Statistiche sull'aborto
Per parlare senza dare soltanto aria ai polmoni bisogna avere conoscenza di ciò che si sta discutendo. E il modo migliore è avere in mano i dati: ecco perché qui vi offriamo le pagine prese dal sito Istat (l'Istituto centrale di statistica) dedicate alle interruzioni di gravidanza. Dati che dicono come la "famigerata" legge 194 abbia tutt'altro che fallito il bersaglio, anche se (stiamo parlando di aborto, non di noccioline) bisogna sempre tener presente che dietro ai numeri ci sono scelte dolorose e sofferte.
Nel 1998 sono state effettuate 138.354 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) da donne residenti in Italia, pari a 9,3 interruzioni per 1.000 donne in età feconda. Il trend temporale evidenzia la netta riduzione di IVG verificatasi a partire dal 1980, anno in cui il numero delle interruzioni volontarie praticate è stato pari a 209.144 (15,3 interruzioni per 1.000 donne in età feconda). Il picco massimo è stato registrato negli anni 1982 e 1983 con un numero di interventi superiore a 230.000 ogni anno e un tasso di abortività pari rispettivamente a 16,7 e a 16,4. Dal quel momento in poi il numero di interruzioni e il tasso di abortività si sono progressivamente ridotti, fatta eccezione per il 1996 e il 1997, anni in cui il numero di IVG e il tasso di abortività hanno ripreso ad aumentare leggermente (in particolare nel 1997 si sono registrati 140.166 casi, pari a 9,5 IVG per 1.000 donne). Tuttavia, nel 1998 il numero di IVG è tornato a scendere (138.354 casi). Dunque, si può ragionevolmente ritenere che l'ammontare di IVG si sia ormai stabilizzato intorno ai 138.000-140.000 interventi l'anno.
Fig. 1 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per ripartizione geografica. Anni 1980-1998
La forte riduzione dell'abortività si è accompagnata a una consistente diminuzione della fecondità. Dal 1980 è continuata, infatti, la progressiva diminuzione del numero medio di figli per donna (tasso di fecondità totale), già iniziata negli anni '70, che ha portato l'Italia al di sotto della soglia di ricambio della popolazione fino a toccare attualmente i livelli più bassi del mondo (1,19 figli per donna nel 1997). La riduzione dell'abortività è stata però più consistente: nel periodo 1980-1997, il numero medio di figli per donna si è ridotto del 29%; il numero medio di interruzioni per donna (tasso di abortività totale) del 40,7%.
Tab. 1 - Alcuni indicatori sulle interruzioni volontarie di gravidanza. Anni 1980-1998
ANNI |
Totale
IVG |
IVG per 1000 donne residenti in età feconda |
N° medio di IVG per donna |
N° medio di figli per donna |
1980 |
213.310 |
15,3 |
0,54 |
1,68 |
1981 |
218.818 |
15,8 |
0,56 |
1,60 |
1982 |
231.008 |
16,7 |
0,59 |
1,60 |
1983 |
231.061 |
16,4 |
0,58 |
1,54 |
1984 |
228.377 |
16,2 |
0,57 |
1,48 |
1985 |
211.227 |
14,8 |
0,52 |
1,45 |
1986 |
197.165 |
13,8 |
0,48 |
1,37 |
1987 |
190.371 |
13,2 |
0,46 |
1,35 |
1988 |
178.425 |
12,4 |
0,43 |
1,38 |
1989 |
171.351 |
11,9 |
0,41 |
1,35 |
1990 |
166.046 |
11,5 |
0,39 |
1,36 |
1991 |
159.399 |
11,0 |
0,38 |
1,33 |
1992 |
152.424 |
10,5 |
0,36 |
1,33 |
1993 |
148.033 |
10,1 |
0,34 |
1,26 |
1994 |
138.952 |
9,4 |
0,32 |
1,21 |
1995 |
137.036 |
9,3 |
0,31 |
1,18 |
1996 |
138.925 |
9,4 |
0,32 |
1,18 |
1997 |
140.166 |
9,5 |
0,32* |
1,19* |
1998 |
138.354 |
9,3 |
Non disponibile |
Non disponibile |
La
concomitante
riduzione
di
fecondità
e
abortività
volontaria
consente
di
ipotizzare
che
un
maggiore
-
o
più
efficace
-
ricorso
a
metodi
di
pianificazione
familiare
nel
corso
del
tempo
sia
uno
dei
fattori
determinanti
del
fenomeno.
