Programma completo di FORZA NUOVA

La famiglia al centro della nostra battaglia

L'azione politica del nostro movimento, a differenza di quella di tutti gli altri partiti, non ha come finalità la conquista di posizioni di potere o l'acquisizione e lo scambio di favori. La nostra azione politica è un sacrificio che ogni militante compie per servire la Patria e il popolo. Se questo però rimanesse confinato nel campo della dialettica politica e ideologica costituirebbe soltanto un vuoto esercizio di retorica. Servire la Patria e il popolo non vuol dire spendere le proprie energie per mandare in parlamento una pattuglia di uomini che vederebbe immediatamente frustrata la propria volontà di cambiamento, bensì individuare le cause profonde dell'attuale disordine e rimboccarsi le maniche per far fronte concretamente alla situazione.

La prima tappa per la rigenerazione della Nazione e degli uomini consiste nella difesa, nella rivalutazione e nel rilancio della famiglia.Senza alcun dubbio la famiglia è il fondamentale e primario soggetto sociale e forma la spina dorsale delle comunità e dello Stato. Contemporaneamente la famiglia è il luogo per eccellenza dove l'essere umano riceve l'insieme di valori e di coordinate spirituali che dovranno guidarlo per tutta la vita.
La giustezza di queste considerazioni e la previsione che la battaglia decisiva si dovrà svolgere su questo campo sono dimostrate con lampante evidenza dalla quantità e dalla gravità degli attacchi che i nemici dell'Uomo, della Patria e dell'Ordine portano incessantemente contro la struttura naturale e le fondamenta morali della famiglia.
Le principali direttive di questo attacco sono: la sovversione della gerarchia dei valori, la denatalità, l'aborto e l'omosessualità privilegiata.

LA SOVVERSIONE DELLA GERARCHIA DEI VALORI

Questa è stata la prima operazione contro la famiglia, ma anche la più subdola, quella che è passata inosservata e che ha posto le basi per i crimini successivi. Lungo tutta la storia dell'umanità in tutte le civiltà degne di questo nome, perfino in tutte le speci animali, l'individuo, giunto in età adatta alla procreazione, ha il dovere (dettato dai costumi sociali e dalla stessa spinta di natura) di trovare il compagno adatto e procreare per continuare la specie.Nel corso dell'ultimo secolo, con un'azione lenta ma inesorabile, la sovversione ha trasformato questo dovere in un diritto. Fatto questo passo la strada era aperta!Va da sé che, mentre un dovere è compiuto indistintamente da tutti i componenti di una compagine sociale ben organizzata, di un diritto usufruisce solamente chi lo voglia: ecco il perché della diminuzione dei matrimoni!Va da sé che di un diritto si usufruisce anche solamente per il periodo desiderato: ecco il divorzio!È ovvio anche che essendo il procreare un diritto e non un dovere ognuno lo faccia nei termini e nelle quantità che più gli aggrada! Ecco le coppie senza figli o a figlio unico!La concezione della famiglia come dovere morale, sociale e naturale si basava sulla triplice esigenza di obbedire alla legge divina di crescere e moltiplicarsi, di rafforzare e ringiovanire la Patria, di continuare la specie: privilegiati erano quindi il futuro e la prole.La concezione della famiglia come diritto si basa sulla necessità di garantire esigenze egoistiche di benessere e di libertà: privilegiati sono quindi il presente e l'individuo. Con ferrea logica non trovano protezione all'interno della famiglia così intesa tutte le situazioni che costituiscono un ostacolo all'ideale malsano dell'assoluta libertà del'uomo. Ecco gli ospizi per anziani inutili e noiosi! Ecco l'aborto per i bambini non voluti! Ecco l'orrore dell'eutanasia!La concezione della famiglia-dovere, poi, traeva la sua legittimazione da una serie di valori assoluti: la legge divina non ammette leggi alternative, il codice genetico naturale è univoco e uniforme ed esclude qualsiasi possibilità di comportamento alternativo.La famiglia-diritto, invece, nasce dallo pseudo-principio della libera scelta individuale e, ovviamente, lascia il campo libero a tutte le varianti che possano affacciarsi nella mente malata dei suoi propugnatori. Ecco l'omosessualità, le coppie e perfino le famiglie omosessuali che pretendono e ottengono bambini in adozione! Ecco i figli in provetta! Ecco i travestiti ed i transessuali che appaiono in televisione!Potremmo continuare all'infinito perché non c'è limite alla depravazione quando si accetta il principio che la vita si basa sui diritti e non sui doveri.È venuto il momento di dire basta e riaffermare chiaramente all'interno di noi stessi e poi della nazione il principio del dovere! Solo su questa base si potrà ricostruire. Tutto il resto viene dopo.

ABORTO

Il dramma dell'aborto è stato spesso relegato ad una questione di astratta moralità che in fondo ha poco a che vedere con la realtà sociale o con il cammino dei tempi. Niente di più falso. Il problema ha chiaramente un livello pratico che si sintetizza in una domanda: che cosa viene eliminato dal grembo materno al momento dell'aborto? O meglio: quando inizia la vita?L'idea che molti hanno, magari ingenuamente, è che ciò che viene eliminato dal grembo della madre sia un corpuscolo di cellule informi che un giorno potrebbero diventare un bambino, ma non gode di vita autonoma. In realtà qualsiasi filmato su feti abortiti mostra chiaramente che ciò che viene massacrato è il corpo di un bambino, piccolo ma chiaramente formato, che sente il dolore, che capisce ciò che gli avviene intorno e cerca di "scappare" nel momento in cui riceve i primi attacchi dal medico abortista.Da un punto di vista morale l'aborto è un caso chiuso: è omicidio.

Il limitarlo al caso di feti imperfetti non fa altro che rendere più cinico un mondo che non accetta le forme di vita che possano essere una spesa per lo Stato o rappresentare infelicità per i genitori. Ma dove va a finire la nostra concezione spirituale dell'esistenza nel momento in cui l'anima di un handicappato si considera incapace di dare nulla al mondo in completa contraddizione con il mondo tradizionale che ha trovato sempre posto per tutti, anche per lo scemo del villaggio: che sarebbe stato della nostra civiltà se Omero, Beethoven e Leopardi fossero stati abortiti perché portatori di gravi malformazioni (cecità, sordità e scoliosi)? Inoltre servirà anche analizzare che le grandi strutture del Nuovo Ordine Mondiale sono tutte scatenate nel propagandare l'aborto fino a renderlo obbligatorio in Cina ed auspicabile nel resto del mondo.Per il nostro mondo non ci deve essere alcun dubbio; d'altronte qualsiasi regime nazionalista (o specificatamente fascista) non ha mai lontanamente sognato di introdurre una qualsivoglia apertura al massacro abortista.Infine ecco la risposta al continuo chiudere di scuole ed allo spopolarsi di strade che nei decenni scorsi erano piene di bambini: i nostri bambini non sono mai stati concepiti perché non avevamo il tempo per pensare a loro o se concepiti li abbiamo eliminati come un'ernia o un'appendice infiammata.

