dalla porta del bagno. Aveva indosso solo un paio di jeans e delle scarpe. Dai capelli bagnati cadevano alcune goccioline di acqua che scivolavano sul suo petto. Non si erano mai chiesti perché, ma non avevano mai provato imbarazzo a mostrarsi in certi modi al proprio partner. Forse tutto era dovuto al fatto che durante la loro prima indagine insieme, lei si era mostrata in lingerie a lui senza batter ciglio….o forse era dovuto al fatto che quando lui l’aveva tirata fuori dal ghiaccio, lei non aveva niente addosso.

Quello che Mulder non sapeva, era che ogni volta che lui si mostrava così, lei sentiva lo stesso calore che aveva provato quando lui aveva appoggiato la mano sulla sua. Ma Scully era molto brava a nasconderlo.

"Ti dispiace se non mi vesto elegante?" chiese Fox.

"Figurati, dopo un volo di quattro ore."

"Perfetto."

"Cosa stai aspettando ad asciugarti i capelli?"

"Niente. Non me li asciugo."

"Mulder…"

Mulder capì che Scully si era tarata in modalità ‘dottore’ dal tono che la sua voce aveva preso, così lui cedette in anticipo. "Ok, vado ad asciugarli." E sparì dietro la porta.

"Perché ho l’impressione che lo stai facendo solo per non sentire le mie prediche?"

"Ma che dici…."

Scully sorrise. Sapeva benissimo che era così, ma si divertiva a fare quei giochetti con lui. Dopo qualche minuto Mulder ricomparve dal bagno. Ora indosso aveva anche una camicia bianca,…e i capelli erano ancora bagnati.

"Mulder non li hai asciugati."

"Sì che l’ho fatto."

"Non è vero."

"Sono solo umidi. Tocca." Dicendo questo prese la mano della sua collega e la mise tra i suoi capelli.

"Li hai asciugati solo con l’asciugamano." Disse qualche secondo dopo Scully, con uno sguardo da ‘mi-hai-preso-in-giro’.

Mulder rise. "Ma hai messo il piede fuori di qui? Con questo caldo non mi verrà niente."

"Da quando sei andato in Arizona soffri molto di più il caldo. Come mai?"

"Il mio corpo subisce le variazioni in modo quasi insopportabile."

"Me ne sono accorta."

"Forza, andiamo. O non troveremo posto nei bar."

"Non troveremo posto?"

"Sì. Al contrario di noi due, tutta Washington va nei bar, la sera."

"Ok. Allora cerchiamo di non sembrare nuovi alla pratica."

"Farò del mio meglio."

"Mi stai dicendo che quando torni a casa non passi mai dal bar?"

"No." mentì Mulder

"So anche come si chiama…"

"Ok, ci vado, ma non così spesso."

"Sì sì, figurarsi…" disse Scully uscendo.

Mulder la seguì, e chiuse la porta dietro alle loro spalle.

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Piggy’s bar
Washington, D.C.
21.49

Scully e Mulder entrarono nel locale, che non era molto pieno. Si poteva facilmente scovare qualche tavolo vuoto. I due raggiunsero quello più lontano dalla porta e si sedettero.

"Finalmente." disse Mulder sedendosi.

"Abbiamo impiegato mezz’ora sola per trovare un bar poco affollato. Quanto ci impiegheremo per ordinare?"

"Spero poco."

"Guarda che sei tu l’eterno indeciso, non io."

"Davvero?"

"Dimostrami il contrario."

Mulder chiamò la cameriera con un cenno della mano. Quando la ragazza arrivò disse: "Due birre per favore."

"Subito"

"E…qualche aperitivo."

"Arrivano immediatamente."

Dopo che la ragazza si fu allontanata, Scully, che stava guardando storto Mulder da circa due minuti, iniziò a parlare. "Non mi hai dimostrato niente."

"Come no. Non mi hai mai visto quando entro da solo in un bar e devo ordinare."

"Non ci vuole la laurea in psicologia per capire che la birra è sempre la prima cosa."

"Non è vero. Altre volte prendo qualche bicchiere di tequila."

"Tra l’altro non mi hai neanche chiesto cosa volevo."

"Ti ho letto nel pensiero."

Mulder e Scully si scambiarono uno sguardo e un sorriso molto dolci. Ormai era chiaro che le cose tra loro procedevano molto bene. E Scully sperava che continuassero così.

XOXOXOXOXOXOXO

22.43

Dopo aver finito di mangiare e bere, Mulder e Scully stavano osservando e commentando le partite che si stavano svolgendo ai tavoli da biliardo.

"Quanto sei brava a biliardo Scully?" chiese Mulder

"Non ti conviene giocare con me. Perderesti in poco tempo."

"Mhm…..Tu dici?"

"Mio fratello Charles ha passato metà della sua giovinezza ad insegnarmelo."

"Che ne dici di vedere se i suoi sforzi sono serviti a qualcosa?"

"Ma io lo so già."

"Non hai ancora provato con me."

Dopo aver fissato Mulder, Scully raggiunse l’unico tavolo da biliardo libero, prese due stecche, e ne porse una a Mulder. Iniziarono a giocare qualche secondo dopo. Fox decise di dare il vantaggio a Scully: non aveva mai fatto un errore più grande. Incredibilmente, Dana mandò in buca tutte le palle una dopo l’altra. Quando l’ultima raggiunse la buca laterale, Scully chiese "Allora? Sono serviti a qualcosa gli insegnamenti di Charlie?"

Mulder era rimasto a bocca aperta.

"Ora capisci perché non ho voluto scommettere su chi avrebbe vinto."

"Mi devi assolutamente insegnare quel colpo."

"Quale?"

"Quello che hai fatto con la numero 6."

Scully era riuscita a colpire la numero 6 dopo aver saltato la palla che ostruiva il percorso. "Ah…quella…." Scully tornò a sedersi.

Mulder la seguì. "Allora?"

"Non so come ho fatto."

"Cosa?!? Mi stai dicendo che è stata solo fortuna?"

"E bravura."

"Ma se ci sei riuscita vuol dire che sapevi come farlo."

"Lo sai anche tu come."

"Sì, ma non ci sono mai riuscito."

"Ci riuscirai prima o poi."

Mulder la implorò con lo sguardo.

Scully scosse la testa. "Andiamo, domani dobbiamo lavorare. E poi sento che tornerai ogni sera qui per provare quel colpo finché non ci sarai riuscito."

Mulder lasciò il conto pagato sul tavolo. "Ci riuscirò prima o poi."

"Certo che ci riuscirai. Cerca solo di non trasformarti in un assiduo frequentatore di alcolisti." Si alzò e prese Mulder per mano, trascinandolo fuori.

(Ecco qua. Contenti voi Shipper? Questo è il massimo che posso fare, per adesso.)

XOXOXOXOXOXOXOXO

FBI HeadQuarter
Washington, D.C.
June, 26th 2000
7.58

Scully entrò con calma in ufficio, ben sapendo che era in largo anticipo. Non credeva che Mulder potesse essere già lì, dopo la serata di ieri. Lo conosceva bene, sicuramente si era addormentato di nuovo dopo aver spento la sveglia. La sera prima erano rimasti ancora qualche minuto a casa di lui a parlare e a divertirsi, e ridendo e scherzando avevano tirato fino a quasi mezzanotte.

Con sua grande sorpresa, lui era già lì, intento a leggere un fascicolo. Scully si fermò sulla soglia per la sorpresa. Mulder si accorse della sua presenza. "Ehilà! Ci siamo svegliati entrambi presto stamattina eh?"

"Non credevo di trovarti qui." Scully arrivò fino alla sedia e si sedette.

"Non mi sono allenato a biliardo tutta la sera, se è questo che stai pensando."

Scully sorrise. "Ti brucia ancora eh?"

"Figurati. E poi la mia attenzione è stata catturata dal nostro nuovo caso."

"Wow. Mi sembrava troppo bello per essere vero."

"Siamo anche fortunati, è successo tutto a Washington."

"Meno male."

Questa volta Scully non sembrava così seccata dal nuovo caso, come era successo l’ultima volta. Aveva deciso almeno di sentire che cosa era successo.

"La vittima era un uomo anziano, Jim Cross."

"Aveva figli?". Era un battuta, in riferimento all’ultimo caso, quello in cui un uomo era stato ucciso dal figlio per l’eredità.

Mulder sorrise. "Sì, ma entrambi lavorano in una ditta di pubblicità a Chicago. E hanno un alibi di ferro per il giorno dell’omicidio."

"Omicidio?"

"Ho tirato a indovinare." Porse delle foto alla collega. "L’hanno trovato soffocato dal filo del telefono. Stava parlando con i figli."

Scully alzò le sopracciglia. "Come ha fatto a soffocarsi così?"

"Bella domanda. Ma, ripeto, è stato un omicidio. La figlia ha detto che durante la conversazione il padre era andato ad aprire la porta, e aveva detto al suo ospite di accomodarsi."

"Ovviamente non si sa chi sia."

"Certo che no. Sarebbe troppo facile. La figlia non l’ha potuto riconoscere perché non sentiva la voce. Ha solo sentito il padre soffocare."

"Era vedovo immagino…spero…" Scully aveva sperato che fosse così perché si immaginava il dolore della moglie a vedere il marito soffocare al telefono.

"Infatti. Viveva da solo. Però era molto attivo."

"Non gli è servito un granché a quanto pare."

"La polizia è in alto mare…"

"E hanno chiamato l’FBI."

"L’FBI ha chiamato Skinner."

"E Skinner l’ha dato a noi. Che fortuna."

"Il corpo è all’obitorio. Chiama tu per stabilire l’orario." Mulder non osava più prendere quegli ‘appuntamenti’ speciali per la collega, da quando gli aveva quasi dato buca durante il caso di Phillip Padgett.

"Ok"

"Ma credo che sia meglio andare a dare un’occhiata all’appartamento della vittima prima."

"Sì, hai ragione."

Mulder prese la giacca e la indossò, poi porse a Scully la sua e uscirono dall’ufficio.

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Jim Cross’s residence
Washington, D.C.
8.46

La casa della vittima era piuttosto in periferia, e lì il sig.Cross doveva aver raggiunto la quiete necessaria per vivere. La casa era tenuta molto bene e già da quello Scully capì che non avrebbero trovato granché lì. Potevano sperare in un miracolo e scovare qualcosa nella cucina, il luogo del delitto. Ma anche lì non c’era molto, se non la cornetta per terra e un po’ di cose sparse intorno al telefono. Erano segno di una lotta, e poteva essere successo solo in caso di omicidio. Anche se l’uomo era anziano non era possibile che l’inanimato filo del telefono avesse più forza del pover’uomo.

"Tempo perso." disse Scully.

"Credo anch’io. La polizia non ha trovato impronte differenti da quelle della vittima e nessuno ha visto la persona che era venuta a trovare il sig.Cross."

"Immagino."

"Non sarà neanche possibile ascoltare la registrazione della chiamata."

"E che siamo venuti a fare?"

"Spero in una agendina con gli appuntamenti che aveva Cross."

"Buon divertimento allora."

"Dove vai?"

"A fare l’autopsia. Prima inizio e prima finisco."

"Ok. Ti raggiungerò lì appena sarò libero, non credo di metterci molto. Verrò con un taxi, oppure mi farò dare un passaggio dalla polizia. Penso che andrò a parlare con chi è assegnato al caso."

"D’accordo. Ci vediamo."

Scully uscì dalla casa e si diresse verso la macchina. Era ufficialmente iniziato un nuovo caso, e sembrava più impegnativo degli altri. Non avevano l’ombra di un testimone e quindi di un possibile colpevole. Scully sperò che potessero concludere in fretta: la depressione era alle soglie.

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Washington Country Morgue
Washington, D.C.
15.41

Mulder raggiunse la sala dove Scully stava compiendo l’autopsia. Lei era seduta a un tavolo ed era impegnata a mangiare un’insalata.

"Buon appetito! Come mai ancora qui?"

"Fare le autopsie d’estate è come chiedere a un cinese di cantare l’inno americano."

"Che è successo?"

"STRANAMENTE c’è poco personale, e mi servono le analisi del sangue prima di continuare."

"Ti hanno detto quanto tempo ci vorrà?"

"No, ma non ti posso seguire. Non posso andarmene e lasciarlo lì sopra."

"Ok. Allora io andrò a parlare con i vicini."

"Scoperto niente?"

"No, ancora no. Conto di sapere qualcosa da loro, so che erano molto legati a lui."

"Ti raggiungo a casa tua, va bene?"

"Puoi prevedere l’orario?"

"Non lo so, forse le sette."

"Ok, ci vediamo lì. Buon lavoro."

"Grazie" Il tono di Scully non era molto allegro e a Mulder dispiaceva lasciarla sola, ma non lui non era di aiuto lì, solo d’intralcio. Uscì dall’obitorio e raggiunse la macchina.

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Mulder’s apartment
Washington, D.C.
19.16

Mulder andò ad aprire la porta. Doveva sicuramente essere Scully, l’aveva riconosciuta dal suo modo di bussare: quasi stanco, anzi, non ‘quasi’…sicuramente stanco.

"Ciao. Come è andata?" Mulder si scostò per far entrare la collega e successivamente chiuse la porta.

"Ho perso tutta la giornata solo per scoprire che i segni di soffocamento non sembrano quelli della corda del telefono."

"E di cosa allora?"

"Di un serpente."

"Di un cosa?"

"Hai capito bene. Si dovevano vedere chiaramente le righe curve lasciate dalla corda del telefono, invece la traccia è unita, e combinazione ho trovato piccole tracce del veleno di un cobra, nel sangue."

"Nel sangue?"

"Sì, alla fine ce l’hanno fatta a darmi i risultati."

"Hai scoperto dov’è il morso?"

"No."

Mulder sembrò sorpreso. "Come no?"

"L’ho rivoltato come un calzino, e ho cercato anche nei posti più impensabili, ma non c’era traccia del morso."

Mulder si passò una mano sulla guancia. "Questa sì che è bella…"

"Ti lascio pensare a una bella teoria paranormale da solo. Io sono stanca morta, vado a casa."

"Come vuoi. Ci vediamo domattina."

"Sì." Scully uscì.

Adesso Scully sembrava davvero stanca, e Mulder poteva capirla. Non poteva fare altro che assecondarla, per non rischiare che decidesse di non collaborare più. Ma Mulder la conosceva, non l’avrebbe mai fatto di fronte a un caso del genere. O almeno così sperava…

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Scully’s apartment.
Washington, D.C.
19.38

Scully entrò nell’appartamento e andò immediatamente a farsi un bagno e a cambiarsi, per togliersi da dosso tutta la fatica accumulata durante il giorno.

Dopo qualche minuto, mentre stava per iniziare a cucinare, dei colpi alla porta così delicati da essere quasi impercettibili, interruppero il suo operato.

"Spero per Mulder che non sia lui alla porta." pensò Scully. Si sollevò sulla punta dei piedi per guardare dallo spioncino. Dopo pochissimi secondi aprì la porta.

"Salve. Disturbo?"

Matthew Colman era in piedi davanti alla porta, vestito di pantaloncini e t-shirt, con uno sguardo di attesa.

"No, figurati, non disturbi. Entra."

"Mi sono permesso di portarle un piccolo regalino." Disse, uscendo un sacchetto da dietro la schiena. "Max mi ha pregato di salutarla."

"Grazie" Scully aprì il sacchetto. Dentro c’era un contenitore con un piccola porzione di spaghetti alle vongole. "Wow…si è ricordato del mio piatto preferito."

"Ha detto che basta scaldarlo nel forno a microonde."

"Accomodati. Posso offrirti qualcosa?"

L’imbarazzo questo volta era quasi impercettibile, ma c’era. Era come se si conoscessero da anni, e con lui si sentiva a suo agio. Sapeva però che il pericolo scampato dell’altra sera, era in agguato. (riprendiamo a essere noromo, BLEAH!)

"No, in realtà sono solo venuto a chiederti una cosa e poi tolgo il disturbo."

"Cosa?"

Matthew alzò la manica della t-shirt, scoprendo due graffi molto vicini alla spalla sinistra.

Scully guardò i graffi e poi il ragazzo, che stava sorridendo. Come al solito, quando Matthew sorrideva, inevitabilmente faceva sorridere anche lei: il suo era proprio un bel sorriso.

"Vieni", disse Scully sorridendo, e lo portò in cucina a medicarlo.

Tutta l’operazione si svolse nel silenzio assoluto. Scully guardava solo i graffi, ma sapeva che Matthew la stava fissando. Dopo pochi minuti terminò il suo lavoro.

"Ecco fatto."

"Niente cerotto?"

"No, è meglio se le ferite respirano."

"Ok."

Scully ripose i medicamenti al loro posto. L’imbarazzo era di nuovo sceso come un avvoltoio sulle loro spalle.

"A dire la verità questi graffi sono solo una scusa.". Matthew si mise dietro di lei.

"L’avevo capito." Scully era ancora di spalle.

"Volevo invitarti a cena….Domani sera….I graffi mi hanno portato molta fortuna la prima volta, quindi, speravo che…"

Scully si voltò. "Io non so se…posso…"

"In che senso?" Matthew era quasi allarmato.

"E’ arrivato un nuovo caso, abbastanza difficile, e non so se…sarò libera domani sera."

Matthew fece qualcosa che lei non si aspettava: le prese la mano. "Non importa…cercherò di farmi bastare anche pochi minuti…"

"Il punto è questo: anche se venissi, potrei essere chiamata in qualsiasi momento per tornare al lavoro."

"Allora mangiamo a casa mia, così potrai vestirti più comoda…"

"Matthew…"

"Puoi venire con la divisa dell’FBI se vuoi, ma vieni…Ti prego…"

Anche quel ‘ti prego’ sconvolse Scully, che guardò Matthew negli occhi per la prima volta. Le sembrava quasi che lui sentisse il bisogno impellente di stare qualche minuto con lei, quasi come un drogato ha bisogno della sua droga.

"Non ho fatto altro che pensare a te in questi giorni…e…so che sembra impossibile, ma…anche se ci conosciamo da meno di una settimana…..non posso fare a meno di te per più di due giorni."

Il cuore di Scully ormai sembrava impazzito, e il fiato le mancava.

"Ti prego."

Scully ormai non muoveva un muscolo, era come se si fosse congelata in pochi secondi. Non si aspettava una simile dichiarazione in così pochi giorni…e non si sarebbe neanche aspettata quello che Matthew stava per fare. Infatti lui si avvicinò e le diede un bacio così dolce che sembrava che Matthew avesse le labbra fatte di zucchero. Un turbine di emozioni investirono Scully in pochi secondi.

"Ti prego…" disse dopo Matthew.

Dopo qualche secondo abbassò lo sguardo in segno di assenso.

"Domani sera al 4514 di Lough Erin Shore Road. Va bene qualunque orario, non devi neanche avvisarmi. Sarò sempre pronto. Ok?"

Ancora un segno d’assenso. Scully non riusciva a spiccicare una parola. Matthew uscì dall’appartamento solo dopo aver stretto la mano di lei ancora un po’.

Scully non riusciva a pensare a niente, l’immagine di quel bacio continuava a proiettarsi davanti ai suoi occhi. Si erano stregati a vicenda.

(…….Per favore state calmi, tutti gli shipper mettano in conto, e poi spediscano i loro pensieri solo alla fine del racconto. Sempre se per allora sarete ancora vivi. Dai che è carino Matthew! Non ve lo aspettavate prima del secondo appuntamento eh? Ihihihihihih ^_^ )

XOXOXOXOXOXOXO

FBI HeadQuarter
Washington, D.C.
June, 27th 2000
8.14

"Buon giorno." Disse Scully appena entrata. Aveva cercato di rimanere su un tono di voce il più normale possibile. Era ancora sconvolta per quello che era successo la sera prima. Una piccola variazione e Mulder se ne sarebbe accorto.

"Buon giorno. Sei più fresca stamattina?"

"Abbastanza. Allora, ieri sera hai scoperto qualcos’altro?"

"Niente tracce. Niente di niente. Non so da dove cominciare. Forse potremmo parlare ai parenti."

"Perché? Ne ha?"

"Sì, due sorelle, entrambe in un ospizio."

"Credi che possano dirci qualcosa di interessante?"

"Può darsi. Sempre meglio tentare no?"

"Hai ragione. E per il morso del serpente?"

"Su quello proprio non ne ho idea."

"Non mi dire…"

"Incredibile ma sì, non ho una teoria."

"Possibile? Cosa dicevano le previsioni meteorologiche stamattina?"

"Sole e caldo." Scherzò Mulder.

"Spero che arriveremo a una conclusione entro l’Epifania dell’anno prossimo."

"Certo, alla fine ci riusciremo."

"Basta che spari una tua teoria plausibile ma non verificabile, e il gioco è fatto…"

"Cercherò di fare del mio meglio."

Scully non rispose.

"Andiamo…"

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

Cronin Home For The Aged

Washington, D.C.
9.13

Scully e Mulder entrarono nell’ospizio e si diressero verso l’unica infermiera visibile nel raggio di 1 km.

"Buongiorno."

"Desiderate?"

Mulder tirò fuori il tesserino. "Siamo gli agenti Mulder e Scully dell’FBI. Vorremmo parlare con Caroline e Sharon Cross."