Una
conferma
in
questo
senso
viene
anche
dai
risultati
dell'indagine
sulla
fecondità
in
Italia
nel
1995,
dai
quali
si
evince
che,
sebbene
i
livelli
di
uso
della
contraccezione
non
siano
molto
diversi
da
quelli
emersi
nella
precedente
indagine
del
1979,
le
modalità
dell'uso
sono
cambiate.
Il
confronto
è
possibile
fra
il
metodo
contraccettivo
prevalentemente
utilizzato
dalle
donne
coniugate
del
1979
e
quello
utilizzato
dalle
donne
in
coppia
(coniugate
o
meno)
del
1995:
dai
risultati
delle
due
interviste
si
rileva
un
notevole
aumento
di
utilizzo
di
metodi
a
copertura
continua,
quali
pillola
o
spirale.
La
prima
passa
da
percentuali
di
utilizzo
dell'ordine
del
14%
nel
1979
al
21%
nel
1995,
la
seconda
dal
3%
nel
1979
al
7%
nel
1995.
Il
coito
interrotto
crolla,
invece,
dal
51%
del
1979
al
17%
del
1995,
così
come
l'uso
di
metodi
naturali
dal
14%
al
5%.
L'uso
del
preservativo
rimane
pressoché
costante
(dal
17%
al
14%).
Comportamenti
fortemente
differenziati
sul
territorio
L'analisi
del
fenomeno
a
livello
territoriale
evidenzia
dei
comportamenti
ancora
fortemente
differenziati,
sebbene
le
differenze
tendano
ad
assottigliarsi
nel
tempo
(figura
1).
Negli
anni
immediatamente
successivi
al
1978,
le
differenze
fra
i
livelli
di
abortività
delle
ripartizioni
sono
piuttosto
marcate:
i
livelli
più
bassi
si
ritrovano
al
Mezzogiorno
e
i
più
elevati
al
Centro
e
al
Nord-ovest.
Si
noti
come
il
Mezzogiorno
parta
da
livelli
decisamente
inferiori
alle
altre
ripartizioni
e
poi
diventi
la
seconda
area
con
i
tassi
più
alti.
La
spiegazione
di
quest'andamento
va
probabilmente
ricercata
in
una
fuoriuscita
graduale
dalla
clandestinità,
cosicché
la
riduzione
d'abortività
del
Mezzogiorno,
che
appare
inferiore
rispetto
al
resto
dell'Italia,
può
essere
in
parte
compensata
da
un
progressivo
spostamento
dell'abortività
clandestina
verso
quella
legale.
Considerate
le
caratteristiche
economiche
e
sociali
di
quest'area,
è
difficile
considerare
realistici
i
bassi
livelli
di
abortività
registrati
al
Mezzogiorno
negli
anni
'80,
mentre
è
molto
più
plausibile
che
esso
rappresenti
una
ripartizione
a
più
alta
abortività.
A
che
età
le
donne
abortiscono
di
più
Analizzando
il
fenomeno
secondo
l'età
della
donna
(figura
2)
emerge
il
netto
distacco
fra
le
età
centrali
della
vita
feconda
e
quelle
estreme,
così
come
ci
si
poteva
logicamente
aspettare.
Le
riduzioni
sono
state
consistenti
per
tutte
le
classi
d'età
fino
al
1994,
mentre
negli
anni
più
recenti
si
assiste
ad
una
lieve
ripresa
del
fenomeno
per
le
età
più
giovani.
