FEDERALISMO
DOSSIER
La proposta di legge costituzionale del PRC
Interventi dei deputati e dei senatori di Rifondazione Comunista
Testo approvato definitivamente al Senato
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 6327 |
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
BERTINOTTI, NARDINI, GIORDANO, CANGEMI, DE CESARIS,
BONATO, BOGHETTA, LENTI, MALENTACCHI, MANTOVANI, EDO ROSSI,
VALPIANA, VENDOLA
Riforma dell'ordinamento regionale della Repubblica
Presentata
il
9
settembre
1999
PROGETTO DI LEGGE - N. 6327
Art. 1.
1.
L'articolo
114
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
114
-
La
Repubblica
italiana
è
costituita
da
Comuni,
Province,
città
metropolitane
e
Regioni".
Art. 2.
1.
L'articolo
115
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
115
-
Le
Regioni,
le
città
metropolitane,
le
Province
e
i
Comuni
sono
enti
autonomi
ed
esercitano
i
propri
poteri
e
le
proprie
funzioni
secondo
i
princìpi
fissati
dalla
Costituzione
nonché
dalle
leggi
dello
Stato".
Art. 3.
1.
L'articolo
117
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
117
-
La
potestà
legislativa
è
ripartita
tra
lo
Stato
e
le
Regioni,
nel
rispetto
dei
vincoli
derivanti
dall'ordinamento
comunitario
e
dagli
obblighi
internazionali.
E'
di
esclusiva
competenza
dello
Stato
la
potestà
legislativa
in
merito
a:
a)
diritti
e
doveri
dei
cittadini
previsti
dai
titoli
I,
II,
III
e
IV
della
parte
I
della
Costituzione;
b)
formazione,
ordinamento
ed
attribuzioni
degli
organi
costituzionali
e
degli
organi,
uffici
ed
enti
dipendenti
dallo
Stato;
c)
cittadinanza,
libertà
di
circolazione,
passaporti,
immigrazione
ed
emigrazione,
estradizione;
d)
politica
estera,
commercio
con
l'estero,
relazioni
internazionali
e
con
l'Unione
europea,
fermo
restando
quanto
stabilito
nell'articolo
118;
e)
rapporti
tra
Stato
e
confessioni
religiose;
f)
difesa
nazionale;
g)
sicurezza
pubblica;
h)
ordinamento
giuridico,
ordinamento
della
giustizia
civile,
penale,
amministrativa,
tributaria
e
contabile;
ordinamento
civile
e
penale;
ordinamento
delle
libere
professioni;
i)
contabilità
dello
Stato
e
tributi
statali;
l)
ordinamento
bancario,
sistema
valutario
e
monetario,
pesi
e
misure,
determinazione
dell'ora
legale;
m)
programmazione
economica
nazionale;
n)
politiche
industriali,
produzione,
trasporto
e
distribuzione
nazionale
dell'energia;
o)
lavori
pubblici,
protezione
civile,
trasporti
e
comunicazioni
di
interesse
nazionale;
p)
beni
culturali
e
paesistici
di
interesse
nazionale,
parchi
nazionali;
q)
ricerca
scientifica
e
tecnologica,
tutela
della
proprietà
letteraria,
artistica
ed
intellettuale;
r)
previdenza
sociale,
tutela
e
sicurezza
del
lavoro;
s)
legislazione
elettorale,
organi
di
governo
e
condizioni
di
esercizio
dei
diritti
politici;
t)
dogane,
protezione
dei
confini
nazionali
e
profilassi
internazionale;
u)
calamità
naturali,
condizioni
essenziali
dell'igiene
pubblica
e
tutela
del
territorio;
v)
istruzione
pubblica
di
ogni
ordine
e
grado
e
università;
z)
tutela
della
salute
e
assistenza
sanitaria.
Le
Regioni
hanno
potestà
legislativa
in
ogni
altra
materia,
ad
eccezione
di
quelle
attribuite
allo
Stato
da
altre
disposizioni
della
Costituzione
e
da
altre
leggi
costituzionali.
Lo
Stato,
nelle
materie
di
competenza
delle
Regioni,
può
fissare,
con
leggi
organiche,
esclusivamente
princìpi
fondamentali
che
attengono
ad
esigenze
di
carattere
unitario.
Le
leggi
organiche
vincolano
le
Regioni
e
non
hanno
come
destinatari
i
cittadini.
Nell'emanazione
di
leggi
di
competenza
regionale
inerenti
funzioni
e
aspetti
di
carattere
sociale,
le
Regioni
garantiscono
a
ciascun
cittadino
le
prestazioni
previste
dalle
leggi
della
Repubblica.
Con
legge
dello
Stato
sono
previste
le
procedure
per
l'esercizio
dei
poteri
sostitutivi
in
caso
di
inadempienza
della
Regione.
Con
legge
statale
è
disciplinata
la
partecipazione
dei
rappresentanti
delle
Regioni
alla
formazione
e
approvazione
delle
leggi
organiche".
Art. 4.
1.
L'articolo
118
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
118
-
Non
possono
essere
istituiti
dazi
di
importazione
o
esportazione
e
transito
tra
le
Regioni,
né
adottati
provvedimenti
tendenti
a
limitare
e
ostacolare
in
qualsiasi
modo
la
libera
circolazione
di
persone
e
cose
tra
le
Regioni,
né
l'esercizio
del
diritto
al
lavoro
in
qualunque
parte
del
territorio
nazionale".
Art. 5.
1.
L'articolo
119
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
119
-
Le
Regioni
hanno
autonomia
finanziaria
nelle
forme
e
nei
limiti
stabiliti
da
legge
organica
dello
Stato.
Nel
rispetto
dei
princìpi
fondamentali
stabiliti
dalla
legge
organica,
nelle
materie
di
competenza
legislativa
regionale
e
nelle
altre
materie
indicate
dalla
legge
stessa,
le
Regioni
hanno
potestà
impositiva
e
possono
istituire
tributi
propri
e
addizionali
ai
tributi
erariali.
Alle
Regioni
sono
attribuite
quote
di
tributi
erariali
secondo
i
criteri
stabiliti
con
legge
statale
che
disciplina
l'ordinamento
generale
del
sistema
tributario
in
relazione
alle
fonti
di
produzione
del
reddito.
Ai
Comuni,
alle
città
metropolitane
e
alle
Province
sono
attribuite
quote
di
tributi
spettanti
alle
Regioni
in
ragione
della
capacità
contributiva
degli
abitanti.
Lo
Stato,
allo
scopo
di
garantire
e
promuovere
lo
sviluppo
economico,
la
coesione
sociale
e
il
riequilibrio
nazionale,
destina
ulteriori
trasferimenti
e
risorse
aggiuntive
a
favore
di
determinate
Regioni,
Province,
città
metropolitane
e
Comuni.
Per
provvedere
a
scopi
determinati
e,
particolarmente,
per
valorizzare
le
aree
depresse,
lo
Stato
può
disporre
finanziamenti
aggiuntivi,
d'intesa
con
le
Regioni
interessate.
Le
leggi
dello
Stato
che
comportino
nuovi
oneri
per
le
Regioni
devono
provvedere
all'adeguamento
delle
entrate
di
detti
enti.
Le
Regioni,
le
Province,
le
città
metropolitane
ed
i
Comuni
hanno
un
proprio
demanio
e
un
proprio
patrimonio".
Art. 6.
1.
L'articolo
123
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
123
-
Ogni
Regione
ha
uno
statuto
che,
in
armonia
con
la
Costituzione,
detta
le
norme
fondamentali
relative
all'organizzazione
della
Regione.