"Riguardo a cosa?"

"Al loro fratello. Sanno che è morto vero?"

"Più o meno. Cosa volete chiedere?"

"Qualsiasi cosa che ci possa aiutare a risolvere il caso. Non so, qualche particolare su Jim, se sanno chi aspettava la mattina dell’omicidio."

"Omicidio??"

"Sì, così sembra."

"Temo che sarà impossibile parlare con Caroline e Sharon."

"Perché mai?" chiese Scully.

"Nel caso non vene siate ancora accorti, questo è un ospizio per chi è affetto dal morbo di Alzheimer."

"Splendido.." pensò Scully.

Mulder fece un rapido giro della stanza con gli occhi, alla ricerca di qualche prova che lo confermasse. La prova erano un gruppo di anziani seduti nel salotto, immobili e muti.

"Ehm…ci scusi, non ne eravamo al corrente." disse Mulder

"Beh, ora lo sapete."

"Lei conosceva Jim Cross?"

"Veniva ogni tanto a visitare le sorelle."

"E’ venuto qui venerdì scorso?"

"No."

"Le viene in mente qualcosa che possa aiutarci?"

"No, mi spiace…"

Scully e Mulder erano quasi pronti a ringraziare e togliere le tende, quando l’infermiera riprese a parlare.

"Aspettate, forse sì. C’è un loro nipote che abita a Washington."

"Sa il nome?"

"Credo…Anthony…Anthony Cross."

"Grazie dell’aiuto signora."

"Ci scusi per il disturbo."

"Figuratevi."

Scully e Mulder si diressero verso la macchina.

"La fortuna è dalla nostra, eh? Ci manca solo che questo nipote sia sordo e cieco…" disse Scully.

"Vedrai che questa volta andrà meglio."

"Me lo auguro."

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Police Department
Washington, D.C.
11.54

Scully e Mulder non riuscivano a trovare l’indirizzo di Anthony Cross da nessuna parte, non ci erano riusciti neanche con i potenti mezzi dell’FBI, e stavano aspettando da oltre un’ora al dipartimento di polizia. Speravano che almeno quella volta la polizia potesse aiutarli.

"Comincio a credere che il nipote si sia smaterializzato nel nulla." Disse Mulder, venendo dall’ufficio dell’agente assegnato al caso. "Non si riesce a trovarlo. Stiamo provando con tutti i Cross presenti a Washington."

"Non ci sono altri Cross a Washington…" disse l’agente, affacciandosi alla porta.

"Dicevi scusa?" chiese Scully a Mulder.

"Credo che dovremmo sforzarci di rivoltare la casa da cima a fondo, potrebbe esserci qualcosa."

"Dobbiamo proprio?"

"Sì."

"In due? Chiedi rinforzi a qualcuno della polizia."

"Già, mi immagino come saranno disponibili. Andiamo."

"Che ne dici di andare a mangiare prima? Non morirà nessuno se perdiamo un paio di ore in un ristorante."

"Ok."

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Jim Cross’s residence
Washington, D.C.
19.06

Scully ormai ci aveva rinunciato. Erano lì dalle quattro del pomeriggio, e non avevano trovato l’ombra di un indizio. Era stesa sul divano con un asciugamano bagnato sulla faccia.

"Bingo!"

Scully si mise seduta di scatto. "Dimmi che hai trovato la prova per incastrare un colpevole!"

"No, ho trovato il nipote. Non era Anthony Cross, ma Anthony Drennan. Deve aver preso il nome dal padre, che non era della famiglia."

"Mi stai dicendo che abbiamo perso una giornata a cercare un nipote perché quell’infermiera non si ricordava bene il cognome??"

"Purtroppo sì."

"Sono le sette Mulder. Se andiamo adesso da questo Anthony rischio di rispondergli male anche se dice un solo ‘no’. Che ne pensi se ci andiamo domani?"

Mulder la guardò. "D’accordo."

"Evviva!" Scully trovò improvvisamente la forza per alzarsi dal divano. "Volo a casa. Ci vediamo domani!" e uscì senza dare a Mulder il tempo di salutarla,….o di invitarla a bere qualcosa.

Mentre guidava verso casa sua, Scully stava pensando a Matthew, come aveva fatto tutto il giorno…Con un colpo di fortuna era riuscita a liberarsi, ma non doveva perdere altro tempo. Ogni minuto era prezioso.

XOXOXOXOXOXOXO

4514 Lough Erin Shore Road
Washington, D.C.
20.16

Scully arrivò davanti alla casa di Matthew, spense la macchina e rimase a guardare le luci che arrivavano da dentro l’abitazione. Dopo qualche secondo impiegato necessariamente per raccogliere tutto il coraggio, scese dalla macchina e si avviò verso la porta. Matthew aprì la porta dopo il secondo ‘dlin-dlon’.

"Ciao!" nella sua voce era evidente l’emozione. "Prego entra." Disse, dopo aver dato un’occhiata all’abbigliamento di Dana. Non era niente di speciale, erano solo un paio di pantaloni e una maglietta blu attillata, ma ai suoi occhi sembrava la donna più elegante del mondo. "Pronta ad ogni evenienza di lavoro?"

"Sì, infatti." Disse lei mentre entrava.

"Va benissimo così, sei molto…carina." Matthew aveva usato il primo aggettivo che gli era venuto in mente, anche se non rendeva giustizia. "Accomodati."

Scully entrò in cucina. Non c’era l’ombra di una cena, o di una tavola apparecchiata. Si voltò verso Matthew con sguardo interrogativo.

"Ti starai chiedendo dov’è la cena vero?"

"In effetti."

"Vieni…"

Matthew prese Scully per mano e la condusse sulla veranda. La sua casa sulla spiaggia era a qualche metro dal mare, ma si potevano sentire le onde infrangersi sul bagnasciuga. Il cielo era limpido e si vedevano sia le stelle che la luna. Una leggera brezzolina rendeva piacevole la serata.

"Ho un amico architetto. Mi ha dato una mano a progettarla."

Sulla veranda c’era un piccolo tavolino apparecchiato per due, ma mancava ancora la cena.

"Siediti, vado a prendere la cena. Spero che ti piaccia il cibo cinese come l’italiano."

"Certo."

"Arrivo subito" e sparì dietro l’angolo.

Mentre si sedette, Scully pensò quanto tutto fosse molto romantico, forse troppo. Ma ormai non poteva evitarlo dopo il bacio del giorno prima, e in fondo al cuore NON voleva evitarlo…Poteva negarlo quanto voleva, ma era attratta da lui.

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23.24

Matthew e Dana avevano finito da un bel po’ di mangiare. Ora erano seduti sulla spiaggia, a parlare e a guardare il panorama. Non avevano ancora discusso riguardo al bacio del giorno prima, ma Scully sapeva che il discorso era nell’aria. Infatti, dopo qualche minuto di silenzio Matthew iniziò a parlare. "Spero che per invitarti a cena non debba farmi graffiare ogni volta, altrimenti sono rovinato..."

Scully sorrise.

Matthew si girò a guardarla. Qualche secondo dopo era in ginocchio davanti a lei e le teneva le mani. "Credo che ormai sia chiaro…io sono attratto da te…e…credo che anche tu lo sia. Ma….non posso passare ore e ore a chiedermi se è solo una mia impressione."

"Non è una tua impressione."

"E’ la frase più bella che io abbia mai sentito in questi 37 anni….e…non ho mai provato niente di simile per qualcun altro come per te."

L’inevitabile successe. Matthew spostò le mani sul viso di lei e la baciò. Questo era ancora più dolce del precedente, e anche lei cinse il collo di lui con le braccia, e lo stringeva a sé come per evitare che scappasse e che smettesse di baciarla. Si sentiva come un condizionatore d’aria impazzito: prima freddo e poi caldo. Il calore era padrone del suo corpo, e quella brezzolina che aveva spirato per tutta la sera, non aveva alcun potere su di lei.

OXOXOXOXOXOXO

4.18

La casa di Matthew Colman sembrava identica a come era poche ore prima…e lo era, a parte alcuni piccoli particolari. Della biancheria era sparsa per la casa per tutto il tragitto che andava dalla veranda alla stanza da letto. Anche qui tutto sembrava come prima. L’unica differenza era Scully, che dormiva abbracciata a Matthew. L’unica cosa che li difendeva dal venticello che ancora soffiava, era un lenzuolo. Il silenzio della notte era rotto solo da un cane, che abbaiava a pochi isolati di distanza.

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NOTE: eccoci alla seconda parte. Che faticaccia, non ne avete la più pallida idea (mi riferisco a chi non scrive). Per la cronaca, chi aspetta i ringraziamenti stia calmo, quelli li metterò solo alla fine fine quindi…per chi si stesse chiedendo "che cavolo c’entra il titolo con la storia?" anche quella è una cosa che saprete alla fine ihihihih =) per leggere questa fic dovrete avere molta pazienza. Beh vi sta piacendo? Per commenti vari l’indirizzo è sempre phoebe_katherine@hotmail.com oppure phoebe_katherine@katamail.com o katherine@freemail.it scrivete al server che vi sta più simpatico =)) a proposito, ho rinunciato a mettere tutti gli spoiler, ma sappiate che sono parecchi…e adesso…buona lettura… e preparatevi una camomilla di fianco. Un calmante è meglio….

2° parte
LONTANO DAGLI OCCHI LONTANO DAL CUORE

 

4514 Lough Erin Shore Road
Washington, D.C.
June, 28th 2000
6.54

 

Il silenzio era quasi totale. Si sentiva solo il rumore delle macchine: erano quelle di chi andava già al lavoro, o che tornava a casa. I vestiti che erano rimasti per tutta la notte sul pavimento della casa, ora erano ordinatamente piegati su una sedia…e Matthew era a letto da solo. Scully si chinò per dargli un bacio: era vestita.

"Matthew…" Dana stava cercando di ‘rianimarlo’ con una voce dolce e melodiosa.

"Mhm…"

"Mi hanno chiamata, devo tornare al lavoro. Telefonami verso mezzogiorno, ti sto lasciando il numero del cellulare, ok?"

"Mhm-Mhm." Suonava come un’affermazione, ma Scully pensò che probabilmente Matthew non avrebbe ricordato una sola parola. Decise quindi di riportare tutto sul biglietto dove aveva trascritto il suo numero di cellulare. Lasciò il bigliettino sotto la sveglia e andò via, non senza prima aver fatto una carezza a Matthew.

XOXOXOXOXOXOXO

Jim Cross Residence
Washington, D.C.
7.15

Scully scese dalla macchina e si avviò verso la linea di demarcazione della polizia. Di guardia c’era un agente, cui mostrò il tesserino per poter passare. Dentro casa, Mulder era chinato di fianco al corpo di Jay Maskey, l’agente cui era assegnato il caso. Il suo partner era intento ad osservare qualcosa sotto il lenzuolo bianco.

"Che guardi d’interessante?", gli chiese Scully.

"Assolutamente niente" rispose lui, mostrando il cadavere alla collega. Non c’era alcun segno visibile, ed era perfettamente pulito.

"Si sa com’è morto?"

"No"

"Avete già pensato a qualcosa?"

"No, non ci sono indizi, e i vicini…"

"Non hanno visto niente" Scully concluse la frase prima del collega. "Chi ha scoperto il corpo?"

"Sorpresa-sorpresa, è stata proprio la signora Christine Henry, che abita qui di fianco. Dice che ha visto il corpo attraverso la finestra, poi ha chiamato la polizia."

"Si sa approssimativamente l’ora della morte?"

"Ieri sera alle 11 o 11.30, massimo mezzanotte."

"Nessuna impronta, indizio, niente?"

Mulder alzò le sopracciglia. "Stanno ancora cercando in giro per la casa, comunque."

"Figurarsi…Come mai era qui a quell’ora?"

"Non si sa. Immagino per qualcosa d’inerente al caso." Mulder notò la faccia assonnata della collega, la quale cercava in tutti i modi di non farlo notare. "Non hai dormito bene stanotte?"

Scully fu colta di sorpresa, ma anche questa volta doveva mentire. Non poteva certo dirgli che aveva dormito poco perché aveva fatto sesso con un uomo che conosceva da cinque giorni…anche perché non erano fatti suoi. "No...cioè sì…Ho dormito bene, solo che…mi sono addormentata tardi."

"Ah…" Mulder trovava strana la risposta della collega. "Senti…per l’autopsia…"

"Andrò appena porteranno via da qui il corpo."

"Ok…Io finirò di perlustrare la casa. Ci vediamo all’obitorio….diciamo…..verso mezzogiorno?"

"No!….Ehm…Verrò io, non so a che ora potrei sbrigarmi…" Scully cercò di rilassarsi. Con quel ‘no’ aveva quasi spaventato Mulder.

"Come vuoi."

"Ci…Ci vediamo eh…"

Scully si allontanò il prima possibile. Non era passato neanche un giorno da quando tra lei e Matthew era nato qualcosa e già stava avendo problemi. Sarebbe stata dura nasconderlo a Mulder per molto tempo.

(N.B.- L’uso del verbo "nascere" riferito a Matthew e Dana non ha niente a che vedere con una gravidanza o col fatto che la notte prima avrebbero "procreato" qualcosa. E’ una precisazione per gli shipper come me, non potrei assolutamente farla mettere in cinta da lui! Come si suol dire "non tutte le ciambella escono col buco", e non è un doppiosenso….anche perché la ciambella col buco l’hanno già fatta Mulder e Scully in "All things", percui…lo sapete che a me viene un attacco d’iperventilazione e tachicardia ogni volta che sento le parole "gravidanza", "è incinta", "neonato", e "I’m pregnant"che sarebbe l’equivalente di "sono incinta"? Devo ancora riprendermi dalla shock…Un’altra parola proibita è "48"…ma chiedetemi il perché in chat, ora dovete continuare a leggere…)

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

 

Washington Country Morgue
Washington, D.C.
11.50

Scully aveva quasi finito l’autopsia e con essa anche il tempo durante il quale poteva parlare con Matthew: era infatti necessario che fosse lontana da Mulder, altrimenti avrebbe dovuto mentire di nuovo, e lei odiava farlo con il suo collega. Fortunatamente durante un’autopsia lei rivolgeva tutta la sua attenzione a quello che stava facendo, di conseguenza non aveva pensato molto ai suoi problemi. Scully dovette fermarsi per andare a rispondere al telefono.

"Pronto?"

"Ciao!" La voce di Matthew era squillante e allegra. "Che stai facendo?"

"Un’autopsia."

"Ah, allora posso parlare quanto voglio, non credo che tu abbia tanta fretta…"

"Infatti, e tu?"

"Non molta, sono comodamente seduto nel mio ufficio."

"Hai anche un ufficio?"

"Certo. Non è un privilegio che possono avere solo gli agenti dell’FBI sai?"

Scully rise. Non era ancora riuscita a fare un discorso con lui senza ridere almeno una volta.

"Quando potrò vederti oggi?"

"Stasera…..credo…"

"Come ‘credo’?"

"Non so quando mi posso liberare, c’è stato un altro omicidio e le cose si complicano."

"E’ per questo che ti hanno chiamata stanotte?"

"Era mattina…."

"Mattina?"

"Sì, erano circa le 7."

"Davvero? Beh…A quell’ora è notte fonda per me."

"Ma a che ora vai al lavoro?"

"Dipende…certe volte alle 8, certe volte alle 11…altre non vado proprio."

"Cosa? Non vai?"

"Se non ci sono emergenze i miei protetti evitano di disturbarmi…altrimenti assaggeranno la mia ira."

"Tu che ti arrabbi? Mi sembra quasi impossibile."

"Grazie tesoro."

Era la prima volta che la chiamava in quel modo….D’altronde….

"Hai mangiato?", chiese lei.

"No, non ancora. Ma lo farò presto, il mio stomaco si fa sentire…"

"Non immagini il mio…Credo che prenderò qualcosa prima di tornare al lavoro…Ora devo andare, ti lascio al tuo ozio…"

"Ok. Per stasera?"

"Verrò, ma non so dirti l’orario."

"Non preoccuparti, ti aspetterò sveglio…fosse anche l’una di notte."

Scully emise una risata ironica: "Sì,…mi immagino…"

"Spiritosa. Ci vediamo."

"Ciao."

"Ehi?" Matthew parlò prima che lei potesse chiudere.

"Sì?"

"Ti amo."

"…..Anch’io."

Scully ripose il telefono e tornò a lavorare.

(Credevate che Scully rispondesse "Oh mio Dio" ? comunque non rilascio commenti. La mia parte shipper è in silenzio stampa. Shipper riprendetevi, non è colpa mia se tempo fa lei ha pensato che Mulder fosse drogato quando che le ha detto che l’amava….)

XOXOXOXOXOXO

 

13.10

"Disturbo?"

Scully si girò, al suono della voce del suo collega, con un’aria incredula. "E tu che ci fai qui?"

"Ho visto che non arrivavi e ho pensato che potessero esserci problemi. E’ così?"

"Sì, più o meno…"

"Che genere di problemi?"

"Sto cercando di risolvere un….‘mistero’..."

"Senza di me?", disse Mulder in tono scherzoso.

Scully accennò un sorriso.

"Qual è il problema?" Mulder fece per avvicinarsi al corpo per guardare dentro, ma ci rinunciò subito e tornò indietro.

"C’è….qualcosa che non quadra." rispose Scully cercando di soffocare una risata.

"Avanti, smettila di fare la misteriosa, non ti prenderò in giro."

Scully assunse un’aria più seria. "Gli hanno sparato."

Mulder alzò le spalle. "Che c’è di strano?"

"Non trovo i fori d’entrata e d’uscita."

Questa volta il viso di Mulder si trasformò nella tipica espressione che faceva quando non riusciva a capire.

"Voglio dire…le lesioni all’interno sono quelle di uno sparo, ma è impossibile che qualche proiettile sia entrato, né tanto meno uscito. Ho fatto dei rapidi calcoli per intuire la traiettoria ottimale…"

"Ma non hai trovato niente."

"Niente."

Mulder si prese qualche secondo per ragionare.

"Mulder, senti, non…."

"Cosa? ‘Non’ cosa?" L’uomo la interruppe. "Non è possibile che gli abbiano sparato sparato visto che nessuno l’ha fatto?"

Scully non rispose e si limitò a guardarlo con aria infastidita. Sapeva che stava per iniziare a fargli una predica riguardo al suo scetticismo.

"Possibile che ancora non credi a qualcosa se è fuori dalla tua rigida visione scientifica del mondo? Sette anni! In sette anni ancora non ti sei convinta che ci sia anche solo la remota possibilità che ci possa essere qualche altra spiegazione?"

Il tono della voce di Mulder non era irritato, ma poteva cambiare da un momento all’altro. Scully sapeva come lui diventava quando si trattava di difendere i suoi pensieri. Il suo collega aveva detto le stesse identiche parole che Melissa le aveva proferito, durante quello che poi sarebbe diventato il loro ultimo incontro faccia a faccia.

Mulder si accorse di aver detto qualcosa di storto dal comportamento di Scully. La donna infatti, dopo essere rimasta qualche minuto in silenzio appoggiata al tavolo, si era tolta tutte le protezioni e stava raggiungendo l’uscita. Il suo collega si incamminò solo quando lei era sparita da molto tempo, e ormai sedeva in macchina. Neanche quando si trovò in macchina, lei lo degnò di uno sguardo o di una parola.

Dopo circa cinque minuti, Mulder decise di provare a rompere il ghiaccio. "Scully, mi dispiace di…."

Lei girò la testa di scatto dicendo: "No. Non voglio le tue scuse." Sembrava arrabbiata.

Mulder aveva l’impressione che la sua collega avesse riferito quella frase non perché pensava che lui avesse ragione, piuttosto perché voleva fargli capire che doveva imparare a pensarci due volte, prima di parlare, e magari offendere qualcuno. Anche se quello che le aveva detto era vero, Mulder decise di non continuare la conversazione. In fondo anche quello che le aveva dichiarato circa due anni prima nel corridoio era vero: l’aveva salvato e l’aveva fatto diventare adulto. Mulder pensò che era meglio girare l’attenzione sul loro caso.

"Dovremmo andare a parlare con Anthony Drennan. Credo che sia andato a casa di Jim Cross questa notte e abbia preso qualcosa di importante."

Scully fece solo un cenno d’assenso e voltò la testa.

"E’ sempre più strana. C’è qualcosa che non mi sta dicendo." pensò Mulder. Ma rimandò quella conversazione a un altro momento, e partì.

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Anthony Drennan Residence
Washington, D.C.
13.47

Durante tutto il percorso dall’obitorio alla casa di Anthony, i due partner non si erano rivolti la parola. Mentre guidava, Mulder aveva dato ogni tanto uno sguardo di sbieco alla collega. Scully era stata per tutto il tempo a guardare fuori dal finestrino. Mulder si ritrovò a pensare al loro rapporto in quegli ultimi giorni. Da quando litigavano così spesso? Era convinto che non fosse solo colpa di quello che le era successo negli undici mesi precedenti. Qualcos’altro la turbava, ma era qualcosa di talmente grave che non poteva, o non voleva, dire a lui. Era accaduto qualcosa di simile pochissime volte: Scully aveva aspettato a dirgli di Emily, del suo ‘viaggetto’ con CGB Spender, non gli aveva detto subito di Daniel…Ma lui era sempre riuscito a farla parlare. La conosceva bene, e sapeva quando qualcosa non andava per il verso giusto. E ora c’era qualcosa che non andava per il verso giusto.

