TITLE: Iolokus #3 - Vix te Agnovi - The Collector's Edition * Capitolo 8 * Bada di essere sincero; non tenere le redini
Sto per rimettermi in viaggio per la Virginia e sono in attesa ad un incrocio che il semaforo diventi verde, quando il mio cellulare squilla. Lo estraggo dalla giacca e rispondo. "Ciao bellezza." Una voce che è quella di Mulder e non lo è mi scivola nell'orecchio. La mia gola si sente come se una spazzola fosse stata spinta a forza giù per il mio esofago. "Cosa vuoi?" "Voglio scoparti e ucciderti, che ne dici?" mi dice in tono canzonatorio terminando con una risata familiare che mi dà i brividi. Il fuoco dell'ira si sprigiona nel mio ventre, probabilmente in prossimità delle mie torturate ovaie. Sembra che io riesca a provare tutta la mia rabbia nei miei organi riproduttivi in questi giorni. "Puoi provarci. Non hai fatto un buon lavoro l'ultima volta perché non sei capace di avere un'erezione con una donna viva, fottuto bastardo." Con la voce rauca che mi ha regalato riesco a sembrare piuttosto fiera. Ci credo quasi anche io. Emette una specie di verso nel telefono che lo fa sembrare una iena a caccia di carogne. "La mia vita è così... strana in questi giorni." Si lamenta con la stessa precisa voce di Mulder. "Ho solo bisogno di capire alcune cose. Ho bisogno di te, Scully." Rabbrividisco e mi stringo addosso la giacca. Poi estraggo la pistola dalla fondina e me l'appoggio in grembo. Gli altri automobilisti penseranno che io sia sul punto di soccombere alla rabbia per il traffico, ma io ho bisogno del suo senso di sicurezza. "Non so cosa tu voglia da me." Credo di non essere sembrata troppo debole, ma sto rapidamente perdendo tutto il mio coraggio. "Vuoi che te lo mostri?" Mi chiede, la sua voce è panna montata sopra una mousse di cioccolato. Merda, anche il suo modo di flirtare è quello di Mulder. "Vuoi che ci incontriamo?" "Sono nel parco all'angolo tra Reno e la 42°. Mi riconoscerai dal garofano sulla giacca." La linea si interrompe. Chiamo Zippy prima che il suono della linea morta mi ipnotizzi. Risponde al sesto squillo; a differenza del mio partner precedente è in grado di ignorare il telefono se è occupato in qualche cosa, tipo fare la corte ad una bella ragazza. "Pronto?" "Sono io. George ha chiamato. Vuole che lo incontri al parco tra Reno e la 42 a Washington. Quanto ci metti..?" Impreca. "Sono a Wheaton... 25 minuti. Merda!" "Non chiamare Mulder." Lo avverto e riappendo. Quindici minuti e 5 quasi-incidenti più tardi raggiungo il parco. E' un bel posto, grandi case disposte ben lontano dal marciapiede, con una corsia in più per la pista ciclabile. Parcheggio davanti ad un idrante ed esco dall'auto, la pistola puntata davanti a me. Il parco è piccolo, si merita a fatica quel nome. Dal sentiero il terreno si alza in una riva molto ripida, quasi a 45 gradi, così che il parco è separato dal terreno circostante. Una piccola rampa di scalini in cemento sale verso l'alto. Non posso vedere molto di ciò che c'è lassù, ma sembra che il terreno sia in piano con qualche albero sparso sui lati. C'è un campetto da basket, chiuso da un'alta recinzione sulla sinistra. Sento le prime gocce di pioggia cadere mentre salgo il primo scalino. La luce del primo pomeriggio è grigia come la carta di giornale. La pioggia non è ancora così forte da interferire con la visuale, ma le spesse nubi nere sopra di me promettono che presto la situazione peggiorerà. Fortunatamente non vedo nessuno in giro; il tempo minaccioso li ha tenuti alla larga. Abbasso la pistola verso terra e seguo il sentiero