Fig. 2 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per classe di età. Anni 1980-1998
Nel
complesso,
le
riduzioni
maggiori
sono
da
attribuire
alle
età
comprese
fra
i
25
e
i
29
anni,
ovvero
quelle
maggiormente
feconde,
e
alle
età
fra
i
30
e
i
34
anni.
Si
può
ritenere
che
su
tali
riduzioni
abbia
influito
anche
lo
spostamento
in
avanti
dell'età
media
al
matrimonio,
passata
dai
24
anni
nel
1980
ai
28
degli
anni
più
recenti.
Questo
avanzamento
ha
comportato
almeno
due
conseguenze:
in
primo
luogo,
un
ritardo
della
convivenza
(in
Italia,
infatti,
le
convivenze
coniugali
sono
ancora
rare),
con
una
conseguente
riduzione
del
"rischio"
di
concepimento;
una
contrazione
del
tempo
che
una
coppia
è
disponibile
ad
attendere
prima
di
avere
il
primo
figlio.
Unica
eccezione
alla
diffusa
tendenza
alla
riduzione
nel
ricorso
all'aborto
volontario
è
dato
dagli
aumenti
che
si
osservano
negli
anni
più
recenti
per
le
donne
giovanissime,
in
età
compresa
fra
i
15
e
i
19
anni,
e
giovani,
fra
i
20
e
i
24
anni.
Le
prime
sono
passate
da
un
tasso
di
abortività
del
4,5
per
1.000
dei
primi
anni
'90
al
6,6
per
1.000
del
1998.
Per
le
donne
dai
20
ai
24
anni
l'aumento
è
molto
contenuto:
passa
dal
12,2
per
1.000
del
1994
al
13
per
1.000
del
1998.
Un'attenzione
maggiore
va
dunque
dedicata
alle
giovanissime,
e,
in
particolare,
alle
minorenni.
I
tassi
di
abortività
delle
minorenni
in
Italia
sono
stati
mediamente
del
4
per
1.000
fino
al
1984,
poi
sono
scesi
fino
a
giungere
il
livello
del
2,8
per
1.000
nel
1988;
vi
è
stata
poi
una
lieve
risalita
dal
1992
(3,1
per
1.000).
Il
tasso
è
ulteriormente
salito
a
3,9
per
1.000
nel
1997
e
4,1
per
1.000
nel
1998.
Nubili
e
coniugate:
comportamenti
diversi
nel
tempo
Il
fenomeno
dell'interruzione
volontaria
della
gravidanza
in
Italia
si
presenta
particolarmente
eterogeneo
qualora
lo
si
analizzi
per
stato
civile.
L'essere
coniugata,
nubile,
separata,
divorziata
o
vedova
modifica
l'esposizione
al
rischio
di
un
concepimento
per
diversi
motivi,
primo
fra
tutti
la
differente
frequenza
di
rapporti
sessuali.
Lo
stato
civile
inoltre
identifica
dei
diversi
contesti
familiari,
che
creano
le
condizioni
più
o
meno
favorevoli
al
proseguimento
della
gravidanza,
nel
caso
in
cui
questa
non
fosse
stata
pianificata.
Fig. 3 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per stato civile e ripartizione geografica. Anno 1998
Nel
corso
degli
anni
'80
le
donne
coniugate
hanno
ridotto
del
47%
il
ricorso
all'IVG;
si
tratta
in
assoluto
della
riduzione
maggiore,
sebbene
il
trend
continui
anche
negli
anni
'90.
Per
quanto
riguarda
le
nubili,
notevoli
riduzioni
si
registrano
nel
corso
degli
anni
'80,
soprattutto
per
le
età
comprese
fra
i
20
e
i
35
anni;
l'entità
complessiva
è
comunque
ridotta
rispetto
alle
coniugate,
anche
perché
le
nubili
erano
caratterizzate
da
livelli
di
abortività
decisamente
inferiori.
Con
il
1998
i
tassi
di
abortività
delle
nubili
superano
quelli
delle
coniugate.
