Il discorso di Cofferati

Il discorso di Cofferati: le deleghe esautorano il confronto

 

ROMA. «Il terrorismo è tornato a colpire e ha scelto con cura il suo bersaglio, il professor Marco Biagi, un uomo di cultura che aveva messo il suo sapere al servizio dello Stato. Lo hanno ucciso, come prima di lui D'Antona, Tarantelli e Ruffilli. A noi non sfugge che la follia del terrorista cerca sempre la componente simbolica e nella simbologia è anche evidente l'attacco alle politiche di coesione. Si vuole intimorire chi svolge la sua funzione preziosa di consulenza della politica».

Sergio Cofferati inizia il suo comizio dal palco del Circo Massimo parlando dell'omicidio Biagi e analizzando gli scopi dei terroristi: «Il terrorismo interviene per la prima volta direttamente nelle relazioni sociali - osserva il leader della Cgil - punta a stravolgerle e a dettare l'agenda di merito e i tempi».

«Questa novità terribile - afferma Cofferati - non deve sfuggire a nessuno: le relazioni sociali fra parti che rappresentanto interessi diversi sono una componente vitale della democrazia formale e di quella sostanziale. Ecco perché sconfiggere il terrorismo è compito di tutti i democratici, di chi ha come riferimento lo Stato che la lotta di resistenza ha consegnato agli italiani». Ma Cofferati indica anche un'altra «novità» nella strategia terroristica: «L'omicidio è stato consumato mente cresceva la mobilitazione dei lavoratori e dei cittadini a sostegno delle loro legittime e vitali esigenze, mentre cresceva un movimento vasto e consolidato». L'omicidio Biagi «avviene a poche ore da questa manifestazione. Penso che l'obiettivo dei terroristi sia più subdolo e profondo ma non posso ignorare la circostanza e la scelta dei tempi».

Agli inquirenti, ha affermato Sergio Cofferati al comizio della Cgil, spetta di fare luce sulla «solitudine nella quale è stato lasciato Marco Biagi, una persona che era minacciata». La risposta del sindacato al terrorismo, ha aggiunto, «è quella di sempre, democratica e forte: siete voi la nostra risposta!», ha detto rivolto alle centinaia di migliaia che lo ascoltano sul prato del Circo Massimo. La Cgil, ha osservato Cofferati, «non ha mai accettato né la violenza praticata, né quella teorizzata: nell'esercizio delle nostre funzioni non acceteremo condizionamenti». «Affermare come è stato fatto che la violenza dei terroristi è frutto di un clima di odio creatosi nella società italiana - ha detto il leader del sindacato riferendosi alle affermazioni di Silvio Berlusconi - non è solo una tesi priva di qualsiasi fondamento, ma è anche il goffo tentativo di demonizzare la libertà di critica e la naturale dialettica sociale». «Chi ci accusa di essere componenti di questo clima - ha proseguito - ci offende, offende la nostra storia, quella storia di donne e uomini che hanno lottato a viso aperto contro il terrorismo. È una storia che nessuno può ignorare o negare. Noi non ci soffermeremo più di un istante per chiedere a loro se possono tutti affermare la stessa cosa verso il terrorismo, di qualunque natura ideologica».

Poi, il tema del lavoro. «Non ci sfuggono gli aspetti subdoli e maliziosi delle intenzioni del Governo. Nelle loro proposte quello che prospettano è un patto neo corporativo». Inizia così il passaggio del leader della Cgil dal palco del Circo Massimo dedicato all'articolo 18, tema di fondo della manifestazione di Roma. «Noi - ha proseguito Cofferati - siamo i figli della solidarietà, e non si può pensare che mentre lottiamo per un nuovo sistema di diritti universali, che noi riteniamo sia indispensabile, ci si metta a levarne di acquisiti. Non è pensabile - ha insistito - che si cerchi di dare diritti ai giovani togliendone al contempo ai padri... perché un sindacato che si cmportasse così non avrebbe né meriterebbe credibilità».

Cofferati, in uno dei passaggi più applauditi dai manifestanti, ha sottolineato come «siano ben note a noi le proposte che il Governo ha affacciato, anche a proposito della modifica dell'articolo 18. Non ci è sfuggito nulla, neanche gli aspetti subdoli e maliziosi», ha ribadito. «Sappiamo benissimo che quel provvedimento agisce in parte sulle persone che hanno già un'occupazione e un sistema di diritti consolidato e agisce in maniera ancor più rilevante su coloro che vorrebbero avere dei diritti e oggi ne sono privi. E allora, a chi dice che con l'articolo 18 si agisce per rendere possibile un lavoro per i giovani, che non c'è da preoccuparsi perché non colpisce chi un lavoro ce lo ha già... rispondiamo: non c'é nessun rapporto, e non c'é mai stato, tra la possibilità per un'impresa di licenziare liberamente e la possibilità per la stessa impresa di assumere delle persone».