Esso
determina
in
particolare:
a)
princìpi
relativi
al
funzionamento
e
all'attribuzione
degli
organi
di
governo
regionale;
b)
ordinamento
degli
uffici
e
dei
servizi
pubblici
regionali;
c)
diritto
di
iniziativa
relativa
alle
proposte
di
legge
e
di
provvedimenti
regionali;
d)
modalità
della
partecipazione
popolare;
e)
procedimento
di
formazione
delle
leggi
e
dei
regolamenti
regionali;
f)
richieste
di
referendum;
g)
controllo
sull'amministrazione
regionale.
Lo
statuto
è
deliberato
dal
Consiglio
regionale
con
la
maggioranza
assoluta
dei
suoi
componenti
ed
è
approvato
con
legge
organica
dello
Stato".
Art. 7.
1.
L'articolo
124
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
124
-
Il
commissario
del
Governo
è
nominato
dal
Consiglio
dei
ministri,
previo
parere
della
Conferenza
permanente
per
i
rapporti
tra
lo
Stato,
le
Regioni
e
le
Province
autonome
di
Trento
e
di
Bolzano,
e
provvede,
presso
ciascuna
Regione,
ad
assicurare
il
coordinamento
dell'amministrazione
statale
con
l'amministrazione
regionale
e
locale.
In
particolare,
provvede:
a)
all'indirizzo,
al
coordinamento
e
alla
vigilanza
sul
finanziamento
e
sull'attività
degli
organi
periferici
dello
Stato;
b)
a
formulare
proposte
ed
esprimere
pareri
in
ordine
alle
attività
svolte
sul
territorio
regionale
da
enti
pubblici
nazionali,
aziende
e
amministrazioni
autonome
dello
Stato;
c)
a
proporre,
d'intesa
con
il
Presidente
della
Regione,
nei
casi
di
competenza
primaria
dello
Stato,
accordi
di
programma
per
la
definizione
e
attuazione
di
interventi
nella
Regione
che
richiedano
il
concorso
di
più
amministrazioni
pubbliche.
In
caso
di
assoluto
contrasto
tra
l'indirizzo
delle
amministrazioni
centrali,
compresi
gli
enti
nazionali,
e
gli
indirizzi
espressi
a
livello
regionale,
il
commissario
del
Governo
può
sospenderne
l'attuazione
fino
alla
determinazione
definitiva
del
Consiglio
dei
ministri,
sentita
la
Conferenza
permanente
per
i
rapporti
tra
lo
Stato,
le
Regioni
e
le
Province
autonome
di
Trento
e
di
Bolzano".
Art. 8.
1.
L'articolo
126
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
126
-
Il
Consiglio
regionale
può
essere
sciolto
quando
compie
atti
contrari
alla
Costituzione
o
gravi
violazioni
di
legge,
o
non
corrisponde
all'invito
del
Governo
di
sostituire
la
Giunta
e
il
Presidente
che
abbiano
compiuto
analoghi
atti
o
violazioni.
Il
Consiglio
regionale
è
altresì
sciolto
quando,
a
seguito
di
dimissioni,
non
sia
più
in
grado
di
funzionare,
ovvero
quando
non
sia
in
grado
di
eleggere
il
Presidente
e
la
Giunta
entro
sessanta
giorni
dalla
proclamazione
degli
eletti
o
entro
quarantacinque
giorni
dalle
dimissioni
della
Giunta
o
dalla
presentazione
di
mozione
di
sfiducia
non
respinta
dalla
maggioranza
assoluta
dei
consiglieri
regionali
aventi
diritto.
Può
essere,
altresì,
sciolto
per
ragioni
di
sicurezza
nazionale.
Lo
scioglimento
è
disposto
con
decreto
motivato
del
Presidente
della
Repubblica,
sentita
la
Conferenza
permanente
per
i
rapporti
tra
lo
Stato,
le
Regioni
e
le
Province
autonome
di
Trento
e
di
Bolzano.
Con
il
decreto
di
scioglimento
è
nominata
una
commissione
di
tre
cittadini
eleggibili
al
Consiglio
regionale,
che
indice
le
elezioni
entro
tre
mesi
e
provvede
all'ordinaria
amministrazione
di
competenza
della
Giunta
e
agli
atti
improrogabili
da
sottoporre
alla
ratifica
del
nuovo
Consiglio".
Art. 9.
1.
L'articolo
128
della
Costituzione
è
sostituito
dal
seguente:
"Art.
128
-
Le
Regioni
informano
la
propria
attività
al
principio
di
collaborazione
e
di
consultazione
permanente
con
le
Province,
le
città
metropolitane
e
i
Comuni
anche
mediante
l'istituzione
di
specifici
organismi
previsti
nello
statuto
regionale".
CAMERA
DEI
DEPUTATI
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Discussione generale
Seduta del 12 novembre 1999
On. Giorgio Malentacchi
Signor
Presidente,
signor
ministro,
onorevoli
colleghi,
parlare
di
federalismo,
di
Stato
federale,
così
come
sta
avvenendo
da
qualche
tempo
nel
nostro
paese
e
in
Parlamento,
è
soprattutto
segno
di
pressappochismo
e
del
tentativo,
da
parte
di
molti,
di
sfruttare
propagandisticamente
un
bisogno
di
approfondimento
e
di
discussione,
cavalcando
così
disinvoltamente
tigri,
che
poi
sarà
assai
difficile
domare.
Tutto
ciò
con
una
consapevolezza
che
dovrebbe
essere
di
tutti:
stiamo
affrontando
il
tema
non
secondario
né
temporaneo
dello
sviluppo
e
del
futuro
del
paese,
nonché
dei
suoi
cittadini,
che
potrebbe
cambiare
radicalmente
la
vita
stessa
di
tutti
noi
e
il
rapporto,
sotto
tutti
gli
aspetti,
fra
il
cittadino
e
lo
Stato,
fra
il
cittadino
e
i
diversi
livelli
istituzionali
presenti
e
quelli
eventualmente
modificati.
Tutto
ciò
soprattutto
perché
il
federalismo
non
è
una
forma
definita
ed
assoluta
di
Stato
valida
per
tutti.
Esso
non
è
un
risultato
o
una
conseguenza
univoca
dei
processi
storici
e
politici
di
singoli
Stati
che
oggi
sono,
o
si
dicono,
federali.
Non
esiste,
per
fortuna,
un
modello
unico
di
federalismo
e
applicabile
sempre
e
dovunque;
anzi,
per
alcuni
versi,
si
può
accedere
a
forme
di
federalismo
non
soltanto
diverse,
ma
a
volte
addirittura
opposte
tra
loro.
Il
federalismo
può
essere
legittimamente
il
modo
per
costruire
un
potere
forte
di
intervento
sovranazionale
o
sovrastatale
nell'economia,
con
rilevanti
scopi
di
ridistribuzione.
Il
federalismo,
altrettanto
legittimamente,
può
essere
il
modo
attraverso
il
quale
costruire
un
mercato
sovranazionale
forte,
che
favorisca
essenzialmente
il
libero
scambio.
Ancora,
il
federalismo
può
essere
il
modo
per
consentire
ad
ogni
comunità,
piccola
o
grande
che
sia,
di
utilizzare
le
risorse
a
disposizione
unicamente
per
provvedere
alle
proprie
esigenze.
Di
nuovo,
il
federalismo
può
essere
lo
strumento
attraverso
il
quale
ciascuna
comunità
si
dà
il
proprio
ordinamento,
infliggendo
un
colpo
anche
nell'esistenza
di
uno
Stato
unitario.
Appare
evidente,
quindi,
a
chiunque
voglia
convenire
su
un
minimo
di
oggettività
e
di
lucidità,
che
esistono
o
possono
esistere
tanti
federalismi
quante
sono
le
storie
delle
culture
nazionali
dei
singoli
paesi.