di cemento verso il centro del parco guardandomi in giro. A parte gruppi di narcisi e crochi che stanno appassendo non c'è molto da vedere. Ci sono dei gruppetti di alberi alla fine del parco e io cerco di scorgerci qualche figura nascosta, ma non posso esserne sicura. "George." Chiamo. La mia voce è più debole di quanto mi aspettassi così ci riprovo tendendo muscoli danneggiati. "George... qui bello." Altri passi, sono più vicina al centro, più vicina agli alberi. "Che succede George, non sai arrivare fino in fondo? Avrei dovuto saperlo, perdente. Diavolo, potrei essere un uomo migliore io di..." Movimenti, sulla sinistra fra gli alberi. Potrebbero essere foglie mosse dal vento in aumento. Ma non credo. Lascio il sentiero e mi dirigo verso quel punto, maledicendo la mia altezza e la mia vanità mentre i miei tacchi affondano nel terreno. A mio favore va il fatto che l'erba si sta facendo scivolosa per la pioggia e i miei tacchi mi impediscono di cadere. Corro verso il gruppo di alberi, osservandoli attentamente. Sarebbe davvero un bene se Zippy è stato oltremodo pessimista, penso rallentando. C'è un rumore sordo, un ramo che si spezza alla mia destra, mi giro. E' lì in piedi che mi guarda, a una decina di metri da me, incorniciato da due cornioli. "Non parliamo mai davvero, non è così?" Chiede, solo che questo non può averlo rubato a Mulder perché io non gliel'ho mai detto e io rabbrividisco come se la pioggia leggera fosse quella di un monsone. "Perché hai cercato di uccidermi?" Si stringe fra le spalle. Nell'impermeabile pesante di Mulder, sembra quasi uno che è scappato da un set fotografico di moda, come se l'acqua gli fosse stata gettata addosso per simulare la pioggia: non lo tocca allo stesso modo in cui la pioggia colpisce i comuni mortali. "E' stato un errore, non avevo realizzato... è così arrabbiato per tutto quello che ci è successo in questo anno passato. Penso che la confusione sia inevitabile. So che non intendevi quello che hai detto poco fa. Capisco quello che ci sta succedendo. Una volta che avrò sistemato le cose potremo stare insieme." "Sistemato le cose?" Ripeto meccanicamente. Fa un passo in avanti. "Ha abbandonato la sua ricerca. L'ha tradita. Tutto per quel piccolo verme. E' patetico. Il nostro lavoro è importante, Scully, non c'è tempo per fare le mammine..." E sta venendo verso di me, quasi correndo nell'erba alta. Esplode un lampo, accecandomi per un istante quando sparo. L'ho visto proprio prima del lampo e a questa distanza se l'ho mancato dovranno rispedirmi a Quantico. Ma non riesco a vedere nulla quando la mia visuale si fa più chiara, nessuno, neanche una traccia scura sul terreno dov'era. Dopo pochi secondi le luci incominciano ad accendersi nelle case dall'altra parte della strada. Fantastico, altre spiegazioni da dare alla polizia locale. Per come sta andando la mia fortuna in questi giorni, il colpo ha probabilmente attraversato la strada entrando in qualche casa e colpendo un bambino mentre mangiava. Mi muovo più avanti dove prima ho visto George. Sotto gli alberi il terreno è dissestato, come se ne fosse emerso uno zombie. Cado sulle ginocchia incominciando a smuovere la terra con le mani, guardando in basso per un secondo e cercando il mio amico psicopatico per gli altri cinque. Sto cercando George con lo sguardo quando tocco per la prima volta la mano della donna morta. Mentre chiamo Mulder sento una debole melodia, che riecheggia nell'aria senza che io riesca a capire da dove provenga. Scompare non appena la riconosco. E' una canzone che ho ascoltato