Fu Scully la prima a raggiungere il portone, e successivamente l’ascensore. Ancora non lo guardava: era come se avesse paura che lui potesse scoprire la verità, guardandola negli occhi. Mulder si chiese quale fosse questa verità tanto importante da tenerlo lontano. Decise di agire, anche se sapeva che lo faceva a suo rischio e pericolo, e appoggiò una mano sulla spalla di Scully. Il linguaggio dei segni aveva sempre funzionato meglio della parole, tra loro, e lui contava su questo. Era consapevole del fatto che avrebbe avuto poco tempo per decifrare la sguardo della collega. Con il suo gesto Mulder voleva farle capire che era dispiaciuto, ma anche che aveva scoperto che qualcosa la preoccupava. Scully si girò a guardarlo, non appena lui appoggiò la mano; ritornò a fissare la porta dell’ascensore dopo pochi secondi…Mulder non credeva ai suoi occhi. Non era riuscito a capire. Lo sguardo dell’amica, per la prima volta, era un segnale muto, totalmente inespressivo……La luce….Ecco cosa mancava: Mulder non aveva visto la luce negli occhi di lei, quella luce che aveva sempre avuto quando lo guardava. A questo punto era sempre più preoccupato, ma doveva tornare a lavorare: erano ormai giunti alla porta dell’appartamento di Anthony e Scully stava bussando.

"Anthony Drennan?" disse la donna, appena la porta si aprì.

"Sì."

"Siamo gli agenti Scully e Mulder dell’FBI, possiamo farle qualche domanda?". Scully mostrò il tesserino.

"No."

L’agente fu sorpresa. "Scusi?"

"Non ho molto tempo, devo tornare al lavoro."

"Ci vorrà pochissimo.", disse Scully, entrando prepotentemente.

"Potrei almeno sapere l’argomento della conversazione?" chiese Anthony, seguendola.

"Jim Cross."

Anthony represse immediatamente l’espressione di sorpresa mista a paura, e la cambiò con una impassibile.

"Sa che suo zio è morto vero?" Mulder prese in mano il discorso.

"Non era mio zio."

"No? Accidenti, deve esserci stato un errore." Mulder stava bluffando.

"Sono il nipote di Caroline Cross; Jim è il mio prozio."

"Il legame di parentela c’è…"

"Certo…"

"Vive a Washington da parecchio?"

Non molto, circa cinque mesi."

"Ah….E…" Mulder fu interrotto dalla collega, che aspettava impaziente di fare la domanda principale.

"Dov’era il 25 Giugno intorno alle 19?"

"In giro."

"In giro? Per caso era andato a trovare il suo PROZIO?" Scully iniziò ad avere l’atteggiamento aggressivo che assumeva quando l’interrogato non le era particolarmente simpatico. Segno che stava perdendo la pazienza.

"No."

"E’ andato a trovare sua nonna all’ospizio?"

"No."

"E allora dov’era?"

"A bere qualcosa in un bar, è vietato forse?"

"Che bar era?"

"Non sono sicuro che possa conoscerlo."

Lo sguardo di Scully era infuocato. Mulder sapeva che la sua collega stava per scoppiare, quindi la anticipò. "Qual era il bar?"

"Piggy."

"Ha un testimone che possa confermarlo?"

"Non conoscevo nessuno in quel locale."

"Potrei chiedere al barista."

"Potrebbe non ricordarsi di me."

Dopo qualche secondo, Scully intervenne. "Non lasci la città sig. Drennan." E dopo averlo incenerito con lo sguardo, si diresse verso l’ascensore. Mulder la raggiunse dopo qualche secondo. Quando furono soli nell’ascensore, Scully rivolse finalmente la parola al collega. "Pinocchio ad un corso di improvvisazione racconterebbe meno idiozie…"

"Sono d’accordo. Per prima cosa dobbiamo controllare l’alibi."

"Partiamo dall’ospizio?"

"Ok."

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Cronin Home For The Aged
Washington, D.C.
14.25

 

Mulder e Scully erano appena entrati nell’ospizio. Questa volta non c’era neanche l’infermiera che avevano conosciuto, nel raggio di 1 km. Come al loro solito decisero di andare a curiosare in giro e, per la precisione, sul libretto delle visite.

"Vedi il nome di Anthony?" chiese Scully.

"No…"

"Beh, almeno quella era la verità."

"In un mare di bugie…"

"Posso aiutarvi? O avete già fatto?". La voce era proprio dietro le loro spalle. Se invece di essere una grossa infermiera fosse stata un pericoloso serial killer, a quell’ora sarebbero morti. Certe volte la loro curiosità era troppo forte.

Mulder si girò. "Ehm….no, ci servirebbe il suo aiuto."

"Ci scusi per l’intrusione, ma non abbiamo visto nessuno così…"

"Avete pensato di curiosare invece di chiamarmi…"

Mulder e Scully si guardarono. "Per caso Anthony Drennan è venuto qui il 25 Giugno?", chiese Mulder.

"Chi?"

"Il nipote…è Anthony Drennan, non Cross."

"Ah…No, non è venuto nessuno per Caroline e Sharon quel giorno, come avete potuto notare dal libretto…"

Scully tirò fuori il suo biglietto da visita. "Può chiamarci in caso verrà? L’ha mai visto?

"No."

"Questa è una sua foto."

"Ok."

"Scusi ancora il disturbo."

"Arrivederci."

I due agenti uscirono dal quel posto il più in fretta possibile.

"Accidenti, mi sono sentito come un bambino sorpreso a rubare i biscotti."

Scully si bloccò. "Mulder…Anthony ha detto che la sera dell’omicidio era al Piggy?"

"Sì, perché?"

"Dove eravamo noi il 25 Giugno alle dieci di sera?"

"Al Piggy."

"Vedo che ti ricordi ancora della sera della tua sconfitta." Scully entrò in macchina.

"Guarda che mi sto allenando, non fare molto la spiritosa…". Entrò anche Mulder.

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Piggy’s bar
Washington, D.C.
15.02

 

Mulder e Scully entrarono nel locale. A quell’ora c’erano poche persone, ma fortunatamente il barista c’era: era lo stesso della sera del 25 Giugno. Scully si avvicinò: "Salve."

Il barista, che era di spalle, si girò immediatamente alla voce della donna. "Ah, salve." Li aveva riconosciuti. "Cosa prendete?"

"Si ricorda di noi?"

"Certo, non siete quelli che hanno fatto una partita a biliardo e ha vinto la donna?", disse l’uomo con un sorriso divertito.

"Sì, siamo noi." disse Mulder, che non era per niente rallegrato.

"Ma non siamo qui per bere qualcosa." Scully al contrario non riusciva a smettere di sorridere, neanche quando si voltò verso il suo collega, quasi come se volesse consacrare ancora di più la sua vittoria. Lo sguardo di Mulder fece capire a Scully che lui non trovava divertente neanche lei, ma la donna ancora non smetteva di sorridere. Tirò fuori il distintivo. "Siamo dell’FBI, vorremmo farle qualche domanda."

"Riguardo a cosa?"

Scully mostrò la foto di Anthony Drennan. "Ha visto quest’uomo il 25 Giugno?"

"Ne vedo parecchie di persone in un giorno…comunque mi sembra di sì…"

"Purtroppo non ci serve un ‘se’."

"Mi dispiace ma non posso esserne sicuro. E poi non è un tipo…strano,voglio dire…ci sono molte persone simili a lui, da dietro si possono confondere."

"Ho capito…Grazie lo stesso dell’aiuto. Se dovesse ricordarsi qualcosa, può chiamarci a questo numero." disse Scully, porgendogli il biglietto da visita.

"Certo…Non vi fermate a bere qualcosa?"

Scully e Mulder si lanciarono un’occhiata.

"Ehm…non è permesso bere in servizio…"

"Andiamo, chi potrebbe entrare qui dell’FBI? Il direttore?"

I colleghi si scambiarono un’altra occhiata. "Che ne dici?" chiese Scully.

"Sei tu quella che segue il regolamento alla virgola, non io…" Mulder si diresse verso un tavolo.

Scully guardò al barista e raggiunse il suo partner. "Stai attento, potrei decidere di batterti quando voglio…"

"A proposito, prima non c’era niente da ridere…"

Scully rise di nuovo. "Ok,…vuoi la rivincita?"

"No, non voglio che ti diverti a umiliarmi davanti a quel tipo, potrebbe venire a saperlo tutta Washington."

"Andiamo…può anche darsi che vincerai…"

Mulder vide una punta di furbizia nell’espressione della sua amica. "Se proprio insisti…"

"Insisto."

"D’accordo."

I due si diressero verso il tavolo. Mulder si tolse la giacca e si allentò la cravatta.

"Inizia tu." disse Scully.

La partita durò pochi minuti…e vinse Mulder. Quando mandò l’ultima palla in buca, Mulder alzò lo sguardo incredulo. "Ce l’ho fatta! Ti ho battuto!"

"E’ vero, mi hai battuto…" Scully tornò al tavolo. Aveva sbagliato molti colpi facili, ma l’aveva fatto di proposito. Sperava che Mulder non se ne accorgesse. La raggiunse al tavolo, e ricominciarono a parlare.

"Incredibile…come hai fatto a sbagliare quei colpi così facili?"

"Capita a volte ai grandi campioni."

"Aspetta…Non l’avrai fatto apposta!"

"No,…ma che ti salta in mente…"

"Sì, invece."

"Ti dico di no."

"Sai che non riuscirai mai a mentirmi completamente…"

"Chi ti dice che non ho sbagliato veramente."

"Già, la volta scorsa mi hai distrutto, e oggi sbagli quei colpi."

"Eh sì…"

Mulder sorrise. Adesso era come se non fosse successo niente di brutto: era allegra, simpatica, calorosa, e lo faceva perdere nel suo sguardo e nei suoi sorrisi. "Come vuoi. Ma ora siamo pari, manca una partita."

"Quando vuoi."

"Però devi giocare seriamente…"

"Ma l’ho fatto…"

"Smettila di prendermi in giro."

Dopo qualche minuto di conversazione e di bibite tracannate, Scully si alzò in piedi. "E’ ora di andare."

"A fare cosa?"

"A studiare i dati che abbiamo."

"Non abbiamo niente!"

"Ok, allora andiamo a cercare qualcosa su Anthony Drennan."

"Intanto abbiamo visto che era qui quella sera."

"Non è sicuro…"

Dopo qualche secondo, Mulder disse: "D’accordo, mi hai convinto…Andiamo…"

I due agenti uscirono dal locale, dopo aver salutato il barista.

XOXOXOXOXOXOXO

 

FBI Headquarter
Washington, D.C.
19.49

 

I due agenti avevano fatto parecchi controlli, ma non avevano trovato niente di strano su Anthony Drennan. Aveva frequentato regolarmente la scuola, aveva fatto per un periodo il servizio militare, e non aveva nessun precedente. Sembrava un ragazzo normale.

"Questo Anthony Drennan sembra un cittadino modello." disse Mulder.

"Già…" Scully guardò l’orologio e si alzò di scatto in piedi. "Devo andare…"

"Dove?"

"A…casa. Ho bisogno di riposare."

"Hai ragione, vado anch’io…Non è che…vorresti fermarti un po’ con me?"

"Ehm….magari un’altra volta…ho parecchie cose da fare a casa."

"Ok. Ci vediamo domani."

"Certo." Scully raggiunse la porta e prese la giacca. "Ciao."

 

XOXOXOXOXOXOXOXOXOX

 

Matthew Colman’s apartment
Washington, D.C.
21.05

 

Scully si stava dirigendo verso la porta di casa di Matthew. Non aveva potuto arrivare prima perché aveva dovuto passare da casa per fare alcune cose, e per di più il traffico a quell’ora era insopportabile. Durante il tempo che aveva trascorso, da quando aveva lasciato l’ufficio fino a quando non era arrivata davanti alla casa di Matthew, non aveva fatto altro che pensare a lui. Effettivamente l’aveva fatto tutto il giorno, ma più si avvicinava il momento di vederlo, più era elettrizzata. Aveva già bussato due volte, ma Matthew non era ancora andato ad aprire. Ad un tratto, sentì dei rumori alle sue spalle. Si girò di colpo, sicura di vedere Matthew. Infatti era lui, che stava cercando di avvicinarsi di soppiatto per sorprenderla. Ma credeva di sorprendere Dana "la sua ragazza", e non aveva fatto i conti con Dana "l’agente dell’FBI".

"Accidenti, mi hai scoperto."

"Sappi che gli agenti dell’FBI sono sempre in servizio. Non puoi prendermi di sorpresa, mi dispiace." disse Scully con un sorriso.

"Beh, almeno ci ho provato."

Un bacio di benvenuto non guasta mai. Nessuno dei due manteneva il contatto con il mondo esterno, quando si baciavano. E non avevano mai provato niente del genere, per nessun’altro.

"Che ci fai fuori di casa?", chiese Scully.

"Arrivo adesso da lavoro."

"Ma guarda!"

"Ebbene sì, anch’io devo essere reperibile 24 ore su 24. Mi hanno beccato mentre stavo preparando la cena."

"Davvero?"

"Sì tesoro, ma aspetta di assaggiare, prima di essere pessimista. Entriamo."

"Non ho detto niente.", disse mentre entravano in casa e si dirigevano in cucina.

"Noooo…..quel ‘davvero’ non mi è sembrato molto normale."

"Ok, allora prima mangio, e poi giudico."

"Sì, ma non essere troppo severa, ok?"

"Ok.", disse mentre rideva.

Scully si avvicinò al tavolo per aiutare Matthew, ma lui le bloccò la mano e la baciò. "Lascia stare, siediti. Faccio io."

"Non sono ancora così distrutta."

"A me sembra di sì invece." La fece sedere e accompagnò la sedia.

"Come vuoi."

"Domanda di rito. Come è andata?"

"Abbastanza bene."

Matthew si girò di scatto con una finta faccia sorpresa. "Ma non mi dire!"

"Niente, ho solo perso un po’ il controllo mentre stavamo interrogando un tizio sospetto, siamo andati in un bar e poi nell’ufficio. Tutto il pomeriggio a cercare informazioni sul sospetto."

"Aspetta…hai detto bar?"

"Ehm….sì…l’ho detto."

Matthew la guardò in modo interrogativo. Poi riprese l’espressione allegra di sempre. "Che ci siete andati a fare?"

"Dovevamo verificare un alibi, e poi siamo rimasti a…"

"Bere qualcosa."

"Infatti, ma…è meglio se non lo urli ai quattro venti."

"Fammi indovinare: è vietato bere in servizio?"

"Sì."

"Beh…uno strappo alla regola ogni tanto non fa male. Prendi me per esempio…anch’io bevo un po’ nel mio ufficio…." Scully lo guardò con aria preoccupata, e Matthew se ne accorse. "Scherzavo!"

"Era quello che speravo per te."

"Che mi avresti fatto altrimenti?"

Scully fece una risatina maliziosa.

"Ok, me lo mostrerai più tardi."

La cena era pronta.

XOXOXOXOXOXOXOXO

 

21.56

Scully e Matthew avevano già finito di mangiare, e lui aveva insistito per non essere aiutato. Dana l’aveva accontentato, e ora stavano parlando. Erano ancora in cucina.

"La cena era ottima. Hai imparato da solo?"

"Sì, dopo lunghi mesi di allenamento e di schifezze mangiate."

Scully rise. "Alla fine ce l’hai fatta però."

"Già. La costanza dà buoni frutti."

"Quando hai avuto il tempo di studiare i proverbi?"

"A differenza di quanto stai pensando in questo momento, non sono uno di quelli che usano un proverbio per ogni occasione. Quando me ne viene in mente uno adatto, lo dico."

"Ne sai parecchi?"

"Non li ho mai contati."

Scully rise ancora. Con lui rideva sempre, non riusciva a stare cinque minuti senza ridere. Ormai era confermato: con Matthew era una cosa seria.

"Ho finito. Sei troppo stanca, o posso portarti in un posto romantico?"

"Non sono mai stanca, quando si tratta di stare con te."

Matthew fece un sorriso compiaciuto. E come accadeva di solito, quando sorrideva lui, inevitabilmente lo faceva anche lei.

"Andiamo."

I due si diressero in strada, e camminavano, alla luce dei lampioni, abbracciati.

"Sicura che va tutto bene? Ti vedo strana."

Scully decise di parlare. In amore era meglio non avere segreti. Anche se poteva dirgli dei problemi attuali, non aveva ancora il coraggio di dirgli quello che le era successo in quei nove mesi precedenti. "Ti ricordi la nostra prima cena?"

"E chi se la scorda!"

Scully rise. Ecco, anche adesso, che stava per affrontare un discorso serio, Matthew era riuscito a farla ridere. "Ti ricordi che ti dissi che avevo problemi con il lavoro, e che tu mi dicesti che era meglio staccare la spina?"

"Vuoi una mano a staccarla?"

"No, non è quello…."

"Allora cos’è?"

"Quando…..si tratta di lavorare, ultimamente, mi sento sempre più demotivata."

"Motivo?"

"Non so…credo che…" Scully sospirò. "E’ difficile spiegarlo, è una storia lunga."

"Mi sforzerò."

"Ok…Il lavoro che facciamo noi, non è usclusivamente su cose paranormali, vedi noi…cerchiamo di smascherare il governo."

"Il governo?…Ma…sbaglio o tu LAVORI per il governo?"

"Sì, ma…stiamo cercando di far venire a galla tutti i complotti, ma….è una battaglia persa in partenza. Per quanto ci possiamo impegnare, loro sono sempre un passo davanti a noi. Vincono sempre e comunque."

"Possono anche vincere le battaglie, ma potete sperare di vincere la guerra."

"La guerra si vince quando hai più vittorie in battaglie del tuo nemico. Noi siamo già 70 a 1…Non possiamo recuperare 70 punti in un batter d’occhio,…non contro di loro."

Ci fu qualche secondo di silenzio.

"Ribadisco il mio concetto. Se mi hai detto che ami il tuo lavoro, può essere questione di stanchezza temporanea. Può essere colpa di qualcosa che ti è successo sul lavoro, e che non riesci a lasciarti alle spalle." Scully non rispondeva. "E’ così?"

"Ho passato dieci mesi infernali. Se fosse stata solo una cosa da mettere alle spalle, ci sarei anche riuscita. Ma non con tutto quello che ho passato."

"Il tuo compagno di lavoro…"

"Mulder."

"Sa quello che è successo?"

"Sì."

"E non ti dice niente?"

"Prima sì, mi pregava di prendermi un periodo di riposo, ma io rifiutavo."

"Perché?"

"Credevo che con il lavoro sarei stata meglio."

"E invece stai peggio. Se gli dici come ti senti ora, sono convinto che sarà lui stesso a spedirti in vacanza."

"Non posso dirgli quello che ho detto a te."

"Quale parte in particolare?"

"Quella delle battaglie perse. E non posso mentirgli, se ne accorgerebbe. Anche perché non SO mentirgli."

"Digli quello che vuoi che senta."

"Sarebbe a dire?"

"Una piccola parte di questa tua ‘stanchezza’ è dovuta a quei dieci mesi vero?"

"Piccola, ma sì."

"Ecco. Digli che è colpa di quello. Non è una bugia."

"Potrei anche, ma non adesso."

"Perché no?"

"Nel bel mezzo di un indagine?"

"Ok, allora promettimi che chiederai qualche giorno di riposo, quando finirete." Scully non rispose. Non poteva prometterglielo, non era ancora sicura di fare la cosa giusta. Matthew capì perché Dana non rispondeva. "D’accordo, non c’è bisogno che lo prometti, però….cerca di decidere in fretta. Non reggerai ancora per molto."

"Farò del mio meglio."

"…..Ecco, siamo arrivati."

"Il molo?"

"Sì. E’ una bella serata, la luna si riflette sul mare, non c’è anima viva in giro. Vengo spesso qui, a pensare. Non passano molte persone a quest’ora: mi metto seduto sul bordo, con le gambe sospese in aria. Vieni."

Matthew e Dana si sedettero proprio come diceva lui: sul bordo, con le gambe fuori dal margine, e si abbracciarono.

"Vorrei poterti aiutare."

"Lo stai già facendo."

Matthew rise. "Intendevo dire di più."

"Non fa niente."

Dopo qualche secondo, Matthew disse: "Ti ho mai detto che non posso fare a meno di te?"

"Sì…ma non smettere mai di dirmelo."

Matthew rise ancora e Scully appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo. Rimasero a guardare il mare, ed entrambi volevano che quel momento non finisse mai.