Politica demografica

Negli ultimi anni si è affermato un dogma le cui origini molto sinistre si situano nei meandri elitari del Nuovo Ordine Mondiale; il dogma dell'esplosione demografica. Il mondo sarebbe saturo, non avrebbe più risorse disponibili e si avvierebbe (a causa della continua crescita demografica) alla fame, alla distruzione per guerre o per disastro ambientale. Questa teoria, densa di riflessi sul piano pratico-operativo, influenza in modo ricattatorio e coercitivo le politiche della quasi totalità dei paesi della terra. Infatti parte integrante di ogni accordo per il finanziamento a paesi del terzo mondo da parte del Fondo Monetario Internazionale è l'imposizione di limitare in maniera drastica le nascite. Questa è la motivazione per le pratiche abortive o di controllo demografico messe in pratica in Cina, India, Pakistan, Filippine con metodi criminali.Un'analisi più seria basata su un minimo di informazioni geografiche, storiche ed economiche ci da un quadro totalmente differente della situazione. La parte del globo abitata corrisponde a 1/100 della terraferma; se praticamente dessimo a tutti gli abitanti della terra una villetta con giardino verrebbe occupata solo la superficie del Texas [6 miliardi x 100 mq = 600.000 kmq; Texas = 694.500 kmq]. Per quanto riguarda l'approviggionamento di cibo è sufficiente ricordare la distruzione scandalosa di derrate alimentari che avviene in tutto il mondo: pensiamo alle arance distrutte in Sicilia per tenere alti i prezzi oppure, per fare un altro esempio, all'India, che sotto lo stretto controllo demografico dell'impero britannico conobbe fame ed indigenza e poi, resasi indipendente, raddoppiò di popolazione in quindici anni organizzando allo stesso tempo l'agricoltura secondo sistemi europei e riuscì a rispondere come non mai al fabbisogno della sua popolazione.Inoltre un'analisi della densità della popolazione nel mondo dimostra che le popolazioni con alta densità sono quelle più ricche (vedi Europa) e quelle con bassa densità sono quelle più povere (vedi Africa).Se queste considerazioni hanno importanza per capire come il mito della esplosione demografica sia totalmente menzognero, ne hanno d'altronde meno per analizzare la questione in Italia. Infatti è un dato conosciuto da tutti che il nostro Paese ha ha la più bassa crescita demografica mondiale, anzi è in decrescita e si avvia a un lento e inesorabile suicidio. A parte il nostro orgoglio nazionale che è inesorabilmente colpito nel vedere i giardini con pochi bambini, le scuole semivuote ed una nuova generazione di non italiani supplire al vuoto, considerazioni di carattere esistenziale e sociale ci spingono a dare al problema una valenza di drammatica emergenza.Un popolo che non si riproduce è in decadenza e muore; la storia ci dimostra che i periodi rigogliosi del nostro popolo sono i periodi di forte crescita; basti pensare all'orgoglio che generò e fu generato dalla campagna demografica fascista. Basti pensare al baby boom dei primi anni Sessanta per vedere come coincida con un momento quantomeno economicamente positivo (rovinato solamente dalla gestione economica del Paese).Ogni governo che abbia a cuore il futuro del Paese non può quindi non avere una seria politica demografica.Che cosa impedisce al naturale bisogno di avere bambini la possibilità di realizzarsi? Possiamo evidenziare i motivi più importanti: le madri costrette a lavorare;
la fuga dalle campagne ed il problema delle dimensioni delle case;
le mentalità edonistica e materialistica

Il lavoro femminile

Il fatto che le donne siano costrette a lavorare deriva essenzialmente dal precipitare della nostra economia e dall'espandersi del debito. Fatto sta che mentre negli anni '50 e '60 il lavoro del capofamiglia era sufficiente a mantenere una famiglia ampia, negli anni '90 non è sufficiente il lavoro di ambedue i genitori. È indubbio che ciò sia collegato alle più alte aspettative del mondo moderno (questo aspetto sarà analizzato successivamente) ed alla mancata volontà di risolvere il problema. In Francia qualche anno fa il governo propose di stipendiare le madri di famiglia in quanto tali, liberando così potenzialmente milioni di uomini dalla disoccupazione. Il risultato sarebbe madri a casa con libertà economica e tasso di disoccupazione drasticamente ridotto. In Francia il progetto fu accantonato non per considerazioni economiche, ma per l'alzata di scudo di progressisti e femministe.Un governo che avesse a cuore il futuro del proprio popolo vedrebbe in questa soluzione uno strumento per incentivare la prolificità delle famiglie. Deve tornare ad essere illegale il divorzio e devono essere creati quartieri con concezione architettonica tradizionale e riabilitati gli antichi borghi, tipici dell'Italia centrale, abbandonati negli ultimi decenni. Gli sviluppi della informatica ed ineluttabile ritorno alla terra favoriranno questo salutare ritorno alle nostre radici.

Il problema urbanistico

Con l'abbandono delle campagne e la concentrazione della popolazione nelle grandi città si è attuata una politica urbanistica di diminuzione degli spazi abitativi e si è introdotto uno stile architettonico tipo "alveare" che inibisce il numero della prole e gli sottrae aree di gioco. Se inoltre nel passato vi era la sicurezza per le madri nel lasciare i bambini a giocare in appositi campi o giardini, oggi non vi è più né la tranquillità nel farlo né gli ambiti che lo permettano: invece è chiaro che una concezione urbanistica tradizionale imperniata intorno a piazza, chiesa, bottega e spazi verdi è più consona ad un popolo in espansione vitale.La mentalità materialistica
È forse il problema più grave. Infatti se un governo può certamente contribuire ad incrinare lo spirito di un popolo, va premesso che una rivoluzione culturale o meglio spirituale avviene per meccanismi più profondi di quelli strettamente politici. Il lungo tunnel dell'ubriacatura materialistica sembra avviarsi alla conclusione; trent'anni di materialismo, permissivismo e liberalismo hanno danneggiato la fibra del nostro Paese in modo quasi irrimediabile; aborto e divorzio sono state certamente pietre miliari nel trasformare l'Italia da nazione esemplare, basata sui valori familiari, ad una terra di volgare commercializzazione e distruzione di ciò che è sacro e bello. Se i miti fino ad oggi sono stati quelli della donna in carriera e dello yuppy, il risultato non poteva essere differente. Solo restaurando gli antichi concetti di sacrificio e dedizione verso il proprio popolo e la propria famiglia e restituendo una concezione ultraterrena alla nostra esistenza, i necessarri e radicali cambiamenti sociali sortiranno l'effetto desiderato.