spesso nei viaggi senza fine in auto avanti e indietro per gli USA. Lenta, triste e malinconica, un re in un letto a Vegas mentre scaccia la televisione dalla sua miseria con un colpo di pistola. Ti sembrano vuote e nude le poltrone del tuo salotto? Ti scopri a guardare la porta e ad immaginarmi lì? Il tuo cuore è colmo di dolore, potrei tornare da te? Dimmi tesoro, ti senti solo questa notte? Zippy mi ritrova più tardi, la pistola stretta in una mano mentre con l'altra stringo le sue dita fredde di morte. **** Compiamo un semplice postmortem quella notte, perché Scully è troppo stanca per un'autopsia completa e inoltre è piuttosto difficile trovare aiuto per una cosa simile in piena notte. Cibo cinese e rapporti sulla scena del crimine, un altro mercoledì sera a Casa Mulder. Warwick e Ingveld sono usciti insieme ai loro amici hacker. Mooslet è immersa nel sonno e così il suo respiro attraverso l'altoparlante accompagna tutta la nostra conversazione. "E' stata senza dubbio scorticata." Mormora Scully nel suo bicchiere. "Alcuni dei fendenti sono stati dati solo per sfigurare, ma sono piuttosto sicura che ci siano larghe parti di pelle intatte che sono state semplicemente rimosse." "Dove?" Afferro un altro moo-shi, mettendoci un po' meno salsa questa volta, e lo addento. "Più che altro sul collo." Usa i suoi bastoncini per portarsi gli spaghetti al sesamo alla bocca. "Cosa pensi che significhi? Rimuove le prove di strangolamento?" Chiede Zippy mentre un altro gnocchetto cade sul piano del tavolo. Si arrende infilzandolo semplicemente con le sue bacchette. "Non ne ha mai sentito il bisogno prima. No, penso che George abbia visto Il silenzio degli innocenti troppe volte. Vuole creare un nuovo MO per se stesso, ma non riesce a trovarne uno che gli piaccia così ha preso a prestito quello di Buffalo Bill." "Intendi...?" "Già. Si sta facendo un toupet da gola." Il volto di Zippy si contorce per il disgusto e Scully trattiene qualcosa molto simile ad una risata. Ci conosciamo troppo bene; abbiamo ormai superato da un pezzo l'umorismo macabro. Cosa segue poi? Forse l'umorismo da camera a gas? "Questo dà da pensare circa la concessione ai prigionieri di vedere la TV via cavo." Aggiungo. "Almeno ora George sa che gli stiamo dando la caccia." Aggiunge Zippy bevendo un altro sorso della sua birra. "Sa che Scully gli sta dando la caccia." Ribatto. "Sono solo dispiaciuto per il mio impermeabile." "Sai cosa mi disturba di più di tutta questa faccenda?" Chiede Scully mentre le sue dita tracciano invisibili percorsi sulla sua bottiglia. "Il fatto che avrebbe potuto ucciderti? Che ci stia dando la caccia? Che c'è un tipo completamente folle che se ne va in giro con lo stesso quoziente intellettivo di Mulder e riesce a sintonizzarsi sulla stazione radio WDANA?" Scully scuote la testa. "Allora cosa?" "Il suo gusto musicale. Mi canticchiava un motivetto di Elvis." "Quale?" Chiede Zippy. Alzo lo sguardo scioccato. E' possibile che stia facendo una battuta? "A quanto posso vedere, ha un gusto ottimo per la musica." Dico. **** "Cosa stai facendo?" Scully ha il buon gusto di sembrare imbarazzata. Il rumore che mi ha portato nel bagno è stato una scatola di cerotti metallica finita nel lavandino... con il lavandino di mezzo è troppo bassa per riuscire a raggiungere il piano più alto dell'armadietto dei medicinali. Era l'unica zona del suo appartamento di cui io sia mai riuscito ad impossessarmi e solo perché lei non aveva nessuna possibilità di usarla. Sta indossando di nuovo la tuta, i pantaloni grigi troppo larghi stanno