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Matthew’s apartment
Wahington, D.C.
June, 29th 2000
8.09

Scully era nel dormiveglia. Sentiva il leggero calore del sole, che filtrava dalla finestra, sulla sua pelle nuda. Allungò la mano verso Matthew, con gli occhi chiusi…il posto era vuoto. Immancabilmente, si ricordò di Sonny, di quella mattina in cui si svegliò e lui l’aveva lasciata sola. Da quel momento la loro relazione, anche solo come amici, era stata irrecuperabile. Dana però non si agitò: sapeva che Matthew non era assolutamente come Sonny, non avrebbe potuto lasciarla sola. Diede un’occhiata all’orologio. Era un po’ in ritardo, così si alzò e raccolse la prima cosa che trovò sotto mano, ossia una maglietta di Matthew. Era più larga di parecchie misure, così fungeva anche da vestaglia, coprendola fino a sopra le ginocchia. Camminava come uno zombi appena resuscitato. Non aveva dormito bene quella notte, come succedeva da circa dieci mesi. Quando finalmente si era addormentata, era riuscita a fare solo poche ore.

"Matthy…." Scully lo chiamava, con la voce non molto squillante che aveva tutte le mattine, mentre raggiungeva la cucina. Matthew era intento a sistemare un mazzo di fiori in un vaso in mezzo al tavolo. Scully si fermò sulla soglia, e aspettò qualche secondo, prima di parlare. "Che stai facendo?"

"Ehi!"

Questa volta era un bacio di buongiorno, ma era ancora meglio di quello della sera precedente. Scully non era ancora riuscita a capire perché, ma ogni bacio che si davano era diverso e più bello del precedente.

"Buongiorno…" disse Matthew con voce dolce.

"Buongiorno…Sono bellissimi." Scully era ancora assonnata. "Quando ti sei svegliato?"

"Circa mezz’ora fa."

"Perché non mi hai chiamato?"

"Ho visto che stavi dormendo come un angelo e non ne ho avuto il coraggio."

"Farò tardi."

"Non fa niente…" Matthew riprese a parlare dopo qualche istante. "Non hai dormito stanotte, vero?"

"No."

"Come mai?"

"Brutti sogni."

"Cosa hai sognato?"

Scully fece una risatina ironica ma triste. "Quello che sogno da dieci mesi…."

"Come?"

"Non…non ho ancora il coraggio di dirti quello che mi è successo,…che poi sarebbe la causa di tutti i miei problemi attuali."

"D’accordo, non c’è fretta. Quando sarai pronta me lo dirai….Cosa prendi per colazione?"

"Caffè."

"Solo?"

"Guardami bene: di cosa ho bisogno secondo te?"

Matthew la guardò per un po’. "Caffè….molto forte…"

Scully rise. "Devo avere un aspetto terribile."

Matthew la baciò per dimostrarle che non era vero, e anche se lo era ,a lui non importava. Poi versò il caffè in due tazze e si sedette di fronte a lei. "Come mi hai chiamato prima?"

"Quando?"

"Prima che entrassi in cucina e mi spaventassi a morte."

"Matthy."

Matthew sorrise. "Mi piace come soprannome."

"E’ molto dolce…come te."

L’espressione di Matthew fece capire a Scully che stava pensando a qualcosa. "Che c’è?"

"Anch’io voglio chiamarti in un modo dolce. Hai un secondo nome?"

"Katherine."

"Mhm….Kathy…."

Scully sorrise.

"Quando verrai stasera?"

La donna lo guardò con aria rassegnata.

"Ho capito, non lo sai."

"Non ne ho la più pallida idea….Come non so cosa faremo oggi nella nostra indagine."

"Posso chiamarti?"

"No, ti chiamo io…"

Matthew impiegò qualche secondo per pensare. "Il tuo amico non lo sa."

"…….."

"E non vuoi che lo sappia. Perché?"

"Prima o poi lo saprà."

"Perché stai aspettando a dirglielo? Non sei sicura che sia una cosa seria?"

"Ma che dici…"

"E allora perché? C’è qualcosa che devo sapere?"

(Vorrei solo ricordarvi che la fanfic si colloca tra All things e Requiem: di conseguenza lei e Mulder hanno già zompato, e lei non sa che è incinta. Tenetelo presente durante la storia.)

"Vedi, noi siamo degli amici molto speciali, e…non la prenderebbe bene, se sapesse che sono impegnata con qualcuno." Matthew non era più allegro. Era la prima volta che lo vedeva così.

"C’è stato qualcosa tra voi?"

"……….No."

"Ci sarà qualcosa in futuro?"

"….No."

Matthew aveva captato il segnale. Quei ‘no’ volevano essere ‘sì’, e peraltro non lo stava guardando negli occhi mentre li diceva. La scrutò per qualche secondo. "Devo preoccuparmi?" Scully non rispose, e iniziò a massaggiarsi la fronte. Il ragazzo capì che lei aveva già troppi problemi per parlare di questo, e i suoi movimenti lo facevano capire bene. Per il momento era meglio non parlarne. Anche se in pratica sapeva che tra i due agenti c’era stato qualcosa, e probabilmente ci sarebbe stato anche in futuro, decise di fidarsi di lei. Si pentì di aver portato avanti il discorso e mise la sua mano su quella di Dana. "Mi dispiace. Scusami. Era solo…una schifosa gelosia da fidanzato preoccupato. Non devi rompere i rapporti con lui solo perché io sono geloso ok? Me lo prometti? Almeno questo."

"Sì, te lo prometto." Tornò a guardarlo.

"Scusa."

"Non preoccuparti, glielo dirò prima o poi."

Matthew baciò la mano di Scully. Quello era il loro primo screzio da quando era nata quella relazione, ossia da meno di una settimana. Lei aveva sempre avuto l’impressione di conoscerlo da una vita, ecco perché ci avevano impiegato poco tempo per instaurare il rapporto. Ma anche la prima litigata era arrivata troppo presto. Certo, lei sapeva che in un rapporto si deve litigare ogni tanto, come diceva il proverbio, ma lei sperava che quello non fosse un rapporto flash: veloce nell’iniziare, e veloce nel finire. Non l’avrebbe permesso: non voleva che finisse. Matthew era arrivato al momento giusto, e con lui si trovava molto bene. Chiunque avesse voluto dividerli, avrebbe dovuto passare sul suo corpo. Tuttavia non sapeva perché aveva risposto di no a quelle domande, quando la risposta giusta era logicamente ‘sì’. Ormai non poteva negarlo, tra lei e Mulder c’era qualcosa, che ultimamente era cresciuto (à All things ihihihihihihi ^_^ ). Ma ormai…tutto era compromesso. Nonostante questo non poteva smettere di volergli bene. E non voleva. (meno male…)

 

(avrete notato che ultimamente ho fatto pochi commenti tra parentesi, tutta colpa della malinconia shipper da requiem…ç_ç non vedo l’ora di finire la fanfic, solo per fare quella fine shipper. Non immaginate quanto stia soffrendo a fare queste cose noromo….)

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FBI Headquarter
Washington, D.C.
9.23

Scully si fermò qualche secondo dietro la porta, prima di entrare. Voleva apparire assolutamente normale, come se tutto andasse bene. Sapeva che la minima esitazione avrebbe fatto accendere i campanelli d’allarme a Mulder, anche se lei sospettava che lui avesse già intuito qualcosa.

"Buongiorno", disse appena entrò.

"Buongiorno. Come mai hai fatto tardi stamattina?"

Prima domanda complicata. "Mi sono svegliata tardi." Non era una bugia. "Allora, qual è il menù del giorno?"

"Non lo so, ma ho scoperto qualcosa d’interessante."

"Cioè?"

"Mentre aspettavo che arrivassi, ho telefonato ad Andrea Cross, e le ho detto che probabilmente il padre è stato ucciso, con il morso di un serpente. Così, parlando del più e del meno, è saltato fuori il fatto che Jim Cross aveva una fifa tremenda dei serpenti."

"Ma dai…"

"Sì invece. Ho scoperto anche che i figli di Jim non avevano neanche la minima idea che avessero un nipote di nome Anthony Drennan. Dicono che non hanno buoni rapporti con i figli di Caroline e Sharon, così non hanno mai potuto vedere i nipoti, il primo in particolare. Non sapevano neanche il nome."

"Possibile?"

"Possibilissimo. Ma la mia attenzione era totalmente presa dal particolare del serpente, così ho chiamato la centrale di polizia per sapere qualcosa su Jay Maskey, e indovina?"

"La mia mente non va al passo con la tua, specialmente la mattina presto, quando ho dormito male tutta la notte…"

"Come mai?"

"Niente che non possa essere superato. Dicevi di Maskey?"

"Aveva paura che gli sparassero e di rimanere  ucciso in uno scontro a fuoco." Mulder guardò Scully con la classica espressione che aveva quando voleva far capire qualcosa a lei.

Lei ci pensò qualche secondo, poi alzò le spalle.

"La paura Scully."

"Cosa?"

"Non hai notato? Entrambi avevano paura di qualcosa, e combinazione sono morti proprio per quella cosa. Hai detto che non hai trovato né il morso del serpente, né i fori d’entrata e d’uscita."

"Non ti seguo. Sei già arrivato ad una conclusione?"

"Sì. Ma voglio ancora qualche prova, prima di dirtela."

"Chi è il sospettato numero uno?"

"Quel ragazzo che ti sta molto simpatico."

"Anthony Drennan."

"Già…Pensaci un attimo Scully. Pensa con la mia mente. La prima cosa paranormale che ti viene in mente dilla, sarà quella giusta. Ormai sei brava ad essere sulla mia stessa frequenza d'onda."

Scully c’impiegò qualche minuto, ma quando arrivò alla conclusione, guardò Mulder con un’aria d’incredulità. "No!"

"Cosa?"

"Se stai cercando di dirmi che quel ragazzo riesce in qualche modo a trasformare le paure in realtà, sei solo da rinchiudere."

"Non è molto strano, abbiamo trovato di peggio. Pensa per esempio a…" Mulder si bloccò di colpo.

Anche questa volta, però, Scully capì a cosa si riferiva. "Phillip Padgett."

Era successo molto tempo fa ma, anche se lei non voleva ammetterlo, le provocava ancora qualche fastidio quando ne parlava. Mulder continuò il discorso. "Più o meno siamo lì."

Scully stava pensando. "Ok, quali prove stai aspettando?"

"Qualcosa pioverà…"

"Speriamo. Non vorrei passare i prossimi dieci anni a cercare di incastrare un tipo poco simpatico che, come sostieni tu, si diverte a far morire di paura le sue vittime. Vuoi andare a parlarci?"

"Sì."

"E cosa gli dici? ‘Signor Drennan abbiamo capito il suo trucchetto, potrebbe darci una dimostrazione davanti a testimoni, in modo che io posso avere prove per arrestarla’?"

"Perché no?"

Scully lo squadrò con aria divertita.

"Andiamo."

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Gamble Street
Washington, D.C.
10.09

Mulder e Scully si stavano dirigendo verso l’appartamento di Anthony Drennan, quando sentirono il rumore di qualcosa che scoppiava. Pochi minuti dopo, decine di macchine della polizia li stavano superando a tutta velocità. Mulder decise di seguirli, e arrivarono a quello che pochi minuti prima era un market. Ora c’erano solo macerie. Mulder e Scully scesero dalla macchina e si diressero verso un agente di polizia che stava impartendo ordini.

"Salve." disse Mulder mostrando il tesserino.

"Accidenti, non avete perso tempo eh?"

"Veramente noi stiamo seguendo un caso. Si sa qualcosa?"

"Se si sapesse qualcosa, non starei qui a preoccuparmi che il Grande Capo possa far raggiungere al mio deretano dimensioni inimmaginabili, se non scopro chi è stato." L’agente di polizia infine si accorse della presenza di una donna, Scully, e disse. "Scusi il francesismo."

"Aveva delle telecamere questo negozio?"

"Dateci del tempo, FBI, oppure una mano." E si allontanò verso il disastro.

"Pensi che possa essere stato lui?" disse Scully.

"Potrebbe."

"Perché avrebbe dovuto farlo?" Dopo qualche secondo aggiunse. "Ah già…"

"Farò delle ricerche non appena scopriranno il nome del proprietario."

"Perché proprio lui? Potrebbero esserci altre persone."

"Spero di no." E anche lui si allontanò.

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Gamble Street
Washington, D.C.
17.06

Mulder e Scully avevano collaborato con la polizia per frugare nelle macerie. Era stato trovato solo il corpo del proprietario, un certo Keith Duffy. Lui era l’unica vittima, poi c’erano solo i passanti feriti, chi in modo grave, chi superficialmente. La polizia aveva trovato le registrazioni di quel giorno, e li aveva già inviati alla squadra di recupero. Sarebbe passato un po’ di tempo, prima di poterci mettere le mani sopra. Mulder stava camminando su e giù da circa un’ora, nel tentativo di sentire qualche lamento provenire da sotto i detriti. Si diresse infine verso un’ambulanza, dove Scully stava dando un’occhiata ad un ferito.

"Portatelo in ospedale, e fategli fare qualche controllo precauzionale. Non ha niente di grave, comunque."

L’ambulanza si allontanò, e i due si sedettero, esausti, sul marciapiedi. "Ufff….Abbiamo finito, credo. Non ci sono altri feriti. Fra pochi minuti potremmo andarcene. Il corpo di Keith Duffy è già all’obitorio."

"Ci andremo entro stasera, non preoccuparti."

"Non sarà difficile stabilire la causa della morte. Potresti farla eseguire ad un aiutante, mentre tu guardi e basta."

"Potrei. Quando saranno pronti i filmati?"

"Non lo so." Mulder aggiunse: "Ma chiedilo a Mister Simpatia."

"Stanchi, eh?" disse l’agente che ore prima era preoccupato per la salute del suo didietro.

"E chi non lo sarebbe?" disse Mulder.

"Abbiamo gradito molto il vostro aiuto. Fortunatamente c’è stata solo una vittima."

"Quando saranno pronti i filmati?"

"A differenza di voi, noi non abbiamo mezzi molto potenti. Non possiamo ricostruire un filmato in cinque ore. Desolato, dovrete aspettare domattina."

"E’ stato lei a non voler mandare la cassetta all’FBI, io le avevo fatto un’offerta. E poi ci pensi bene: prima risolve il caso, più il suo ‘Grande Capo’ sarà contento."

"Non sarà contento, se verrà a sapere che mi sono fatto aiutare dall’FBI."

"Non è detto che venga a saperlo."

L’agente di polizia ci pensò qualche secondo. "Ok, mi ha convinto. Lo manderò subito all’FBI. Quanto ci metterete voi maghi?"

"Prima di mezzanotte, immagino. Una parte del lavoro è già stata fatta."

"Bene."

"Le dispiace se ci occupiamo noi dell’autopsia?"

"Si figuri, fate pure. Buon divertimento." disse l’agente, mentre si allontanava ridendo.

Mulder e Scully si guardarono. "Andiamo." disse lui.

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Washington Country Morgue
Washington, D.C.
21.52

L’aiutante si stava divertendo ad eseguire quell’autopsia. Non era niente di difficile, quindi per lui era solo un po’ di allenamento. Scully stava seduta poco distante dal tavolo, leggendo una cartella sul defunto, e ogni tanto guardava in direzione del corpo. Il rumore di un cellulare la fece scattare in piedi. L’aiutante si girò con una faccia spaventata verso di lei.

"Continui pure, è solo….il mio cellulare." Raggiunse la giacca e rispose al telefono, quasi sottovoce, sapendo che a quell’ora poteva essere solo Matthew. Mulder era fuori, ma era meglio non parlare ad alta voce. "Pronto?"

"Ciao. Non dovevi chiamarmi?"

"Sì, dovevo ma…." Si allontanò il più possibile dalla porta. "Abbiamo avuto una giornata intensa, e non ho avuto un minuto libero."

"Un minuto senza poter stare abbastanza lontano dal tuo partner per non farti sentire, vorrai dire…"

"Matthew…."

Ultimamente i loro discorsi prendevano sempre una brutta piega.

"Quando conti di venire?"

"Non lo so! Stiamo ancora facendo l’autopsia. Appena finisco ti raggiungo."

"Non preoccuparti, fai con calma…."

"Che vuoi dire?"

"Niente…"

"Sì invece, volevi dire qualcos’altro…."

Ancora interminabili minuti di silenzio.

"Mi spieghi qual è il problema? E’ per il fatto che non l’ho detto a Mulder? Se è per quello, rimedio subito, non ho alcun problema…sei tu che li stai creando."

"Davvero? Allora dimmi che non è vero che siete attratti l’uno dall’altra. Dimmelo."

"Matthew, lavoriamo insieme da sette anni! La nostra è una profonda amicizia, è normale che qualche volta può essere scambiata per qualcos’altro."

"Bugie…stai raccontando un sacco di bugie."

"Senti, mi hai detto tu che non dovevo chiudere con lui perché sei geloso. Ed è quello che farò. Non ho intenzione di tagliare i ponti con Mulder, e non c’era bisogno che me lo dicessi tu."

"Ti è mai venuta in mente l’idea che forse è proprio per questa strana ‘amicizia’ che ultimamente fai fatica a lavorare?"

"Sei stai cercando di dirmi che è colpa di Mulder e del suo carattere, che tu ritieni ingiustamente oppressivo, sei ubriaco fradicio come la proverbiale spugna. Quando sarai lucido, e la gelosia non ti avrà più oscurato la ragione, fammelo sapere." E chiuse il telefono. Secondo litigio nello stesso giorno. Qualcosa tra loro stava andando storto. Non immaginava che Matthew avesse questo carattere. Forse le sue paure avevano un minimo di fondamento, ma quella era stata una reazione spropositata. Mulder non aveva colpa se lei stava avendo problemi a recuperare il suo stato d’animo normalmente sereno, che aveva perso in un posto lontano e profondo, circa dieci mesi fa.

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Washington Country Morgue
Washington, D.C.
22.04

Mulder entrò pochi secondi dopo che lei aveva riappeso il telefono in faccia a Matthew. Di conseguenza non si era ancora ripresa, ed era rimasta a pensare guardando qualcosa di imprecisato davanti a sé. Mulder ovviamente se ne accorse. "Ehi? Tutto ok?"

Scully si girò verso di lui, dopo aver riposto il telefono. "Sì, sono solo esausta."

"Ti capisco…..Senti, dovrei parlarti di una cosa…in questi giorni…"

"Io ho finito." Fortunatamente per Scully, l’aiutante l’aveva interrotto, e le aveva dato il tempo per pensare a come rispondere: sapeva quello che Mulder stava per chiederle.

"Niente di strano?"

"No, quest’uomo è morto per l’esplosione. Nient’altro. Vi dispiace se vado via?"

Scully avrebbe voluto dirgli di restare, per evitarle il discorso con il suo collega. Ma così facendo l’avrebbe rimandato solo di pochi minuti, quindi era meglio togliersi il pensiero una volta per tutte. "No, affatto." L’aiutante uscì dalla sala dell’autopsia. Scully anticipò il partner, e prima che potesse aprire bocca, gli domandò: "Allora, di cosa aveva paura il sig. Duffy?"

"Non l’ho scoperto. A questo punto potrebbe anche non essere stato Anthony."

"Aspettiamo di vedere il filmato, eh?"

"Giusto."

Scully approfittò dei secondi di silenzio per rivestirsi. Ripensò all’ultima volta che l’aveva fatto. In quell’occasione lei e Mulder avevano litigato, e lui aveva sottolineato quello che pensava sul suo scetticismo, ancora una volta. Scully si chiese se Matthew potesse avere ragione, ma tornò in sé pochi secondi dopo. "Vado a casa. Ho bisogno di dormire."

Mentre si stava dirigendo alla porta, Mulder disse: "Aspetta,….devo chiederti una cosa."

Scully si girò.

"Vieni qui un secondo." Lei però non si muoveva e lo guardava con un’espressione interrogativa. "Avanti." Alla fine Dana si avvicinò, e lui le prese la mano. "Volevo sapere se stavi bene, sai….in questi giorni ti ho vista un po’ strana, più nervosa. Vorrei sapere cos’è che ti preoccupa, forse potrei aiutarti."

"Niente…E’ un momento…passerà…" Tolse la mano da quella di Mulder, senza dare nell’occhio, e si allontanò di nuovo.

Mulder la seguì e la bloccò di nuovo, girandola verso di lui. "Non riesci a dormire ancora, vero?" Lui sapeva di quel fatto, da quando era iniziato. Dalla sera in cui quei cinque uomini l’avevano aggredita, lei non riusciva a dormire bene la notte. Ci impiegava parecchio tempo per addormentarsi, e quando lo faceva, sognava sempre quella sera. Ogni volta riviveva la scena come se stesse accadendo di nuovo, e così si svegliava, certe volte in lacrime, rimanendo sveglia fino al momento di alzarsi, per paura di addormentarsi di nuovo e sognare ancora. Nonostante questo, ogni giorno riusciva ad apparire solare come al solito. Il problema di quegli ultimi giorni non era quello, e lei non aveva il coraggio di dire al suo collega che aveva abbandonato la speranza di vincere la guerra che da sette anni le impegnava la vita.

"No, non ancora. Ma….un giorno o l’altro ci riuscirò. Non preoccuparti per me, sto bene…davvero."

Mulder la fissò negli occhi, per capire qual era la verità, ma lei distolse volontariamente lo sguardo. La lasciò andare, e lei si allontanò di nuovo dopo aver detto "Ci vediamo domani."