Si
può
quindi
affermare
che
il
calo
dell'abortività
sia
dovuto
principalmente
alle
donne
con
una
vita
di
coppia
stabile,
che,
evidentemente,
nel
corso
del
tempo
sono
state
in
grado
di
pianificare
sempre
meglio
il
loro
comportamento
riproduttivo.
Si
può
ricordare
al
riguardo
che
in
Italia
le
fasce
a
maggior
rischio
erano
proprio
le
donne
coniugate
con
figli,
che
utilizzavano
l'IVG
come
metodo
per
mantenere
il
numero
realizzato
di
figli.
Al
tempo
stesso
è
venuta
emergendo
una
nuova
categoria
a
rischio,
rappresentata
dalle
donne
giovani
e
giovanissime,
per
le
quali
sembra
prevalere
l'estemporaneità
dell'evento
e
l'inesperienza.
In
sostanza,
attualmente
in
Italia
esistono
due
modelli
prevalenti
di
abortività:
un
primo
associato
alla
volontà
di
limitare
la
dimensione
del
nucleo
familiare
e
che
caratterizza
dunque
le
donne
con
figli,
ed
un
secondo
invece
più
estemporaneo
e
attribuibile
a
donne
senza
figli
(e
dunque
presumibilmente
giovani).
Una
differente
evoluzione
del
fenomeno
dell'abortività
volontaria
e
diverse
propensioni
di
fecondità
hanno
portato,
negli
anni
più
recenti,
ad
osservare
comportamenti
nettamente
diversi
nel
territorio
italiano
secondo
lo
stato
civile.
Mentre
al
Centro-nord
si
riscontrano
ormai
dei
livelli
di
abortività
fra
le
nubili
superiori
rispetto
alle
coniugate,
al
Mezzogiorno
i
livelli
delle
coniugate
si
mantengono
più
elevati.
Una
nuova
emergenza:
l'abortività
volontaria
tra
le
straniere
A
seguito
dell'aumento
dell'immigrazione
in
Italia
verificatosi
negli
ultimi
anni,
è
importante
valutare
anche
il
fenomeno
dell'IVG
effettuate
da
donne
straniere,
sia
da
un
punto
di
vista
quantitativo
che
qualitativo.
Le
donne
nate
all'estero
(può
anche
trattarsi
di
cittadine
italiane)
che
hanno
effettuato
IVG
in
Italia
sono
aumentate
nel
corso
degli
anni
dal
1980
al
1998:
il
numero
di
casi
è
passato
da
4.510
a
20.480
e
in
termini
relativi
la
proporzione
sul
totale
delle
donne
che
ha
effettuato
IVG
in
Italia
è
cresciuta
da
poco
più
del
2%
al
15%.
L'incredibile
aumento
delle
IVG
effettuate
da
donne
straniere
è
sicuramente
dovuto
all'aumento
della
presenza
straniera
in
Italia:
i
permessi
di
soggiorno,
ad
esempio,
sono
passati
da
648.935
al
1°
gennaio
1992
a
1.090.820
al
1°
gennaio
1999.
L'entità
del
fenomeno
è
ora
molto
rilevante
e
assume
un
ruolo
determinante
nell'analisi
dell'abortività
volontaria
nel
suo
complesso.
Tab. 2 - Interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne residenti in Italia, per cittadinanza e classe di età. Anno 1998
Classe di età (in anni) |
Cittadinanza |
|
Italiana |
Straniera |
|
18-24 |
11,5 |
55,0 |
25-29 |
12,0 |
44,0 |
30-34 |
12,2 |
31,4 |
35-39 |
11,1 |
23,6 |
40-44 |
5,3 |
10,0 |
45-49 |
0,5 |
0,7 |
18-49 |
9,1 |
32,5 |
Il
tasso
di
abortività
riferito
alle
sole
cittadine
straniere
(e
dunque
non
a
tutte
le
donne
nate
all'estero,
ma
solo
a
coloro
che
hanno
mantenuto
la
cittadinanza
straniera)
residenti
in
Italia,
riferito
all'anno
1998,
è
pari
a
32,5
per
1.000.
