Omosessualità in famiglia

 

L`omosessualità in famiglia, fra silenzi, bugie, fughe e relazioni di solidarietà 

L'emozione e, poi, il conflitto.Quando una ragazza s'innamora di un'altra ragazza, quando un ragazzo scopre di essere gay, dopo l'esperienza del sentimento e dell'attrazione sessuale, nasce il disagio. Come fare per dirlo in famiglia? E' meglio parlare o tacere? A volte i ragazzi lanciano segnati inequivocabili. Oppure si chiudono in camera, non mangiano, non studiano più. A volte chiedono aiuto, oppure fuggono. Nei casi estremi, tentano il suicidio. E spesso, quando la parola arriva a schiudersi, il loro svelamento viene frainteso: agli occhi altrui non appare come una confidenza, ma una confessione. E i genitori? "Era sera tardi, percorrevo il lungo corridoio che portava alle camere dei miei figli e a quella mia sorella e di mio marito. La porta della stanza di mia figlia era chiusa. Da sotto filtrava uno spiraglio di luce. Mio figlio con la voce concitata, dimenticando che noi potessimo sentirlo, o forse, chissà, desiderandolo, parlava alla sorella. Le diceva: "Sono omosessuale". E lei rispondeva come fanno quasi tutti in questi casi: "Vedrai, magari è una cosa passeggera, cambierai". Ne parlai subito a mio marito, e ci chiedemmo: "Dove abbiamo sbagliato?". Il giorno appresso, cercammo un colloquio con lui. Da quel mattino, e per circa un anno, nostro figlio, che aveva bisogno di noi, dovette farci da genitore. Fu lui a spiegare, a farci capire". È la storia di Paola Dall'Orto, fondatrice dell'Agedo, l'associazione dei genitori e degli amici degli omosessuali, che oggi conta diciotto sedi impegnate in attività di ascolto e di accoglienza (vedi il box) Paola, dunque, è diventata una "madre coraggio", che lavora perché altre madri e altri padri possano capire. Le reazioni dei genitori alla notizia, o alla scoperta, sono sempre forti. Quelle costruttive: "I genitori cercano di capire, di informarsi, di parlare. Sentono che al di sopra di tutto c'è l'affetto. Temono che un mondo ostile possa compromettere il futuro dei loro ragazzi. Accettano di cambiare se stessi e non i figli". Le altre, distruttive: "Vengono assaliti dai sensi di colpa, oppure si arrabbiano con i figli perché ritengono di non essere loro ad aver sbagliato; immaginano i figli mentre fanno l'amore e provano rifiuto; disinformati, hanno paura dell'Aids; si vergognano dinanzi ai vicini e ai parenti; li commiserano; fanno finta di nulla, negando l'evidenza; pensano che i figli possano essere curati. Non smettono mai disperare che il figlio o la figlia, anche se adulti, possano cambiare", aggiunge Paola Dall'Orto. Così anche i ragazzi scelgono il silenzio. Stefania, 27 anni, finora non ha detto nulla: "Rispetto le idee dei miei e poi... ho paura di perderli, mi fingo etero e single. Da mio padre e mia madre vorrei essere amata per quello che sono". A capire più in fretta sono le madri. Spesso, preferiscono non informare il marito, temendo che possa scatenarsi l'aggressività. Esemplificativa al riguardo è una scena del film canadese "Grazie al cielo sono lesbica" (Dominique Cardona e Laurie Calbert, 1992) che narra la storia di Julia Crea, intellettuale di Toronto. Julia sedicenne, dopo un anno e mezzo trascorso a lasciare in giro di proposito libri dal titolo inequivocabile (del tipo: Saffo aveva ragione), un giorno a tavola, assente il padre, si sente dire dalla madre "Julia hai intenzione di diventare lesbica? Non parlare, ti dico io tre cose: tu sei troppo giovane per decidere, sarai infelice per tutta la vita, e non dire niente