Carta
Benvenuti nel nuovo secolo
Noi non pensiamo che la storia si faccia con le manifestazioni di massa. Però pensiamo che le manifestazioni di massa sono segnali della storia che cambia. Negli ultimi anni, nel nostro paese, due di questi grandi semafori si sono accesi. Il terzo è quello che lampeggerà da sabato 23 marzo e nel tempo che seguirà. Il 25 aprile del 1994, due o trecentomila persone occuparono le strade di Milano, sotto un diluvio. Fu, quello, l'ultimo, grande scatto d'orgoglio di quella parte di popolo che, attraverso i decenni dalla fine della guerra mondiale in poi, aveva depositato le sue speranze, e le sue certezze, nella Costituzione antifascista, nella Repubblica, nella convinzione, soprattutto, che la democrazia consisteva nel conflitto sociale, regolato sì, ma libero. Perciò quelle persone trovavano intollerabile che, nel primo governo Berlusconi, vi fossero i fascisti del Movimento sociale italiano, legittimi eredi del nemico contro il quale la nuova democrazia era nata. Passati gli anni, e i governi di centrosinistra, il 21 luglio del 2001 altre trecentomila persone si misero in fila nelle strade di Genova, chiamate da una strana coalizione, denominata Genoa social forum, ad opporsi al Berlusconi secondo, che non era più solo, o soprattutto, il cavallo di troia dei fascisti, ma l'agente più coerente, a suo modo, del neoliberismo, di quel dominio dell'economia che presuppone la distruzione della protezione sociale, frutto del conflitto sociale dei decenni passati. A simboleggiare potentemente questo fatto, Berlusconi era l'ospite di altri Sette Grandi, presunti governanti del mondo. La gente di Genova era l'inizio di un movimento globale, cui sinistre e sindacati si sono aggiunti in ordine sparso, perché i loro dirigenti non avevano capito o non avevano condiviso la critica al liberismo. Oggi, 23 marzo 2002, un nuovo cocktail si va sperimentando. Il movimento nato a Genova non si è disperso, ha resistito ad ogni provocazione, dall'aggressione genovese fino all'ultimo, tristemente puntuale, agguato del terrorismo. Al contrario, il "movimento dei movimenti" è diventato non un attore della scena politica, ma una possibilità per tutti, un metodo, un orizzonte. La Cgil ha convocato questa manifestazione nazionale per opporsi alla "riforma" (le parole non hanno più senso) dell'articolo 18, ossia di un baluardo della condizione del lavoro dipendente. Quel che è accaduto, in queste settimane, e grazie ai movimenti sociali di questi mesi (dall'opposizione alla guerra alle manifestazioni per la scuola pubblica, dalla nuova insorgenza di lavoratori e cittadini migranti alla solidarietà con la Palestina, dalla lotta della Fiom per il contratto agli scioperi dei sindacati di base, fino alla suggestione irresistibile dei trecentomila di Barcellona per un'Europa sociale) è che la lotta attorno all'articolo 18 è divenuta la lotta di tutti contro il neoliberismo, del quale la precarizzazione del lavoro (dunque sociale) è uno dei sottoprodotti più velenosi. E questo è accaduto spontaneamente, senza che la direzione della Cgil lavorasse in questa direzione: mentre le Camere del lavoro, la Fiom, il sindacato diffuso si è già, da Genova in poi, quasi ovunque messo in rete con quella cosa che chiamiamo "movimento". Ecco perché Carta accoglie il 23 marzo dicendo "Lavoratori di tutti i tipi unitevi", perché siamo in un'altra epoca, in cui la sola difesa del lavoro dipendente non risponde a una questione sociale e dello stesso lavoro assai più grande, e d'altra parte non tutela nemmeno i lavoratori dipendenti. E' viceversa vero che il lavoro dipendente ha la forza, in determinati momenti, di attirare a sé le schegge sociali e del lavoro precario che il liberismo produce. Ma le ricette, le soluzioni, lo stesso tipo di conflitto sociale va cambiato, adeguato, deve coinvolgere gruppi sociali inediti. Deve assumere definitivamente la lingua della pace, della condivisione e del consenso, abbandonando quella dell'accumulo delle forze, dello scontro e della metafora bellica, il cui ultimo, grottesco e alienato sottoprodotto è il testo con cui le "Brigate rosse" hanno rivendicato l'atto atroce di togliere la vita a un essere umano. Il 23 marzo è l'inizio di questo cambiamento. Coloro che si radunano nelle vie di Roma hanno la consapevolezza di essere, tutti insieme, molti popoli, diversi eppure uniti. Si può dire che, così come il Novecento cominciò davvero, in Italia, con il primo sciopero generale, nel 1904, questo nuovo secolo comincia davvero con la manifestazione di sabato 23 marzo e con lo sciopero generale (cioè "generalizzato") che la seguirà.