Invadenza clericale

 

SOVRAESPOSIZIONE MEDIATICA

Una volta, molti anni fa, l'Italia era uno stato, di fatto, confessionale. Il servizio pubblico televisivo in questo stato confessionale si limitava tuttavia alla messa domenicale e ad una predica il sabato antecedente.

Oggi, in un paese largamente scristianizzato, dove i cattolici praticanti non sono neanche un quinto della popolazione, la RAI sembra invece andare in una direzione diametralmente opposta.

Basta che il papa abbia il raffreddore che all'argomento viene dedicato un servizio speciale; basta che dica la sua sulla più irrilevante questione che conquista l'apertura del telegiornale; basta che decida di fare un viaggio nel più sperduto cantone del pianeta che una troupe di decine di persone parte al suo seguito (con un aereo messo gratuitamente a disposizione dall'Alitalia, compagnia aerea di Stato).

Nell'ora di massimo ascolto imperversano costosissimi sceneggiati sui protagonisti delle improbabili storielle bibliche ed evangeliche, con discutibili ritorni economici (i consulenti che garantiscono il rispetto della dottrina si fanno pagare profumatamente, e le stesse star non fanno sconti sulle tariffe), imprevedibili esiti artistici (patriarchi ottantenni interpretati da aitanti attori trentenni: i consulenti evidentemente dormono quando la fiction giova all'immagine della propria religione) e deludenti risultati di audience (al solito non si supera il quinto della popolazione: lo stesso serial del "beato à la page" padre Pio ha avuto ascolti inferiori al Grande Fratello).

Nei salotti e nei dibattiti la presenza di un sacerdote, anche sui temi più distanti dalla missione cristiana, non manca mai: talvolta sono anche più di uno, magari tra gli ospiti che commentano le partite della squadra del cuore. Le rare volte che il dibattito presenta un confronto tra esponenti di fedi diverse, è buona norma dimenticarsi di invitare anche un ateo che esponga un punto di vista non religioso.

A questa deriva clericale non si sottrae il Televideo (che arriva a classificare la Conferenza Episcopale Italiana tra le istituzioni), né il network privato antagonista: non stupisce che, nel corso di un dibattito tra giornalisti tv, Michele Santoro abbia potuto commentare nel silenzioso assenso degli intervenuti che "non è facile definire la linea politica di questo o di quel canale: evidente è invece l'influenza del Vaticano su tutti i canali".

Non stupisce quindi che il vaticanista Rai Gianni Gennari firmi anche, quotidianamente, una rubrica sul quotidiano dei vescovi, né che nell'anno giubilare la Rai si sia dimostrata particolarmente prona per l'occasione.

Conclude degnamente l'opera l'ossessiva attività censoria del MOIGE (Movimento Italiano Genitori), associazione reazionaria che dietro il paravento della tutela dei "bambini" mette all'indice qualunque tipo di trasmissione sgradita Oltretevere (clicca qui per una rassegna stampa autopromozionale sul loro sito)

INQUINAMENTO ACUSTICO E AMBIENTALE

Radio Maria viene spesso additata come esempio del consenso di cui gode tuttora il cattolicesimo: questi servizi elogiativi, però, sorvolano quasi sempre sia sull'invasione delle frequenze altrui da parte dell'emittente, sia sulle reiterate inchieste per le emissioni di onde elettromagnetiche in quantità ben superiore al consentito.

Un rischio che ben conoscono gli abitanti dei paesi dove sono installati i ripetitori di Radio Vaticana, che lamentano anche un tasso di leucemia decisamente superiore alla media: senza entrare nel merito di questo problema (la relazione tra elettromagnetismo e malattie non è ancora stata dimostrata scientificamente), resta il fatto che i valori riscontrati sono ben superiori al consentito, tanto da far aprire un'inchiesta alla Procura di Roma (clicca qui per un articolo). Sulla vicenda è stata anche votata una risoluzione parlamentare (clicca qui per il testo).

Nel resto del paese piccole e grandi antenne per cellulari fanno la loro apparizione sui campanili: per poche lire molti sacerdoti sfidano le ire dei propri concittadini, scivolando talvolta nel comico (nel brindisino un parroco ha avuto la brillante idea di nascondere l'antenna all'interno di una croce sul campanile).