Il
federalismo
è
figlio
di
una
specifica
storia
di
ciascuna
nazione
ed
è,
appunto,
la
storia
di
ogni
paese
l'altro
corno
del
problema,
che
sarebbe
assurdo
e
suicida
per
chiunque
ignorare
o
plasmare
artatamente,
a
seconda
delle
proprie
presunte
convenienze
di
bottega.
Sappiamo
tutti,
almeno
per
grandi
linee,
che
-
ad
esempio
-
elemento
storico
di
base
del
federalismo
canadese
è
la
compresenza
di
un'etnia
francofona
e
di
un'etnia
anglofona
che,
insieme,
hanno
costruito
il
Canada,
per
ragioni
varie
e
diverse,
a
cominciare
da
quelle
legate
ai
flussi
emigratori.
Così
come
conosciamo
i
passaggi
e
le
problematiche
storiche
alla
base
del
federalismo
americano,
soprattutto
a
partire
dalla
guerra
di
Secessione.
Per
non
parlare
del
federalismo
svizzero
e
degli
elementi
alla
base
di
un'esigenza
di
questo
tipo
nella
stessa
Spagna.
Anche
la
Germania,
che
potrebbe
apparire
la
più
simile
al
nostro
paese,
è
arrivata
al
federalismo
e
in
epoche
storiche
assai
lontane,
conseguentemente
a
situazioni
storiche
completamente
diverse
dalle
nostre.
La
Germania,
infatti,
data
il
suo
federalismo
a
partire
dal
congresso
di
Vienna
del
1815,
allorquando
essa
si
unifica
attraverso
un
processo
parafederale
perfettamente
conciliabile,
d'altronde,
con
un
fortissimo
accentramento
in
un
soggetto
unitario:
l'imperatore
re
di
Prussia,
depositario
assoluto
del
senso
di
unità
della
nazione
tedesca.
Anche
la
Germania
federale
post-nazista
rispondeva,
accanto
agli
altri
elementi,
ad
un
altro
incontrovertibile
fatto:
una
liberazione
dal
nazismo
compiuta
contestualmente
e
per
parti
da
quattro
grandi
Stati
nazione
del
mondo.
L'Italia,
invece,
con
il
Risorgimento
e
le
guerre
di
indipendenza,
è
diventata
nazione
attraverso
la
creazione
dello
Stato
unitario.
La
storia
certamente
non
si
ripete,
ma
guai
ad
ignorare
i
suoi
insegnamenti:
dico
questo
perché
sarebbe
antistorico,
assurdo
e
foriero
di
conseguenze
gravi
-
forse
non
tanto
per
l'immediato
-
affrontare
discussioni
e
scelte
di
questa
natura,
anche
per
i
federalisti
più
acriticamente
convinti,
ignorando,
rimuovendo
o
contraddicendo
tutti
gli
elementi
cui
sinora
ho
fatto
sommariamente
riferimento.
La
fretta,
l'approssimazione,
il
pressappochismo,
il
gesuitismo
-
nessuno
ingenuo
o
innocente
-
di
coloro
che
brandiscono
da
noi
l'arma
del
federalismo
a
tutti
i
costi
portano
ad
ignorare
ed
occultare
volutamente
un'altra
questione
centrale
per
chi
in
Italia
vuole
affrontare
correttamente
tali
temi.
Credo
che,
nonostante
l'ira
iconoclastica
di
molti
nei
confronti
della
Costituzione,
anche
stamattina
nessuno,
in
buona
fede,
possa
negare
che
aspetti
importanti
di
essa
non
siano
stati
correttamente
e
pienamente
attuati,
e
non
casualmente.
Uno
di
essi
è
certamente
quello
riguardante
le
regioni
e
i
loro
poteri,
la
loro
correlazione
con
le
altre
istituzioni,
in
alto
e
in
basso,
e
il
loro
modo
di
rispondere
e
di
rapportarsi
ai
bisogni,
alle
domande
ed
alle
esigenze
dei
cittadini.
Non
mi
riferisco
soltanto,
né
principalmente,
all'enorme
ritardo
con
il
quale
furono
insediate
le
regioni,
ma
all'enorme
ritardo
ed
alle
contraddizioni
accumulate
a
partire
dal
loro
insediamento
e
fino
ad
oggi.
So
benissimo
che
si
tratta
di
un
quadro
variegato
e
che
le
situazioni
esistenti
nelle
varie
regioni
sono
diverse,
ma
so
altrettanto
bene
che
il
livello
medio
è
assai
basso
-
e,
comunque,
inferiore
alle
necessità
-
e
che
si
può
parlare
di
un
"meno
peggio"
e
certamente
non
di
un
meglio,
né
in
assoluto,
né
in
termini
relativi.
Vi
sono
regioni
che
accumulano
ritardi
di
ogni
genere,
che
sperperano
danaro
nei
modi
più
diversi,
che
non
spendono
i
soldi
messi
a
loro
disposizione
per
avviare,
anche
in
modo
parziale,
processi
di
sviluppo,
che
non
rispondono
alle
esigenze
dei
loro
amministrati,
che
non
ricoprono,
né
rivendicano
ruoli
politici,
anche
nella
costruzione
di
processi
economico-sociali,
nei
quali
sono
interamente
dentro,
e
che
non
hanno
promosso,
né
tanto
meno
avviato,
un
rapporto
di
fiducia,
di
stima,
di
collaborazione
e
di
confronto
politico
e
istituzionale
con
i
cittadini
amministrati.
Proprio
facendosi
forti
di
tale
rapporto
e
di
tale
credibilità,
si
può
instaurare
con
lo
Stato
centrale
un
rapporto
paritario
e
si
può
chiedere,
in
ambiti
definiti
con
grande
chiarezza,
uno
spazio
sempre
maggiore
o,
se
preferite,
maggiori
poteri
ed
autonomia.
Al
contrario,
al
di
là
di
eventuali
lodevoli
eccezioni,
il
quadro
appare
nel
suo
complesso
sinceramente
sconfortante
ed
è
invece
in
tal
senso
che
bisognerebbe
intervenire
con
forza
e
decisione
nel
rafforzamento
del
regionalismo,
costringendo
-
se
così
si
può
dire
-
anche
le
stesse
regioni
a
praticarlo,
ad
esserne
convinte
fino
in
fondo,
utilizzando
tutti
gli
strumenti
possibili,
a
cominciare,
se
del
caso,
anche
da
modifiche
costituzionali
in
tale
direzione,
che,
a
questo
punto,
non
sarebbero
solo
giustificabili,
ma
necessarie.
Invece,
il
vostro
angusto
modo
di
vedere
le
cose,
solo
in
rapporto
alle
vostre
esigenze
di
bottega,
e
la
vostra
consapevole
e
ingiustificabile
superficialità
vi
portano
a
inseguirvi
tra
di
voi,
anche
scompostamente
-
e
in
certi
momenti
ridicolmente
-,
nella
santificazione
di
un
federalismo
che
corre
il
rischio
di
trasformarsi
in
un
acritico
feticcio
e,
come
tale,
in
qualcosa
gravido
di
danni
non
solo
potenziali.
Tra
le
altre
cose,
vi
sfugge
purtroppo
che,
in
una
realtà
come
la
nostra,
pur
se
dovesse
affermarsi,
domani
o
dopodomani,
un'idea
federale
dello
Stato
-
qualunque
essa
fosse
-
e
se
essa
dovesse
essere
in
qualche
modo
attuata,
bisognerebbe
comunque,
e
subito,
non
perdere
di
vista
neppure
un
istante
la
necessità
e
l'obbligo
di
salvaguardare
e
praticare
concretamente
il
senso
forte
dello
Stato,
naturalmente
non
di
uno
Stato
"forte"
nel
suo
significato
deleterio,
bensì
di
uno
Stato
di
grande
autorevolezza,
prestigio
e
riconoscibilità
nei
confronti
dei
cittadini
e
di
qualsivoglia
altro
soggetto
istituzionale.