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Matthew’s apartment
Washington, D.C.
23.14

Matthew stava aspettando Dana da parecchio tempo, dopo averne passato altro a pensare a quelle stupidaggini le aveva detto. Era seduto in cucina, con le luci spente. La stanza era illuminata solo dal bagliore dei lampioni, che entrava debolmente dalla vetrata. Stava immaginando che ormai era molto tardi, e forse non sarebbe più arrivata. Si alzò per andare a letto, anche se sapeva sarebbe riuscito a dormire, ma passando davanti alla finestra notò una macchina, di fronte alla sua porta: era quella di Scully. Matthew uscì e raggiunse il veicolo, ma dentro non c’era nessuno. Si guardò intorno, sperando di vederla da qualche parte. Ma di lei non c’era traccia. All’improvviso gli venne un’idea e andò correndo verso il molo. Aveva ragione: lei era lì, seduta sul bordo. Si avvicinò piano e si sedette di fianco. Lei non si girò.

"Ho visto la tua macchina vuota, sulla strada, e ho pensato che potessi essere qui.", disse dopo qualche secondo. Lei ancora non parlava. "Senti, so che…ho detto delle stupidaggini e capirai che sto per farti le mie scuse. Ma credo che…per come mi sono comportato non ci siano giustificazioni che reggano. Solo che….Sei una persona fantastica e chiunque potrebbe facilmente innamorarsi di te….e…ho paura di perderti. Ecco perché ho detto quello, però ti giuro su me stesso, farò qualunque cosa per rimediare e per non ripetere lo stesso errore. Probabilmente avevi ragione: ero ‘ubriaco fradicio come la proverbiale spugna’ ma non avevo bevuto…stavo pensando a te…Il solo pensarti mi fa perdere la testa. Spero che potrai perdonarmi." Finalmente Scully si girò a guardarlo e, sebbene ci fosse poca luce, lui capì che qualcosa non andava: stava per piangere. Matthew le fece l’invitabile domanda: "Che c’è?"

Come se quelle parole avessero tolto un blocco, Scully scoppiò a piangere e l’abbracciò. "Non so cosa fare…" disse fra le lacrime. "Non riesco a lavorare bene…Penso sempre….penso sempre a quanto sia sprecato tutto il tempo che…….impieghiamo in questa lotta senza fine…Mulder si è accorto che qualcosa non va…Non posso dirgli la verità….ma non riuscirò a mentirgli in eterno…"

Matthew la consolava, massaggiandole la schiena, e stringendola per farle capire che non l’avrebbe lasciata, mai….. "Non preoccuparti, troveremo una soluzione." Dana non riusciva a smettere di piangere, come se con le lacrime stesse uscendo tutto lo stress che si portava dietro da dieci mesi.

 

Alcuni minuti dopo, Matthew e Dana erano ancora abbracciati, ma lei non stava piangendo più. "Devi prenderti un periodo di riposo dopo questo caso….E non è un consiglio…è un ordine." le disse con voce dolce. Quel momento fu spezzato dallo squillo del cellulare. Scully cercò di acquistare un tono di voce normale, prima di rispondere. "Pronto?"

"Scully, sono io. Avevi ragione, probabilmente è stato Anthony."

"Come?"

"Sono in ufficio, ho visto il filmato. L’ultima persona ad entrare nel market è stata Anthony. Ha litigato con il proprietario perché non aveva abbastanza soldi per pagare. E’ andato via un minuto prima che il locale saltasse in aria. E la polizia non ha trovato nessun ordigno. Ti sembrano coincidenze?"

"……Che vuoi fare?"

"Propongo di iniziare a sorvegliarlo. Se quello che pensiamo è giusto, e lui sa di avere dei poteri, potrebbe diventare pericoloso. Io vado stanotte, ci vediamo domani mattina. Mi troverai in macchina nei dintorni del suo palazzo."

Scully sapeva che lui le aveva detto di incontrarsi il giorno dopo perché l’aveva vista stanca. Voleva fargli credere il contrario, quindi decise di raggiungerlo. "No, vengo adesso."

"Non c’è bisogno…"

"Quattro occhi sono meglio di due no?"

"…Ok…Ci vediamo fra poco."

Scully terminò la conversazione, spense il cellulare e guardò Matthew. Stava aspettando che lei dicesse qualcosa. "Devo tornare a lavoro." disse con un sorriso malinconico.

"Cosa?? Ancora?"

"Dobbiamo sorvegliare un tipo. Mi dispiace."

"No, mi dispiace per te. Non puoi lavorare così."

"No, ora mi sento meglio. Piangere mi ha fatto bene." Matthew la guardò con aria miscredente. "Dico sul serio." Si alzò in piedi seguita da lui. "Questa volta non so quando potremo vederci. Per piantonare una persona c’è bisogno di osservarne i movimenti tutti il giorno. Probabilmente ci daremo il cambio, quindi appena sarò libera verrò da te."

"D’accordo."

Scully si stava allontanando, ma Matthew la fermò e le diede un bacio. "Mi perdoni?"

"L’ho già fatto." disse con un sorriso. "Non stare in pensiero per me, sto bene." aggiunse mentre si dirigeva verso la macchina.

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Corner Shop Street
Washington, D.C.
July, 5th 2000
21.16

Scully e Mulder avevano passato sei giorni a piantonare Anthony Drennan, ma era stata tutta fatica sprecata. Era come se si fosse accorto di loro, perché dal giorno in cui avevano iniziato a tenerlo d’occhio, non era successo più niente, neanche un piccolo incidente. E come se ciò non bastasse, ogni volta che si vedevano, i due partner litigavano, solitamente per delle banalità. Lei continuava a dirgli che era tempo perso, con una piccola allusione al suo problema. Mulder invece voleva far passare ancora qualche giorno, perché era sicuro che Anthony si sarebbe tradito. L’avevano anche interrogato due volte, durante le quali Scully si era dimostrata poco amichevole, ma il loro sospettato non si era sbilanciato. Il giorno dopo l’ultimo interrogatorio, aveva ucciso ancora, o almeno loro pensavano che fosse lui il colpevole. La vittima era John Hughes, che si era scoperto essere il "rivale in amore" di Anthony. Era morto dopo essere andato a fare una visita all’amico e, non appena aveva varcato la soglia del portone per andarsene, era crollato al suolo, privo di vita. Scully stava svolgendo l’autopsia, e Mulder era solo, in macchina. Aveva già parlato con Anthony riguardo a quello che era appena successo, ma come al solito non era riuscito a cavarne un ragno dal buco, oltre al fatto che aveva scoperto il nome della contendente e il suo indirizzo.

Ora stava aspettando Scully, che doveva raggiungerlo appena finiva l’autopsia, ossia da un momento all’altro. Pochi minuti dopo, infatti, la sua collega entrò in macchina. Sapevano entrambi che avrebbero finito col litigare, ma ogni volta si sforzavano di essere pacifici.

"Ciao." disse lei.

"Allora, che hai scoperto?"

"Tieniti forte. John Hughes è morto di cancro."

"Quindi non è colpa di Anthony."

"Credo il contrario, invece. Era in uno stadio avanzato. Ho controllato le precedenti cartelle cliniche: non aveva mai avuto un cancro, né ultimamente aveva avuto problemi vari, con la salute. È come se il cancro gli fosse venuto appena ha messo piede lì dentro, ed ha avuto una crescita fulminea. Era pieno di metastasi….se fai dei controlli, puoi scoprire che aveva paura di prendere il cancro, magari…" Nel dire l’ultima frase, Scully aveva maturato un tono scettico.

"Non ho bisogno di controlli. Andiamo a parlare con Anthony."

Quando i due furono per strada, si accorsero che le luci dell’appartamento di Anthony erano spente. C’era la possibilità che fosse andato via. Quando difatti fecero irruzione nell'abitazione, non c’era nessuno: si era allontanato sotto i lori occhi.

"Dov’è andato secondo te?" chiese Scully.

"Non lo so….Credo…..Ci sono due piste: una potrebbe essere il fratello di John Hughes. La seconda è Emma Hill, la contendente: aveva mentito riguardo alla sua relazione con Hughes."

"Io provo la seconda."

"1815 Eastman Road."

"Ti faccio sapere se è lì." disse Scully mentre usciva.

XOXOXOXOXOXOXO

1815 Eastman Road
Washington, D.C.
21.40

Scully arrivò alla villa di Emma Hill. Non c’erano luci accese, ma decise lo stesso di provare. Bussò un paio di volte, ma nessuno andava ad aprire, né si sentivano dei rumori provenire da dentro. Fece il giro della casa, per entrare dalla porta sul retro, che era aperta. Tirò fuori la pistola e la torcia, e iniziò a perlustrare l’abitazione.

"Emma?" Scully cercò di chiamarla, sperando di avere una risposta. Ma lì non volava una mosca. Appena fu entrata nel salone vide Anthony di spalle, e di fronte a lui Emma. Il ragazzo capì che l’agente era entrata, perché Emma non riuscì a trattenere l’espressione di gioia che si dipinse sul suo viso. Appena l’omicida si fu girato verso di lei, Scully gli puntò la pistola. "Non muoverti." Poi si rivolse a Emma.

"Esci da qui e chiama la polizia." La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Anthony cercò di muoversi per evitare che la sua vittima fuggisse, ma Scully tolse la sicura dalla pistola. "Ho detto di non muoverti."

Emma riuscì a raggiungere la salvezza ma, quando Scully si guardò le mani, la pistola era sparita. Cercò con gli occhi per la stanza, tuttavia dell’arma non c’era traccia. Quando tornò con gli occhi su Anthony, lui la stava guardando con aria divertita e tranquilla. All’improvviso Scully lo vide avvicinarsi, e aveva uno sguardo minaccioso. La donna si ricordò della sera di dieci mesi prima, e la paura la immobilizzò. Così Anthony poté buttarla a terra con tranquillità e iniziare a pestarla a sangue. Lei non riusciva ad apporsi, bloccata dal terrore. Anthony poi prese a spogliarla con una chiara intenzione: violentarla. L’agente dell’FBI non era più capace di resistere: quello che le stava accadendo sembrava la copia dell’aggressione che aveva subito quasi un anno prima. Chiuse gli occhi.

Ad un tratto sette colpi di pistola ruppero l’oscurità e il silenzio. Quando riaprì gli occhi, Scully vide Anthony poco distante, ferito a morte dai colpi che erano usciti dalla pistola di ordinanza, che lei stringeva nel pugno. L’attenzione della donna fu subito presa dal sangue che invadeva le sue mani. L’unica cosa che riusciva a fare in quel momento era piangere….Poi solo il buio….

XOXOXOXOXOXOXO

 

Two minutes later

Scully riprese conoscenza, e si alzò di colpo. Si diede un’occhiata, e notò che era tutto in perfetto ordine. I vestiti erano al loro posto, e non c’era una goccia di sangue. Alzando gli occhi vide Anthony. Era vicino alla porta: troppo distante per averle fatto qualsiasi cosa. La pistola era nella mano destra di Scully, e sette colpi avevano raggiunto il petto del ragazzo.

In quell’istante entrarono alcuni agenti della polizia, accompagnati da Mulder. Quest’ultimo non si curò di altro se non della collega, che vedeva stravolta.

"Scully!" La raggiunse. "Tutto bene?"

La donna era ancora sconvolta, ma rispose ugualmente: "Sì……sì, tutto ok…."

"Non mi sembra. Siediti un attimo. Vuoi un bicchiere di acqua?"

"No, non ce n’è bisogno." Si rifiutava di sedersi, ma era ancora nervosa, e lo si poteva notare da come le tremavano le mani.

"Tremi ancora."

"No…."

Mulder capì che era successo ben più di una possibile aggressione di Anthony. "Che è successo?"

"Anthony….Mi ha aggredita…."

"Come??"

"Sì….Ho detto ad Emma di uscire, poi….ho perso la pistola…." Parlava in modo concitato.

"In che senso?"

"Non l’avevo più tra le mani….mi è saltato addosso e ha iniziato a picchiarmi….credo che…volesse violentarmi…."

A quelle ultime parole, il sangue di Mulder gli si gelò nelle vene. La notte in cui quei cinque uomini le avevano usato violenza, in un vicolo dietro il palazzo di Fox, era stato lui stesso a trovarla fuori dalla sua porta, seduta sul pianerottolo. Sapendo cosa le era successo, la vista della collega con i vestiti strappati., piena di lividi e graffi, e così vulnerabile, l’aveva turbato. Rivivere quel momento era doloroso per lei quanto per lui. (ATTENZIONE!!! Volevo sottolineare che questo fatto è successo nelle mie precedenti fanfic, non in x-files!!!…Per fortuna…. ^_^). Mulder tornò in se e guardò l’amica. "Ma…non mi sembra che…."

"Te lo giuro Mulder, pochi minuti fa ero piena di sangue e…" Non riusciva a calmarsi.

Mulder capì cosa era successo. "Deve essere stato lui. Abbiamo capito uno dei modi con cui usava i suoi poteri."

"Che vuoi dire??"

"Deve averti fatto avere delle visioni. Ha reso realtà le tue paure: prima ti ha fatto credere che non avevi la pistola, e poi…che ti voleva violentare."

Delle lacrime incominciarono a solcarle il viso. "Ma….sembrava tutto così vero…era come….come quella sera….era vero, te lo giuro…", poi non poté evitare di abbracciarlo.

Mulder la strinse. "Lo so, lo so. Fortunatamente era tutto finto…". La partner continuava a piangere. "Shhh…..è finita…" Le lisciava i capelli, sperando di cacciare quella brutta esperienza dalla sua mente. Purtroppo, le carezze non erano sufficienti.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

 

1815 Eastman Road
Washington, D.C.
22.39

 

Mulder stava osservando la collega da lontano: Scully era dentro l’ambulanza. L’aveva convinta a farsi fare una visita di controllo, e aveva chiesto al dottore di darle qualcosa per farla calmare. La vide dire qualcosa all’uomo nel camice, e poi dirigersi verso di lui. Appena fu abbastanza vicina, le disse: "Che ha detto il dottore?"

"Non ho niente…Nemmeno la pressione alta…"

Mulder intuì che il medico aveva accondisceso alla sua richiesta: la collega era molto più calma ora. "Tu come ti senti?" Mulder si morse la lingua. "Che domanda stupida", pensò.

"……Bene…"

Mulder la guardò con aria scettica.

"Certo, a parte…" Scully distolse lo sguardo.

"Perché non mi hai chiamato appena sei arrivata?"

"Non ero sicura che fosse qui."

"………" Per entrambi il discorso non era affatto semplice. Mulder sapeva che anche adesso, dopo quasi un anno, lei non riuscita a dimenticare l’accaduto, e non poteva biasimarla. Ne era prova il fatto che, pochi giorni prima, lei stessa aveva ammesso che non riusciva ancora a dormire. "Vuoi che ti accompagni a casa?"

"No, ci vado da sola…"

"Mi sentirei più sicuro…"

"Lo so, ma…è meglio che rimani qui. La polizia ti farà qualche domanda."

"Va bene." Mulder accettò a malincuore. Scully si incamminò. "Fammi sapere quando sei arrivata a casa ok?" le disse. Voleva evitarlo: sapeva che le dava fastidio, ma non era riuscito a trattenersi.

"Ok." disse lei, mentre entrava in macchina.

XOXOXOXOXOXOXOXO

Matthew’s apartment
Washington, D.C.
23.15

 

Scully era arrivata a destinazione solo dopo essere passata da casa: voleva ritrovare la calma, prima di affrontare la curiosità irrefrenabile di Matthew. Bussò alla porta, e dopo pochi secondi lo aveva davanti.

"Ehi! Sei arrivata finalmente."

Il bacio di benvenuto, ogni volta che si vedevano, non mancava mai.

"Sento aria di buone notizie." disse Matthew

"Abbiamo finito il caso."

"Evviva! Bisogna festeggiare. Finalmente potrò vederti per più di due ore al giorno, spero…Ah dimenticavo: domattina parto." Matthew aveva ricevuto la notizia circa due settimane prima. Avrebbe raggiunto il Montana per un ‘missione’ del suo lavoro: doveva recuperare dei filmati riguardanti un lupo, appartenente ad una specie in via d’estinzione, che il suo gruppo seguiva da molto tempo. "Adesso che ci penso: hai finito il caso!! Mi avevi promesso che ti saresti presa un periodo di riposo appena possibile. Questo è il momento giusto. Potresti anche venire con me. Ci fermeremo qualche settimana in più: quando avrò finito il lavoro mi daranno sicuramente un po’ di ferie…Allora? Che ne dici?"

Giorni prima, qualche settimana di riposo poteva anche essere una buona idea, ma dopo quello che era successo quella sera, il riposo era necessario. Scully non aveva alcuna intenzione di dire a Matthew quello che aveva appena passato,….anche perché lui non sapeva neanche quello che era successo l’anno precedente.

"Allora? Non c’è bisogno di pensare, la risposta deve essere per forza…"

"No."

Matthew si congelò sul posto. "Cosa??"

Scully sospirò.

"Ma cosa dici??"

"Non mi bastano poche settimane. Se tu sapessi cosa ho dovuto affrontare, mi consiglieresti un anno intero di riposo…In ogni caso alla mia anima non basterà neanche quell’anno. È….una cosa difficile da smaltire… E si aggiunge anche quello che ultimamente penso del mio lavoro: e cioè che è una perdita di tempo."

Matthew pensò qualche secondo. "Beh, allora…non so…se è possibile, chiedi qualche mese…o comunque una vacanza più lunga."

"Già…più lunga…" Con quella frase aveva preso una decisione. La più importante della sua vita.

XOXOXOXOXOXOXO

 

FBI Headquarter
Washington, D.C.
July, 6th 2000
10.43

 

Mulder stava martellando le dita sulla scrivania. Era in ufficio da circa due ore, e di Scully non c’era stata traccia. Aveva provato a chiamare a casa, ma era stato costretto a lasciare un messaggio sulla segreteria. La sua ultima speranza era stata il cellulare, ma era spento. Anche se era preoccupato per lei, dato quello che era successo la sera prima, sperava che la sua partner avesse avuto solo dei contrattempi, e si augurava che fosse comparsa sulla porta da un momento all’altro. Dopo aver perso la pazienza, stava uscendo dall’ufficio per andare all’appartamento di Dana, quando per poco non si scontrò con quella montagna del vicedirettore Skinner.

"Ah, agente Mulder..."

"Signore..."

"La stavo cercando, ho bisogno di parlarle."

"Ora non posso, stavo andando all’appartamento dell’agente Scully. Non è ancora arrivata, e non mi ha fatto sapere niente, spero che non sia niente di……"

"Era di questo che volevo parlarle. Stamattina, appena sono entrato nell’ufficio ho trovato questa lettera sulla mia scrivania. È dell’agente Scully."

Mulder prese la lettera fra le mani e la lesse con attenzione, sicuro che quello che stava per leggere non gli sarebbe piaciuto. I suoi sospetti furono confermati. Sulla lettera c’era scritto:

"Egregio Vicedirettore Skinner, la prego di accettare la mie dimissioni dall’FBI con effetto immediato.

Distinti saluti

Firmato:Dana Scully"

A Mulder sembrò che il cuore gli si fosse fermato, e gli mancava il respiro. Non riusciva a credere ai suoi occhi: la sua partner, la sua amica, lo aveva abbandonato. Quello che di più gli bruciava era che non ne sapeva il motivo, e soprattutto che non si fosse accorto che lei aveva intenzione di fare una cosa simile. Ma non si sarebbe arreso. L’avrebbe trovata, anche in capo al mondo, e l’avrebbe convinta a tornare indietro. E i motivi che l’avrebbero persuasa non erano solo professionali.

XOXOXOXOXOXOXOXO

I-97
Virginia Occidentale

 

Matthew Colman era intento a destreggiarsi nel traffico. La strada per il Montana era ancora lunga. Fortunatamente per lui, c’era un secondo viaggiatore che gli avrebbe dato il cambio. Spostò lo sguardo sul sedile di fianco al suo: Scully stava guardando la cartina, cercando di capire quale strada fosse meglio seguire per arrivare fino a Helena, così lontano da Washington e, soprattutto, così lontano da Mulder.

XOXOXOXOXOXOXO

N.B. – ho la vaga impressione che la mia fanfic resterà incompleta: dopo aver letto questa seconda parte, tutte le maledizioni che mi avrete lanciato contro faranno improvvisamente effetto…..

 

 

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NOTE: Ah! Eccoci alla terza parte. Dopo qualche giorno di riposo, ho ripreso l’attività…So che molti di voi aspettano con impazienza le altri parti, qualcun altro invece sta ancora bestemmiando per quello che è successo nella parte precedente. Comunque, andiamo avanti. Volevo dirvi che in questa parte troverete una canzone in inglese, e di fianco la traduzione in italiano. Dato che ci sono volute due persone per capire il senso delle parole, se qualcuno che ne capisce di più trova qualche errore, è pregato di segnalarmelo, così saprò come è la traduzione vera. Grazie anticipatamente. Buona lettura!! (Ho la sensazione che a voi quest’ultima frase suoni come un condanna. Perché? ^_^ ). A proposito, sono ancora viva….

