Come è nata l'AIDS?
Roma, presentate durante un convegno nuove prove
"Tutto nacque dalla contaminazione di un vaccino"
Aids, torna in discussione l'origine dell'epidemia
Tengono banco le controverse tesi del giornalista inglese Edward Hooper
ROMA
- L'ipotesi che l'epidemia di AIDS possa aver avuto origine dalla contaminazione di un vaccino
sperimentale contro la poliomielite, distribuito negli anni '50 in Africa, riprende quota.
Edward Hooper, il giornalista inglese che ne è il principale fautore, ha presentato nuove
prove a favore della sua tesi durante un convegno dell'Accademia dei Lincei che si è
chiuso ieri a Roma. Prove solamente indiziarie. Ma che sollevano interrogativi inquietanti
sulle origini dell'AIDS, e non possono essere cancellate con un colpo di spugna.
L'ipotesi
più
comunemente
accettata
dalla
comunità
scientifica
sostiene
che
il
passaggio
del
SIV
(il
virus
dell'immunodeficienza
delle
scimmie)
dai
primati
non
umani
all'uomo,
dove
si
è
trasformato
in
HIV,
si
sia
verificato
durante
un
contatto
casuale,
un
morso
o
forse
un
pasto,
avvenuto
in
qualche
angolo
sperduto
della
foresta
pluviale.
Di
recente,
due
ricerche
hanno
permesso
di
identificare
sia
l'animale
da
cui
è
arrivato
il
contagio
sia
la
data
in
cui
sarebbe
avvenuto.
Il
serbatoio
naturale
dell'HIV-1
M,
il
ceppo
più
virulento
di
HIV,
responsabile
della
stragrande
maggioranza
dei
contagi
umani,
è
Pan
troglodytes
troglodytes,
uno
scimpanzé
che
vive
nell'Africa
occidentale.
Un'indagine
filogenetica,
analizzando
a
ritroso
la
storia
evolutiva
dell'agente
patogeno,
ha
fissato
la
data
della
prima
trasmissione
animale-uomo
a
ridosso
degli
anni
Trenta.
Secondo
Hooper,
invece,
la
scintilla
dell'epidemia
sarebbe
stata
l'involontaria
contaminazione
con
tessuti
di
scimpanzé
malato
di
un
vaccino
antipolio
sperimentale
chiamato
CHAT,
sviluppato
dall'americano
Hilary
Koprowski
in
collaborazione
con
ricercatori
belgi,
che
tra
il
1957
ed
il
1960
fu
distribuito
a
un
milione
circa
di
africani
in
Congo,
Ruanda
e
Burundi,
all'epoca
tutti
e
tre
colonie
del
Belgio.
La
tesi
del
giornalista
era
condivisa
da
uno
dei
più
importanti
biologi
evoluzionisti
contemporanei,
Bill
Hamilton,
morto
nel
marzo
del
2000
per
la
malaria
contratta
mentre
era
in
Africa
a
cercare
nuove
prove
della
teoria.
In
sintesi,
la
loro
ipotesi
(battezzata
"OPV
theory",
teoria
del
vaccino
antipolio
orale)
è
la
seguente.
In
quegli
anni,
i
vaccini
contro
la
poliomielite
erano
coltivati
quasi
sempre
su
un
substrato
di
cellule
prelevate
da
reni
di
scimmia.
Poiché
il
virus
dell'AIDS
non
fu
scoperto
che
25
anni
dopo,
era
impossibile
individuarne
la
presenza
in
provetta
così
come
era
impossibile
rilevarla
negli
animali,
dato
che
gli
scimpanzé
colpiti
dal
SIV
spesso
sono
asintomatici.
Inoltre,
ed
è
forse
l'elemento
più
significativo
dell'ipotesi,
esiste
una
fortissima
correlazione
tra
le
località
in
cui
fu
distribuito
il
CHAT
e
quelle
in
cui
sono
stati
registrati
i
primi
casi
di
contagio
di
HIV-1:
una
coincidenza
pari
all'85%.
Il
giornalista
ne
deduce
quindi
la
concreta
possibilità
che
siano
state
distribuite
partite
di
vaccino
prodotte
con
tessuti
di
scimpanzé,
almeno
uno
dei
quali
contaminato
dal
virus.
La
cosiddetta
"ipotesi
del
vaccino"
non
è
stata
accolta
bene
dall'establishment
scientifico.
Malgrado
Hooper
abbia
sempre
sottolineato
di
non
voler
attaccare
tutti
i
vaccini
(vedi
intervista),
le
sue
indagini
hanno
finito
per
inserirsi
nella
controversia
sulla
sicurezza
delle
vaccinazioni,
scatenando
reazioni
che
forse
vanno
al
di
là
del
dibattito
sulle
origini
dell'AIDS.
Pur
riconoscendo
l'eccellente
qualità
del
lavoro
di
indagine
di
Hooper
(raccolto
in
un
libro,
"The
River".
Gran
parte
degli
esperti
ha
sottolineato
che
non
c'è
alcuna
prova
certa
e
sia
il
giornalista
sia
Hamilton
sono
stati
oggetto
di
attacchi
anche
molto
pesanti,
inclusi
episodi
di
vero
e
proprio
ostruzionismo.
Poi,
nello
scorso
settembre,
durante
una
sessione
della
Royal
Society
britannica
dedicata
esclusivamente
alla
discussione
della
teoria
OPV,
essa
è
parsa
definitivamente
smentita
dall'analisi
di
alcuni
campioni
del
vaccino
CHAT,
che
non
hanno
rilevato
traccia
di
virus
né
tantomeno
di
DNA
di
scimpanzé.