Quindi,
ad
esempio,
gli
ipotetici
Stati
o
soggetti
federali,
che
io
sinceramente
oggi
non
riesco
ad
individuare,
a
meno
che
non
ci
si
riferisca
alle
regioni
-
ma,
in
tal
modo,
si
aprono
un
capitolo
ed
una
discussione
oggettivamente
diversi
da
quella
cosiddetta
federale
-,
dovrebbero
avere
una
competenza
legislativa,
in
settori
di
primaria
rilevanza,
di
carattere
concorrente,
cioè
sottoposta
ad
un
intervento
uniformante
del
legislatore
nazionale
o
federale.
A
quest'ultimo
dovrebbe
essere
riconosciuta
la
competenza
legislativa
di
"cornice",
cioè
il
diritto-dovere
di
definire,
anche
in
materie
importanti
di
competenza
non
centrale,
principi
fondamentali
e
vincolanti
per
l'eventuale
legislazione
degli
Stati
o
soggetti
federali
(sempre
ipotetici)
e
solo
per
questioni
inerenti
strettamente
e
esclusivamente
ad
esigenze
e
bisogni
di
tali
eventuali
Stati
o
soggetti
federali
vi
potrebbe
essere
la
competenza
legislativa
esclusiva
degli
stessi.
La
tragedia
è
che
qualcosa
di
maledettamente
serio,
come
il
federalismo,
al
di
là
del
fatto
che
si
possa
più
o
meno
essere
d'accordo,
viene
vista
come
una
scorciatoia,
come
una
facile,
oltre
che
possibile,
risposta
a
momenti
di
crisi
politica,
sociale
ed
economica,
mettendo
nel
conto
e
dando
per
scontato
che
debbano
prevalere
risposte
parcellizzate
ed
egoistiche
in
grado
di
salvare
o
per
lo
meno
di
far
sopravvivere
pezzi
e
ritagli
dell'intero
territorio
nazionale.
La
tragedia
è
che
il
federalismo
venga
visto
come
una
via
ulteriore
per
la
semplificazione
della
vita
politico-sociale
dell'Italia,
costituendo
un'altra
faccia
della
stessa
medaglia
che
ha,
come
piatto
forte,
la
cosiddetta
riforma
elettorale
che
dovrebbe,
così
vogliamo
sperare,
essere
stata
sepolta
dall'esito
del
referendum
del
18
aprile.
Non
è
purtroppo
però
difficile
ipotizzare
che
il
percorso
prescelto,
se
non
fermato
e
corretto
in
tempo,
avrebbe
come
unico
risultato
quello
di
raggiungere
la
disgregazione
del
tessuto
connettivo
sociale
e
solidaristico
del
nostro
paese
e
del
nostro
popolo,
i
cui
primi
segnali
si
cominciano
ad
intravedere.
L'impostazione
e
la
filosofia
del
progetto
di
legge
del
Governo
sono
impregnate,
a
nostro
avviso,
degli
aspetti
più
negativi
ai
quali
ho
accennato,
sia
pur
sommariamente,
sino
ad
ora.
È
per
questo,
al
di
là
dei
singoli
aspetti
relativi
ai
diversi
articoli
e
ai
diversi
commi,
che
noi
di
Rifondazione
comunista
siamo
radicalmente
e
convintamente
contrari
ad
esso.
Nel
corso
del
dibattito
è
stata
sostenuta
dal
Polo
la
necessità
di
introdurre,
nella
proposta
in
discussione
o
in
un
distinto
progetto
di
legge
costituzionale,
il
principio
di
sussidiarietà
orizzontale.
Credo
che
rappresenterebbe
un
ulteriore
e
severo
colpo
alla
Carta
fondamentale,
se
ve
ne
fosse
ancora
bisogno.
Mi
riferisco
al
punto
in
cui
si
enumerano
le
competenze
dello
Stato
e
delle
regioni
le
quali
-
questo
è
quello
che
si
deduce
-
dovrebbero
essere
automaticamente
stati
o
soggetti
istituzionali
federali.
Come
non
vederci
un
arrendevole
consenso
alla
definitiva
scomparsa
dello
Stato
sociale
del
nostro
paese,
dato
che
nessuna
clausola
è
stata
individuata
affinché
siano
salvaguardati,
per
esempio,
a
livelli
alti
l'esigenza
e
l'uniformità
di
trattamento
di
tutti
i
cittadini
italiani
nel
settore
della
sanità,
della
scuola,
dell'intervento
solidaristico
ed
obbligatorio
delle
istituzioni?
Faccio
qui
riferimento
all'intero
welfare
State,
in
considerazione
del
fatto
che
in
Italia
l'intera
impalcatura
dello
Stato
sociale,
conquistato
e
non
regalato
da
nessuno
-
badate
bene!
-
si
basa
sulla
scuola:
diritto
allo
studio
per
tutti;
sulla
sanità:
diritto
alla
salute
e
alla
vita
per
tutti;
sulla
previdenza:
diritto
alla
sopravvivenza
dignitosa
per
tutti
in
segno
di
gratitudine
da
parte
della
comunità
intera
dopo
una
vita
spesa
per
la
collettività
ed
i
suoi
giusti
interessi.
Che
cos'è,
signor
ministro,
se
non
un
attacco
esplicito
al
principio
di
solidarietà
collettiva,
alla
necessità
di
garantire
in
via
di
principio
un'uniformità
di
risposta
ad
alto
livello
ai
bisogni
e
alle
esigenze
di
tutti
i
cittadini
italiani
ciò
che
si
prevede
ancora
nella
proposta
di
legge?
Che
cos'è,
se
non
l'insopportabile
vergogna
per
tutti
-
e
non
solo
per
voi,
purtroppo
-
di
costituzionalizzare
l'esistenza
di
realtà
ricche
e
di
realtà
povere
con
l'accettazione
di
ciò
che
ne
conseguirebbe?
E
ancora.
Che
cos'è,
se
non
mostruosità
giuridico-costituzionali
che
assegnano
agli
statuti
poteri
e
peso
superiori
alle
stesse
leggi
dello
Stato,
che
eliminano
dalla
scena
ed
anche
dalla
consultazione,
su
aspetti
importanti
e
decisivi
della
vita
collettiva,
soggetti
fondamentali
come,
per
esempio,
le
rappresentanze
dei
lavoratori?
Infine,
la
confusione
ed
il
pressappochismo
traspaiono
con
evidenza
laddove
sono
individuate
e
declamate
le
venti
regioni
ordinarie
e
speciali.
Da
ciò
trasparirebbe
che
l'ipotetica
Italia
federale
sarebbe
composta
da
venti
non
si
sa
cosa:
regioni?
Stato
federale
o
altro?
Così
risulteremmo
secondi
per
numero
soltanto
forse
agli
Stati
Uniti
d'America,
la
qual
cosa
la
dice
lunga
sulla
sovrapposizione
di
categorie
di
ragionamento
e
di
analisi,
quali
il
regionalismo
ed
il
federalismo
che
-
sia
chiaro,
e
per
noi
lo
è
-
sono
cose
profondamente
diverse.
A
ulteriore
conforto
e
conferma
di
tale
impressione,
lo
stesso
articolo,
disinvoltamente
e
-
permettetemi
-
assurdamente,
parla
della
possibilità
di
definire
e
approvare
a
piacere
forme
e
condizioni
particolari
di
autonomia
anche
per
le
regioni
a
statuto
ordinario.