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
(terza parte)

I – 97
West Virginia
10.46

Dana non aveva parlato, da quando erano partiti. Per essere precisi, non aveva più aperto bocca dopo che avevano discusso sul suo gesto. Matthew lo aveva giudicato un po’ impulsivo, e lei aveva replicato che ci aveva pensato abbastanza, per prendere quella decisione. Il ragazzo però non voleva dargliela vinta, ed era fermo sull’idea di farla tornare sui suoi passi. Avevano passato il confine di D.C. da un paio d’ore: potevano anche tornare indietro.

"Kathy, è vero: ti avevo consigliato di prendere una vacanza più lunga, ma così mi sembra un tantino esagerato."

"Mat, non vorrai parlare solo di questo per le prossime tre settimane, vero?"

"Sì, se è necessario."

"Sono venuta con te per distrarmi, non certo per pensare se ho fatto bene o no."

"Non hai bisogno di pensarci. Sai che è la scelta sbagliata."

"Non è detto."

"Per favore…... Prima o poi dovrai tornare a Washington, e che farai? Che lavoro sceglierai?"

"Quello che ero destinata a fare finché…" Scully stava per dire ‘finché non ho incontrato Daniel’, ma si fermò in tempo. "….finché non varcai la soglia di Quantico." Matthew la guardò per pochi secondi, prima di tornare con l’attenzione sulla strada. "Ok, dopo queste tre settimane ci penserò, ma finché non torneremo a Washington non voglio farlo." Scully sapeva che ci avrebbe pensato comunque, anche contro la sua volontà.

"Senti, ho intenzione di passare a salutare i miei da Glendive, prima di arrivare a destinazione."

"Come?"

Matthew rise. "Sì, ho intenzione di farteli conoscere."

"E se mi chiederanno che lavoro faccio?"

"Ehm…Faremo in modo di sviare il discorso.", rispose con un sorriso, "E poi dovrai aiutarmi anche tu a recuperare quel filmato. Potremo dire questo."

Scully lo guardò con aria divertita, poi si mise a ridere anche lei. "Tu sei pazzo…."

Matthew rise ancora. "Solo da quando ti ho conosciuta."

Scully buttò un’occhiata sul cellulare, che aveva spento. "A quest’ora deve averlo saputo.", pensò. Aveva spento il telefono di proposito. Non aveva voglia di parlargli. Sapeva però che non si sarebbe arreso: avrebbe fatto qualunque cosa per riaverla, anche percorrere 3000 km.

XOXOXOXOXOXOXO

Scully’s apartment
Washington, D.C.
11.21 (ß non vi ricorda niente?? Chi è nato il 21 novembre?? Mah!)

Mulder non aveva perso molto tempo. Dopo aver discusso con il suo vicedirettore, avevano deciso insieme di parlare faccia a faccia con Dana, prima di inoltrare la richiesta di dimissioni. I piani alti non avrebbero saputo mai di quella lettera: Skinner avrebbe detto ai "Grandi Capi" che le aveva concesso qualche settimana di ferie. Fox era andato immediatamente all’appartamento di Scully solo dopo aver inutilmente provato molte volte a chiamarla sul cellulare o a casa. Sapeva di non trovarla lì, ma sperava in un indizio. Lei non lo aveva avvisato del suo arrivo a casa, sana e salva, la sera prima, dopo che aveva quasi rischiato di rivivere la tragedia avvenuta dieci mesi prima. Parlando con il portiere del palazzo, Mulder aveva scoperto che effettivamente lei non era rincasata, la sera prima. Il portinaio era andato via verso mezzanotte e non l’aveva vista arrivare. Quella mattina era arrivato verso le 7.30, un po’ in ritardo rispetto agli altri giorni, e non l’aveva vista passare. Il signore, però, non si era allarmato più di tanto, perché negli ultimi giorni era stata spesso fuori casa durante la notte, per motivi di lavoro. Mulder si era fatto accompagnare ugualmente alla porta, e gli aveva chiesto di aprirla, per poi congedarlo. Una volta dentro, non vide niente di strano a prima vista. La segreteria era accesa e una spia segnalava la presenza di messaggi. Mulder premette il bottone:

"Sono presenti quattro messaggi non ascoltati. Il primo messaggio è stato lasciato il giorno 6 Luglio, alle ore 10.46….BIP!!! ‘Scully sono io, se ci sei rispondi per favore, ho urgente bisogno di parlarti…….Scully?….*Click*’. Fine del messaggio…..Il secondo messaggio è stato lasciato il giorno 6 Luglio alle ore 10.51. BIP!!! ‘Scully, sono ancora io. Se sei in casa, rispondi, ti prego. Devo parlarti, e sai benissimo di cosa…Se vuoi ne discuteremo tranquillamente, ma fatti viva, per favore. *Click*’ Fine del messaggio….. Il terzo messaggio è stato lasciato il giorno 6 Luglio alle ore 10.56 BIP!!! ‘Scully, ho lasciato un messaggio anche sulla segreteria del tuo cellulare, ma non mi hai ancora chiamato. Non puoi evitarmi in eterno, sto venendo a casa tua…*Click*.’ Fine del messaggio… Il quarto messaggio è stato lasciato il giorno 6 Luglio alle ore 11.09. BIP!!! ‘Dana, sono la mamma. Che fine hai fatto, sono giorni che non ti sento. Appena puoi chiamami, ok? Ciao. *Click*.’ Fine dei messaggi."

Mulder conosceva i primi tre messaggi: erano suoi. Ma il quarto lo preoccupava. Neanche la madre poteva sapere che fine avesse fatto Dana, quindi era inutile chiamarla per dirle che lei si era dimessa e che non si trovava da nessuna parte, e magari farla spaventare per niente. Avrebbe aspettato di riuscire a parlare con Scully, prima di avvisare la Margaret. Tuttavia sapeva che se la figlia avesse tardato parecchi giorni a chiamarla, la sig. Scully lo avrebbe interrogato al riguardo.

La casa era in ordine. Gas, luce e acqua erano staccati, e in cucina non c’erano segni che facessero capire che Scully era stata lì, quella mattina. Nella stanza da letto era tutto in ordine. Mulder stava per uscirne, quando notò che c’era qualcosa di strano. Frugò bene in giro e scoprì che all’appello mancavano le due valigie che lei teneva pronte per ogni evenienza, il caricabatteria del cellulare, alcuni vestiti, e l’accappatoio. Capì subito che lei aveva lasciato la città. Uscì come un fulmine dall’edificio, e si diresse in ufficio. Con alcuni controlli poteva scoprire dove fosse, o dove era diretta, e niente lo avrebbe fermato: l’avrebbe trovata e l’avrebbe convinta a tornare, fosse stata l’ultima azione della sua vita.

XOXOXOXOXOXOXOXO

I – 97
Ohio
13.52

 

I due viaggiatori erano arrivati nei pressi di Cincinnati. Come Dana voleva, non avevano più parlato del problema principale. Il suo cellulare era ancora spento, ma doveva per forza accenderlo, prima o poi; solo non avrebbe risposto in ogni caso, alle chiamate di Mulder, fino a quando non si sarebbe sentita pronta.

"Devo fermarmi a fare benzina. Se non la faccio alla prossima stazione di servizio, saremo costretti a spingere la macchina fino a Cincinnati."

"No, mi dispiace. TU spingi, e io guido."

"Cosa?"

"Qualcuno dovrà rimanere al volante, no? E tu sei quello più forte, tra noi due."

Matthew rise. "Su questo ho qualche dubbio…"

"Davvero? Possiamo fare una sfida a ‘braccio di ferro’ quando vuoi, anche adesso…"

Matthew non se lo fece ripetere due volte, e accostò la macchina al ciglio della strada, accendendo gli indicatori di direzione. "Scendi." disse a Dana, che obbedì subito, con un sorriso impresso sulla faccia.

I due si appoggiarono al cofano, e iniziarono la gara. Dopo pochi secondi, Matthew inscenò la finta vittoria di Scully, e disse: "Hai visto? Sei più forte tu." Lei stava ridendo e pensando a come Matthew riusciva a farla divertire, sviando la sua attenzione dai problemi. Scully si avvicinò e l’abbracciò. Matthew ricambiò, stringendola forte e sorridendo.

"Ti voglio bene." gli disse.

"Io di più.", rispose. "Entriamo in macchina, o ci rinchiuderanno nel più vicino ospedale psichiatrico."

Ripresero il cammino, ancora molto lungo.

XOXOXOXOXOOXOXOXO

 

FBI Headquarter
Washington, D.C.
14.13

 

Mulder stava facendo controlli dalle 11 di quella mattina. Sperava di rintracciarla. Per questo aveva lasciato molti messaggi sulla segreteria del cellulare di Scully. Ora era seduto alla scrivania, a pensare, e a sperare che il telefono squillasse da un momento all’altro. Fu accontentato pochi secondi dopo, quando il telefono dell’ufficio squillò. Mulder si lanciò verso la cornetta, con impeto. "Pronto??"

"Agente Mulder, sono l’agente Dobson." disse una voce, spaventata dalla reazione di Mulder.

"Ah…Cosa c’è? Avete trovato qualcosa?"

"Purtroppo no. Non ha preso aerei, treni o pullman. E non ci sono registrazioni fatte a delle stazioni di gas a suo nome. Sembra sparita nel nulla…"

A Mulder sembrò che gli avessero appena detto che stava per morire. "Grazie. Continuate a cercare."

"D’accordo"

Quando la chiamata fu finita, Mulder aprì il cassetto della scrivania. Dentro c’era il tesserino di Scully e la sua pistola d’ordinanza. Questa volta sembrava che stesse facendo sul serio. Pensarla chissà dove senza pistola, lo faceva sentire male. Sperava sempre che si fosse fatta viva prima che lui impazzisse dal dolore.

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I – 97
Cincinnati, Ohio
14.18

 

Arrivarono a una stazione di servizio alle porte di Cincinnati. Matthew non aveva intenzione di attraversare la città, quindi quella stazione arrivava al momento giusto, al di là del fatto che avevano ancora poca benzina. Si fermarono e Matthew trasse un sospiro di sollievo. "Lode al cielo."

"Perché non riempi una tanica di benzina, in caso restassimo a piedi?"

"Buona idea! E tu perché non accendi il cellulare, così può essere utile, in caso di necessità?" Matthew aveva pronunciato quest’ultima frase velocemente, in modo da non far accorgere a Dana che stava aspettando, da quella mattina, il momento giusto per dirla.

Scully lo fissò con uno sguardo di rimprovero. "Mat…."

"Ci ho provato." disse, e scese dalla macchina. Dana lo seguì pochi istanti dopo, e si mise in piedi, appoggiata allo sportello, guardandolo come se aspettasse una risposta. Il ragazzo se ne accorse poco dopo, e parlò subito. "Ok, senti, per me non è giusto che tu lo tenga spento solo per non parlare con…." Non riusciva mai a ricordarsi il nome dell’ex collega di Dana.

"Mulder."

"Già. Insomma, quel ragazzo già avrà ricevuto un brutto colpo sapendo che ti sei dimessa, se poi non gli telefoni….quanto meno per fargli sapere che sei viva e vegeta." Scully lo guardò per un altro po’, poi prese il cellulare, e lo accese, con l’intenzione di chiamarlo, ma fu bloccata da un messaggio, comparso sul display, che la avvisava che c’erano dei messaggi sulla segreteria del suo cellulare. Dana li ascoltò, con un’espressione interrogativa. "Che c’è?" gli chiese Matthew.

Qunado ebbe finito di ascoltare i messaggi, Dana rispose: "C’erano dei messaggi sulla segreteria del cellulare. Erano di Mulder."

"Come l’hai sentito?"

"Allarmato,…ferito…., e arrabbiato." Matthew alzò le sopracciglia. Scully compose il numero di casa di Mulder, ma nessuno rispondeva. "Non c’è…" Stava per chiudere, quando Matthew le disse: "Guarda caso….Lascia un messaggio sulla segreteria." Dopo qualche squillo, infatti, la segreteria entrò in azione.

"Cerca di essere il più naturale possibile, ma non troppo tranquilla."

"Mulder, sono io…Ti ho chiamato per dirti che sto bene. Ho ascoltato i tuoi messaggi. Sono in viaggio, ma….non posso dirti per dove. Se tu mi raggiungessi, per me sarebbe ancora più difficile capire…se ho fatto bene o no. So quello che stai pensando, ma non è assolutamente colpa tua, solo…mi serve più tempo per pensare…quindi…sarò io a chiamarti…….Ehm…devo andare." Scully chiuse il telefono.

Matthew la guardò in modo strano. "Wow…Adesso sì che starà più tranquillo."

"Non ho saputo fare di meglio. E poi non gli devo spiegare niente."

"Cos’è? Una battuta? Se vuoi dire così, fallo, ma non a me."

"Che vuoi dire?"

"Posso anche non conoscere bene il vostro rapporto, ma io non credo a una parola che esce da quella tua bocca." Dalla faccia che lei fece, Matthew capì che era stato un po’ duro. "Ehm…Non volevo dire questo…Mi dispiace, ma…io credo che tu non sia ancora convinta di quello che hai fatto, e cerchi di dire queste cose per sembrare convincente. Ma io ti conosco. So come ti stai sentendo. Però non devi evitare il tuo amico. Mi hai detto che ha solo te….Aveva…." Dana iniziò a piangere. "No…." Matthew la abbracciò. "Non fare così, su…Vedrai…Uscirai da questa situazione prima o poi."

"Credi che non lo sappia che forse è il più grande sbaglio della mia vita??" disse lei fra i singhiozzi. "Ma ho bisogno di tempo."

"D’accordo, prenditi tutto il tempo che vuoi, ma decidi in fretta. Incassa e rialzati, perché il mondo andrà sempre più veloce di te, e non si fermerà certo per aiutarti.", le disse. Poi si allontanò. "Vado a prendere qualcosa da bere. Tu cosa vuoi?"

"Caffè."

"No! Ti prego! Caffè no! Sei già abbastanza nervosa. Ti dovrò sopportare ancora per 2200 km, abbi pietà di me!" Dana rise. Ci era riuscito di nuovo. Era molto bravo a sdrammatizzare le situazioni.

"D’accordo, prendi un’aranciata."

Matthew le porse un fazzoletto, e lei fece un risolino. Dopo che si fu assicurato che era tutto ok, Matthew si allontanò verso il bar.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

 

FBI Headquarter
Washington, D.C.
14.23

Mulder non si mosse dal suo posto, per paura di non esserci in caso si fossero avute notizie di Scully. Aveva rinunciato a lasciare messaggi sul telefono di casa, e aveva provato a chiamare sul cellulare. Finalmente lo aveva trovato acceso, ma la chiamata era stata rifiutata (non so se lo sapete, ma in alcuni telefonini, premendo il tasto ‘c’ mentre qualcuno vi sta chiamando, l’utente rifiuta la chiamata ed è come se non fosse raggiungibile. Ma visto che per rifiutare la chiamata si deve almeno aspettare uno squillo, si può capire quando qualcuno usa questo stratagemma). In quel modo ormai sapeva che lei stava bene, ma ancora non riusciva a darsi pace. Gli dava fastidio il fatto che non avesse lasciato una lettera di spiegazioni; per lui rimaneva ancora un gesto insensato, a cui non riusciva a dare una spiegazione. Era successo tutto troppo in fretta e, quel che era peggio, non aveva notato alcun segno di cedimento della sua partner. Per meglio dire, li aveva rilevati, ma li aveva giudicati come passeggeri, a causa dello stress che si era accumulato sulle spalle di Scully. Ma era più che sicuro che non era quello il motivo per il quale aveva dato le dimissioni. La conosceva bene: non avrebbe mai fatto una cosa del genere per queste "sciocchezze". C’era qualcos’altro sotto, e lui voleva scoprire cosa. Parlando di nuovo con il portiere dell’edificio di Dana, aveva scoperto che, in quel periodo, lei era tornata pochissime volte a casa, la sera. Per quello Mulder non aveva la più pallida idea di dove fosse stata. Era tutto molto strano, diverso. LEI era diversa. Doveva assolutamente trovarla: doveva dirgli quello che da sette anni aspettava di dirle, e che sicuramente l’avrebbe fatta tornare indietro…o così sperava.

XOXOXOXOXOXOXOXOXO

I – 97
Gas Station
Cincinnati, Ohio
14.41

Matthew uscì dal bar della stazione del gas, e si avviò, con due bicchieri di carta in mano, verso Scully, che nel frattempo aveva spostato la macchina nell’area di parcheggio, a destra dell’entrata. Matthew l’aveva subito avvistata: era seduta sul cofano, con gli occhiali da sole, e stava guardando, con area divertita, le operazioni di rifornimento di un camionista. "Ehi! Ti diverte?"

"Abbastanza."

"Cose penserebbe il camionista se ti guardasse fare rifornimento?"

"Meglio non pensarci…"

Matthew sorrise. "Tieni.", le disse, porgendole il bicchiere.

Scully bevve, sicura di sentire il sapore dell’arancia fresca, e invece…. "Mhm….Matthy, quest’aranciata è buonissima. Hai chiesto che ci mettono dentro, oltre all’arancia?" Lui rise. "E’ caffè." gli disse.

"Sì."

Scully lo guardò con aria dolce e, senza perdere altro tempo, lo baciò con tenerezza e trasporto, al punto che ad entrambi importava poco di quello che li circondava, anche se in quel momento lì ci fossero stati il presidente degli Stati Uniti e il Papa insieme.

"Che ne dici di rimetterci in viaggio? Altrimenti dopodomani saremo ancora qui."

"Ok."

I due si rimisero in viaggio, e tornarono sull’autostrada, dirigendosi verso Helena, dove avrebbero trovato molto più che tranquillità.

XOXOXOXOXOXOXO

FBI Headquarter
Washington, D.C.
20.52

Mulder non era ancora andato via, sebbene l’avessero avvisato che di Scully non c’era traccia, e tutti gli agenti impegnati nella ricerca fossero andati a casa. Lui stava aspettando in ufficio, in caso Scully avesse deciso di chiamare lì. Ma dopo qualche minuto si era convinto che quello era impossibile, così uscì per dirigersi a casa. Sapeva che non sarebbe riuscito a dormire, e scelse di dirigersi verso il bar Piggy. Dopo qualche goccetto sarebbe tornato a casa, forse l’alcool l’avrebbe aiutato ad addormentarsi. Per pensare doveva essere lucido, e una notte insonne non era proprio quello di cui aveva bisogno.

XOXOXOXOXOXOXOXOXOXOXO

I – 137
Madison, Wisconsin
20.15

Matthew e Dana avevano proceduto tutto il giorno ad un’andatura piuttosto veloce: in questo modo erano abbastanza in orario. Erano arrivati più o meno verso Milwaukee, in linea d’aria. Dovevano di nuovo fare benzina, e ne avrebbero approfittato per cenare. Si fermarono in un’aria di parcheggio insolitamente deserta. Questo non li stupiva, perché neanche durante il viaggio avevano incontrato molto traffico.

"Eccoci arrivati."

"Sei stanco eh? Quando ci rimetteremo in viaggio guiderò io. E non dire no."

"D’accordo….Aspetta! E’ per questo che hai dormito prima! Per dire che era riposata e potevi affrontare il viaggio notturno!"

"Bravo, sei perspicace…", disse Scully mentre scendeva dalla macchina.

"Di che ti meravigli? Sai che sono molto intelligente." Matthew la seguì verso l’entrata dell’autogrill.

"E anche modesto…Allora, siamo in orario?"

"Sì, abbastanza."

"Lo saremo di più, se tu non avessi voluto fare quella gara a ‘braccio di ferro’, e perdere." disse lei in tono scherzoso.

Matthew sorrise. "Ha chiamato il tuo amico?"

"No."

"L’hai richiamato tu?"

"No, lo farò prima di mettermi a guidare." Ormai ne parlava con assoluta tranquillità. Sapeva che Matthew l’avrebbe assillata fino a quando non avrebbe cambiato idea, quindi tanto valeva assecondarlo. I due entrarono nello stabile, e si diressero subito verso un tavolo. Dopo aver ordinato, ripresero a parlare. "Hai avvisato i tuoi genitori?"

"No."

"Come no?"

"Sarà una sorpresa."

"Lo sarà di sicuro, quando vedranno di fianco al loro figlio una perfetta sconosciuta."

Matthew rise. "Non preoccuparti, andrà tutto bene."

"Se lo dici tu, ottimista."

"Beh, di certo non potranno dirti ‘chi diavolo è lei?’ "

"Perché no? Dovranno pur chiedere chi sono."

"Li anticiperò io, presentandoti per primo."

"Ok."

Iniziarono a mangiare. Si mantennero leggeri per non avere problemi durante il viaggio. Non che soffrissero di mal d’auto, ma era meglio andare sul sicuro.

"Kathy, posso chiederti una cosa?"

"Dimmi."

"Dunque, io dormirò, mentre tu guiderai."

"Sì."

"La sai la strada almeno?"

"Cosa credi che abbia fatto, per la scorsa mezz’ora, con la cartina in mano?"

"Credevo che la stessi utilizzando per imparare i nomi di paesini sperduti che nessuno conosce."

"Anche per quello. Sapevi dell’esistenza di un paese di nome Cheyenne?"