Una posizione dura, quella di Cofferati, che non ammette compromessi. Ed è lo stesso sindacalista ad annunciarlo subito dopo: «Il confronto con il Governo sui temi del lavoro - dice - è possibile. Ma la condizione di partenza - avverte - è lo stralcio dell'articolo 18. Senza - conclude - non si inizia». E ridadisce la contrarietà del sindacato all'uso eccessivo dello strumento della delega: «la delega è legittima, ma esautora ed impoverisce il confronto. Occorre riflettere su questi limiti anche nella gestione tra le forze politiche, non soltanto tra quelle sociali».

Sergio Cofferati punta il dito anche contro la riforma della scuola. In uno dei passaggi del suo intervento al Circo Massimo, il leader della Cgil ribadisce la contrarietà alla riforma Moratti. Quella sulla scuola, dice, è «una scelta regressiva sul terreno della qualità della formazione, che allontana il nostro paese dall'Europa. È evidente il disegno di impoverire, indebolire, rendere marginale il ruolo della scuola pubblica nel nostro paese». Con la riforma, la scuola «si deve arrendere alla logica di mercato, e perfino ad una visione cinica della vita: i più forti proseguono negli studi, i più deboli devono essere incanalati in una forma professionale di seconda serie. Ma è questa la prospettiva di vita che i padri devono insegnare ai loro figli? Noi -dice Cofferati- non lo abbiamo mai pensato».

Scende dal palco senza più voce Sergio Cofferati. Al termine del comizio, come nel corso di tutta la mattinata, il segretario generale della Cgil è attorniato dai suoi militanti, dai giornalisti e dai leader politici. Il primo fra gli esponenti politici presenti ad avvicinarsi per stringergli la mano è stato Antonio Di Pietro. Il primo bacio, un omaggio alla storia della sinistra e non solo del sindacato, Cofferati l'ha riservato a Pietro Ingrao. Poi, in sequenza, gli abbracci con i collaboratori più stretti, Guglielmo Epifani, il leader della Fiom, Claudio Sabattini, e i politici amici.

Quaranta minuti di discorso con la voce sempre più strozzata, senza bere un goccio d'acqua e senza mai girare lo sguardo rispetto alla direzione del palco rivolto su viale Aventino. Solo al termine del suo intervento, Cofferati trova il coraggio di guardarsi attorno, in tutte e quattro le direzioni, per scoprire quanta gente (3 milioni di persone, secondo la Cgil) è stata ad ascoltarlo. Sono le 12,50 quando Cofferati prende la parola. Vestito in blu, con la giacca aperta ed una cravatta sul rosso, Cofferati inizia a parlare con lo sguardo basso. Davanti a lui una traccia del discorso, integrata a braccio. Praticamente ai suoi piedi, subito sotto il palchetto degli oratori, tutti i suoi più stretti collaboratori. Leggermente in disparte, come al solito, la moglie.

Vista dal suo punto di osservazione, l'area del Circo Massimo e delle Terme di Caracalla, è una distesa di puntini neri e di bandiere. Ci sono i vessilli di tutti i partiti della sinistra, alcune vecchie bandiere del Pci; pochi striscioni, ma ben visibili i riferimenti dell'Arci, di Emergency e delle associazioni pacifiste. Di fronte a Cofferati, qualche metro più in basso, sventola anche una bandiera argentina e uno striscione con su disegnato Berlusconi vestito da Pinochet e con il naso da Pinocchio. Ma il discorso del leader della Cgil è quasi tutto sindacale.

Nessuna esitazione durante tutto il comizio, nessuna tentazione di bere il bicchiere d'acqua posato sul plexiglass accanto ai microfoni. Cofferati va avanti tutto d'un fiato, fino all'ultimo ringraziamento. Solo allora, dopo aver affidato i foglietti del discorso alla sua segretaria, Cofferati alza le braccia. Un saluto, poi ripetuto affacciandosi dai quattro lati del palco, alla gente accorsa e che solo ora osa guardare tutta nella sua consistenza. Cofferati scende dal palco ma non riesce più a dire niente: i baci, gli omaggi e gli abbracci, l'espressione che perde il sorriso e tradisce l'emozione. Prima di allontanarsi.