Se
si
pongono
a
confronto
i
tassi
di
abortività
volontaria
di
donne
italiane
e
straniere,
emerge
in
primo
luogo
il
netto
distacco
fra
i
livelli
di
abortività
delle
donne
italiane,
rispetto
ai
più
alti
livelli
delle
donne
straniere
(quasi
quattro
volte
più
elevati).
Anche
la
distribuzione
per
età
fra
i
due
contingenti
di
donne
è
nettamente
diversa:
per
le
italiane
i
livelli
maggiori
si
registrano
nella
fascia
fra
i
25
e
i
34
anni,
sebbene
negli
ultimi
anni
si
stia
assistendo
ad
uno
spostamento
verso
le
età
più
giovani.
Per
le
donne
straniere
è
invece
evidentissimo
un
trend
fortemente
decrescente
passando
dalle
età
più
giovani
a
quelle
più
avanzate.
Questi
dati
rivelano
dunque
una
maggiore
propensione
delle
donne
straniere
a
fare
ricorso
all'interruzione
di
gravidanza.
Si
tratta
di
un
fenomeno
del
quale
è
necessario
tenere
conto
nell'improntare
opportune
politiche
di
supporto
e
informazione.
Una
stima
degli
'aborti
clandestini'
Con
la
legge
194
del
maggio
del
1978
recante
"Norme
per
la
tutela
della
maternità
e
sull'interruzione
volontaria
della
gravidanza",
è
stata
regolamentata
l'interruzione
volontaria
di
gravidanza
in
Italia.
In
virtù
della
normativa
vigente,
oggi
qualsiasi
donna
che
"accusi
circostanze
per
le
quali
la
prosecuzione
della
gravidanza,
il
parto
o
la
maternità
comporterebbero
un
serio
pericolo
per
la
sua
salute
fisica
o
psichica,
in
relazione
o
al
suo
stato
di
salute
o
alle
sue
condizioni
economiche,
o
sociali
o
familiari,
o
alle
circostanze
in
cui
è
avvenuto
il
concepimento,
o
a
previsioni
di
anomalie
di
malformazioni
del
concepito"
può
richiedere
l'IVG
entro
i
primi
90
giorni
dal
concepimento.
Dopo
tale
periodo
l'IVG
è
ancora
praticabile
nel
caso
in
cui
la
prosecuzione
della
gravidanza
comporti
un
serio
pericolo
per
la
salute
della
donna.
Prima
dell'introduzione
della
legge
194,
dunque,
le
IVG
erano
dichiarate
come
'morti
fetali',
se
effettuate
in
strutture
ospedaliere,
o
non
erano
dichiarate
affatto
quando
effettuate
in
abitazioni
private.
Erano
questi
i
casi
di
'aborto
clandestino',
fenomeno
che,
sebbene
sia
ancora
presente,
si
può
ritenere
in
forte
diminuzione.
Vari
studiosi
hanno
tentato
di
stimarne
l'entità
prima
del
1978
attraverso
indagini
locali
e/o
modelli
matematici,
ma
i
risultati
ottenuti
sono
fortemente
eterogenei:
si
passa
da
meno
di
200mila
aborti
clandestini,
a
valori
vicini
ai
600mila.
Nonostante
l'approvazione
della
legge
194,
si
ritiene
che
una
certa
quota
di
aborti
volontari
venga
ancora
praticata
nella
clandestinità:
l'Istituto
Superiore
di
Sanità
stima
infatti
che
l'entità
degli
aborti
effettuati
al
di
fuori
delle
strutture
autorizzate
sia
stato
di
circa
100mila
casi
nel
1983,
85mila
nel
1987
e
50mila
nel
1994,
e
che
oltre
il
70%
di
questi
sia
praticato
nell'Italia
meridionale
e
insulare.