in precario equilibrio sulle sue anche. I suoi piedi nudi sul pavimento freddo sembrano così stranamente vulnerabili, una breccia nella sua armatura. Miranda ha le sue dita. "Non riesco a dormire." Annuncia in sillabe taglienti. Tengo i miei farmaci a prescrizione là sopra assieme ai cerotti, così è quelli che stava cercando. Ripasso mentalmente le avvertenze contenute su quell'opuscolo che mi ha dato il medico. Non ho mai letto questo genere di cose, ma con Miranda in casa mi sento in dovere di sapere gli effetti di ogni prodotto possibilmente commestibile. "Non puoi prendere il mio Ambien." La informo. Scully si gira per guardarmi in faccia. "Non c'è nessuna controindicazione per l'interazione con lo Zoloft se è questo che intendi..." "Gesù, Scully." Scatto. "Insufficiente funzione respiratoria non ti dice nulla? Gonfiore bronchiale? Anche se tu prendessi metà della mia dose sarebbe troppo pericoloso. Vai a contare le pecore." O forse potrebbe contare duplicati di fratelli, offre il mio complesso di colpa sempre di grande aiuto. Dopo tutto siamo noi quelli che la tengono lontana dai sonni felici. "Mulder, ho dato la caccia al tuo dannato fratello senza nessun problema. Non penso di essere sotto nessun rischio di blocco respiratorio." Risponde al fuoco con qualcosa di simile alle sue vecchie bordate. "Vuoi il letto?" Offro alla fine suonando tanto cortese quanto lo è stato lei poco fa. "Potrei prendere il divano se pensi che la cosa potrebbe aiutare." "Il tuo letto?" Dice con voce strascicata inarcandomi un sopracciglio. Sento il sangue scorrermi interamente in posti poco appropriati. Pericolo, pericolo Will Robinson. Anche in una larga tuta, anche così pallida, con tutte quelle escoriazioni e così magra è ancora capace di mandarmi su di giri. Ricordo la sua lingua scivolare giusto nel punto perfetto del mio orecchio, le sue dita avvinghiate nell'incavo dei miei fianchi, il gusto aspro del suo sudore e di come il sapore vari leggermente tra i suoi seni. I nostri respiri cambiano insieme. Le buone intenzioni giacciono sotto una spada di Damocle. C'è un fuoco invisibile nella stanza. Questo... visto il mio terrore paralizzante e l'improvvisa assenza di ossigeno. Ipossia, ora c'è una spiegazione eccellente. Mi chino verso di lei e lei si spinge in alto verso di me. La sua bocca si apre mentre io la costringo contro le piastrelle del muro. Sono fredde quanto un gelato sotto le mie mani in confronto al suo calore di zucchero caramellato. Ha il sapore di una bocca piena di sangue, geme quando le mie mani scorrono lungo il suo viso sfiorandole i lobi e tracciando la delicata cartilagine delle orecchie. Vorrei spingermi più in là raggiungendo il suo collo ma all'ultimo istante realizzo che per lei questa volta il dolore potrebbe superare il piacere. Invece mi lascio cadere sulle ginocchia... la sua testa mi segue per un tratto verso il basso come se non volesse lasciare andare le mie labbra... sollevo la felpa e lascio scivolare la mia lingua sul suo stomaco bianco. Si contorce contro il muro quando infilo la mia lingua nel suo ombelico e sento le sue mani cercare una presa sulle piastrelle del muro, graffiandole. Ha lo stesso esatto sapore che ricordavo. Il sapore della manna dal cielo; se gli Israeliti avessero assaggiato questo non sarebbero mai stati tentati di seguire altri dei e si sarebbero rifiutati di lasciare il deserto. Quello che avevo dimenticato è il suo calore, che si scioglie sulla mia lingua e passa attraverso il mio corpo come una trasfusione. Le abbasso i pantaloni sulle