Il credito dell’Africa

 

“Vengo dal delta del Niger e discendo da generazioni di pescatori. Mio nonno pescava e mio padre ha continuato a pescare fin quando, circa venti anni fa, il pesce ha cominciato a sparire”. Oronto Douglas, avvocato nigeriano che milita nella ERA, ovvero Environmental Ryhts Action, letteralmente Azione riti ambientali, comincia con voce calma e profonda, rivolto a una platea venuta ad ascoltare gli esperti globali del Forum Intrnazionale sulla Globalizzazione che analizzano il degrado ambientale globale.

«Ho detto a mio padre che venivo qui a incontrare tanta gente preoccupata, come me, dello stato della terra. Lui ha detto: “bene, visto che vai da loro, digli di ridarci il pesce che ci hanno rubato”. Chi ha rubato il pesce? Gli ho chiesto e lui ha risposto ‘Shell e Chevron che hanno distrutto il Delta’. Ho detto: padre, non vado a incontrare i padroni delle corporation, ma migliaia di persone che vengono da tutti i paesi per costruire un mondo migliore. ‘Vengono anche dagli Stati Uniti e dall’Europa? ’ Certo, ho detto io. “Allora il pesce l’hanno mangiato anche loro: digli che prima di fare qualsiasi cosa devono restituirci il pesce che ci hanno tolto”.
Dimenticate la retorica degli aiuti quando ascoltate i delegati africani sparsi per le varie conferenze e seminari oppure riuniti per la conferenza speciale Africa/Brasile. Dimenticate il fardello dell’uomo bianco, anche nella sua versione più moderna e progressista: i duecento delegati africani non parlano di solidarietà ma di giustizia, di risarcimento per una rapina durata tre secoli e che continua nelle terre violentate dalle compagnie petrolifere o da quelle a caccia di diamanti,.
“Per noi” ha detto Oronto Douglas “non è cambiato proprio niente. Forse la nostra analisi non sarà molto raffinata ma, dal nostro punto di vista, la novità è soltanto terminologica: quello che oggi si chiama globalizzazione prima si chiamava colonialismo, e prima ancora schiavismo. E’ giunta l’ora di fermare tutto questo, e di farlo subito”.

Il primo passo è certamente un’alleanza strategica, come sostiene Taoufik Ben Abdallah, delegato del Social Forum Africano “In primo luogo con i neri brasiliani e poi, dappertutto, con tutta la comunita’ di origine africana sparsa per il mondo che continua a essere sfruttuata e schiavizzata”. La proposta è immediatamente accolta dal vice-governatore di Rio de Janeiro, Benedita da Silva, che propone di costituire immediatamente una rete di informazione e di partecipazione globale. E’ la prima volta che africani e brasiliani s’incontrano al di fuori dell’ufficialità, ma certamente è un evento che rafforza entrambi. “Per quanto riguarda il nostro paese” dichiara Benedita da Silva “ci sono alcune cose che si possono cominciare a fare da subito. Chiediamo l’eliminazione delle discriminazioni nelle cariche pubbliche, un incremento delle relazioni commerciali e culturali fra Africa e Brasile, una maggiore visibilità nei media, delle campagne sanitarie mirate e, soprattutto, la garanzia che a scuola non venga insegnata solo la storia della colonizzazione dal punto di vista europeo. ”
E’ la prima volta che si affaccia la possibilità di collegare la diaspora africana in una rete di resistenza globale. Nemmeno gli attivisti più radicali del Black Power degli anni ’60 o i mussulmani neri di Mohammed Alì avevano concepito un progetto così ambizioso. Vuoi vedere che il pesce, alla fine, glielo dobbiamo restituire davvero?

Nella foto il francese Bové a colloquio con Aminata Traore, ministra della cultura di Mali a Porto Alegre

sa. mo. (lunedì 4 febbraio)