PROPOSTE A LIVELLO LEGISLATIVO

Anche se al momento non si possono intravedere possibilità di influire a livello governativo, è un atteggiamento responsabile da parte nostra il delineare alcune soluzioni legislative.Rendere illegale l'aborto e proteggere l'indissolubilità del matrimonio.
L'omosessualità deve essere bandita.
La crescita demografica deve essere incoraggiata con sussidi per ogni bambino e con sussidi ulteriori per famiglie oltre un certo numero di figli (come d'altronde avviene già in molti paesi occidentali).
L'attività casalinga femminile va retribuita con un assegno familiare, scoraggiando così il lavoro esterno. Il concordato del 1929 (fermamente voluto da Mussolini) devono tornare in vigore.

Il dramma immigrazione: problemi e prospettive
COS'È L'IMMIGRAZIONE

La domanda sembra banale, ma l'esperienza insegna che spesso le cose più evidenti ed elementari sfuggono al giusto approfondimento critico. Deve quindi essere ben chiaro fin dal principio che l'immigrazione
non è una gita di piacere;
non è una libera scelta;
è un dramma personale per chi emigra;
è una rovina per la nazione dalla quale partono gli emigranti;
è una catastrofe per la nazione che subisce l'immigrazione.

L'immigrazione non è una gita di piacere
Il punto di partenza per ogni discorso sull'immigrazione non può essere che questo. Non stiamo parlando di una scampagnata fuori porta, di un normale periodo di lavoro all'estero ben retribuito, né di una vacanza che si affronta col sorriso sulle labbra. L'immigrazione è un fenomeno doloroso che prevede viaggi incredibili e pericolosi; che vede migliaia di vittime morire durante il percorso, stipate in navi anguste e maleodoranti, in carovane della disperazione guidate da negrieri spietati e affamati di denaro; che riduce sul lastrico chi deve pagarsi il biglietto di sola andata per il presunto paradiso occidentale.Questa è la prima realtà da tenere bene in mente quando si parla di immigrazione. È a tutti nota l'esistenza di veri e propri racket che si dedicano alla preparazione di questi viaggi della speranza, organizzazioni che forniscono un pacchetto completo comprendente arrivo, sistemazione e successivo sfruttamento del malcapitato caduto nelle loro mani.Potremmo riportare un lungo elenco di episodi nei quali i termini più ricorrenti sono sfruttamento, umiliazione e morte. Perché, sia ben chiaro, il vero volto dell'immigrazione gronda di sudore, pianto e sangue.

L'immigrazione non è una libera sceltaRipulita l'immagine dell'immigrazione dai toni pastello con i quali i fautori della società multirazziale la imbellettano per farla digerire alle masse tramite quotidiani e televisioni a loro asservite, passiamo al secondo punto della nostra trattazione, tanto elementare quanto fondamentale.Comunemente si ritiene che laddove vi sia costrizione, quando manchi libertà di scelta, ci si trovi di fronte ad una situazione dai connotati fortemente negativi, ad una realtà che obbliga senza lasciar decidere. Ci pare quindi assai strano che una società come la nostra, libertaria per eccellenza, si trovi ad esaltare una situazione quale quella degli immigrati, i quali certamente non hanno scelto da soli di abbandonare il proprio popolo e la propria famiglia, bensì vi sono stati costretti da circostanze che per il momento definiamo solo esterne al loro volere.Le cause che spingono all'immigrazione sono molto serie: la povertà, il sottosviluppo e la fame. Ci riferiamo a persone che non hanno possibilità di scelta, uomini e donne che, attratti dalla propaganda diffusa dal mondialismo e sollecitati da organizzazioni internazionali sono obbligati a tagliare i ponti con la propria storia, in maniera consapevole o per via inconscia.È evidente quindi che l'equiparazione tra le parole libertà ed immigrazione non ha alcun motivo di essere sostenuta. Anzi, possiamo certamente affermare che emigrazione vuol dire schiavitù.

L'immigrazione è un dramma personale La parola dramma non sembri retorica: tale termine meglio di ogni altro riassume ciò che è veramente l'emigrazione; un evento triste, avvilente, doloroso, che coinvolge dal punto di vista umano numerose persone. In primo luogo riguarda l'emigrante, colui che parte, che abbandona il suo villaggio, paese, città, famiglia, moglie, figli, genitori, amici. E non si tratta solo della perdita degli affetti più cari, ma del distacco da tutto un mondo, da un modo di vivere e di pensare nel quale si è cresciuti e si è stati educati. Parliamo di cultura, di tradizioni, di costumi che per chissà quanti anni, spesso per sempre, si dovranno lasciare.Non dimentichiamo poi il dramma vissuto dai parenti più prossimi, mogli che si ritrovano a vivere senza marito, con un'intera famiglia da mantenere, figli che crescono senza avere al fianco la fondamentale figura paterna e che, privi di guida, rischiano di sbandare con più facilità degli altri coetanei.Dobbiamo inoltre aggiungere il problema degli anziani genitori, privati del naturale sostegno dei figli e condannati ad una vecchiaia di stenti. Insomma, non solo problemi e drammi personali, ma conseguentemente anche problemi e drammi sociali che portano al progressivo disfacimento dell'istituzione familiare.
Il discorso non cambia di molto nel caso di trasferimento di intere famiglie. Lo scontro (perché di scontro si tratta) con una cultura diversa e con ritmi di vita assai più frenetici di quelli a cui si era abituati, non può portare all'integrazione, ma conduce all'autoisolamento ed alla frustrazione. Basta pensare a ciò che avviene nelle grandi metropoli statunitensi nelle quali, contrariamente alle favole narrate dalla propaganda, l'integrazione razziale è assai in là dall'essere conseguita. I vari gruppi tecnici che formano la nazione americana ancora oggi, dopo vari secoli di "convivenza" forzata, si dividono in quartieri ben precisi e dai confini attentamente circoscritti (Little Italy, Haarlem, Chinatown, etc.), dove non si fa che tentare di ricostruire ciò che si è lasciato in patria. Non sono rari i casi di cittadini "statunitensi" che dopo vari anni di permanenza nella loro nuova patria non parlano neanche l'inglese e si trovano a vivere isolati ai margini di quella assurda società-minestrone.È chiaro che problemi quali quelli che abbiamo ora sollevato, inerenti più allo spirito che alla condizione materiale, non vengono minimamente presi in considerazione dall'odierna cultura della "panciapiena".
L'immigrazione è una rovina per la nazione dalla quale partono gli emigrantiLe cause ultime del menomeno migratorio di questi anni sono rappresentate da fame, sottosviluppo e povertà. L'immigrazione è dunque una delle conseguenze dei suddetti mali, non certo la cura necessaria per essi. Scambiare il sintomo di una malattia per la sua cura significa rinunciare alla logica ed alla razionalità; ma ecco che tutto ciò che è evidente per qualsiasi mente dotata di media capacità viene stravolto, mentre falsi ragionamenti sono innalzati a dogma da mass-media e governanti.
L'immigrazione diventa la cura per la fame, il sottosviluppo e la miseria, il che equivarrebbe a dire che la febbre a quaranta (il sintomo) è la migliore cura per l'influenza.Lasciamo da parte le considerazioni logiche, visto che logica e razionalità sembrano far difetto a molti e scendiamo nei particolari. Vediamo quali variazioni, positive e negative, comporterebbe un vasto fenomeno di emigrazione in qualsiasi stato del terzo mondo. I vantaggi apparenti per il governo (sottolineiamo per il governo, non per il popolo) di quel Paese sono soprattutto tre:

1. calo del numero dei disoccupati;
2. maggior controllo dello Stato sulla vita dei cittadini, dato che l'emigrazione allontana un buon numero di potenziali scontenti e quindi di fomentatori di disordini;
3. entrata nell'economia nazionale delle rimesse degli emigranti, cioè quelle somme di denaro inviate alle famiglie dei lavoratori residenti all'estero. Il totale è rilevante, visto il costo della vita in occidente - molto più elevato - e calcolando inoltre il fatto che molti emigrati tendono a stabilirsi definitivamente nel Paese in cui risiedono.

1. Dal punto di vista politico, senza alcun dubbio, un popolo composto da donne, vecchi e bambini, con uomini pur miseramente occupati e sottopagati, è più facile da gestire da parte della classe dirigente, anche se tutto va a discapito del ricambio governativo e della tanto acclamata democrazia. Non si fa altro che rinforzare un regime dispotico prono agli interessi delle multinazionali (come è tipico di tanti paesi decolonizzati).
2. Dal punto di vista sociale la partenza dei più giovani e dei più capaci non fa che perpetuare la cristallizzazione e l'arretratezza di certe società tribali, con conseguenze disastrose per il futuro di quel popolo, ridotto a una sorta di primitiva attrazione turistica e condannato alla miseria perenne.
3. Dal punto di vista economico l'assenza di una classe imprenditoriale disposta ad investire e a crescere assieme al proprio Paese, producendo ricchezza e creando posti di lavoro, decreta l'inevitabile asservimento di quel popolo nei confronti delle multinazionali, che hanno tutto l'interesse ad ostacolare la nascita o la crescita di aziende e strutture economiche locali. L'immigrazione ha quindi il solo risultato di impoverire la nazione delle risorse umane indispensabili per l'avviamento di un graduale sviluppo industriale. Si ripete la situazione tipica dello sport in cui atleti africani conquistano medaglie per una bandiera diversa dalla loro.4. Dal punto di vista culturale è evidente che una nazione priva di giovani non potrebbe avviare il naturale e pur lento passaggio da una fase culturale ad un'altra. Se le scuole e le università restano deserte, possiamo essere certi che non si avrà mai nei paesi del terzo mondo l'indispensabile crescita intellettuale.L'immigrazione è una catastrofe per la nazione che la subisce
Valutiamo ora le conseguenze nel Paese che riceve il flusso migratorio, riferendoci particolarmente sulla realtà italiana, sia perché ci coinvolge maggiormente, sia perché presenta numerose analogie con le situazione degli altri paesi europei.?

Aspetto economico

È il punto che consideriamo meno importante, soprattutto perché a motivare il nostro rifiuto della società multirazziale non sono certo i meschini calcoli di una nazione ricca e industrializzata che teme di dover dividere la torta con nuovi invitati, ma ragioni ben più profonde.Ma, visto che ci siamo, parliamo di costi. Secondo molti esponenti del "buonismo" emergente, si tratterebbe di "sistemare" dignitosamente circa due milioni di extracomunitari regolari ed altrettanti clandestini. Sistemazione dignitosa vuol dire casa, lavoro, scuole ed assistenza sanitaria. Forse che lo Stato italiano può, ragionevolmente, affrontare una spesa simile? Tralasciamo le ulteriori obiezioni logiche, cioè se sia moralmente legittimo anteporre alle esigenze delle migliaia e migliaia di cittadini italiani senza casa, disoccupati, cassintegrati, pensionati e via dicendo le esigenze di persone appartenenti ad altri paesi. Non possiamo poi tacere i costi notevolissimi per il mantenimento dell'ordine pubblico, causati dalla presenza di centinaia di migliaia di extracomunitari che vivono ai margini della legalità, come dimostrano chiaramente i dati del Ministero degli Interni. Un ulteriore, conseguente problema è dato poi dall'affollamento delle carceri statali, già di per sé inadeguate alle necessità interne.Tali discorsi sembrano di bassa lega, ma bisogna tener ben presente che lo Stato, che gestisce il denaro pubblico, ne è depositario e non proprietario e deve quindi renderne conto ai cittadini. La beneficenza è una grande virtù, ma va fatta con i soldi propri e non con quelli degli altri.?

Aspetto sociale

L'arrivo massiccio di extracomunitari sta creando una serie di tumulti e sollevazioni da parte dei cittadini locali, di cui ogni giorno fanno testimonianza i giornali. In alcune zone la presenza degli immigrati ha addirittura creato vere e proprie aree "a rischio", quartieri nei quali è consigliabile non circolare. Inoltre, al di là dell'aspetto folkloristico dei vu' cumpra', i delinquenti extracomunitari operano sotto la protezione di potenti organizzazioni malavitose.Di fronte a questo stato di illegalità tollerata con condiscendenza dalle autorità, non ci si può stupire se il cittadino italiano, esasperato, finisce con il reagire. Infatti ogni consesso civile si basa sul rispetto di alcune norme che debbono essere universalmente accettate. Tali norme non nascono dal nulla, ma sono il risultato di una lunga evoluzione culturale e giuridica. Nel momento in cui corpi estranei ad una certa società, lontani da essi per cultura, civiltà e tradizione, portatori anch'essi di una mentalità giuridica specifica, si vengono a scontrare con una realtà dissimile, inevitabilmente si crea uno stato di tensione sociale inaccettabile che può portare allo smembramento dello stesso Stato.Sperare che popoli e culture diverse tra loro possano integrarsi al tocco di una bacchetta magica è pura e semplice follia. Follia omicida per di più, perché la storia ci dimostra (ex Jugoslavia, Ruanda, Los Angeles, Sri Lanka, etc.) quanto sia pericoloso giocare con le differenze etniche. Gli ammiratori della società multirazziale sono solo sognatori incoscenti se non criminali, che rifiutano il mondo per quello che è effettivamente, creandosene uno di fantasia che non ha nulla a che fare con la realtà.?