"Tesoro, quello è il cantante."

"E’ anche una città."

"Ma và…."

"Scommettiamo?"

"Io non scommetto mai."

"E ti conviene, dato che ho ragione."

"Mi spieghi perché voi donne volete sempre avere ragione?"

"Perché non abbiamo quasi mai torto."

Matthew rise. "Eh,….questa è una bella risposta."

"Avanti, sbrigati. Altrimenti poi dici che non siamo in orario."

Alcuni minuti dopo erano in macchina, e Matthew non aveva assunto una posizione che lasciava presagire che si sarebbe messo a dormire.

"Che stai aspettano a riposarti?" Matthew la stava guardando con un’aria poco convinta, probabilmente riguardo al fatto che lei sapesse la strada. Scully lo capì al volo. "Devo prendere l’uscita per Minneapolis, poi Fargo e Bismarck…e poi sarà mattina, e tu potrai di nuovo prendere il comando."

"Oh, bene. Adesso sono più tranquillo." Matthew si stese un po’ di più, ma aveva la testa girata verso la sua amata, che era impegnata a uscire dall’autogrill.

Lei se ne accorse ma, per non distrarsi, girava gli occhi, verso di lui, a scatti. Dopo la terza occhiata disse: "Che c’è?"

"Niente. Stavo solo guardando quanto sei bella." Scully rise. Purtroppo non poteva fare nessun gesto d’affetto, essendo alla guida. L’unica cosa che poteva fare era appoggiare la mano sulla gamba di Matthew. "Hai telefonato?"

"No. Per fortuna mi hai ricordato. Mi prendi il telefono per favore?"

"Ecco." rispose lui, passandole il cellulare. Gli sembrava strano che volesse chiamare senza fare storie. Lei compose il numero ma, dopo pochi secondi, chiuse. "Che c’è?"

"Non risponde nessuno."

"Lascia un messaggio no?"

"Non darmi idee. Proprio ora che ho deciso di parlargli."

"Ah, d’accordo."

XOXOXOXOXOXOXO

Few minutes later

Matthew si era finalmente addormentato. Ci aveva impiegato pochi minuti per prender sonno, ma lo si poteva capire: dopo tredici ore di viaggio, chiunque sarebbe crollato. Scully aveva provato solo un’altra volta a chiamare, e ora lo stava per rifare. Compose il numero, e risultava libero. Gli squilli sembravano interminabili. Stava raccogliendo tutto il coraggio che le serviva per parlare con Mulder. Sapeva che l’avrebbe quasi aggredita, quindi si stava preparando a dovere. Dopo tre o quattro squilli, una voce le rispose.

"Pronto?"

"Ehm….Mulder?" Scully stava parlando quasi a bassa voce, per non svegliare Matthew, anche se era sicura che in quel momento neanche una cannonata avrebbe potuto svegliarlo.

"Scully!! Dove sei?" Mulder aveva ascoltato il messaggio lasciato alla segreteria da Dana, ma non aveva provato a chiamarla sul telefonino.

"Sono in autostrada. Ho quasi fatto metà percorso di quello che mi serve per arrivare a…destinazione."

"Mi spieghi cosa diavolo è successo?? Perché hai dato le dimissioni??"

"Mulder…"

"Pensaci, prima di rispondermi. Dovrà essere una risposta esaustiva."

"Mulder, stiamo combattendo contro e per l’impossibile. È una battaglia persa in partenza, e troppe volte ci abbiamo quasi lasciato la pelle, per questo."

"Tu non lo pensi veramente. Sei solo confusa. D’accordo, sono anch’io dell’idea che hai bisogno di un periodo di riposo, ma Skinner non inoltrerà mai la richiesta, e faremo di tutto per riportarti indietro."

"Ora sai perché preferivo parlare con una segreteria piuttosto che con te." Quest’ultima frase era stata abbastanza pesante, ma era la verità, e la verità a volte fa male. "Senti, ci sto già ripensando. Non ho bisogno che voi mi confondiate le idee ancora di più."

"E’ questo che pensi? Invece di credere che ti vorremmo aiutare? E sappi che scoprirò dove stai andando, e verrò a prenderti."

"No…."

"Sì invece. Cerca di usare questo tempo per ritornare come prima, perché non sei la persona che ho conosciuto sette anni fa, e che mi ha accompagnato nella lotta per la verità. La Scully di adesso non è degna di continuare questa lotta." Mulder chiuse il telefono. Anche lui non avrebbe voluto dire quelle cose, ma era tutta una tattica. Due erano le possibili conclusioni. O sarebbe tornata indietro, o l’avrebbe persa per sempre. Era però sicuro che il primo finale era il più plausibile.

Scully aveva gradito poco quella conversazione, e ora si sentiva offesa e delusa. Non pensava che Mulder avrebbe detto quelle cose e, anche se erano la realtà, non voleva accettarlo. Ripensò all’ultimo periodo, a quante volte, durante la sorveglianza, avevano litigato, e Mulder l’aveva offesa, anche se involontariamente e senza farci caso. Scully rievocò a una canzone che rispecchiava esattamente quello che sua sorella Melissa le aveva detto in un altro momento difficile della sua vita. Ricordava perfettamente le parole, e non tardò a ricordare anche la musica.

 

(Everybody Hurts

Lyrics & Music By: REM Transcribed By: Steve Fisher Performed by: the corrs)

When your day is long
And the night
And the night is your's alone
When you think you've had enough
Of this life
Hang on
Don't let yourself go
'Cause everybody cries
And everybody hurts
Sometimes
Sometimes everything is wrong
Now it's time to sing along
When your day is night hold on
Hold on (hold on)
If you feel like letting go
Hold on
If you're sure you've had too much
Of this life
Hang on
'Cause everybody hurts
Sometimes
Take comfort in your friends
And everybody hurts

Don't blow your hands
Oh-oh no
Don't blow your hands
If you feel like you're alone
No, no, no, not alone

If you're on your own
In this life
The days and nights are long
You're sure you've had too much
Of this life
Hang on

Yeah everybody hurts
Sometimes
Everybody cries
Sometimes
Everybody hurts
Sometimes
Everybody hurts sometimes
So hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on
Hold on, hold on.
‘Coz no, you’re not alone

 

(Tutti si sentono feriti)




Quando il tuo giorno è lungo
E la notte
La notte è solo tua
Quando pensi di averne avuto abbastanza
Di questa vita
Non mollare
Non lasciarti andare
Perché tutti piangono
E tutti si sentono feriti
A volte
A volte è tutto sbagliato
Adesso è tempo di cantare insieme
Quando il tuo giorno è la notte tieni duro
Tieni duro (tieni duro)
Se hai voglia di mollare
Tieni duro
Se sei sicuro di averne avuto abbastanza
Di questa vita
Tieni duro
Perché tutti si sentono feriti
A volte
Trova conforto nei tuoi amici
E tutti si sentono feriti

Non sfregarti le mani
Oh oh no
Non sfregarti le mani
Se ti senti solo
No, no, no, non da solo.

Non stare sulle tue
In questa vita
I giorni e le notti sono lunghi

In questa vita
Tieni duro

Sì tutti si sentono feriti
A volte
Tutti piangono
A volte
Tutti si sentono feriti
A volte
Tutti si sentono feriti a volte
Allora tieni duro, tieni duro
Tieni duro, tieni duro
Tieni duro, tieni duro
Tieni duro, tieni duro
Perché non sei solo.

XOXOXOXOXOXOXOX

I – 137
Minnesota
July, 7th 2000
3.51

Scully stava ormai guidando da circa otto ore. Matthew dormiva, e non si era mai svegliato, durante la notte. Erano nei pressi di Fargo, anche se dovevano ancora passare il confine con il North Dakota. Guidando di notte, quando di solito il traffico è pressoché nullo, e non avendo nessuno con cui parlare, i pensieri volano liberi nella testa. Anche Scully aveva avuto il tempo di pensare. Aveva capito che quello che Mulder aveva detto era solo una tattica. Poteva capirlo, e non era arrabbiata con lui, ma aveva bisogno di altro tempo, per ritornare in sé. Non chiedeva nient’altro: solo tempo.

XOXOXOXOXOXOXOX

I – 137
Gas Station
Jamestown, North Dakota
6.38

Erano giunti alla loro ultima tappa prima, di arrivare a Glendive. Scully aveva fatto il pieno di benzina, e ora aveva parcheggiato a sinistra dell’entrata del bar. Matthew era in dormiveglia, ma non desto del tutto. Dovevano fare colazione e poi ripartire. Toccava a lui guidare: doveva svegliarlo bene, anche se lei non aveva sonno, e di conseguenza sarebbe rimasta sveglia, per controllarlo.

"Matthy…."

Matthew non muoveva un muscolo, ma rispose: "Dove siamo?"

"A Jamestown. Ho fatto il pieno."

"Di noia?", chiese lui, mentre apriva gli occhi e si girava a guardarla.

Dana rise. "Di benzina."

"Ah, bene…." Matthew si stiracchiò. "Ho dormito benissimo…Ma…dove hai detto che siamo??"

"A Jamestown."

"Allora la sapevi la strada!"

"Forza…Andiamo a fare colazione. Hai bisogno di caffè…ABBIAMO…"

"Sei stanca?"

"No, non molto. Quel pisolino, ieri mattina, mi ha fatto bene."

"C’era traffico?"

"No…"

"Beh, mi piacerebbe perdere ore e ore, qui, a parlare con te, ma…lo stomaco brontola…"

"Dimmi un solo momento in cui il tuo stomaco non brontola, e farò quello che vuoi."

"Quando dormo….Sei pronta?"

"Non vale. Non c’è nessuno che può provarlo."

"Hai sentito rumori strani stanotte?" Scully non rispose, ma un sorriso comparve sul suo viso (toh! La rima!! Non l’ho fatto di proposito! SorrISO – vISO. Ihihihihiih ^_^). La risposta era negativa, quindi Matthew stava per esprimere il desiderio. "Purtroppo per me, il mio desiderio non può essere soddisfatto, qui e adesso. Pareggeremo i conti una sera, in albergo, a Helena. Per ora baciami."

Scully lo accontentò, ma non le dispiaceva per niente.

"Stai iniziando a pensare a cosa prendere per colazione?"

"Già fatto."

"Allora ripensaci. Faremo una colazione come si deve, finalmente. Abbiamo bisogno di energie.", disse Matthew, scendendo dalla macchina e dirigendosi verso il bar.

"D’accordo. Te lo sei voluto tu. Ora ti manderò in rovina.", rispose lei seguendolo.

"Ah sì? Vedremo chi mangia di più. Chi perde chiamerà a casa dei miei genitori, per vedere se nelle prossime ore saranno in casa."

"E come mi presento?"

"Questo è il bello. Chi chiama dovrà inventare una situazione divertente, tipo…sondaggi, e cose varie…"

"Prepara i gettoni."

"Per te immagino."

"Dovrai anche camuffare la voce, per non farti riconoscere."

"Già, ma non ne avrò bisogno, dato che vincerò io."

"Vedremo.", disse Scully, con un tono di sfida.

XOXOXOXOXOXOXOX

I – 137
Gas station
Jamestown, North Dakota
7.56

"Mi dispiace, hai perso. Devi chiamare.", disse Dana, mentre porgeva a Matthew un gettone e mentre uscivano dal bar. Se l’erano presa piuttosto comoda, poiché erano abbastanza in orario rispetto alla tabella di marcia, e anche un po’ in anticipo.

"D’accordo. Ma ricordati che hai barato."

"Non ho barato."

"Ah no? E cosa hai fatto quando hai ordinato quei cosi minuscoli?"

"Ho mangiato, ma non barato."

"Già già…Essendo piccoli, alla fine hai dato l’impressione di aver mangiato di più, ma in realtà non è così."

"Abbiamo anche lasciato giudicare alla cameriera."

"Infatti. Non era obiettiva."

"Non perderti in chiacchiere. Avanti, andiamo. La cabina è lì."

"Ok ok. Ti faccio vedere io come si prendono in giro le persone."

"E quando l’hai imparato?"

"Ehm…mai…solo…"

"Sì, ho capito…Hai le unghie corte, vero?"

"Perché?"

"Non ti arrampichi bene, sugli specchi."

Matthew rise. Intanto erano arrivati alla cabina, ed erano entrati. Matthew inserì il gettone, e compose il numero. Dopo qualche istante disse, tappandosi il naso per truccare la voce: "Salve, sono…Dylan Manloc, del ‘Glendive Post’. Scusi l’orario, stiamo facendo un sondaggio…Sì. Ovviamente…Vorremmo sapere come passate le ore del pomeriggio di venerdì. Ah-ah….Uscite TUTTI i venerdì, anche oggi? No? Ok. Grazie della pazienza, e scusi il disturbo." Matthew ripose la cornetta. "Beh? Che te ne è sembrato?"

"Dylan Manloc??"

"Sì."

"Che fantasia..."

"Non molta: Dylan è il mio secondo nome, e Manloc è un anagramma di Colman."

"Allora, rimarranno a casa?"

"Sì, a meno di emergenze."

"Perfetto."

"Andiamo ora."

Matthew e Dana si rimisero in macchina e ripresero a viaggiare.

 

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Hotel Rebel Heart
Helena, Montana
18.42

 

I due viaggiatori avevano deciso di arrivare prima a Helena, per poi andare dai signori Colman il mattino dopo. Ora Matthew era sotto la doccia, lei stava disfacendo le valigie e stavano parlando a voce alta, per sentirsi, da una stanza all’altra.

"Allora andiamo domattina?", chiese Scully.

"Sì! Almeno saremo riposati. Tieni presente che ci vogliono cinque ore per arrivare a Glendive."

"Di conseguenza dovremo ripartire presto da lì."

"Potrebbero anche farci dormire lì."

"No, ti prego. Lo sai che ho paura."

"D’accordo. Se così è meglio per te, torneremo."

"E poi non devi andare a recuperare quel filmato?"

"Già. Dovrò mettermi in contatto con il dipartimento locale."

"Vedi? Meglio non tardare."

"Ok."

Scully sentì il rumore dell’acqua che veniva chiusa. Giusto in tempo, perché aveva appena finito di sistemare la roba. Matthew uscì qualche secondo dopo, con dei pantaloncini addosso, mentre si stava freneticamente asciugando i capelli con un asciugamano. "Hai telefonato poi al tuo amico?"

"Quando?"

"L’altra sera."

"Oh, sì."

"Beh?"

"Non è stato molto divertente. Ha organizzato un dialogo per farmi sentire in colpa,…e farmi tornare a Washington."

"Avrei fatto la stessa cosa. Vi siete più sentiti?"

"No, ma lo chiamerò per dirgli che sono arrivata sana e salva."

"Ok.Vuoi fare un giro per la città, o sei stanca?"

"Veramente dovresti essere tu quello stanco, hai guidato. Comunque possiamo andare."

"D’accordo."

"Ti aspetto giù, nell’atrio. Vedi di non metterci due secoli."

"Io?? Sei tu quella che ce ne mette quattro, di secoli, per prepararsi!"

Lei rise, poi gli diede un bacio, e mentre usciva disse: "Sbrigati!"

Matthew sorrise, ma Dana era già uscita. Pensò a come era stato fortunato a incontrarla, e per niente al mondo l’avrebbe lasciata.

 

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Hotel Rebel Heart
Helena, Montana
18.49

 

Scully era appena scesa nella hall dell’albergo. Pensò che Matthew si sarebbe sbrigato a vestirsi, così decise di telefonare subito a Mulder. Mentre componeva il numero, pregò che rispondesse la segreteria telefonica. Se così non sarebbe accaduto, si sarebbe sforzata di sembrare il più normale possibile. Mulder rispose quasi subito: "Pronto?"

"Ehm…Mulder?"

"….Ciao. Allora, stai tornando?"

"No, sono appena arrivata alla mia destinazione…" Il silenzio e l’aria pesante che si erano creati, ricordavano molto le telefonate che si erano fatti, quando Mulder era fuori città per quel caso di eredità. Scully decise di parlare: o adesso o mai più. "Senti, lo so quello che hai cercato di fare, durante la nostra ultima telefonata…Ma non verrò a Washington, finché non sarò tornata…come prima."

"Tu non capisci…Sai cosa significherebbe per me, se tu decidessi veramente di dimetterti dall’FBI?"

"…Non sono più sicura che succederà…"

Quella frase era come un fulmine a ciel sereno. Nessuno di loro si aspettava che lo dicesse. Per Mulder rappresentava una speranza, per lei un traguardo. Ammetterlo apertamente, con Mulder, voleva dire non che non ne era più sicura, ma il contrario: in fondo al cuore, era sicurissima di aver sbagliato. Ma da un’altra parte, non se la sentiva ancora di tornare.

"Scully, tu non sei mai stata sicura di questo. Credevi di esserlo, ma non lo eri. Eri solo molto scossa per quello che ti è successo…in quest’ultimo periodo." Ora la voce di Mulder era diventata più dolce.

Scully si allontanò dalla hall, e raggiunse un luogo più appartato. "Questo lo so…"

"Con tutto quello che ti è successo, compresa la…l’aggressione dell’ultimo caso, chiunque sarebbe crollato. Io mi sono stupito del fatto che…tu sia riuscita a resistere fino ad ora. Comunque hai ragione, in questo momento hai solo bisogno di molto riposo, per cui eviterò di…darti ulteriormente fastidio."

"No…", rispose lei, con un tono quasi di supplica. Non voleva accettarlo, ma nonostante credesse che quando era con Matthew lui riusciva a farle dimenticare di Mulder, non era affatto vero. Fox era sempre nei suoi pensieri, e in quei giorni le era mancato tantissimo.

"D’accordo, se proprio insisti…Posso parlare ancora per qualche minuto. Allora, cos’hai intenzione di fare lì?"

"Ehm…svagarmi."

"Questo l’avevo capito.", rispose lui, e subito dopo sentì una risatina provenire dall’altra parte della cornetta. Percependola, anche Mulder pensò a quanto aveva sentito la sua mancanza. Delle sue risate, anche se sporadiche, dei suoi sguardi interrogativi, e tutto il resto che la rendeva così speciale ai suoi occhi.

"E a te come va? Qualche caso interessante?"

"Non lo so, non ho più fatto niente da quando sei partita. Sono tutti ammucchiati da una parte…"

"Mulder, per favore, non farmi questo. Devi continuare a lavorare,…altrimenti quando tornerò dovremo lavorare come animali.", disse lei, in tono ironico.

Adesso toccò a Mulder emettere una piccola risatina. "Ok, tornerò a lavorare…Senti Skinner…non ha ancora inoltrato la tua richiesta. Sappiamo solo noi, delle tue dimissioni. Devo dirgli qualcosa?"

"Digli…di aspettare."

In quel momento a Mulder sembrò che una mano l’avesse preso e tirato su, dall’inferno in cui era scivolato da quando lei se ne era andata.

"D’accordo.", rispose, con un sorriso, che ovviamente lei non poteva vedere.

"Ora devo andare…"

"Ah, senti, un’altra cosa…"

"Dimmi."

"Se tua madre ti cerca e chiede a me? Che faccio?"

"Ehm…digli che sono in ferie. Che non ho chiamato nessuno per rimanere rilassata."

"Ok…Mi manchi."

Scully non era molto sorpresa da quella frase. L’aveva previsto. "Anche tu…Ti chiamo io."

"Certo."

Con quella conversazione, le cose tra loro erano nettamente migliorate, e lei poteva stare più tranquilla. All’inizio del viaggio credeva che, se non avesse sentito la voce del suo partner, avrebbe preso la sua decisione in modo più obiettivo. Ma, al contrario, sentirla aveva provocato un effetto migliore. Era vicina alla decisione finale, sicuramente quella giusta.

 

(State zitti! Non dite niente, per favore…….Siete contenti?? Bene, perché alla fine di questa parte non lo sarete affatto….)

 

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Colmans’s residence
Glendive, Montana
July, 8th 2000
11.49

Erano arrivati davanti alla casa dei signori Colman. Matthew aveva parcheggiato a qualche metro di distanza dalla porta di casa, per non essere visto da dentro. Dana fremeva al suo fianco.

"Nervosa?"

"Tu che dici?"

"Dai, sii te stessa e ti adoreranno…Tra l’altro non vedo perchè dovrebbero odiarti, sei deliziosa."

"Grazie. In un altro momento ti avrei ringraziato diversamente, ma ora sono occupata a rilassarmi."

"D’accordo. Allora andiamo subito. Prima lo facciamo e prima finirà." Matthew aspettò qualche secondo. "Pronta?"

"No."

"Andiamo."

Giunsero davanti alla porta con qualche difficoltà. Matthew disse: "Sicuramente per i primi venti secondi penseranno a me, quindi hai il tempo per rilassarti."

"Ok."

Matthew suonò il campanello, e una voce dall’interno rispose: "Arrivo!" Quando la porta si aprì, davanti ai loro occhi si presentò una signora sulla settantina, dall’aria molto simpatica, che in meno di due nanosecondi disse: "Mat!", e lo abbracciò quasi strozzandolo, poi si girò verso l’interno della casa e urlò a qualcuno: "Jamie! C’è Mat!". Dopo di chè si rigirò verso Matthew e tornò ad abbracciarlo. La scena si ripetè quando arrivò quello che doveva essere Jamie, il padre di Matthew. Anche lui aveva un’aria molto simpatica, e subito Scully intuì da chi Matthew doveva aver preso la simpatia. Come lui aveva previsto, dopo circa venti secondi, la sig. Colman, notò la presenza di Dana, che si era spostata più a destra.

