La
vera
storia
del
disastro
argentino Ecco
le
vicende
che
nessuno
racconta,
quelle
che
hanno
portato
al
disastro
argentino.
Sui
giornali
si
legge:"a
causa
della
crisi
economica".
Qui
si
tratta,
invece,
della
soluzione
neoliberista
alla
crisi.
La
storia
iniziò
così.
Dopo
svariati
tentativi
di
tener
sotto
controllo
un
inflazione
che
oscillava
fra
le
tre
e
quattro
cifre,
un
ministro
particolarmente
brillante,
Domingo
Cavallo,
decide
di
rinunciare
di
fatto
alla
sovranità
monetaria
del
proprio
paese.
Per
far
ciò
rispolvera
un
vecchio
metodo
usato
dagli
inglesi
in
diversi
paesi,
al
tempo
dell'Isola
del
Tesoro
e
dell'Impero
di
Sua
Maestà:
il
'currency
board'.
In
esso
si
stabilisce
per
legge
una
parità
di
cambio
fissa
fra
la
moneta
nazionale
(il
peso)
e
un'altra
moneta
(il
dollaro).
La
politica
monetaria
dell'Argentina,
a
quel
punto
è
delegata
alla
FED.
Ciò
che
Cavallo
dimenticò
è
che
per
poter
permettersi
il
'currency
board'
sarebbe
stato
necessario
per
l'Argentina
avere
un
forte
flusso
di
esportazioni
pagate
in
valuta
verso
l'area
del
dollaro.
Ma
proprio
l'adozione
del
dollaro
rese
impossibile
l'export
argentino:
mentre
Brasile
e
Cile
potevano
svalutare
e
diminuire
quindi
i
prezzi
relativi
delle
merci,
l'Argentina
era
ancorata
al
dollaro.
La
cura
ovviamente
funzionò
per
l'inflazione,
ma
cominciò
a
provocare
un
crescente
squilibro
della
bilancia
commerciale.
Per
pareggiare
la
bilancia
dei
pagamenti
furono
iniziate,
sotto
Menem,
le
privatizzazioni.
In
pochi
anni
gli
Argentini
si
vendettero
tutto:
aerei,
aeroporti,
centri
commerciali
(sono
tutti
di
Soros)
impianti
di
estrazione
del
petrolio,
telefoni,
elettricità
ecc.
L'Argentina
era
guardata
dal
mondo
come
il
paese
dove
il
pensiero
unico
del
F.M.I.
e
della
Banca
Mondiale
aveva
vinto.
Un
miracolo
economico!
Ma le privatizzazioni prima o poi finiscono, lo squilibrio commerciale resta, lo Stato deve drenare denaro sui mercati internazionali attraverso prestiti internazionali in valuta, ad ogni giro i tassi salgono e il rating diminuisce. I tassi alti scoraggiano l'economia e per tre anni l'Argentina va in recessione.
Le
Grandi
Famiglie
(3%
della
popolazione)
incominciano
a
cambiare
i
pesos
in
dollari.
Servono
altri
prestiti,
sempre
più
cari.
A
questo
punto
scoppia
la
crisi
finanziaria.
Nessuno
presta
più
soldi
all'Argentina
che
è
costretta
a
tagliare
del
13%
i
salari
pubblici
e
a
bloccare
totalmente
la
spesa
pubblica.
Neanche
questo
basta,
ed
ecco
l'F.M.I.,
caritatevole,
giungere
in
soccorso,
prestando
8
miliardi
di
dollari.
Con
una
clausola,
però,
che
l'Argentina
aderisca
al
FTAA,
cioè
si
apra
al
libero
scambio
con
gli
USA.
Doppia
trappola:
il
deflusso
di
dollari
non
potrà
che
aumentare,
per
il
libero
scambio
e
in
più
si
mette
in
ginocchio
il
Brasile
e
si
fa
saltare
il
Mercosur.
La
crisi
finanziaria
argentina
è
solo
rimandata
di
qualche
mese:
una
boccata
d'ossigeno
per
l'UBS,
Citygroup
e
Chase
Manhattan
e
altre
grandi
banche
che
hanno
ancora
qualche
mese
per
'securizzare'
i
propri
crediti,
cioè
farli
scomparire
nel
risparmio
gestito
di
fondi
pensione.
Quando
la
stessa
cosa
avvenne
in
Messico
nel
1995
a
rimetterci
fu
il
Fondo
Pensione
degli
Insegnanti
della
California!
Ma
ormai
è
fin
troppo
chiaro:
le
ricette
virtuose
del
F.M.I.
sono
peggio
delle
cavallette.
Dopo
il
Sud
Est
asiatico
e
la
Russia
stanno
rovinando
il
Sudamerica.
Ma
la
grande
fornace
di
Wall
Street
ha
bisogno
di
capitali
esteri
che
tengano
su
i
corsi
azionari
e
quindi
'mors
tua
vita
mea'!
Meraviglie
della
globalizzazione
dei
mercati
finanziari!
Ma
a
dicembre
la
crisi
esplode
senza
remissione.
A
giocare
con
il
fuoco
ci
si
brucia.
Prima
l'annuncio
del
default
sul
debito,
bonds
sovereign
e
local
market
instruments
collocati
compiacentemente
sui
mercati
internazionali
per
un
valore
di
oltre
58
miliardi
di
dollari
vanno
in
default.
Domingo
cavallo
tenta
un
ultimo
colpo
da
presitigiatore
finanziario:
lo
Swap
del
debito.
Tassi
al
7%
invece
del
30%
e
più
e
allungamento
delle
scadenze.
I
'mercati'
rispondono
picche.
Gli
argentini
incominciano
a
dubitare
che
un
dollaro
valga
un
peso.
Le
banche
sono
prese
d'assalto
per
cambiare
pesos
in
dollari.
I
capitali
defluiscono
e
con
essi
la
possibilità
di
far
fede
agli
impegni
assunti
con
il
F.M.I.
In
più
la
crisi
riduce
i
profitti
e
i
consumi.
Crollano
dunque
anche
le
entrate
fiscali
e
l'obiettivo
del
'deficit
di
bilancio
zero'
torna
ad
essere
quello
che
era
sempre
stato:
una
pura
utopia
o
come
dicono
i
banchieri
anglofoni
un
'wishfull
thinking'.
Si
limita
la
possibilità
di
ritirare
denaro
a
1.
000
dollari
mese.
I
bancomat
vengono
presi
d'assalto
e
presto
vanno
in
Tilt.
Ormai
è
crisi
di
liquidità.
Il
F.M.I.
nega
la
'tranche'
di
oltre
1
miliardo
di
dollari
dell'ultimoaccordo
di
sostegno.
Anche
loro
sanno
che
sarebbe
ormai
solo
una
goccia
in
un
mare
di
debiti.
Iniziano
gli
assalti
ai
supermercati.
Ridurre
gli
argentini,
popolo
orgoglioso,
spagnolesco
ma
sostanzialmente
dignitoso
a
questo
è
un
crimine
contro
l'umanità!
Ma il peggio deve ancora venire. Tintinnii cupi di sciabole. Riunioni segrete fra generali. I militari non aspettano altro per instaurare la pace del terrore!
di Sbancor - da italy.indymedia.org