Che c'entrano scuola e no global?


Cosa c'entra la scuola con il movimento antiglobalizzazione? Prima è necessario rispondere alla domanda: cosa c'entra la scuola con la globalizzazione?

La globalizzazione è, in ultima analisi, l'apertura senza precedenti del mercato mondiale. Questo processo, che ha una natura storica, e non strettamente economica (è iniziato cioé dalla crisi e dalla caduta dei regimi pseudocomunisti), comporta tutta una serie di conseguenze che investono l'insieme delle condizioni di vita delle cittadine e dei cittadini, perciò anche la scuola.
Alla domanda, dunque, cosa c'entra la scuola con la globalizzazione, è facile rispondere in maniera ideologica, ma non meno precisa: la scuola è investita in pieno dalle conseguenze sociali della globalizzazione. L'apertura dei mercati infatti ha come conseguenza diretta un aumento globale della concorrenza non solo tra capitalisti, ma anche tra sistemi-paese, cioé tra stati. Uno stato che si presenta con un sistema scolastico che non pesa sulla spesa e che allo stesso tempo, è esso stesso fonte di profitti, parte senz'altro avvantaggiato nella corsa per la supremazia mondiale. Nei materiali dei commentatori delle classi dominanti, in cui comunque la linea da seguire riguardo alla scuola non è univoca, sono ossessivamente presenti i confronti con gli altri Paesi. Nel numero scorso di Filirossi sono apparsi vari articoli al riguardo. Possiamo riassumere comunque questa spinta, alimentata dall'ansia della competizione sul piano internazionale, in queste tre direttive:
a) ridurre la spesa sull'istruzione in maniera tale da permettere un abbassamento consistente del fisco a carico delle imprese
b) "liberare" una fetta dell'istruzione dalla "tutela" statale e farne un terreno per la formazione di profitti (non solo scuole private)
c) assicurare la formazione di una classe lavoratrice alfabetizzata e rassegnata a un lavoro ripetitivo e/o manuale insieme a percorsi differenziati (privati o statali) che garantiscano la riproduzione sociale delle elites (discussione sui licei classici e diffusione della formazione professionale)

In maniera abbastanza indiretta contro queste direttrici e soprattutto contro alcune delle loro conseguenze pratiche (la differenziazione tra gli insegnanti) si è sviluppato un potente movimento (contro il concorsone) due anni fa, che ha espresso, anche se a livello embrionale , un'iniziale critica alla scuola dell'autonomia che di quelle direttrici costituisce il presupposto organizzativo.

La scuola promette di essere uno dei terreni privilegiati dell'azione del governo Berlusconi. In questo senso dunque vi è la possibilità di una convergenza oggettiva, tutta sul terreno del politico, tra i vari soggetti sociali che il governo della destra ha intenzione di colpire in maniera, forse involontariamente, simultanea: scuola, metalmeccanci, pensioni, movimento antiglobalizzazione.
In questo senso arriviamo a definire anche un possibile terreno di unità d'azione con il movimento antiglobalizzazione e a cominciare così a rispondere alla domanda: cosa c'entra la scuola con il movimento antiglobalizzazione?
Si tratta comunque di una ipotesi, che dipende da una serie di elementi soprattutto soggettivi. E qui sono dolori. Il mondo della scuola ha mostrato una scarsissima capacità di unità d'azione ai tempi del concorsone, quindi su un argomento di preciso interesse della categoria. Immaginare che tutto insieme possa trovarsi unito in alleanza con un altro soggetto, è dar prova di grande ottimismo. Ma noi dopo Genova siamo ottimisti, e dunque, pensiamo che si debba lavorare senz'altro in questo senso, superando in avanti quegli ostacoli che hanno ad esempio visto la proclamazione di quattro scioperi diversi a pochi giorni l'uno dall'altro nella fase conclusiva del movimento contro il concorsone.

C'è però un altro elemento più diretto, e che avvicina il mondo della scuola, la sua parte più attiva e cosciente, e non necessariamente sindacalizzata, al movimento antiglobalizzazione. Ha a che fare con la natura profonda, educativa, di questa istituzione, normalmente addetta a ben altri compiti nella nostra società.