ginocchia, accompagnato dai suoi rauchi mormorii di incoraggiamento e mi trovo davanti ad un problema logistico. Scully è così corta che devo mettermi a gattoni per poterla assaporare veramente, il che non sarebbe così impensabile se solo non avessi a che fare con una vasca da bagno e un lavandino fra i piedi. Dopo di che, riconsiderato il piano del pavimento e le sistemazioni per la notte, c'è solo una ragionevole opzione. "Lo studio." Dico e alzo lo sguardo, aspettando la sua reazione. Annuisce. I suoi occhi sono come dei jeans sfrangiati che sono stati lavati troppe volte e ricordo a me stesso che la nostra relazione non è mai stata così sana. Si allontana dal muro, tirando su di nuovo i pantaloni e mi accorgo che la mano che usa per aprire la porta sta tremando. Vorrei buttarmi sul pavimento di casa così che non saremmo in grado di ripensarci, ma invece le trotterello dietro come un golden retriever con la testa vuota (ma mi sto ripetendo). Sembra piuttosto appropriato il fatto che la mia vita sessuale riparta sul mio vecchio divano di cuoio nero. Chiudo a chiave la porta dello studio mentre Scully si siede in un angolo, le braccia incrociate sul suo petto, lo sguardo chino sul suo grembo. Provo una strana ansietà. Okay, la cosa probabilmente ha un lungo nome tedesco che Scully saprebbe di sicuro, ma io non ne ho idea. Sulle mie ginocchia di nuovo, questa volta sul molto più clemente tappeto dello studio, metto una mano su ognuno dei suo quadricipiti e mi rilasso mentre Scully allarga le gambe e lascia che le sue mani tocchino le mie spalle. Qualche movimento meno aggraziato più tardi e Scully è nuda dalla vita in giù. Quando mi chino per succhiare il suo clitoride, la sua felpa circonda la mia testa creando un piccolo umido mondo intorno a me. Amo il cunnilingus. Il nome latino è un attimo assurdo, vorrei ci fosse un bella parola Anglo-sassone tipo "scopare" dedicata specificatamente alla pratica di seppellire il tuo volto tra le gambe di una donna così che puoi vedere, sentire e respirare la sua squisita essenza. E' una connessione non diluita dalla distanza, non mediata dalla razionalità o anche dall'emozione. Scully geme e il suono è come quello di tuoni distanti mentre io mi perdo dentro di lei. Qualche tempo dopo, di cui non ho coscienza, mi solleva la testa. La sua bocca succhia e lecca; lei non ha ragioni per evitare il mio collo e mi fa fremere come un cavallo selvaggio sopra di lei. Posso sentire il mio pene sporgere dall'apertura dei miei boxer, il che è piuttosto ridicolo anche se credo che Scully non ne riderebbe. Le do' una spinta di modo che la sua testa finisca nel mezzo del divano mentre le sue gambe restano giù dal divano. Mi sfrego contro di lei sentendola fremere mentre cerco di sostituire il sudore che lascia il suo corpo con la mia saliva. Non credo mi preoccuperò neanche di togliermi i boxer. Onestamente non so neanche se sarei in grado di aspettare il tempo necessario per farlo quando sento i suoi ricci bagnati contro la mia pelle. Pelle. Merda. "Scully?" Gemo, utilizzando a pieno le uniche tre cellule del mio cervello funzionanti. "Non hai niente?" "Ti sei dimenticata di mandarmi un invito questa sera." Spinge contro di me costringendomi a voltarmi impacciato quanto un sacco di sabbia fradicia. Ora mi ritrovo al centro del divano, il che le dà piena possibilità di stendersi. Mi mordo la lingua a sufficienza da farne uscire sangue quando me lo prende in bocca. Vedo le sue guance stendersi mentre premo contro di lei e mi aggrappo con le mani al cuoio del divano e ai suoi