Al
di
là
dell'assurdità
del
concetto
stesso
e
della
procedura
proposta,
anche
da
qui
traspare
con
chiarezza
una
totale
confusione
mentale:
in
uno
Stato
federale
-
ammesso
che
ci
fosse
e
che
ci
si
trovasse
tutti
d'accordo
-
che
significato
avrebbe
il
concetto
di
autonomia?
Autonomia
da
che?
Da
che
cosa?
Forse
qualcuno,
da
buontempone
-
anche
se
la
quaresima
è
ormai
passata
da
tempo
-
pensa
qualcosa
di
molto
vicino
o
simile
al
concetto
di
amministrazione
-
non
solo
economica
-
separata?
Facciamo
finta
che
sia
tutto
uno
scherzo.
Permettetemi,
però,
di
chiudere
il
mio
intervento,
sottolineando
una
carenza
ed
una
necessità
che,
a
mio
modo
di
vedere,
coincidono:
ciò
che
non
esiste
assolutamente
nella
proposta
di
legge
è
lo
Stato,
è
il
senso
forte
dello
Stato,
è
il
ruolo
dello
Stato.
Ciò
che
è
necessario
che
ci
sia
fino
alla
nausea
è
lo
Stato,
il
senso
forte
dello
Stato,
il
ruolo
dello
Stato.
CAMERA
DEI
DEPUTATI
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Intervento in Aula
Seduta del 19 settembre 2000
On. Franco Giordano
Signor
Presidente,
si
sta
sviluppando
un
singolare
dibattito
sulla
questione
del
federalismo:
sembra
che
tra
i
due
poli
si
stia
facendo
una
sorta
di
gara
su
chi
per
primo,
meglio
e
più
efficacemente
dell'altro
riesce
a
rompere
lo
schema
unitario
istituzionale
del
nostro
paese
e
su
chi
per
primo
riesce
a
svuotare
ulteriormente
le
funzioni
e
le
prerogative
dello
Stato
sociale.
Anche
lei
avrà
notato
che
questa
mattina
un
giornale
a
tiratura
nazionale
riportava
l'intervista
di
un
autorevole
esponente
del
centrosinistra,
che
ritengo
interverrà
in
questo
dibattito,
il
quale
diceva:
"La
devolution?
La
faremo
prima
noi".
Noi
non
parteciperemo
a
questa
gara,
perché
non
possiamo
prendere
parte
ad
una
gara
su
un
argomento
di
questo
tipo
e
voteremo
contro
le
proposte
di
modifica
costituzionale,
proponendo
un'alternativa
vera,
volta
a
realizzare
un
reale
decentramento
di
funzioni
e
poteri
alle
regioni,
senza
sostituire
centralismo
statale
a
centralismo
regionale,
in
un
quadro
certo
di
riferimenti
generali
e
centrali
da
contrapporre
alla
vaghezza
di
riferimenti
esposti
a
qualsiasi
spinta
centrifuga
o
ad
una
qualsiasi
pericolosa
forzatura.
Signor
Presidente,
non
ci
sfugge
la
pericolosità
del
referendum
richiesto
e
deliberato
dalla
regione
Lombardia:
si
tratta
di
un
atto
propagandistico
di
cui
andrebbe
verificata
la
costituzionalità
e
comunque
foriero
di
conseguenze
politiche
che
amplificano
orientamenti
ed
interessi
regressivi
socialmente
divaricanti
nel
paese.
All'interno
dello
stesso
schieramento
di
centrodestra
vi
sono
opinioni
difformi.
Ho
letto
un'intervista
rilasciata
dal
presidente
della
regione
Puglia,
il
quale
non
mi
sembra
essere
molto
in
sintonia
con
quanto
affermato
da
Formigoni
e
da
Ghigo.
Dietro
questa
ventata
federalista
vi
è
il
bisogno
delle
regioni
forti
di
contrapporsi
a
quelle
più
deboli,
di
amplificare
le
diversità,
i
differenziali
di
crescita
e
la
qualità
dello
sviluppo.
Percorrendo
questa
strada,
si
introduce
l'egoismo
e
la
forte
contrapposizione
sociale;
vi
è
persino
la
difficoltà
di
mantenere
parametri
comuni
-
questo
è
un
tema
molto
delicato
-
sulle
questioni
concernenti
il
governo
del
territorio.
Questa
logica
risponde
profondamente
ad
un
disegno
liberista:
a
questo
disegno
aderisce
chi
cerca
illusoriamente
di
temperarlo
e
chi,
al
contrario,
preferirebbe
sprigionarne
gli
effetti
più
devastanti.
Il
segno
di
fondo
in
materie
dirimenti
è
lo
svuotamento
progressivo
delle
funzioni
pubbliche.
In
questo
senso
riteniamo
che
ci
sia
uno
svuotamento
dei
principi
di
uguaglianza
dei
cittadini
sanciti
dalla
Costituzione,
rendendo
quell'uguaglianza
del
tutto
formale,
immaginaria,
falsa.
Dietro
questo
modifiche
costituzionali
c'è
il
primato
del
privato
sul
pubblico,
il
rischio,
oserei
dire
la
certezza,
che
su
materie
come
sanità,
formazione
e
assistenza
la
diseguaglianza
tra
chi
può
e
chi
non
può
sia
sempre
più
grave
ed
accentuata,
in
sintonia
del
resto
con
i
testi
di
legge
sulla
privatizzazione
dei
servizi
pubblici.
Sta
qui
dunque
la
differenza
strategica
e
radicale
con
la
nostra
impostazione:
tra
chi
sceglie
di
aderire
ad
un
impianto
liberista
e
chi
al
contrario
propone
un
decentramento
e
prospetta
un
protagonismo
ed
una
partecipazione
democratica
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
misto-Rifondazione
comunista-progressisti).
CAMERA
DEI
DEPUTATI
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Dichiarazione di voto finale
Seduta 26 settembre 2000
On. Maria Celeste Nardini
Signor
Presidente,
in
questi
giorni
su
questo
argomento
abbiamo
assistito
in
quest'aula
ad
un
vero
e
proprio
gioco
delle
parti,
in
cui
ognuno
recitava
la
parte
che
gli
era
stata
assegnata,
con
la
chiara
consapevolezza
di
tutto
ciò.
A
tal
punto
è
arrivato
il
gioco
delle
parti
che,
nella
finale
del
gioco,
ecco
cambiare
persino
il
titolo
della
legge:
infatti
essa
giustamente
non
corrispondeva
nemmeno
lontanamente
a
quello
che
può
essere
il
federalismo.
Abbiamo
utilizzato
assai
male
questo
tempo
e
non
tanto
perché
l'esito
è
del
tutto
incerto
rispetto
agli
effettivi
risultati
di
carattere
costituzionale
e
legislativo,
ma
soprattutto
per
il
fatto
che
si
è
persa
un'occasione
vera
per
discutere
dei
concetti
istituzionali
fondamentali
che
dovrebbero
essere
alla
base
di
una
scelta
sull'ordinamento
statuale.
Invece,
sono
state
date
per
scontate
una
serie
di
cose,
di
sintesi
e
di
approdi
logici,
ideali,
politici
e
istituzionali
che
tali
non
sono
per
niente,
con
il
rischio
che
tale
operazione
possa
fare
definitivamente
breccia
nel
senso
comune
della
nostra
gente.
Le
operazioni
di
carattere
politico-culturale
tentate,
e
forse
riuscite,
in
questi
giorni
all'interno
di
quest'aula
sono
sinceramente
inaccettabili
e
intellettualmente
persino
poco
limpide.
Come
si
fa
a
mettere
in
cantiere
la
cosiddetta
riforma
federale
dello
Stato,
se
non
ci
si
intende
prima
sul
significato
di
federalismo
nel
nostro
paese?
