Battaglia contro la guerra

 

Bush è un fondamentalista come Bin Laden, non si può accettare alcun tipo di terrorismo». Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace, riassume così il comune sentire del variegato popolo che partecipa al Forum Sociale Mondiale. Si apre il dibattito nelle aule della Pontificia Università Cattolica (Puc), gremita come un formicaio, e il tema della guerra in Afghanistan irrompe sulla scena. Innescando subito polemiche e contestazioni.
«Occorre intendersi sul concetto di terrorismo - afferma l’autorevole Esquivel -. C’è il terrorismo delle Torri di New York, e quello silenzioso della fame». Chiaro? Chiarissimo per la moltitudine in trasferta a Porto Alegre. Il no alla guerra e al terrorismo è la seconda discriminante del Forum, assieme a quella centrale dell’anti-neoliberismo.

CONFINE - Due paletti di confine, insomma: chi sta di qua, chi sta di là. Ma da che parte stanno i parlamentari europei di sinistra, approdati in Brasile, ad annusare il vento che spira, tra i no global? Come la mettiamo con coloro che, nei rispettivi Paesi, hanno votato a favore dell’intervento militare in Afghanistan, deciso da Bush, e bollato da Esquivel come «terrorismo di Stato»? Malissimo, secondo i «duri», che si aggirano tra i corridoi del Puc. I delegati italiani, in primis. Sicché, il malumore serpeggiante della vigilia, ieri si è trasformato in contestazione aperta al Forum dei parlamentari, evento collaterale del controvertice: invasione dell’aula, slogan, pugni chiusi, la conquista del palco dei relatori. Show mediatico. Italiani e argentini, in tandem, si assumono l’incarico di metter su la protesta plateale. Del resto, i «nostri», è da qualche giorno che agitano le acque, criticando la presenza a Porto Alegre di una nutrita schiera di politici diessini: dal sindaco di Roma, Walter Veltroni (che, tuttavia, non partecipa all’incontro dei parlamentari) a Pietro Folena, a Cesare Salvi. In tutto, una decina di deputati e un paio di senatori.

DELEGAZIONE - «In Italia, i Ds hanno votato a favore della guerra - aveva ripetuto all’infinito Vittorio Agnoletto, leader del Genoa Social Forum -. Il fatto che siano qui è una contraddizione. Certo, ci si può sempre pentire...». Nulla da obiettare, ovviamente, sulla delegazione di Rifondazione comunista, guidata da un gongolante Bertinotti. I diessini sotto tiro, però, non sembrano prendersela più di tanto. «E’ una polemichetta stupidina, da quattro soldi. Io non mi faccio intimidire», sbottava Folena, rassegnato a subire la «carica» annunciata dei no global. «Le contestazioni, purché non aggressive, sono legittime», minimizzava invece il compagno Famiano Crucianelli. Alle 14, alla spicciolata, i parlamentari entrano nella sala del dibattito. Si siedono in un angolo, e aspettano. Sulla porta, ci sono già i guastatori che, bloccati dal servizio d’ordine, premono, per sfondare. Un grido, «todos delegados», una spinta di gruppo, ed è fatta. Lo spazio è occupato.

SHOW - Comincia lo show. Tutti sul palco, giù lo striscione: contro la guerra economica, sociale, militare. Protesta multilingue. Spiccano l’italiano (gridano Luca Casarini, Piero Bernocchi, Francesco Caruso e altri), il portoghese, lo spagnolo: vergogna, vergogna! Una donna argentina fa l’elenco delle vittime delle manifestazioni di piazza del suo Paese, e urla: «Argentina, Argentina, la luca (lotta) non termina...». Fausto Bertinotti, seduto, commenta: «Li capisco, eccome; richiamano i politici alla coerenza. O no? Ma personalmente, per storia, formazione, relazioni di colleganza, preferisco stare a guardare». Ancora pochi minuti di eccitazione, sfilata e slogan, poi le acque si calmano. Il Forum dei parlamentari può cominciare. Mentre gli anti-global si preparano al collegamento, via satellite, con New York, dove altri contestatori assediano il Forum economico. Agnoletto e il leader dei contadini francesi José Bové, in prima fila, parlano con gli Stati Uniti. Il no a Bush e alla guerra risuona ancora.