a tuo padre". In realtà dopo sei mesi anche il padre rompe il silenzio e l'intera famiglia intreccia relazioni di solidarietà. Quando questo avviene, anche nella realtà oltre che nella fiction, è come se si rompesse il diaframma che, separando rigidamente l'eterosessualità dall'omosessualità confina la seconda nell'ombra. Gli occhi si aprono, gli stereotipi tendono a scomparire. "Quando seppi di mio figlio, era il `76, non capivo nulla di omosessualità - continua Paola Dall'Orto - Avevo in testa solo pregiudizi: in primo luogo, che gli omosessuali erano pedofili. Allora le immagini sui media erano (e spesso lo sono ancora) così morbose... Ci rivolgemmo anche ad uno psicologo da cui poi mio figlio si allontanò perché sentiva che lo spingeva verso l'eterosessualità. Dopo ho capito. Dopo le conversazioni con lui. Quando l'ho visto felice con il suo compagno. E mi sono accorta, ad esempio, che avevo un cugino omosessuale, un poeta". Anche tra i padri ci sono le eccezioni. E' il caso del signor Marco G. Nella sua famiglia - lui e la moglie sessantenni, i figli, un maschio e una femmina, di 35 e 33 anni - ad essere all'oscuro di tutto è proprio la madre. "Un giorno mio figlio mi ha chiesto un colloquio. Era emozionato, sentivo che aveva una gran voglia di parlare. Mi ha detto: "Papà ho deciso di vivere la mia vita, ho una relazione omosessuale", Era così risollevato! Da allora il nostro rapporto è stato ancora più stretto. Alla sorella ne aveva già parlato, ma decise di non dirlo alla madre. Mia moglie è una donna molto tradizionale, ha un concetto rigido della famiglia e degli affetti. E lei, Marco, come reagì? Avevo già notato qualcosa di particolare in mio figlio: non e per niente competitivo, a differenza di alcuni suoi amici molto arrivisti", L'assenza di competizione e la tendenza all'isolamento sono tratti frequenti: i giovani omosessuali, infatti, non si integrano nel gruppo dei pari e può accadere che anche da grandi non siano pronti a sostenerne l'impatto. Se non si danno per vinti nella vita, spesso è per passione o per ostinazione. Ma accanto all'isolamento, può crescere la distruttività. Molte le telefonate che arrivano all'associazione da parte di ragazzi che vorrebbero un dialogo con i genitori, che cercano qualcuno che possa mediare, Hanno un bisogno prepotente di far sapere chi sono. "Ma i genitori possono reagire molto male. Chiudere i ragazzi in casa. Togliere loro computer e cellulare, tagliare i contatti con l'esterno nell'illusione che siano stati gli amici a fuorviarli. I ragazzi, se possono, scappano di casa, abbandonano gli studi e vanno a fare dei lavoretti, quando non sono costretti addirittura a campare di espedienti, continua Paola Dall'Orto. Chi non scappa, resta. E vive il proprio inferno. Abbandona gli studi, Può arrivare al suicidio. "La percentuale di suicidio tra i giovani omosessuali è tre volte piu alta di quella che si registra tra i ragazzi eterosessuali", aggiunge la presidente dell'Agedo. Succede, però, anche l'opposto. Quando crollano i pregiudizi, lo sguardo dei genitori percepisce altre realtà e l'omosessualità diventa, al pari dell'eterosessualità un orientamento, "L'errore più grande?" Dare giudizi morali - conclude Paola Dall'Orto - Io l'ho commesso e molti continuano a farlo". Se scattano dialogo e solidarietà, i familiari capiscono le discriminazioni di cui sono vittime gay e lesbiche e, in certi casi, possono viverle anche sulla propria pelle. E' il momento in cui la lotta dei figli diventa la lotta dei genitori. Quando si ritorna ad essere uniti, nelle diversità.