Tutti
sappiamo
-
o
dovremmo
sapere
-
che
non
esiste
un
federalismo
in
assoluto
e
valido
per
tutti.
Il
federalismo,
là
dove
esiste,
è
strettamente
legato
alla
storia,
alla
cultura,
alle
tradizioni
di
un
popolo
e
di
un
paese.
Esiste
un
federalismo
degli
Stati
Uniti
d'America,
della
Germania,
della
Spagna,
della
Svizzera
e
del
Canada:
sono
forme
di
federalismo
con
pari
dignità,
anche
se
molto
diverse
tra
di
loro.
Qui
invece
si
è
tentato
e
si
tenta
di
far
passare
il
modello
americano
come
espressione
del
federalismo
perfetto
e
da
attuare
in
Italia.
Chi
lo
ha
stabilito?
La
storia,
la
cultura,
la
tradizione
del
nostro
paese
sono
le
stesse
o
qualcosa
di
molto
simile
a
quelle
degli
USA?
Per
quale
ragione
dobbiamo
inseguire
un
modello
federale
che
ha
certamente
aspetti
positivi,
ma
che
nello
stesso
tempo
"suicida"
un
gran
numero
di
poveri,
che
non
hanno
la
possibilità
di
curarsi
a
pagamento,
o
che
permette
ad
alcuni,
a
troppi
Stati
di
praticare,
ad
esempio,
la
pena
di
morte.
È
in
sostanza
indispensabile
fare
un
passo
indietro.
È
indispensabile
-
o
meglio,
sarebbe
stato
necessario
-
cominciare
a
discutere
dall'inizio
e
mettersi
d'accordo
su
che
cosa
intenda
ciascuno
di
noi
e
che
cosa
intenda
questo
Parlamento
per
modello
federale
dello
Stato.
È
stata
qui
compiuta
un'operazione
abile
da
parte
della
destra,
colpevolmente
favorita
dalla
maggioranza
di
centrosinistra.
Si
è
molto
discusso,
o
meglio,
si
è
molto
usata
in
questi
giorni
la
parola
"sussidiarietà"
ed
è
sembrato
che
per
tutti
o
quasi
tutti
sussidiarietà
sia
sinonimo
di
imprenditoria
privata,
alla
quale
affidare
la
gestione
di
tutti
i
servizi
pubblici
essenziali
-
la
sanità,
la
previdenza,
la
scuola,
i
beni
naturali
e
culturali
-,
togliendoli
del
tutto
al
pubblico
in
assoluto,
naturalmente
in
cambio
dell'utile,
che
solo
permette
l'esistenza
dell'imprenditoria
privata.
Per
ore
avete
discusso
di
questo.
Al
di
là
delle
aberrazioni
politiche,
culturali
e
sociali
di
tesi
e
di
impostazioni
di
questo
tipo,
che
abbiamo
combattuto
e
continueremo
sempre
a
combattere,
in
quale
vocabolario
è
scritto
che
sussidiarietà
significa
imprenditoria
privata?
La
sussidiarietà
è
tutt'altra
cosa:
forse
dovremmo
andare
alle
radici
e
cercare
di
leggere
o
di
rileggere.
È
la
necessità
che
alle
esigenze
e
alle
domande
dei
cittadini
rispondano,
certamente
meglio
di
come
oggi
avviene,
i
livelli
istituzionali
-
comuni,
province,
regioni
e
Stato
-
ad
essi
più
vicini
in
rapporto
al
merito
della
domanda
e
delle
esigenze;
insomma,
che
ogni
livello
faccia
il
proprio
dovere
senza
sopraffare
l'altro.
Invece,
qui
si
è
discusso
in
termini
intellettualmente
poco
limpidi.
È
inaccettabile
e,
non
avendo
contrastato
tale
operazione
da
parte
del
Governo
e
del
centrosinistra,
si
è
doppiamente
colpevoli,
in
quanto
da
un
lato
si
rinuncia
ad
una
battaglia
sacrosanta,
quella
del
federalismo
-
o
meglio,
per
noi,
di
un
sano
e
forte
regionalismo
-
e
dall'altro
si
perpetua
e
si
favorisce
l'attacco
a
tutto
ciò
che
è
pubblico,
presentandolo
persino
come
il
male
in
assoluto.
Una
cosa
comunque
è
risultata
chiara
in
questi
giorni:
la
riforma
federale
dello
Stato
viene
usata
esclusivamente
come
il
grimaldello
per
affossare
e
distruggere
definitivamente
ciò
che
resta
dello
Stato
sociale
in
questo
paese.
Come
il
grimaldello
con
il
quale
distruggere
ciò
che
resta
del
concetto
di
solidarietà,
come
il
grimaldello
grazie
al
quale
disegnare
un
paese
in
cui
siano
costituzionalmente
definiti
i
ricchi
e
i
poveri,
quelli
che
hanno
più
diritti
e
quelli
che
ne
hanno
meno
o
non
ne
hanno
affatto;
quelli
che
possono
disporre
di
risorse
e
chi
no,
fermo
restando
però
che
i
doveri
devono
essere
uguali
per
tutti,
come
è
giusto
che
sia.
Che
brutto
giorno
sarebbe
quello
che
vedesse
la
nascita
di
un
simile
Stato
in
Italia
o
in
qualsiasi
altra
parte
del
mondo!
Oggi
abbiamo,
per
lo
meno,
chiarezza
su
poche
ma
decisive
cose.
Per
la
destra
il
federalismo
niente
altro
è
-
come
è
stato
chiaramente
detto
-
che
la
possibilità
che
la
ricchezza
prodotta
resti
nelle
zone
ricche
e
la
povertà
resti
nelle
zone
povere,
tutt'altro
che
colpevoli
-
lo
si
ricordi
sempre
-
di
questa
situazione
e
che
conseguentemente
lì
vi
sia
una
buona
scuola
privata,
una
buona
sanità
privata,
una
giustizia
legata
al
potere
politico,
servizi
migliori
privati
con
costi
che
solo
i
ricchi
abitanti
di
quelle
zone
possono
pagarsi.
Altro
che
questione
meridionale!
Non
mi
riferisco
solo
ed
esclusivamente
a
quella
di
Antonio
Gramsci,
comunque
a
noi
caro,
ma
bastava
in
qualche
modo
richiamarsi
a
Salvemini
o
a
quanti
la
pensavano
come
lui;
bastava
richiamarsi
persino
all'analisi
di
Giolitti
e
forse
saremmo
stati
più
vicini,
avremmo
discusso
più
seriamente.
Purtroppo
siamo
stati
lontani
da
tutto
ciò:
una
società,
pezzi
di
Stato
federale
opulenti,
magari
con
barriere
nell'accesso
agli
studi
e
al
lavoro
per
tutti
coloro
-
comunitari,
extracomunitari,
figli
di
altri
e
diversi
-
che
sono
estranei
a
quei
pezzi
di
Stato.
Uno
Stato
federale
con
barriere
e
muri
invisibili
che
sancisce
la
diversità
come
asse
fondante
di
una
gerarchia
naturale
da
difendere:
diversità
di
genere,
di
nascita,
di
razza
e
di
censo.
No,
grazie,
non
ci
stiamo
né
ci
staremo
mai!
Così
come
per
il
centrosinistra,
il
federalismo
e
la
riforma
federale
dello
Stato
altro
non
sono
che
un
tentativo
di
stabilire
e
definire
regole
di
quieto
vivere
e
di
coabitazione
non
belligerante
tra
Governo
centrale
e
governi
regionali,
soprattutto
in
presenza
di
Governi
politicamente
diversi
e
-
possiamo
dopo
le
ultime
riforme
-
assai
forti.