Impoverimento culturale

I boxer cinesi che si batterono contro la penetrazione degli occidentali nel loro Paese, non fecero che difendere la propria cultura e indipendenza. Così è oggi per i nazionalisti italiani: dimostrare quanto l'immigrazione sia una catastrofe per la cultura occidentale è fin troppo facile: basta riflettere sulla influenza negativa che la pseudo-cultura americana ha prodotto nel nostro Paese per comprendere cosa sia la colonizzazione culturale. Tradizioni secolari scomparse o messe alla berlina; depauperamento del nostro patrimonio linguistico, americanizzazione galoppante di costumi e abitudini propagandata da cinema e televisione.Ma tutto ciò è paragonabile ad un granello di sabbia nel deserto se contrapposto alle conseguenze gravissime di una immigrazione incontrollata in Italia da parte di extracomunitari africani e asiatici.Valutando il calo delle nascite che affligge la popolazione italiana e paragonandolo alla fertilità tradizionale dei popoli arabi, africani ed asiatici, nell'arco di pochi decenni ci troveremo con una popolazione italiana ridotta ad essere minoranza in casa propria. Difficilmente i nuovi dominatori prenderanno a cuore l'estinzione della nostra etnia come facciamo noi oggi per gli indios dell'Amazzonia.Alcuni folli, sapientemente manovrati da organizzazioni internazionale con idee molto chiare, pretenderebbero addirittura di mescolare la tradizione cattolica, sharia musulmana, animismo tribale e filosofie orientali in un grande cocktail multiculturale che produrrebbe l'avvento di un paradiso terrestre chiamato new age. In realtà da questo melting pot esplosivo dal punto di vista sociale uscirebbero sconfitte proprio le culture e tradizioni dei singoli popoli, edulcorate e contaminate da influenze tra le più disparate.Qui dobbiamo metterci d'accordo su un punto ben preciso: se riteniamo che la varietà delle culture sia un bene oppure un male. Se pensiamo che la ricchezza dell'umanità sia composta dal patrimonio culturale di ogni singolo popolo, non possiamo accettare l'avvento di una società multirazziale, che per sua natura è livellatrice e massificante.Se al contrario ci attira la prospettiva orwelliana di un mondo riunito sotto il potere di un Grande Fratello, allora dobbiamo abbattere le barriere culturali e linguistiche che si oppongono a tale progetto di dittatura universale.Per quanto ci riguarda, il nostro compito, oggi come sempre, è quello di lottare per la vera libertà che non è quella introdotta dalla rivoluzione francese né quella imposta dai liberatori dopo il 1945. Nonostante tutto continuiamo a ritenere che in Egitto debbano vivere Egiziani, in Cambogia Cambogiani, in Italia Italiani. Il nostro nazionalismo non si esaurisce nella difesa della nostra indipendenza, ma assume un rilievo ben più ampio in quanto difesa di tutte le etnie minacciate dal mondialismo massonico.

A CHI GIOVA L'IMMIGRAZIONE

Dietro il dramma umano di milioni di persone si celano enormi interessi di carattere politico ed economico. Senza dubbio l'immigrazione rientra in un piano molto articolato gestito, come detto, dalle centrali mondialiste. Abbattute le barriere linguistiche e culturali, mescolati i popoli fino a far loro perdere le caratteristiche etniche, ecco che si è creato il perfetto apolide, un individuo reso pura materia, semplice manovalanza da spostare e trasferire qua e là come una pedina sulla scacchiera.Un mondo senza confini, e quindi senza Stati autonomi, diventerebbe facile preda della grande finanza e non è una forzatura prevedere un totale tracollo della civiltà occidentale.Scendendo nel dettaglio della situazione italiana, l'immigrazione giova all'industria, che si procura in questo modo manodopera a buon mercato e senza pretese, sottopagata e "in nero", da utilizzare anche per tenere freno le legittime richieste del lavoratore italiano.
L'immigrazione giova ai partiti di sinistra, che vedono le loro sezioni vuotarsi di iscritti e militanti. La proposta dell'Ulivo di concedere agli immigrati il diritto di voto è una dimostrazione lampante di quanto interessato e falsamente caritatevole sia l'aiuto offerto dagli ex comunisti agli extracomunitari.L'immigrazione giova ad una certa parte della Chiesa cattolica, che ha necessità di colmare i vuoti aperti dalla crisi delle vocazioni che la affligge ormai dagli anni '60. La strategia di questa corrente modernista, attualmente maggioritaria nella gerarchia ecclesiastica, si evidenzia con l'utilizzo di strutture quali la Caritas, che appoggiano apertamente l'immigrazione e fanno dell'ecumenismo un cavallo di battaglia. Questo si inquadra nella politica intrapresa a partire dal Concilio Vaticano II, con la quale si sta trasformando la Chiesa di Roma in una sorta di nuovo "esercito della salvezza", preoccupato più della cura delle condizioni materiali dell'uomo che della sua vita spirituale.

Il tutto incurante del tradizionale insegnamento della Chiesa per il quale Dio ha dato ad ogni popolo un territorio ed ogni mescolanza culturale e religiosa è da considerare imprudente se non addirittura inaccettabile.E per concludere, l'immigrazione giova a quegli amministratori corrotti che, legati a doppio filo ad intrallazzatori e profittatori, riescono lucrare sulle disgrazie altrui: campi di sosta per nomadi che costano miliardi, autostrade costruite nei deserti africani, organizzazioni fantomatiche che gestiscono miliardi di denaro pubblico.
L'immigrazione si rivela così un ottimo affare.

SIAMO RAZZISTI?

