La Repubblica

Fianco a fianco No global, partiti e girotondi. Padri e figli
Gli organizzatori esultano: "Siamo in tre milioni"


L'invasione colorata di Roma - "Mai così tanti in piazza"
Tanti slogan, bandiere a lutto, ovazioni per Cofferati. Polemiche con la questura sul numero dei partecipanti

ROMA - "Serenità", aveva chiesto Sergio Cofferati dopo che gli assassini di Bologna avevano scippato il sorriso che nelle intenzioni del leader avrebbe dovuto caratterizzare la giornata dei sei cortei. E la serenità hanno portato in piazza i tre milioni di persone che hanno risposto all'appello della Cgil "contro il terrorismo e per i diritti". Sereni i pensionati arrivati da tutta Italia alla loro ennesima manifestazione anche se una così forse non l'avevano mai vista, sereni i lavoratori con indosso i cappellini rossi della loro organizzazione. Sereni i girotondisti davanti alla Fao e sereni i ragazzi dei Social forum con il loro Tir che fungeva da palco dal quale partivano musiche e le parole d'ordine contro la guerra e il neoliberismo. Sereni anche i dirigenti della Cgil nella loro risposta ai numeri (700 mila persone) dati dalla questura: "Quando potranno vedere le nostre fotografie dagli elicotteri allora saremo pronti a fare congiuntamente le stime. Così vedremo chi ha le valutazioni più giuste e chi il metro corto. In piazza c'erano almeno tre milioni di persone, mai viste così tante dal dopoguerra a oggi". E la gioia degli organizzatori arriva anche sul sito della Cgil che titola: "Tu no, noi tre milioni", giocando sullo slogan "Tu si tu no art. 18 io non ci sto".

Che sarebbe stata una giornata speciale i manifestanti lo avevano capito da subito. Da quando, alle prime luci dell'alba, vedevano le corsie dell'autostrada occupate dai 10 mila pullman e dai torpedoni a formare dei rivoli che avrebbero poi formato il fiume multicolore che avrebbe invaso la città. Oppure dai treni carichi di bandiere rosse che hanno invaso le stazioni di Roma. E giornata speciale è stata.

Speciale per i numeri, speciale per la composizione dei manifestanti. C'erano tutte le organizzazioni territoriali e di categoria della Cgil, dai chimici ai metalmeccanici, dagli edili alla funzione pubblica, i professori delle università, i pompieri. C'erano i pensionati abituati ad essere la spina dorsale di ogni corteo e che invece oggi erano minoranza. A fianco a loro sfilavano i giovani, quelli precari, quelli dei lavori atipici, quelli di Genova. Da una parte i nonni in tuta da ginnastica per stare comodi, con i loro borselli demodé ma comodi per portare l'occorrente per sopravvivere ad una giornata dura. Dall'altra i nipoti, i ragazzi dei Social forum con i loro vestiti da rapper e i piercing dappertutto e le bottiglie di vino e di birra che alimentavano i balli scatenati. Due mondi diversi che sembravano incompatibili e che invece, lo hanno detto sugli striscioni: ("Noi, i figli in piazza per i nostri diritti con i nostri padri") e lo hanno dimostrato in strada, sono capacissimi e felici di stare insieme.

E allora via con la commistione. Lo spezzone dei No global mandava musiche e ritmi rap e distribuiva adesivi con su scritto: "L'unico generale che ci piace si chiama sciopero", oppure "Articolo 18 e reddito sociale per tutti" oltre a quello di ricordo per Carlo Giuliani: "Verità e giustizia per Carlo" e i nonni della Spi si attaccavano volentieri addosso questi slogan. Gli operai della Teksid propongono uno scambio indecente: "Dateci Bin Laden noi vi diamo Berlusconi" e gli studenti applaudono convinti quel lenzuolo irriverente. E così si va avanti con le fisarmoniche che suonano canzoni popolari e gli amplificatori che rimandano i 99 posse, gli immigrati che battono sui tamburi i loro ritmi e la banda di ottoni che sceglie le note delle combattive canzoni delle mondine. Mentre intorno qualcuno gira chiedendo soldi per "il fondo scorte" di Antonino Caponnetto, l'antico magistrato padre spirituale di Falcone e Borsellino. Una miscela inspiegabile e inaspettata che ha fatto saltare ogni schema politico o organizzativo.

Sberleffi ce n'erano per tutti. Per Bossi: "Bossi hai avuto la poltrona ora ti piace Roma ladrona"; per Berlusconi con orecchie da somaro e la scritta "articolo 18 per tutti licenziamolo per giusta causa". Un cartello rappresentava la Gioconda con la faccia di Sgarbi e il timbro "originale". E le parole d'ordine sono le più varie. Contro gli assassini di Bologna, "Democrazia e libertà non si piegano ai terroristi" avevano scritto quelli della Cgil toscana, gli immigrati chiedono "pace e sanatoria per tutti" e poi lo stentoreo "Presidente Berlusconi i lavoratori non odiano". Sopra tutto la colonna sonora urlata in ogni parte: "Il paese è con il sindacato, l'articolo 18 non va toccato".

Solo una minoranza è riuscita ad arrivare al Circo Massimo ma in tutto il centro di Roma alle 12,45 cade un silenzio innaturale. Dal palco chiedono un minuto di silenzio per il professor Biagi e, come un'onda che dove passa cancella tutto, dal Circo Massimo a raggiera i suoni e i rumori si spegnevano per un lunghissimo minuto.