Contributi alla conoscenza del patrimonio tiburtino
Quaderno n.1
Terza edizione : 1998
Un poeta tiburtino: Federico Fredi Panigi (1923-1994)
A cura della Scuola Media Statale "Giuseppe Petrocchi"
Tivoli
Da IL NOTIZIARIO TIBURTINO- Novembre 1994.
Ho dovuto aspettare che morissi, caro Fredi, per conoscere il tuo nome ! Federico Panigi ( Fredi ) !Non evoca nulla forse il tuo nome a qualcuno, perché gli ultimi anni ti hanno visto vecchio e ancora più solo della solitudine che potevano offrirti i tuoi libri muti, ma chi non ha conosciuto Fredi ,dei tiburtini della generazione ormai matura?
Ricordi, caro Fredi che ormai sei nell’al di là, quando negli anni cinquanta trascinavi il carrettino da Via Platone Tiburtino per tutta Via Palatina ?Ti piazzavi dapprima presso Tirimagni ( non ricordate, coetanei miei, le immagini di Tivoli in ricostruzione ,tanto diverse da quelle dell’attuale Tivoli in distruzione ! ), poi a Largo Cesare Battisti, la piazzetta dei cartelloni di Giuseppetti alla fine del corso.
La tua bancarella prometteva facili ed economiche letture con gli albi colorati solo in copertina o a pagine alternate .Si leggeva di tutto, facile e difficile, e, quando serviva qualche soldo si riportavano gli albi ed anche le sudate collezioni a Fredi che, dopo averli valutati ci dava magari metà del prezzo che avevamo fantasticato di realizzare strada facendo, mentre mentalmente calcolavamo i soldi da prendere.
Un’opera meritoria hai compiuto certamente, amico Fredi. Hai diffuso la cultura, perché hai diffuso la lettura. Quelli che venivano da te e che certamente leggevano di tutto, sono poi cresciuti, hanno saputo operare una selezione fra le letture belle e brutte, ma soprattutto fra le cose positive e negative della vita e chi ti ha visto, come me, negli ultimi anni della tua vita arrancare a fatica ormai quasi abbandonato nel tuo bugigattolo presso la Chiesa di S. Biagio (ché le letture ormai sono cambiate e tutto si consuma e brucia in pochi attimi ) non può certamente non tornare indietro con la memoria a quegli anni ormai lontani, quando la scoperta fra gli scaffali del tuo negozio di un giornaletto nuovo o non ancora letto donava momenti di felicità ormai appartenenti ai momenti più belli della sua vita.
Riposa in pace, amico Fredi!
R.B.
(Le parti con carattere più piccolo non furono pubblicate, ma fanno parte dell’articolo originale – N.d.R. )
Confesso che la poesia recente non sempre mi sa offrire sensazioni nuove e profonde, non muove sempre il mio animo al brivido ,non sa far soffermare a sufficienza il mio pensiero sulla carta scritta: leggo, ma l’occhio che legge si affretta spesso per arrivare alla fine. Eppure sono amante sia del verso mirabolante e meraviglioso, sia del verso semplice e primitivo.
Che dire allora del nuovo libricino che l’amico Rico Fredi ( Versi nuovi e poesie scelte, pp. 32, Tipografica S. Paolo, 1985 ) offre ai suoi estimatori in maniera pudica e schiva? L’autore, che si diletta da qualche decennio nella difficile e non remunerativa arte della poesia, non è nuovo a donarci sensazioni per la facilità con cui riesce ad imbastire discorsi musicalmente e metricamente esemplari sul mondo che circonda la sua figura di artista isolato e sul mondo che è dentro la sua fantasia. Così, anche quando la frase è scorrevole, anche quando la frase è discorsiva, anche quando i vocaboli, pur usati con grande maestria, non suscitano mai la sensazione di forzatura, tu scorgi la persona che a differenza di tutti gli altri può parlare al nostro animo rivelando le sensazioni che non sappiamo portare alla luce e le illusioni che non vogliamo riconoscere come tali.
Chi è Rico Fredi se non uno di noi , ma uno di noi che riesce ad esprimere le cose che noi sentiamo confusamente, ma non riusciamo a far uscire dal subconscio oppure tentiamo spesso di occultare e, ci riusciamo pure, di soffocare?
Troverei come linea comune nella poesia di Rico Fredi un rimpianto di quello che poteva essere e non è stato, ma non nella maniera ironica di Gozzano in "Signorina Felicita" . Tale rimpianto che coincide con il desiderio di una persona amata, che pur volutamente celata in un candido pudore, tante volte balza prepotente e fuori dalla sua mente, si ritrova anche nella descrizione di situazioni di tutti i giorni, nella descrizione di paesaggi o stagioni e non sempre facilmente percettibile a chi non abbia letto attentamente l’opera di Rico Fredi…..
…..ti accorgi che l’autore si è bruscamente interrotto per non cedere anche qui a quel rimpianto - dolore …..accanto ai fanciulli che giocano puoi vedere lo spettro dell’uomo solitario…..il poeta non sa trattenere il suo grido di disperazione, mai retorico e mai fine a se stesso, ma che si tempra (e come non potrebbe essere altrimenti ?) in una nota di speranza, non sai mai però quanto sentita o frutto anch’essa di illusione…..e allora vedi il Fredi osservatore partecipe del piccolo mondo che gravita intorno Piazza Plebiscito e fine testimone della natura e dei fatti della gente comune.
Un’osservazione che sconfina in un amore profondo, viscerale verso questa umanità che avrebbe forse dovuto donargli più affetto, affetto che il poeta chiede, ma non elemosina, attraverso i suoi versi schivi.
Roberto Borgia