Questo movimento, come tutti i grandi movimenti, sta elaborando una sua cultura, frutto della convergenza e della mescolanza, di vari elementi di provenienza diversa. Senz'altro uno di questi elementi, e che è fatto proprio soprattutto dall'area del cosiddetto "blocco rosa" (Rete Lilliuput,
associazionismo, ecc.) riguarda quello che i mass media della classe dominante chiamano con disprezzo "terzomondismo". Nelle scuole operano tutta una serie di colleghe/i che sono impegnate/i su questo terreno a livello didattico. Le attività, per chi lavora nella scuola, sono ben note. Si tratta dei lavori sull'interculturalità promossa da tante maestre delle elementari, la formazione di commissioni immigrati (pronto soccorso linguistico, ecc.), la realizzazione di feste e attività multietniche (quelle sulla cultura cinese che hanno portato avanti l'anno scorso varie scuole milanesi) che valorizzano la presenza di bambine/i immigrati, nelle medie e nelle superiori esso prende la forma di lavori di gruppo, proiezioni di filmati, partecipazione a progetti promossi da ong, ecc. Non pensiamo di esagerare dicendo che questi interventi hanno coinvolto in varie riprese decine di migliaia di docenti. Questi/e manifestano il proprio interesse con la partecipazione massiccia a corsi di formazione, e ogni volta che vi è una iniziativa pubblica (ad esempio il ciclo di seminari sulla globalizzazione promossi un anno fa da varie associazioni tra cui Mani Tese, Punto Rosso, ecc.) che coinvolge il mondo della scuola. Del resto nell'associazionismo abbondano insegnanti (soprattutto donne).

Questa attività sotterranea ha contribuito a preparare il terreno per l'attuale militanza. Se oggi ci sono tanti giovani che mostrano familiarità e sensibilità verso tematiche come quella della fame del mondo lo si deve anche ai lavori che i loro docenti hanno promosso nelle scuole sin da quando erano bambini. Dietro alla gran parte degli attuali attivisti delle Botteghe del Commercio equo e solidale troviamo ex studenti che in qualche anno della propria vita hanno realizzato una qualche attività didattica che li ha sensibilizzati sul rapporto Nord-Sud. Ricordiamoci del resto che all'epoca della guerra contro l'Iraq in Italia si è avuto un movimento tutto sommato modesto se raffrontato alla gravità della situazione (per la prima volta dalla seconda guerra mondiale l'Italia partecipava ad una guerra), ma molto intensa fu l'attività di elaborazione collettiva con le bambine e i bambini che le maestre svolsero sui temi della pace nelle elementari. Si trattava spesso di maestre del resto sensibilizzate al tema dall'epoca del grande movimento di inizio anni ottanta contro l'installazione dei Cruise.

Queste attività didattiche hanno però un limite sostanziale. E' rimasta non nominata, non coordinata, isolata scuola per scuola. Gli/le insegnanti si sono sempre coordinati tra loro superando i confini della propria scuola, prevalentemente per ragioni di carattere sindacale o parasindacale. Sulle questioni didattiche si sono incontrate ristrette elite, gruppi consistenti di docenti si incontravano solo, fugacemente, in occasione dei corsi di formazione. Questo isolamento ha portato alla crescita di una offerta esterna alla scuola (quella delle ong) dalla qualità spesso altalenante. Dato che il rapporto era singola scuola-ong (i suoi materiali, le sue proposte didattiche, ecc.), non c'è mai stata l'occasione di uno spazio sistematico di confronto, elaborazione comune, organizzazione e proposta, orizzontale tra docenti. Come minimo sarebbe stato utile per confrontarsi sulla qualità delle varie proposte offerte dalle ong, compiere bilanci sulle esperienze fatte, ecc. Ad esempio Mani Tese fornisce ottimi materiali (tramite il CRES) che molti docenti conoscono, ma chi si è imbarcato nella campagna contro il lavoro minorile a Milano è rimasto abbastanza sconcertato dal livello di disorganizzazione manifestato da questa associazione.

Pensiamo che sarebbe un'ottima cosa se, dall'interno del movimento antiglobalizzaizone, cioé mettendosi in sintonia con esso, i docenti impegnati su questo terreno nelle scuole creassero ambiti propri, spazi di confronti e poi, in un secondo tempo anche di organizzazione, che superino i confini della propria scuola. Sarebbe una maniera, partendo dallo specifico del proprio mestiere, di contribuire dal basso alla crescita di questo movimento.