Il
resto,
purtroppo,
è
stato
considerato
zavorra.
No,
grazie,
non
ci
stiamo
e
non
staremo
mai
neppure
a
questo!
Il
federalismo
e
la
sussidiarietà
non
sono
concetti
politicamente
marchiati.
È
necessario,
se
si
vuol
fare
cosa
seria,
discutere
cominciando
dall'abbiccì
con
la
massima
limpidezza
ed
onestà
intellettuale.
Abbiamo
espresso,
per
quanto
ci
è
stato
possibile,
la
nostra
posizione,
abbiamo
cercato
di
disegnare
un'Italia
in
cui
lo
Stato,
le
regioni,
i
comuni
e
le
province
abbiano
ruoli
definiti
e
precisi;
un'Italia
in
cui
ad
un
centralismo
statale
-
laddove
esiste
-
negativo
e
da
combattere
non
subentri
un
centralismo
altrettanto
negativo
da
parte
di
altri
soggetti
istituzionali;
un'Italia
dove
tutti
i
livelli
istituzionali
concorrano
insieme
al
benessere
e
alla
difesa
dei
diritti
sociali
e
civili
unitari
dei
suoi
cittadini.
Per
questo
abbiamo
perso
tempo
in
questi
giorni;
cerchiamo
di
non
aggiungere
a
ciò
un
danno
che
potrebbe
diventare
difficilmente
reversibile
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
misto-Rifondazione
comunista-progressisti).
CAMERA
DEI
DEPUTATI
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Dichiarazione di voto finale
On. Maria Celeste Nardini
Presidente,
arriverà
a
conclusione
una
delle
scadenze
tra
le
più
insidiose
e
gravide
di
pericoli
di
questa
legislatura.
La
cosiddetta
riforma
federale
della
Repubblica
e
dello
Stato
non
soddisfa
assolutamente
nessuno,
né
coloro
che
intendono
il
federalismo
come
sinonimo
di
separatismo
né,
tanto
meno,
coloro
come
noi
che
sono
convinti
che
i
rapporti
Stato-regioni-autonomie
locali
debbano
essere
profondamente
e
radicalmente
rivisti,
ma
nel
senso
corretto
di
favorire
e,
finalmente,
di
promuovere
e
attuare
un
regionalismo
vero
in
Italia.
Un
altro
significato
grave
che
può
essere
attribuito
all'approvazione
di
questo
provvedimento
è
forse
quello
di
porre,
in
chiusura
di
legislatura,
il
sigillo
ad
uno
dei
motivi
dominanti
della
legislatura
stessa.
La
pervicacia
e
la
testardaggine
utilizzate
per
cambiare
la
Costituzione
hanno
innestato
e
provocato
danni
già
oggi
assai
visibili
e
tangibili;
l'elezione
diretta
del
presidente
della
giunta
regionale
ne
è
un
esempio.
La
realtà,
dunque,
è
che
rispetto
al
federalismo
siamo
esattamente
al
punto
di
partenza
e
cioè
alla
totale
confusione
e
dispersione
sul
senso
e
sul
significato
stesso
del
federalismo
qui
ed
ora,
in
Italia,
in
un
paese
con
storie
e
tradizioni
profonde
e
vere.
Una
cosa
è,
comunque,
risultata
chiara
in
questa
proposta
di
legge
costituzionale:
la
riforma
federale
dello
Stato
viene
usata
come
grimaldello
per
affossare
e
distruggere
ciò
che
resta
dello
stato
sociale
in
questo
paese.
Infatti,
si
è
molto
usata
la
parola
sussidiarietà
ed
è
sembrato
che
per
tutti
o
quasi
tutti
essa
sia
sinonimo
di
imprenditoria
privata
alla
quale
affidare
la
gestione
di
tutti
i
servizi
pubblici
essenziali:
la
sanità,
la
previdenza,
la
scuola,
i
beni
culturali
e
ambientali;
sono
stati
sottratti
al
pubblico,
naturalmente
in
cambio
dell'utile
che
solo
permette
l'esistenza
dell'imprenditoria
privata.
È
questo
il
grimaldello
con
il
quale
distruggere
il
concetto
di
solidarietà
e
grazie
al
quale
disegnare
un
paese
in
cui
siano
costituzionalmente
definiti
i
ricchi
ed
i
poveri,
quelli
che
hanno
più
diritti
e
quelli
che
ne
hanno
meno
o
non
ne
hanno
affatto,
quelli
che
possono
disporre
di
risorse
e
chi
no,
fermo
restando
che
i
doveri,
come
è
giusto
che
sia,
devono
essere
uguali
per
tutti.
Oggi
abbiamo
chiaro
cosa
sia
il
federalismo
per
la
destra
e
per
il
centrosinistra.
Per
il
centrodestra
e
per
la
Lega
il
federalismo
niente
altro
è
che
la
possibilità
che
la
ricchezza
prodotta
resti
nelle
zone
ricche
e
la
povertà
nelle
zone
povere,
senza
riflettere
su
chi
sia
il
responsabile
della
povertà
di
certe
zone
in
base
ad
un
nuovo
e
vero
meridionalismo.
Si
delineano
così
parti
della
società
e
"pezzi"
di
Stato
federale
opulenti
-
così
il
centrodestra
e
la
Lega
immaginano
la
nuova
configurazione
-
magari
con
barriere
nell'accesso
agli
studi
e
al
lavoro
per
tutti
coloro,
comunitari
o
extracomunitari,
che
ne
sono
estranei.
Uno
Stato
federale
con
barriere
e
muri
invisibili
o
visibili
-
come
qualcuno
oggi
ci
propone
-
che
sancisca
la
diversità
come
asse
portante
di
una
gerarchia
da
difendere:
diversità
di
generi,
di
nascita,
di
razza,
di
censo!
Per
il
centrosinistra
il
federalismo
e
la
riforma
generale
dello
Stato
altro
non
sono
che
un
tentativo
di
stabilire
regole
di
quieto
vivere
e
di
coabitazione
non
belligerante
tra
Governo
centrale
e
governi
regionali,
soprattutto
in
presenza
di
governi
politicamente
diversi
e,
dopo
le
ultime
riforme,
ahimè,
assai
forti.
Abbiamo
espresso,
per
quanto
ci
è
stato
possibile,
la
nostra
posizione
con
una
nostra
proposta
di
legge
con
la
quale,
per
la
verità,
non
avete
neppure
voluto
interloquire.
In
essa
abbiamo
cercato
di
disegnare
un'Italia
in
cui
lo
Stato,
le
regioni,
i
comuni
e
le
province
abbiano
ruoli
definiti
e
precisi,
un'Italia
in
cui
ad
un
centralismo
statale
negativo
e
da
combattere
non
subentri
il
centralismo
altrettanto
negativo
di
altri
soggetti
istituzionali,
un'Italia
dove
tutti
i
livelli
istituzionali
concorrano
insieme
al
benessere
e
alla
difesa
dei
diritti
sociali
e
civili
unitari
dei
suoi
cittadini.
Non
avete
voluto
interloquire
e
non
ci
avete
spiegato,
quindi,
perché
"no"
ad
una
proposta
come
la
nostra,
ad
un
forte
regionalismo.
La
nostra
posizione,
pertanto,
non
è
cambiata:
non
solo
non
ci
avete
convinto,
ma
ci
rendiamo
conto
che
questa
riforma
produrrà
danni
davvero
seri
in
campo
sociale
(basti
pensare
ai
settori
della
scuola
e
della
sanità).
Per
tale
ragione
voteremo
contro
questo
modello
di
riforma
(Applausi
dei
deputati
del
gruppo
misto-Rifondazione
comunista-progressisti).