capelli. E' passato così tanto tempo, così tanto e io non posso reggere il pensiero che verrò all'istante. Scully muove la testa alla ricerca di una posizione che le permetta un migliore approccio. Ma l'angolazione non è delle migliori e la vedo esitare quando i suoi tentativi mettono a seria prova la sua gola danneggiata. Almeno posso provare ad aiutarla. Le sollevo la testa con le mani e lei mi guarda, mentre la sua lingua si muove al ritmo di un metronomo. Mi lascia andare e rimane a guardarmi, i suoi occhi del colore del sangue che perderebbe un cielo estivo se venisse tagliato. Metto le mie mani sulle sue spalle e faccio per sfilarle la felpa; alza le braccia di modo che io possa togliergliela agevolmente. Poi la faccio scendere dal divano di modo che sia sdraiata sotto di me. Mi fermo, imprecando, distanziandomi quel poco che basta per togliermi i boxer. La sento davvero ridere nonostante sembri farsi più seria quando vede il mio viso. Poi la sua espressione diventa un vero punto interrogativo. Non sono sicuro di cosa penserà di tutto questo, ma comunque mi abbasso lentamente su di lei, appoggiando il mio pene fra i suoi seni. Se mi avesse inarcato un sopracciglio mi sarei accartocciato come una nocciolina, ma invece stringe insieme i suoi seni con le mani. Il contatto è incredibile; il suo sudore e la saliva la rendono umida e calda sotto di me. Alzo le mie mani per coprire le sue aumentando al pressione. Sento le piccole ossa delle sue mani così fragili sotto le mie, un contrasto stridente con la morbidezza dei suoi seni. La sua pelle è come carta da riso, così sottile da farmi comprendere a stento come faccia il sangue a rimanere al suo interno. Il colore dei suoi capezzoli scuri fa da complemento a quello dei capelli ramati. La mia pelle scura, le mie mani abbronzate suoi seni... per non parlare delle abrasioni scure sul suo collo... si combinano per dare alla scena l'aspetto di un Picasso ai miei occhi appannati. Ok, allora gli uomini sono creature visive, fatemi pure causa. Guardandola... guardandoci... è così erotico. Non credo di aver sbattuto le palpebre, anche quando i miei occhi si sono fatti asciutti e la vista è diventata dolorosa. Mi guarda mentre mi sfrego e premo contro di lei, occhi legati ai miei come mirini laser. Sono io Scully, vorrei dirle, e forse lo faccio. Sono io. Il suo viso è così serio, come se si stesse preparando a illustrare il suo rapporto annuale sul nostro lavoro. Sento le sue mani scivolare via da sotto le mie così che mi ritrovo a toccare la sua pelle morbida come flanella dei suoi seni. Mi accarezza il viso, tirandomi a sé tanto da farmi contorcere come una lattina di birra accartocciata e quando posso sentire il suo respiro contro le mie labbra si ferma. "Mi sei mancato." Sussurra chiudendo gli occhi. Vengo, lasciandomi ricadere su di lei. Quando il suo respiro diventa di nuovo regolare, mi alzo andando alla scrivania per prendere dei fazzoletti per ripulirci. Dorme. Riesco a rimettermi i boxer senza cadere, aggrappandomi al divano. Non la sveglierò per farla vestire, così ammucchio i suoi vestiti semplicemente sul suo stomaco e la prendo in braccio. Ha perso più peso di quanto pensassi; se salisse su una bilancia dovrebbe mettersi a saltare per raggiungere i quarantacinque chili. Proprio come il gatto selvatico nel cortile, ha bisogno di essere nutrita con più cura. La metto a letto di fianco a me, la mia mano sul suo braccio e resto a guardarla dormire. Solo più tardi quando mi sono assicurato che sia ben coperta, permetto ai miei occhi di chiudersi. |