Gianni Minà
Scacco ai re
La sensazione più chiara e sconcertante fornita dai primi seminari e dai primi confronti del secondo Forum Social Mundial di Porto Alegre è l'inadeguatezza delle risposte che la politica tradizionale, quella dei partiti, anche quelli di sinistra, è capace di dare alle elementari richieste, in questo evento, che intere popolazioni, minoranze etniche o reti di studio e assistenza umanitarie, segnalano o mettono in risalto. Si sottolineano realtà insopportabili come fa il teorico Riccardo Petrella parlando dell'acqua negata a un miliardo e mezzo di esseri umani, oppure del traffico di donne, bambini, e organi di persone, che, in Brasile e in America latina prospera, o addirittura della schiavitù ancora vigente nei fatti anche se non dichiarata di 30 milioni di esseri umani, come fa Noam Chomsky, il prestigioso linguista e sociologo nordamericano del Mit, l'Università di Boston, nel corso della più affollata conferenza stampa da me vissuta nella carriera.
Temi
che
frastornano
i
rappresentanti
dei
partiti
della
sinistra
venuti
da
lontano,
specie
dall'Europa,
armati
delle
loro
certezze
sulla
indiscutibilità
del
modello
occidentale
e
preparati
solo
ad
un
approccio
tradizionale
con
la
politica,
quello
dell'appartenenza
a
un
partito.
Temi
che,
se
rapportati
al
panorama
italiano,
rischiano
inoltre
di
far
apparire
grottesche
non
solo
le
affermazioni
sulla
democraticità
del
mercato
che
tutto
regola
e
risolve,
tanto
care
a
Berlusconi
e
alla
sua
corte,
ma
anche
di
far
apparire
mortificanti
le
diatribe
di
condominio
della
sinistra
italiana.
Così
non
mi
sono
stupito
del
basso
profilo
tenuto
qui
dai
nostri
leader
progressisti,
una
volta
presa
coscienza
dell'aria
che
tirava.
Veltroni
ha
partecipato
a
un
incontro
di
sindaci
delle
maggiori
città
del
mondo
venuti
a
Porto
Alegre
a
studiare,
umilmente,
il
modello
di
"democrazia
partecipativa"
instaurato
in
questa
città
prima
da
Olivio
Dutra,
ora
governatore
dello
stato
di
Rio
Grande
del
Sud
e
poi
dall'attuale
sindaco
Tarso
Genro.
Folena
invece
ha
parlato,
come
ex
rappresentante
Ds
della
giustizia,
al
forum
sull'esclusione
sociale
dove
era
presente
anche
il
giudice
spagnolo
Baldazar
Garzon.
Solo
Bertinotti
è
parso
affrontare
con
consapevolezza,
e
senza
sorpresa
per
l'ostracismo
verso
i
politici,
la
marcia
dei
50
mila
no-global
che
ha
inaugurato
ufficialmente
il
Forum.
Un
evento
che
si
sta
sviluppando
in
più
di
70
commissioni,
la
maggior
parte
al
lavoro
come
l'anno
scorso
nell'Università
Cattolica.
La
storia
si
è
evidentemente
incaricata
di
imporre
quel
cambiamento
che
la
politica
e
l'economia
che
la
tiene
ostaggio
nei
paesi
ricchi
non
era
stata
capace
di
prevedere
ed
attuare.
Ha
detto
bene
Noam
Chomsky,
assediato
dai
mezzi
di
comunicazione,
specie
quelli
europei:
"Il
vero
forum
economico
e
sociale
sulla
globalizzazione
è
quello
che
si
sta
svolgendo
qui
a
Porto
Alegre.
Quello
dei
ricchi
che
si
teneva
a
Davos
e
ora
per
motivi
strategici
è
già
stato
trasferito
a
New
York
è
l'antiforum,
non
solo
per
le
scarse
presenze
di
popoli,
ma
anche
di
un'accettabile
comunicazione
da
parte
di
chi
credeva
di
avere
il
controllo
delle
idee
del
nostro
tempo".