"Alcuni
bellissimi
fatti
hanno
distrutto
una
brutta
teoria",
commentò
su
"Nature"
il
virologo
Robert
Weiss.
Peccato
che,
come
ha
fatto
notare
ieri
Hooper
a
Roma,
le
analisi
siano
state
effettuate
su
campioni
prodotti
in
America.
Ma
se
parte
del
vaccino
è
stato
invece
coltivato
in
Africa,
usare
quei
campioni
per
scagionare
il
CHAT
è
un
po'
come
discolpare
un
accusato
di
omicidio
usando
le
impronte
digitali
del
fratello.
E
Hooper
è
sicuro
che
alcune
partite
del
CHAT
siano
state
prodotte
localmente.
Raccogliendo
nuove
testimonianze,
il
giornalista
è
riuscito
a
dimostrare
che,
nello
stesso
luogo
e
nello
stesso
periodo
di
tempo,
si
trovavano
tutti
gli
elementi
indiziari
della
produzione
di
CHAT
in
Africa.
E
per
di
più,
c'è
anche
la
prova
della
presenza
di
tessuti
di
scimpanzé.
Che
avrebbero
potuto,
volontariamente,
o
più
probabilmente
per
errore,
contaminare
il
vaccino.
Il
luogo
è
Kisangani,
ex
Stanleyville,
una
città
della
Repubblica
Democratica
del
Congo
dove
alla
fine
degli
anni
'50
lo
scienziato
belga
Paul
Osterrieth
dirigeva
un
laboratorio
di
microbiologia.
Un
laboratorio
dalle
attività,
pare,
molto
segrete.
Forse
perché
la
sperimentazione
del
CHAT
faceva
parte
di
una
gara
affannosa
con
Sabin,
Salk
e
gli
altri
biologi
impegnati
ad
aggiudicarsi
la
distribuzione
mondiale
del
vaccino
antipolio.
E
forse
anche,
suggerisce
Hooper,
perché
l'eventualità
che
i
primati
contenessero
virus
potenzialmente
contaminanti
per
l'uomo
era
già
nota.
Fatto
sta
che
tutta
la
documentazione
ufficiale
relativa
al
laboratorio
di
Kisangani
è
scomparsa.
Ma
secondo
i
testimoni
di
Hooper,
che
sono
poi
gli
ex
assistenti
africani
di
Osterrieth,
in
quel
laboratorio
il
vaccino
si
produceva
eccome.
Il
CHAT
era
prodotto
per
così
dire
"on
demand",
vale
a
dire
che
ne
venivano
realizzate
in
fretta
nuove
partite
ogni
volta
che
le
autorità
sanitarie
coloniali
ne
facevano
richiesta.
Inoltre,
a
14
km
da
Kisangani,
a
Lindi,
c'era
un
accampamento
dove
erano
"detenuti"
600
scimpanzé,
che
nell'arco
di
tre
anni
e
mezzo
furono
quasi
tutti
uccisi
sotto
la
direzione
di
Osterrieth
per
prelevarne
organi
e
sangue
a
scopo
sperimentale.
E
soprattutto,
Hooper
ha
ritrovato
un
documento
scritto
che
prova
come,
tra
il
febbraio
e
l'aprile
del
'58
nel
laboratorio
fossero
conservati
tessuti
renali
di
scimpanzé
destinati
ad
una
ricerca
sull'epatite
virale.
Osterrieth
nega
di
aver
mai
prodotto
il
vaccino
a
Kisangani,
dicendo
che
le
condizioni
erano
troppo
primitive
per
farlo.
Ma
altri
esperti
smentiscono
che
si
trattasse
di
un
procedimento
difficile
da
portare
avanti.
Ed
i
suoi
ex
assistenti
riferiscono
persino
di
averlo
aiutato
a
mettere
il
vaccino
fresco
in
"bottigliette"
e
di
aver
partecipato
alla
sua
somministrazione
in
alcuni
centri
vicini.
Robert
Weiss,
anch'egli
presente
a
Roma
al
convegno
dei
Lincei,
non
sembra
ritenere
che
le
nuove
testimonianze
raccolte
da
Hooper
siano
sufficienti
a
riaprire
il
caso.
L'analisi
filogenetica
indica
che
il
virus
era
presente
negli
esseri
umani
molto
prima
di
qualunque
vaccino
antipolio,
sottolinea
Weiss,
e
quindi
se
l'HIV
è
emerso
negli
anni
Trenta
l'ipotesi
OPV
salta
automaticamente,
poiché
la
sperimentazione
del
vaccino
sarebbe
successiva
di
quasi
tre
decenni
al
primo
passaggio
del
virus
dall'animale
all'uomo.
Tuttavia,
nell'ambito
dell'incontro
romano
il
genetista
Mikkel
Schierup
ha
presentato
una
relazione
scientifica
che
mette
in
dubbio
l'affidabilità
del
metodo
di
analisi
usato
per
datare
la
trasmissione
del
SIV.
Schierup
ha
detto
a
Hopper
di
essere
scettico
sull'ipotesi
OPV.
"La
ritengo
molto
improbabile,"
gli
ha
detto,
"ma
penso
che
lo
sia
anche
l'ipotesi
alternativa".
Piaccia
o
non
piaccia,
insomma,
le
vere
origini
dell'AIDS
sono
ancora
da
dimostrare
con
certezza.