La recente riesumazione del termine razzista ed il suo uso indiscriminato, rivolto come una condanna di infamia contro chiunque osi criticare la società multirazziale, rientra in una strategia ben mirata: si vuole eliminare alla radice qualsiasi forma di dissenso. Se non si approva l'immigrazione senza neanche esaminare le motivazioni addotte, si viene immediatamente esclusi dalla cosiddetta "società civile" ed additati al pubblico ludibrio. Per questo si deve stare attenti, senza mai reagire instintivamente alle provocazioni del sistema e alle sue strumentalizzazioni, rischiando così di essere manovrati dall'esterno.Noi siamo fermamente contrari all'immigrazione come fenomeno, ma la nostra lotta non è rivolta verso il singolo extracomunitario. I veri nemici della nostra civiltà non sono quelli che ci importunano ai semafori per lavare i vetri dell'automobile, ma stanno comodamente seduti in poltrona, portano la cravatta hanno la pelle del nostro stesso colore e si compiacciono di questa corsa verso il caos.Noi crediamo che tutti i popoli debbano seguire una propria via verso lo sviluppo economico, uno sviluppo separato che proceda in forma graduale e mantenga inalterate tradizioni e costumi delle diverse nazioni.
Sarebbe impensabile e delittuoso, nonché controproducente, voler imporre a tutti gli Stati della terra gli stessi ritmi di sviluppo, senza tener conto dello stato reale delle rispettive condizioni interne.Obbligando le nazioni meno industrializzate a seguire le abitudini del Nord del mondo, il grande capitale imporrebbe il suo potere senza dover ricorrere alle truppe di occupazione, sostituendole con un esercito di colletti bianchi. Noi oggi dobbiamo essere al fianco di tutti quei popoli che rifiutano la società multirazziale e che vogliono restare i padroni in casa propria. Il diverso colore della pelle sta a significare che, fortunatemente, sulla terra non siamo tutti uguali e che ogni popolo ha diritto alla sua diversità, che non comporta sottosviluppo e miseria, ma significa ricchezza spirituale e libertà.Chiamiamole razze, stirpi od etnie, la sostanza è la stessa. Che le razze esistano non è una opinione soggettiva, ma un dato di fatto visibile ad occhio nudo. Ovviamente la società attuale, massificante e comunista, non vuole accettare questa realtà inconfutabile.

LA NOSTRA PROPOSTA

È importante essere chiari: non ci sono varie soluzioni al fenomeno dell'immigrazione, né ci deve essere spazio per il soggettivismo od il sentimentalismo spicciolo. Alcune prese di posizione, secondo le quali si potrebbe utilizzare l'elemento islamico presente in Italia in funzione antimondialista, comportano rischi che non si possono correre: ciò significherebbe infatti consegnarci all'Islam con le mani ed i piedi legati.C'è un'unica via da percorrere: il rimpatrio.

Gli emigrati entrati nel nostro Paese devono essere rimpatriati ai luoghi di provenienza.

Questo rimpatrio deve essere gestito in maniera umana, dando agli interessati il tempo necessario per preparare la propria partenza, ma esso deve rispettare termini temporali prefissati e, soprattutto, inderogabili.
Ogni altra soluzione si risolverebbe in semplici palliativi temporanei. Va peraltro preparata una legislazione per i rifugiati politici, la cui situazione deve essere però attentamente vagliata.D'altro canto, al rimpatrio degli emigrati va fatta seguire una concreta politica di aiuti al terzo mondo, evitando in particolar modo di consegnare ingenti somme di denaro pubblico ad organismi internazionali di dubbia reputazione e controllando direttamente i risultati prodotti dagli stanziamenti effettuati.
Se siamo convinti della necessità di difendere e perpetuare il pluralismo etnico e culturale, minacciato oggi dal progetto mondialista di società multirazziale, dobbiamo essere decisi a guardare il problema nella sua interezza, senza soffermarci alla superficie ma affondando il bisturi nella ferita ed estirpando il male alla radice.Farsi vincere dal facile pietismo e dal falso ed ipocrita umanitarismo equivarrebbe a decretare la condanna a morte dei popoli e della civiltà.

La vergogna dell'usura

Recenti, tristi episodi di cronaca riferiti dalla stampa hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica il dramma dell'usura. I commenti degli editorialisti si sono caratterizzati per superficialità, sentimentalismo e scandalismo; il problema è rimasto all'ordine del giorno per alcune settimane, sono state prospettate false soluzioni, la gente ha creduto che qualcosa sarebbe stato fatto ma tutto è rimasto come prima.
Col presente documento vogliamo dare un'idea precisa di che cosa sia l'usura; conoscendo questo male sapremo come combatterlo e come rigenerare i tessuti della società dove ha seminato morte e povertà.

Usualmente è considerata come la "pratica di prestare denaro a un interesse esorbitante, specialmente a un tasso maggiore di quello legale": questo è il significato che ne dà non soltanto l'uomo della strada, ma anche il dizionario della lingua italiana. Non è chiaro se il dizionario rifletta la convinzione dell'uomo comune, o se non sia piuttosto quest'ultimo a farsi eco di ciò che ha imparato dal dizionario.È comunque evidente e indiscutibile che sono entrambi in errore. E non per qualche aspetto di poco conto, ma in una questione della massima importanza, che, lo si voglia o no, avrà un ruolo decisivo nel decidere se la nostra civiltà sia destinata a sopravvivere ancora per molto.
L'affermazione è grave ma necessaria, se si vuole che la nostra gente si renda finalmente conto che l'usura non è un argomento da abbandonare unicamente agli studiosi di storia medievale o ai filosofi, o ai teologi, ma è un tema che ognuno, secondo le proprie capacità, dovrebbe analizzare. La si può ignorare, certo, se lo si desidera, come si può ignorare il progredire, nel proprio corpo, di una cancrena mortale. Ma l'ignoranza, vera o supposta, non ci salverà da esiti mortali.L'usura infatti, al pari del cancro, uccide. Ma mentre il cancro uccide l'individuo, l'usura uccide ogni articolazione e ogni componente del tessuto sociale, fino all'ultimo degli sventurati individui che lo costituiscono.

COS'È L'USURA

Occorre anzitutto capire una cosa: l'usura non ha assolutamente nulla a che fare col tasso d'interesse, alto o basso che sia. Si puo'avere un tasso d'interesse del 100% (e tutti converranno che è un tasso esorbitante), senza per ciò cadere nell'usura. Mentre si può avere un tasso d'interesse dello 0,5% (e tutti converranno che è molto basso) e si avrebbe usura che nel Medioevo e fino al diciottesimo secolo era passibile di prigione per mano dei tribunali civili.Ciò sembrerà paradossale solo se non ci si rende conto che usura significa qualunque interesse ottenuto su un prestito che non sia produttivo. Vale a dire che un prestito a interesse, per non essere usuraio, è il prestito destinato a generare nuova ricchezza, deve essere impiegato in un reale investimento, condividendone i rischi: dalla nuova ricchezza colui che ha prestato il denaro potrà ottenere una percentuale, il proprio profitto. Solo questo è giusto e onesto.Ma se il denaro è usato in modo tale da non generare nuova ricchezza, e nondimeno porta l'onere di un interesse (non importa se alto o basso), è usura.Vediamo cosa ciò significhi nel contesto d'oggi.