Ma la maggior fonte di dolore fisico dovuta all'iniziativa della Chiesa resta, indubbiamente, il suono delle campane. I casi sono talmente tanti e le richieste di chiarimento così numerose che ci costringono a dedicare all'argomento una pagina apposta (clicca qui per un dossier sulle campane: come far valere i diritti dei propri timpani)

UNO STATO NELLO STATO

La folta delegazione italiana al Giubileo dei politici ha soltanto ratificato una realtà da tempo sotto gli occhi di tutti: una parte consistente del parlamento non risponde agli elettori, ma direttamente ai boss del Vaticano.

Le conseguenze sono evidenti per tutti: mentre i presidenti della Repubblica ed i primi ministri "appena eletti" fanno a gara per farsi ricevere dal papa, le manifestazioni disapprovate dalla Chiesa cattolica suscitano in costoro disprezzo, sarcasmo e vengono tollerate soltanto perché esiste la Costituzione.

Le cose vanno anche peggio nel cosiddetto "sottogoverno": autorevoli esponenti della gerarchia ecclesiastica vengono chiamati a far parte di consulte e commissioni; e le nomine nei consigli di amministrazione nelle banche e nelle fondazioni bancarie di competenza politica vedono sempre più spesso la scelta di esponenti legati alle diocesi, quando non di ecclesiastici in carne e tonaca.

Peggio ancora va nell'Esercito: in seguito al Concordato è stato costituito un corpo di cappellani militari (attualmente 230), tutti graduati, alle dipendenze di un vescovo a cui spetta il grado di generale di Corpo d'Armata. Nella caserma della Cecchignola, a Roma, è stato addirittura aperto un seminario: paga Pantalone, ovvio.

Quando poi l'attenzione per le vicende politiche scema ulteriormente, come per le vicende regionali e locali, l'intreccio si fa ancora più stretto: leggi, leggine, delibere e appalti vedono spesso in pole position realtà economiche legate alla Chiesa, come la magmatica Compagnia delle Opere o le innumerevoli comunità di recupero di tanti preti-superstar.

GUARDIAMOCI UN PO' INTORNO, E "INCROCIAMO" GLI OCCHI

La bimillenaria presenza del cristianesimo sulla penisola ha lasciato tracce profonde nella toponomastica, e non poteva essere diversamente: tuttavia, ancora oggi molte amministrazioni comunali proseguono pervicacemente ad intestare a personaggi di spicco della religione di riferimento vie, piazze, stadi, auditorium, edifici pubblici, biblioteche. Qualcuno è arrivato addirittura a proporre una statua della Madonna all'ingresso dell'ENEA, il più importante ente scientifico italiano, venendo per fortuna respinto con perdite.

Resta il fatto che frequentemente, in queste vie "cattoliche", il traffico venga bloccato per permettere l'effettuazione di una processione "cattolica": e che lungo queste strade, laddove qualche "cattolico" ansioso di conoscere l'aldilà ci ha lasciato le penne, al posto di un semplice vaso di fiori venga eretta abusivamente una lapide, quando non una cappella ex voto.

Nelle scuole, la decisione di non erigere più i presepi in quanto simbolo di una specifica confessione è stata bypassata dalla costruzione di presepi in quanto simbolo storico della cultura italiana.

Sul posto di lavoro, gli atei devono far fronte alle visite periodiche di sacerdoti intenti a benedire registratori di cassa e impianti antifurto, in cambio di una corposa busta da parte del titolare (lo Statuto dei Lavoratori non lo consentirebbe).

Nelle carceri, un cappellano stanziale ha a disposizione permanentemente una o più cappelle dove celebrare le sue funzioni: analogamente, negli ospedali viene assicurata un'assistenza religiosa non si sa quanto utile al malato, specialmente se non cattolico, funzionale però al mantenimento formale di uno status di superiorità per questa religione.

Non meglio vanno le cose nei luoghi preposti ad accogliere i corpi dei defunti: negli obitori troneggia invariabilmente un crocifisso, nei cimiteri la cappella ed i simboli della religione cattolica invadono spazi, già ristretti, che dovrebbero essere a disposizione di tutti (un DPR del 14 gennaio 1997, che i comuni si guardano bene dall'applicare, impone in ogni cimitero una sala per ''onoranze funebri al feretro'', dove svolgere anche cerimonie laiche).

La dura vita del non credente si conclude, troppo spesso, con un rito funebre cattolico inflitto al defunto da parenti troppo attenti a rispettare un conformismo ipocrita, che sarebbe anche tempo di iniziare a spezzare con vigore.