Ma
Chomsky
non
si
è
limitato
a
questo.
Il
guru
del
pensiero
politico
della
più
sofisticata
università
degli
Stati
uniti,
senza
mezzi
termini
ha
affermato
che
"i
fatti
accaduti
l'11
settembre
sono
serviti
per
togliere
la
parola
e
la
possibilità
di
protestare
alla
gente
anche
se
il
diritto
ad
opporsi,
a
dissentire,
non
lo
può
vietare
nessuna
legge,
nessuna
regola,
nessun
motivo
di
sicurezza".
Ed
a
una
mia
precisa
domanda
sulla
teoria
formulata
da
Peter
Tompkins
(studioso
dei
documenti
declassificati
della
Cia)
sulle
possibilità
che
negli
Stati
uniti
l'estrema
destra,
sostenuta
dalle
multinazionali
dell'energia
e
delle
armi,
abbia
messo
in
atto
una
sorta
di
colpo
di
stato
come
già
nel
1932
aveva
tentato
senza
esito
contro
il
presidente
Roosevelt,
ha
risposto
con
ironia:
"Non
conosco
l'archivio
di
Tompkins
e
non
ho
elementi
sufficienti
per
condividere
la
sua
tesi.
Ma
tu
mi
stai
domandando
di
un
golpe
messo
in
atto
nelle
votazioni
in
Florida
per
far
eleggere
Bush
junior
o
degli
accadimenti
dell'11
settembre
secondo
alcuni
ben
noti
da
tempo
alla
Cia
e
al
vicepresidente
Cheney?"
Credo
che
un
approccio
così
diretto
e
brutale
avrebbe
lasciato
a
bocca
aperta
molti
rappresentanti
della
sinistra
europea
o
italiana
disabituati
a
usare
ancora
definizioni
come
"guerra
di
classe",
che
Chomsky
ha
utilizzato
per
spiegare
che
"è
in
corso
un
tentativo
da
parte
di
pochi
per
monopolizzare
le
risorse
naturali
e
tecnologiche
e
per
sottomettere
a
una
piccola
minoranza
la
popolazione
mondiale".
Il
grande
studioso
del
Mit
l'ha
spiegato
così:
"la
militarizzazione
dello
stesso
spazio
è
la
prova
di
quanto
sostengo";
ma
ha
aggiunto:
"o
saremo
capaci
di
costruire
un
mondo
senza
guerre
o
presto
non
ci
sarà
più
il
mondo".
Questo
Forum
Social
Mundial,
per
esempio,
è,
secondo
Chomsky,
proprio
un
tentativo
di
mettere
un
freno
a
una
insensata
scelta
che,
quasi
due
secoli
dopo
la
fine
ufficiale
della
schiavitù,
produce
ancora
30
milioni
di
schiavi
reali
e
miliardi
di
persone
affamate
o
senz'acqua.
"Se
non
c'è
democrazia
economica
non
c'è
democrazia".
Che
cosa
dobbiamo
pensare
dopo
queste
affermazioni
di
uno
studioso
tanto
prestigioso
quando
leggiamo
le
dichiarazioni
di
un
leader
italiano
della
sinistra
come
D'Alema
pronto
ad
affermare
che
"in
Argentina
è
arrivato
il
tracollo
perché
non
c'è
stato
abbastanza
mercato"?
Il
Forum
di
Porto
Alegre,
con
proposte
concrete
vuol
dimostrare
che
"un
altro
mondo
senza
guerra
e
ingiustizia
è
possibile".
Fin
d'ora
è
chiaro
però
che
la
storia
si
è
già
incaricata
di
scavalcare
una
certa
politica
dei
partiti
e
di
spiazzare
chi
il
mondo
credeva
di
poterlo
giudicare
o
condizionare
a
seconda
della
propria
miope
realtà.