Che dire di tutti quei meravigliosi regali che avete comprato per i bambini con la carta di credito su cui pagate il 23,6% di tasso percentuale annualizzato? Pura e semplice usura!E che dire della casa di quattro stanze da letto più servizi che pagherete in 25 anni con "un nuovo, eccitante pacchetto di tassi di interesse garantito per 3 anni" finanziato da qualche Goldmann Finanziaria? Pura e semplice usura!Scioccati? Pensate a questo.
Si è calcolato che ancora nel 1989 ogni cittadino CEE spendeva mediamente quasi l'80% delle proprie entrate, direttamente o indirettamente, in pagamenti usurai: ipoteche, acquisti rateali, carte di credito e così via.In altre parole, la nostra società, tutto il nostro mondo,è preda di un male che è stato condannato fin dai tempi più remoti; e lo è in una forma così raffinata che la maggior parte della gente neppure se ne rende conto.Essere contro l'usura significa allora non poter possedere una casa, o non poter comprare giocattoli, o non poter andare in vacanza, o non poter fare nessuna delle tante cose che tutti regolarmente fanno?Niente affatto. È vero piuttosto il contrario.

È proprio in un sistema libero dall'usura che la prosperità cresce e si diffonde a beneficio di tutti (eccetto i banchieri, gli speculatori di borsa, gli strozzini, gli imbroglioni).In altre parole, in una società libera dall'usura il 99% della popolazione guadagna invece di quell'1% che sfrutta parassitariamente; mentre in una società come l'attuale (dominata dall'usura) la gente lavora per accrescere i profitti di quello stesso 1% di parassiti e patisce ogni sorta di privazioni per sopravvivere.Continuamente si sentono i governanti parlare della necessità di "pareggiare il bilancio", o affermare che "la nazione non può permettersi" questo o quello, o che occorre "razionalizzare i servizi", ossia ridurli, "allo scopo di raddrizzare gli squilibri del debito pubblico".Ma cos'è questo debito pubblico, di cui si sente sempre parlare e di cui si sa tanto poco?

Non vi è mai capitato, leggendo la storia, di trovare tempi e luoghi in cui era insolito avere un debito pubblico?Sapevate, per esempio, che dal 1931 al 1974 il Portogallo non aveva nessun debito pubblico, perché tra quelle due date esso aveva adottato un sistema libero dall'usura?
Il debito pubblico è per lo più (fino al 90% ed oltre) debito statale accumulatosi nel corso dei secoli a causa dell'usura. Prendiamo ad esempio i debiti bellici contratti dal governo inglese durante la prima guerra mondiale per finanziare quelle corazzate che poi furono perse durante la battaglia delle Jutland nel 1916. Ebbene, a quasi 80 anni di distanza l'Inghilterra sta ancora pagando gli interessi ai banchieri ebrei che hanno fornito il "denaro".E che dire del fatto che, tramite le tasse, tutto il popolo inglese sta ancora pagando alla famiglia Rothschild gli interessi su un prestito di alcune migliaia di sterline fatto allo stato per finanziare qualche guerra dinastica combattuta all'inizio del diciottesimo secolo? Oppure pensiamo a tutte le rimostranze dell'ACI, durante gli anni '80, perché il denaro del bollo di circolazione non veniva speso per la manutenzione stradale, come ci si sarebbe aspettati che fosse, ma per contribuire a pagare gli interessi sul debito pubblico.
Perciò, se vi siete mai chiesti perché le strade peggiorino, perché gli stipendi si riducano in termini di potere d'acquisto, perché le tasse dirette e indirette prendano sempre più denaro dalle nostre tasche, perché non sia disponibile nessun capitale di investimento per le piccole e medie imprese, e tanti altri perché, non cercate troppo lontano: la risposta stà quì, nella realtà dell'usura.E come mai nessun esponente politico, nessun giornalista impegnato e nessun personaggio pubblico "interessato alla verità" è disposto a dire una parola? È ovvio: perché sanno bene che ciò significherebbe la fine della loro carriera.Perché? Perché una volta afferrata l'essenza dell'usura - essenza costituita dalla creazione di denaro e ricchezza dal nulla, senza sforzo produttivo - e che sia compreso come essa operi in tutto il mondo attuale, si capisce che le fasi di espansione e depressione, di inflazione e deflazione, non sono eventi imprevedibili o opera del destino, bensì eventi che possono essere scientificamente previsti o anche deliberatamente voluti, preparati e portati a compimento per decisione dei grandi gruppi finanziari.Queste non sono opinioni, ma fatti.

Se leggiamo, per esempio, lo studio di Arthur Field sulla grande depressione del 1929, ci potremmo chiedere quanti eventi economici "inaspettati" si conoscano, che, come lo fu la crisi del 1929, siano stati previsti con anni di anticipo e spiegati nelle loro modalità, e dei quali siano stai indicati i parassiti artefici e gli esiti distruttivi. Tutto questo, infatti, è documentato negli archivi del governo degli Stati Uniti. Ma chi ne è a conoscenza? E perché nessuno ne parla? È molto semplice: per paura. Si, la verità è nota. Ma chi vorrà essere il Davide che, fionda alla mano, colpirà quel Golia che l'usura è diventata?Dovremo forse aspettare che Golia finisca col cadere schiacciato dal suo stesso peso, divenuto eccessivo? In tal caso dovremo di nuovo ricomporre i brandelli e i tessuti della società, ma soltanto dopo tutto il dolore e tutta la sofferenza, la miseria, l'abiezione e la morte che Golia avrà già causato. E non è detto che il ricomporre sia agevole.
Stiamo forse esagerando? Forse i dati disponibili rivelerebbero una realtà diversa? Vediamo allora le cifre.Nel 1980, secondo il premio Nobel per l'economia Maurice Allais, il mercato delle valute rappresentava un volume di 94 miliardi di dollari. Mercato delle valute significa, in parole povere, denaro che crea denaro, speculazione finanziaria, usura. Nel 1986 la cifra era salita a 193 miliardi di dollari: in soli sei anni, quindi, era più che raddoppiata. Nel 1989, dopo altri tre anni, la cifra è salita a 420 miliardi di dollari.In altre parole, in soli 9 anni il mercato monetario, cioè il fulcro dell'usura internazionale, è cresciuto di ben oltre il 400%.
È anche da notare che l'incremento della speculazione è in costante e sempre più rapida accelerazione. Tra il 1980 e il 1986 è cresciuto di circa il 100%. Nei quattro anni successivi, dal 1986 al 1989, è cresciuto di oltre il 200%.Eppure, se osserviamo l'andamento degli scambi internazionali (ossia la distribuzione e lo scambio di beni reali e servizi), constatiamo che durante lo stesso periodo complessivo di nove anni il suo volume è salito da 7,6 miliardi di dollari a soli 12,4 miliardi. Non è neppure raddoppiato dunque.È da notare inoltre che, mentre nel 1980 il volume degli scambi rappresentava il 9% del volume dell'usura, nel 1989 tale rapporto percentuale era caduto a circa il 3%.L'usura, quindi, cresce sia in volume sia in proporzione rispetto agli scambi reali.