"Oh! Mat! Non ce la presenti?" 

"Certo. Mamma, papà, lei è Dana."

Fu la signora Colman a tendere per prima la mano, e a dire: "Io sono Annie, la mamma di Matthew"

"Piacere."

Poi fu la volta del padre. "Jamie, il papà."

"Felice di conoscerla."

"Entrate, forza.", disse Annie.

"Subito mamma, dobbiamo prima prendere qualcosa dalla macchina, torniamo subito."

Quello che Matthew aveva detto serviva a far prendere a Dana qualche minuto per rilassarsi, prima di entrare definitivamente in casa. Avrebbero passato quasi tutto il giorno con i suoi genitori, quindi era necessario che lei fosse tranquilla. Appena arrivarono alla macchina, Matthew le chiese: "Allora? Come va?"

"Bene…Pensavo peggio. Sono molto simpatici, e questo mi faciliterà il compito."

"Già. E poi ricordati quello che ti ho detto: sii te stessa e andrà tutto bene…Beh, non proprio te stessa, cerca di essere più simpatica…." Matthew aveva pronunciato ciò con un tono che faceva credere che l’aveva detto soprappensiero. Anche questa era un tattica per sdrammatizzare la situazione.

"Stai insinuando che sono antipatica??", chiese lei, stando al gioco.

"Cosa?" Matthew fece finta di essere caduto dalle nuvole, mentre maneggiava con qualcosa all’interno della macchina.

"Cosa volevi dire prima?"

"Prima quando?"

"E’ inutile che fai finta di niente, ti ho sentito. Hai detto che sono antipatica."

"No! Io ho detto solo di essere più simpatica, ma questo non lasciava intendere che sei antipatica…"

"Allora lo ammetti! E comunque l’antipatico sei tu…" Matthew iniziò a ridere a crepapelle, e per non cadere, si sedette sul sedile del viaggiatore. Scully lo guardava sorridendo. Dopo un po’ aggiunse: "Forse è meglio che la macchina la sposto io…" Così dicendo, si sedette dal lato del guidatore, e mise in moto la macchina.

 

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Few minutes later

I signori Colman, Matthew e Dana stavano parlando da qualche minuto, e ormai conversare era diventato più semplice. Miracolosamente i genitori non avevano ancora fatto domande complicate, ma Dana era sicura che non avrebbero tardato a farle.

"E tu che lavoro fai?", chiese Annie, rivolgendosi a Dana.

"Ehm…medico legale."

Annie e Jamie assunsero un’espressione di sorpresa mista a repulsione. Dana si divertì molto a vedere quelle facce, infatti qualche secondo dopo abbassò la testa per cercare di nascondere l’enorme sorriso che era comparso. Gli interlocutori si accorsero di aver avuto una reazione poco interessata, quindi la signora Colman rimediò subito. "Scusaci, ma non pensavamo che…insomma…I medici legali sono dei tipi piuttosto…singolari...cioè, volevo dire che…"

"Non si preoccupi, è normale avere questa reazione. Indubbiamente non è un lavoro molto divertente, però…ha i suoi lati buoni, per quanto possa sembrare…sadico."

L’altra persona molto divertita dalla situazione era Matthew, che stava ascoltando il discorso seduto su una poltrona lì presente.

"E ora sei in ferie?"

"Sì", rispose velocemente Dana, quasi a voler scacciare ogni dubbio sull’argomento, ma con la sua risposta aveva ribaltato la situazione. Aggiunse: "Per così dire…."

Prese parola Jamie, che chiese a entrambi: "Da quanto tempo vi conoscete?"

Matthew e Dana si guardarono. Lo sguardo di lei era interrogativo, quasi volesse chiedere che cosa doveva rispondere. Matthew disse: "Ehm…da..parecchio…due mesi…"

"Due mesi??", chiese incredulo il padre.

"No, forse tre…Sì, sì, sono tre." Ad un tratto i signori Colman iniziarono a ridere. "Che c’è?"

"Sei sicuro? Vi conoscete da tre mesi?", chiese Annie, che stava ancora ridendo. "Avanti, diteci la verità, da quanto vi conoscete?"

"Due settimane.", rispose Dana, aspettando la loro reazione.

"Ah…Credevo meno…"

"Due settimane? Come vi siete conosciuti?"

"C’era un gatto in pericolo di vita, appeso a un filo sopra alla finestra di casa sua…Hanno mandato me…e il danno è fatto." Matthew si girò a sorridere a Dana.

"Sei di Washington?", domandò Annie a lei.

"Sì, ma sono nata a San Diego."

"California…Come mai il cambiamento?"

"Motivi…di lavoro."

"A San Diego non avevano bisogno di un medico legale?"

"Sì, ma…"

Matthew decise di soccorrere la sua amata, e disse, interrompendola: "Lavora per l’FBI." Dana si girò a guardarlo, ma senza avere uno sguardo di rimprovero.

"Ma dai! Davvero? Lavori per l’FBI?" disse Jamie.

"Sì.", disse lei dopo un po’, "lavoro per l’FBI."

A dir la verità lei si aspettava una reazione ancora peggiore, ma i sig. Colman non batterono ciglio. Sembravano entusiasti, invece.

"Dove sono Danny e Jayne?"

"Eravamo rimasti d’accordo con loro che avrebbero pranzato qui, quindi dovrebbero venire da un momento all’altro. Sai che si sono fidanzati?"

"Davvero??"

"Sì, da pochi giorni."

"Conosceremo chi li ha stregati eh?", disse Matthew.

"Non sono stati gli unici…a essere stati stregati da qualcuno…", disse Annie, con una piccola allusione al figlio e a Dana. Il campanello evitò ai due fidanzati la pena di rispondere. "Oh, eccoli. Vado ad aprire." Annie sparì dietro l’angolo, seguita dal marito. Matthew e Dana avevano passato incolumi il primo interrogatorio di terzo grado dei genitori. Il resto sarebbe stato più semplice.

Matthew si alzò e andò a sedersi di fianco a Dana, dandole un bacio. "Così…LAVORI per l’FBI…"

"Sì."

"Quando avviserai chi deve essere avvisato?". Matthew aveva ragione: ormai Dana aveva deciso. Doveva solo dirlo a Mulder e a Skinner.

"Stasera…o domattina."

Dall’ingresso provenivano voci sempre più vicine. Ad un tratto dalla porta comparvero due ragazzi e due ragazze. Matthew si avvicinò a quello che doveva essere il fratello.

"Danny!!"

"Mat! Che sorpresa!"

"Lasciami salutare la mia sorellina preferita.", si girò verso una ragazza e disse: "Jayne!!!"

"Ciao fratellone!!!"

Seguirono le presentazioni di rito con i vari fidanzati e fidanzate, poi Matthew disse: "Anch’io devo presentarvi una persona." Si girò verso Dana, che nel frattempo l’aveva raggiunto. "Danny, Jayne, lei è Dana."Quando le conoscenze furono terminate, la numerosa comitiva si divise per svolgere vari compiti. Le donne seguirono Annie in cucina, e Danny e Matthew rimasero soli.

"Ehi Mat. Complimenti…Davvero graziosa."

"Lo so.", rispose lui con un sorriso.

"Da quanto vi conoscete?"

"Due settimane."

"Solo?? Accidenti, se avete fatto così in fretta deve essere una cosa seria."

"Lo è infatti."

Danny sorrise nel vedere la felicità del fratello: glielo si poteva leggere negli occhi. "Ti ha stregato eh?"

"Sì… mi ha stregato…" La felicità di Matthew nel dire quell’ultima frase era così in alto che le parole non bastavano a descriverla. Era una cosa seria….

 

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Hotel Rebel Heart

Helena, Montana

22.30

 

Matthew e Dana avevano trascorso tutto il giorno con la famiglia di lui, e si erano divertiti molto. Scully non aveva più avuto problemi a familiarizzare, perché erano tutti molto simpatici. Per di più non le avevano più rivolto domande complicate, quindi la giornata era passata allegramente. Ora i due erano appena arrivati nella stanza dell’albergo.

"Hai visto che non è stato difficile?", disse Mat, entrando.

"Già…Per fortuna non hanno più fatto domande compromettenti."

"A proposito di domande, hai chiamato…"

"Mulder?"

"Sì. Non ricordo mai il suo nome…."

"Ho provato, ma non sono riuscita a raggiungerlo. Il cellulare è spento, e non era in casa."

"Perché non chiami il tuo superiore?"

Scully fece una risatina ironica. "Divertente…"

"Perché?"

"Dovrei telefonare a Skinner e dirgli che ho cambiato idea??"

"Perché no? Prima o poi dovrai affrontarlo, quando torneremo a Washington. Ed è meglio parlarci al telefono che faccia a faccia, no?"

"Ci penserò."

"Questo significa che non lo farai."

"Infatti. Voglio dirlo a Mulder prima."

"Come vuoi. Ma avvisalo di prendersi un calmante, prima…"

"Strano che non sia a casa…"

"Sarà andato a bere per dimenticare…"

"Molto spiritoso…"

Scully era preoccupata per lui, però non capiva che senso avesse fare qualche stupidaggine ora che aveva saputo che probabilmente sarebbe tornata nell’FBI. Pensò che probabilmente anche lui si era preso una vacanza…Quello che non sapeva era che, in poco tempo, Mulder sarebbe stato più vicino di quanto lei immaginasse.

 

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Hotel Rebel Heart

Helena, Montana

July, 9th 2000

7.36

 

A quell’ora del mattino l’aria non era ancora molto calda, e c’era una brezzolina che rendeva gradevole il risveglio. D’altra parte l’aria di montagna era sempre migliore di quella di città. I monti, sommersi dagli alberi, circondavano l’albergo e in lontananza si poteva scorgere un pezzo del lago Flatehad. Matthew stava osservando il panorama mentre si abbottonava la camicia, e Dana era ancora a letto. Si avvicinò, e si piegò sulle ginocchia, vicino al letto.

"Kathy…"

Dana aprì subito gli occhi. "Che c’è?"

Matthew fu sorpreso. "Credevo che stessi dormendo."

"Non sempre le cose sono quello che sembrano…" Non sembrava affatto assonnata.

"Ma…non hai neanche la faccia assonnata…Da quanto sei sveglia?"

"Più di quanto non credi…", rispose, alzandosi dal letto e dirigendosi verso la finestra.

Matthew capì al volo. "Neanche stanotte hai dormito?"

Dana si girò. "No, neanche stanotte…", e tornò a guardare la finestra.

Matthew aveva notato qualcosa di strano nei suoi occhi, ma non era più disposto ad aspettare. Voleva assolutamente sapere la causa di questo problema. "Come mai non riesci a dormire?", disse, senza muovere un passo. La conversazione poteva diventare pericolosa, ed era meglio mantenere la distanza di sicurezza.

"Brutti sogni…"

"Sì, questo me lo hai già detto. Ma ora voglio sapere COSA sogni." Matthew stava perdendo la pazienza. Non voleva essere messo all’oscuro di niente.

"No…Non voglio ancora dirtelo…"

"Tu DEVI dirmelo! Ti dissi che quando saresti stata pronta, me lo avresti detto, ma non posso più aspettare…"

"Non credo che sarò mai pronta per dire quello che mi è successo…"

"Ma non capisci?? Non posso aiutarti, se non me lo dici."

"Ci hanno provato in molti, ad aiutarmi, e ti assicuro che non è una cosa semplice…"

"Io non sono tra quei ‘molti’…"

Ora anche lei aveva perso la pazienza. Si girò nuovamente di scatto e disse, quasi urlando: "Sono stata violentata!" Matthew si trasformò in un pezzo di ghiaccio, come se si trovassero in Antartide, anziché nel Montana. "Prova ora, ad aiutarmi…" Scully decise che le montagne e i boschi erano un panorama decisamente più interessante di un ghiacciolo. Matthew non riusciva ad aprire bocca, così lei decise di rigirare il coltello nella piaga…sua e di lui. "E’ successo dieci mesi fa…Stavo andando a casa di Mulder, e scendendo dalla macchina ho notato un tipo sospetto che stava cercando di entrare in un appartamento dalla finestra. Quando anche lui mi ha visto, è scappato verso il vicolo, dietro all’entrata. L’ho seguito dietro l’angolo, ma…lì non c’era. In pochi secondi sono comparsi tre uomini davanti a me, e altri due alle mie spalle, che mi hanno…buttata a terra…e iniziato a picchiarmi e a…violentarmi…Qualcuno però deve averli interrotti, perché ad un tratto sono scappati. Ma ormai era tardi…uno di loro…ci era già riuscito…." Se prima sembrava un piccolo pezzo ghiaccio, ora Matthew aveva l’aspetto di un enorme iceberg. Scully si girò, dopo qualche secondo necessario per riprendersi. "Contento?", disse, senza apparire particolarmente arrabbiata con lui, per avergli fatto dire quello che lei ricordava sistematicamente, con un sogno, ogni notte.

"Mi dispiace…"

"No, no. Fermati." Matthew la guardò con un’espressione interrogativa. "Ci ho messo dieci mesi per…per riuscire a passare i giorni senza far notare, a chi mi stava vicino, che ci stavo pensando, e sai perché? Perché non voglio compassione. Ormai è successo, A ME…Lo ricordo ogni notte, con un sogno, e non ho certo bisogno di vedere voi tristi…o…che cercate di consolarmi. Non voglio. Ecco perché non volevo dirtelo. Volevo evitare questo."

"Cosa posso fare, allora?"

"Far finta di niente."

"Cosa??"

"Far finta di niente.", ripeté più lentamente. "O almeno…pensaci quando io non sono nelle vicinanze, altrimenti me ne accorgerei."

"Fammi capire: ti dà fastidio che le persone che ti vogliono bene siano dispiaciute?"

"No, però vorrei almeno provare a dimenticare quello che è successo…Non sarà affatto facile, e se ogni due minuti devo vedere persone che mi piangono addosso…sarà ancora meno facile….È l’unica cosa che ti chiedo…"

Matthew capì quello che lei voleva dire. "D’accordo…"

"È già uno sforzo apparire normale…", aggiunse. "Bene, e ora che lo sai…passiamo ad altro…Stai andando al dipartimento locale?", disse, cambiando totalmente espressione.

"Ehm…sì."

"Non sembri molto convincente…"

"Devo parlare con quelli che mi accompagneranno. Dobbiamo metterci d’accordo sulle modalità."

"Ah-ah."

"Tu mi aspetti qui? Dovrei tornare per l’ora di pranzo."

"D’accordo, farò un giro in città allora."

"Evita i vicoli però…", disse in tono ironico.

Scully rise. "Così va meglio."

"Posso almeno abbracciarti?"

"Non c’è bisogno di chiederlo."

Matthew la strinse forte, come se volesse mettere tutto il suo dispiacere in quell’abbraccio. Poi le diede un bacio e uscì. Dana attese ancora qualche secondo, poi si lasciò cadere sul letto…Era difficile mentire a se stessi, e lei l’aveva appena fatto. Anche se non lo dava a vedere, ogni minuto, anche ogni secondo, che la mente era libera dai pensieri di lavoro, ricordava ciò che era successo. Ma non voleva che quello condizionasse la sua vita. I suoi aggressori avrebbero vinto due volte.

(Scusate l’interruzione, ma il fatto che ho citato proprio l’Antartide, poco fa, non è stato un caso. Volevo dirlo solo a titolo di cronaca. ^_^)

 

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Hotel Rebel Heart

Helena, Montana

8.16

Scully aveva deciso di mangiare qualcosa per colazione in uno dei bar che avrebbe incontrato sul suo cammino, quindi si stava dirigendo verso la reception per consegnare la chiave. Era appena uscita dall’ascensore e aveva percorso pochi metri quando notò un uomo, di spalle, che parlava con l’albergatore. Aveva l’impressione che quell’uomo fosse qualcuno che conosceva, e sembrava che il tempo avesse rallentato il ritmo, ma non si sapeva spiegare il perché. Due secondi dopo, l’uomo girò la testa di 90°, così lei poté vederne il profilo. Ora anche lei si era trasformata in un ghiacciolo, come era successo a Matthew poco prima. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Rimase ancora qualche secondo immobile, quando sentì le parole dell’albergatore: "Ah, eccola! È lì in fondo." Scully voleva tornare nell’ascensore, ma non riusciva a muovere un muscolo, neanche le palpebre.

Mulder si girò, seguendo con gli occhi il dito del gestore, fino a quando non incontrò gli occhi di Scully. Appena Mulder mosse un passo nella sua direzione, lei iniziò ad indietreggiare, cercando di arrivare all’ascensore. Quello che voleva dire con il suo comportamento era chiaro: non voleva affrontarlo di persona. Finché parlavano al telefono, lei dal Montana, e lui da Washington, andava tutto bene, ma ora Mulder era troppo vicino, per i suoi gusti. Quando il suo ex-partner fu a pochi metri da lei, si girò e andò verso l’ascensore con passo deciso. Fox però le fu addosso in pochi secondi, ma non la toccò. Disse solo:

"Aspetta!" Lei si fermò, senza girarsi. "Dammi almeno la possibilità di parlarti."

"Non c’è niente di cui parlare…". Scully stava prendendo del tempo per finire la frase, e dirgli che aveva deciso di tornare, ma lui l’anticipò.

"Non ho fatto ore di volo per vederti andare via senza ascoltare quello che ho da dire.", le prese un braccio e la girò. "Non capisci? Non posso stare senza di te. Il lavoro non c’entra…è proprio…vivere che mi riesce quasi impossibile…se tu non sei accanto a me…Non ci riesco…Quindi non posso lasciarti fare il più grosso sbaglio della tua vita, e stare con le mani in mano. Hai ragione. La nostra può essere una guerra persa in partenza, ma se perderemo senza averci provato, ne avremo il rimorso per tutta la vita. Se invece continuiamo a impegnarci, a dare il meglio di noi, sono sicuro che qualcosa cambierà. Certo, potranno non essere grandi vittorie, ma certo non potremmo dire che non ci abbiamo provato. E la nostra ricerca non è ancora finita. Non mi sono ancora vendicato con loro per tutto quello che ti hanno fatto. Vuoi lasciare il lavoro, senza aver almeno provato a fargliela pagare? Io non posso. Sono sicuro che neanche tu puoi. Ti sarai chiesta il perché della mia presenza qui, quando tu mi avevi espressamente detto di restare a Washington. Beh, sono qui per lo stesso motivo per il quale due anni fa ti ho rincorso nel corridoio." All’improvviso, Mulder le prese la mano e si inginocchiò. "Torna, ti prego. Non ce la faccio senza di te. In passato posso non averlo fatto sembrare molto chiaro, ma…ho pensato che solo così potevo convincerti…" Mulder non sapeva più che dire per farla tornare, ma lei era già convinta.

"Non c’era bisogno di venire. Ieri ho provato a chiamarti, per dirti che…tornerò a lavorare nell’FBI."

Mulder fece un sorriso che esprimeva a pieno tutta la sua felicità. Scully lo fece alzare, e poi lo abbracciò. Avevano appena vinto una piccola battaglia.

(Oooohhh!!!*o*Wowww!! Non ve lo aspettavate eh??? Phoebe_la_bastarda_che_vi_ha_fatto_soffrire)

XOXOXOXOXOXXOXOXOXOXOXO

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore
(quarta parte): Finali

NOTE: Ta dan!! Primo finale...Allora, spieghiamoci. Questo finale avrà un'andamento noromo fino alla scena finale, dove gli shipper trionferanno. Voi direte: Ma se finiscono entrambi in modo shipper, perché due finali?? Vedrete, vedrete. Ho fatto due finali per accontetare più o meno tutti. I noromo però devono capire che io sono shipper. Quindi fare un finale noromo è praticamente impossibile. Già è stato difficile fino ad ora, quindi…E comunque credo che chi ha detto "Ma tra Mulder e Scully è scontato!" avrà già sofferto abbastanza per la metà di questa quarta parte, quindi FACCIAMO TRIONFARE GLI SHIPPER!!!! Per la cronanca, i due finali saranno come due treni che devono fare lo stesso percorso, ma che usano strade diverse. Così si protrà vedere che, secondo il mio punto di vista, noi possiamo fare le nostre scelte, che sicuramente influiscono sulla strada che faremo, ma la fine è sempre quella. Avete capito? Se no, ne parleremo in diretta in chat. Se non venite in chat scrivete al mio indirizzo. Buona continuazione!!!

P.S. - I ringraziamenti conclusivi sono alla fine della quinta parte.
P.P.S.- Ho deciso di pubblicarle separatamente....=))
P.P.P.S.-nelle note finali della terza parte ho sbagliato. Questo finale sarà noromo fino quasi alla fine, mentre il prossimo sarà sempre SHIPPER. Giusto a titolo di cronoca...Cmq, anche questo finale non scherza con i momenti shipper. =))

- PRIMO FINALE: "Noromo"
- SECONDO FINALE: Shipper