Io, imprenditore pentito

 

Ero a Parigi nel febbraio del 2000 quando cominciai ad immaginare il Forum sociale mondiale. Mi aveva colpito l’immagine che i media avevano dato del Forum di Davos: l’economia veniva vista come la soluzione a tutti i problemi del mondo. La povertà, le epidemie, lo squilibrio nella distribuzione della ricchezza, la fame, l’analfabetismo, i conflitti, le dittature, il degrado ambientale, la mortalità infantile: tutto sembrava poter trovare soluzione in una riduzione delle restrizioni ai commerci e ai flussi finanziari. Questa era l’unica via percorribile verso il benessere dell’intera umanità. Esaminando il programma del Forum mi chiedevo: «Si parla di forza lavoro e di consumatori. Ma dove sono le persone, soprattutto la gente povera, in queste discussioni?».

SALE ELEGANTI
- I partecipanti, che avevano pagato milioni di dollari per riunirsi nelle sale eleganti di quella località alla moda, esaminavano gli indicatori economici e passavano il tempo a discutere se gli Usa sarebbero stati colpiti o meno da una recessione. Non menzionavano neppure il fatto che in quei cinque giorni 150 mila bambini in tutto il mondo sarebbero morti di fame e 134 specie vegetali e animali si sarebbero estinte. Decisi che era necessario creare il World Social Forum per dimostrare che il nostro pianeta può essere guardato da un’altra prospettiva: dobbiamo discutere proposte e azioni che mettano l’economia al servizio delle persone e non le persone al servizio dell’economia. Proposi anche che il Forum sociale avesse luogo nella stessa data del Forum economico affinché l’esistenza di alternative fosse ben chiara agli occhi di tutti.

BARILE
- Quali sono le priorità? Dove dovrebbero essere impiegate le risorse? A quali valori dovrebbero ispirarsi le politiche pubbliche e private? Il mondo somiglia a un barile, non a un barile di polvere da sparo, bensì a un serbatoio ecologico e biologicochimico-nucleare. Due terzi dell’umanità vivono in povertà. Nel 1913 il 20% più abbiente del pianeta era undici volte più ricco del 20% più povero. Quelle undici volte sono diventate trenta nel 1960, sessanta nel 1990, settantaquattro nel 1997. Il 20% della popolazione mondiale possiede l’86% dell’intera ricchezza.
Il Brasile è uno dei Paesi con la più grande diseguaglianza sociale. Cinquanta milioni di brasiliani vivono nella povertà e nel degrado. Gli indicatori sociali sono imbarazzanti per un Paese che possiede risorse naturali così copiose.

SOGLIA DI POVERTA' - Il 6,5% del nostro Prodotto interno lordo o lo 0,005% delle risorse che circolano nel mercato mondiale ogni giorno sarebbero sufficienti a far sì che nessun brasiliano viva sotto la soglia di povertà! L’Onu stima che sarebbe necessario solo lo 0,6% del Pil annuale mondiale perché i poveri del mondo abbiano accesso all’istruzione, alla salute, al cibo. La Banca Mondiale stima che l’1% annuo della ricchezza dei 200 individui più ricchi del mondo sarebbe sufficiente ad assicurare un'istruzione di base a tutti i bambini poveri. La tutela dell’ambiente, la costruzione di una democrazia globale, una più equa distribuzione della ricchezza e la possibilità di una vita dignitosa per centinaia di milioni, miliardi di disperati (facilmente manovrabili da qualsiasi organizzazione terroristica) possono portare a un mondo di pace e solidarietà.

Oded Grajew
(Ex imprenditore, ideatore del Forum sociale mondiale Presidente dell’Istituto di Business e Responsabilità)