La spiegazione è semplice. Infatti, perché mai preoccuparsi di cercare una buona idea, di pianificarne e verificarne l'attuazione, di realizzare una produzione, commercializzarla, trasportarla e venderla, quando si possono incassare somme enormi, oltre i sogni più rosei, semplicemente standosene seduti all'elaboratore e praticando quella specie di gioco d'azzardo che è noto come borsa valori? Di chi è dunque la responsabilità? Dei governi? Indirettamente si, perché la politica finanziaria di un paese dovrebbe essere di competenza governativa, mentre in realtà non è così, nonostante le apparenze. Infatti la Banca d'Inghilterra, la Bundesbank, la US Federal Reserve, la Banca d'Italia non sono più sotto il controllo dei rispettivi governi.Le prove? Eccovi tre esempi.



2. Che dire allora di questo? Lawrence Murdoch jr. nel volume I cappelli indossati dalla Federal Reserve, scrive: "Il congresso americano istituì la Federal Reserve nel 1913. Ma il congresso non la controlla, e neppure il presidente degli Stati Uniti". Ma se non la controllano né il congresso né il presidente, chi la controlla?
3. Infine, quando recentemente la banca d'Italia alzò dello 0,5% il tasso d'interesse, l'allora capo del governo Silvio Berlusconi andò in televisione a dire alla gente che quell'aumento del tasso di interesse era avvenuto contro il parere del governo e che la Banca d'Italia faceva il proprio interesse e non quello della nazione. Ma se la Banca d'Italia non è controllata dal capo del governo, chi la controlla? Chi controlla le banche controlla il mondo. Ma chi controlla le banche centrali? Sono privati cittadini che possono decidere di creare denaro a seconda che lo ritengano opportuno o meno, seguendo i propri programmi politico-economici e senza preoccuparsi minimamente degli interessi della società nel suo insieme.Immaginate che qualcuno si metta a stampare moneta a casa propria. Dovrebbe immediatamente rispondere dell'accusa di essere un falsario. Eppure il principio è lo stesso, solo che, non avendo poteri speciali, il falsario è esposto ai rigori della legge; i banchieri, invece, si nascondono dietro leggi che essi stessi hanno provveduto a far approvare per autotutelarsi.

LE SOLUZIONI

Avendo oramai una idea più chiara di cosa è l'usura ci possiamo porre il problema delle possibili soluzioni.
La soluzione legislativa è la più ovvia e semplice: dichiarare immediatamente decaduti e non risquotibili tutti i debiti usurai contratti nel passato e punire con pene fortissime tutte le forme di usura.È comunque che nessun governo attuale (vista la totale dipendenza dalle forze finanziarie e sioniste) adotterà mai tali provvedimenti contro l'usura. Si impone quindi, a chi abbia a cuore il benessere della nazione e dei cittadini, l'elaborazione di soluzioni tali da limitare il danno prodotto dall'usura, nonostante e contro l'azione governativa. Tale azione purificherà lentamente l'intera compagine sociale. Famiglia dopo famiglia, impresa dopo impresa, rigenerando naturalmente il popolo.Obolo contro l'usura

Si potrebbe prospettare, vista la estrema sensibilità della Chiesa Cattolica verso il problema dell'usura, l'istituzione temporanea di un obolo che i fedeli donino durante la Messa; i proventi di tale raccolta dovrebbero andare ad un sistema di prestiti per i bisognosi libero da usura.Dal pulpito, e a più riprese, dovrebbe essere spiegata non solo la gravissima natura peccaminosa dell'usura, ma anche la necessità sociale di curarla; infatti, come abbiamo visto, sono dovuti soprattutto all'usura la continua crescita dei prezzi e molti altri mali, non esclusa la disoccupazione.Fondi di risparmio
Il sistema bancario va rapidamente demolito e sostituito da un sistema di casse di risparmio animato da uno spirito di solidarietà comunitaria e, allo stesso tempo, di creazione di sana ricchezza. La cassa di risparmio presterà all'associato il denaro necessario all'acquisto della casa senza interesse alcuno e con la sola aggiunta delle spese amministrative. La cassa di risparmio presterà all'associato il denaro necessario all'avviamento di attività commerciali o artigiane (esercitando un controllo preventivo sulla realizzabilità del progetto) ottendone un interesse solo in caso l'attività commerciale o artigiana abbia fatto profitto.Le casse di risparmio, in quanto proprietà delle associazioni corporative, sono sottratte al controllo dei privati.Il fondo monetario internazionaleUn intero documento a parte sarebbe necessario per esaminare il gravissimo danno causato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) al benessere e alle libertà dei popoli. Il FMI ha la capacità di creare denaro dal nulla; questo istituto usufruisce, infatti, della totale libertà di emissione di credito senza possedere nelle proprie casse alcun corrispondente valore reale in valuta o in materie prime. In pratica è come se una enorme banda di falsari avesse licenza di stampare banconote a iosa senza nessun freno. Questo meccanismo truffaldino, oltre a creare una onnipotente oligarchia senza volto e senza patria, priva totalmente le nazioni indebitate della libertà politica. Infatti è l'FMI, e non più il governo, a decidere natura ed entità della legge finanziaria, a imporre licenziamenti e ristrutturazioni industriali, a ordinare privatizzazioni e tagli dei servizi.Degno di nota è anche il fatto che tutti i dipendenti del FMI godono di status e immunità diplomatica, fatto questo che gli permette di agire al di sopra della legge e in totale impunità.
Il FMI (come la massoneria e l'Onu) è una delle strutture di controllo usate dal nemico sionista per dominare e affamare il mondo.