SENATO
DELLA
REPUBBLICA
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Discussione generale
Sen. Fausto Cò
Seduta di giovedì 8 marzo 2001
Signor Presidente, storicamente il federalismo ha rappresentato il tentativo di unire sul terreno istituzionale popoli ed etnie diverse creando solidarietà tra i vari popoli. Quindi, è stato un tentativo significativo, a volte riuscito, a volte meno, di creare vincoli di unione e di solidarietà anche sul terreno delle politiche economiche, tentando di far avanzare gli Stati federali più deboli economicamente verso il raggiungimento dei traguardi di sviluppo più avanzato.
A noi pare - lo abbiamo ripetutamente detto in quest'Aula, e anche i colleghi della Camera lo hanno ribadito più volte - che questa legge in realtà introduca una divisione e segna il fallimento di una politica autenticamente regionalista nel nostro Paese, così come fu caratterizzato lo spirito iniziale dei Costituenti.
Noi interveniamo con una normativa che divide profondamente le regioni ricche dalle più povere, le regioni forti dalle più deboli; né si dica che l'introduzione di un fondo perequativo potrà rappresentare uno strumento adeguato a sanare le differenze. Secondo noi, le differenze si accentueranno e non è un caso che la riforma costituzionale venga proposta oggi.
Vediamo dietro questa proposta di legge il tentativo di adattare le forme istituzionali al nuovo processo di globalizzazione. I sintomi sono molto evidenti. Qui si introduce un principio che, tra l'altro, va a modificare - secondo noi - anche la prima parte della Costituzione. Si tratta del principio di sussidiarietà, che viene introdotto non soltanto in senso verticale, ossia tra i diversi livelli istituzionali (il che sarebbe anche accettabile dal punto di vista democratico), ma anche in senso orizzontale. Questo è funzionale al processo di privatizzazione dei servizi andato avanti in questi anni, perché in tal modo avviene anche la sostituzione del privato al potere pubblico nell'opera di erogazione di servizi, che inevitabilmente non sono più un diritto accessibile a tutti, ma diventano servizi che devono essere pagati dai cittadini.
Quindi, abbiamo un adattamento della struttura istituzionale al processo di globalizzazione capitalistica che investe tutto il mondo occidentale. Basterebbe guardare l'assegnazione del potere, che viene riconosciuto alle regioni, di concludere trattati internazionali con Stati. Nella proposta di legge questi trattati vengono eufemisticamente chiamati accordi o intese, ma si tratta di una vera e propria potestà di intrattenere rapporti internazionali, di siglare accordi tra le regioni e lo Stato. Ci sembra che questo sia l'elemento politicamente più rilevante, che non abbiamo mai condiviso.
Infine, vorrei ricordare un elemento che ci consente di svolgere anche una critica da un punto di vista tecnico. Ci pare che l'aver introdotto la questione delle materie concorrenti tra regione e Stato, e l'aver previsto che lo Stato interviene in alcune materie solo sui princìpi generali, possa determinare un conflitto di attribuzione permanente davanti alla Corte costituzionale, che riteniamo estremamente pericoloso.
Riformare la Carta costituzionale vuol dire assegnare stabilità di funzioni, di potestà e di competenze. La materia concorrente sarà il terreno di un conflitto permanente dinanzi alla Corte costituzionale, perché sarà estremamente difficile individuare, in ciascuna materia, i princìpi generali e la legislazione di dettaglio.
Ci sembra, quindi, di registrare anche sotto questo profilo un autentico fallimento sul terreno delle riforme costituzionali.
Per queste ragioni - sicuramente il senatore Russo Spena lo affermerà nel corso del suo intervento - voteremo contro questo provvedimento, coerentemente con il voto che abbiamo già espresso. (Applausi del senatore Russo Spena).
SENATO
DELLA
REPUBBLICA
——————
XIII
LEGISLATURA
——————
Dichiarazione di voto finale
Sen. Giovanni Russo Spena
Seduta di giovedì 8 marzo 2001
Rifondazione Comunista voterà contro il provvedimento. E' questa infatti una riforma sbagliata che peserà come un macigno, perché attiene alla struttura stessa dello Stato, alla dislocazione dei poteri costituzionali e perché nello stesso tempo incide sul lavoro, sulla fruizione dei servizi, sulla vita quotidiana delle cittadine e dei cittadini.
Noi guardiamo invece al federalismo democratico, nato storicamente per unire, per mettere in relazione culture, comportamenti e poteri, per costruire relazioni interculturali e multiculturali. Noi guardiamo al federalismo solidale, cioè a quella articolazione delle identità statuali che si alimenta della cooperazione e dell'autogoverno delle cittadine e dei cittadini. Questa legge è invece, a nostro avviso, un vero e proprio azzardo costituzionale di stampo liberista.
Questo è un federalismo antisolidale, il federalismo dei territori ricchi e privilegiati, dell'egoismo delle borghesie mercantili delle zone ricche. Le tragedie dei Balcani e del Centro-Europa, le separazioni antimeridionaliste contro il Sud dell'Europa e del mondo nulla sembrano aver insegnato. I Formigoni, i Galan, i Ghigo, gli Storace potranno portare nell'iniziativa politica quotidiana la loro torsione ultraliberista. Il meccanismo, infatti, delle materie concorrenti inciderà in maniera devastante e antisolidale, dividendolo e atomizzandolo sullo Stato sociale, sulla scuola, sul lavoro, sia accrescendo le precarizzazioni dei lavori, sia incidendo negativamente sul controllo delle condizioni stesse di erogazione della forza lavoro, a partire dalla salute delle lavoratrici e dei lavoratori.
Questo provvedimento è quindi frutto velenoso della globalizzazione liberista. Ne parlava in verità già dieci anni fa un noto economista giapponese, quando accennava al decentramento come costruzione di distretti di business, di distretti degli affari in cui vari territori vengono messi in concorrenza tra loro, in competitività soltanto per abbassare il livello delle garanzie sociali e dei vincoli ambientali, per creare le condizioni migliori per le localizzazioni delle multinazionali, per i processi di valorizzazione del capitale.
A me e a noi di Rifondazione Comunista questa riforma pare sbagliata, perché non è una reale articolazione federale dello Stato, ma soltanto la costruzione dei distretti degli affari; e alla fine, purtroppo, lo dico in maniera amara, tra qualche anno saranno le destre, in questo Paese, che gioiranno perché è passata una riforma antisolidale le zone ricche contro le zone povere.
(Testo
approvato
in
seconda
deliberazione,
con
la
maggioranza
dei
suoi
componenti,
dal
Senato
della
Repubblica
l'8
marzo
2001)
____________________
Art. 1.
1. L’articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 114. – La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento".
Art. 2.
1. L’articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 116. – Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La
Regione
Trentino-Alto
Adige/Südtirol
è
costituita
dalle
Province
autonome
di
Trento
e
di
Bolzano.
Ulteriori
forme
e
condizioni
particolari
di
autonomia,
concernenti
le
materie
di
cui
al
terzo
comma
dell’articolo
117
e
le
materie
indicate
dal
secondo
comma
del
medesimo
articolo
alle
lettere
l),
limitatamente
all’organizzazione
della
giustizia
di
pace,
n)
e
s),
possono
essere
attribuite
ad
altre
Regioni,
con
legge
dello
Stato,
su
iniziativa
della
Regione
interessata,
sentiti
gli
enti
locali,
nel
rispetto
dei
princìpi
di
cui
all’articolo
119.
La
legge
è
approvata
dalle
Camere
a
maggioranza
assoluta
dei
componenti,
sulla
base
di
intesa
fra
lo
Stato
e
la
Regione
interessata".
Art. 3.
1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art.
117.
–
La
potestà
legislativa
è
esercitata
dallo
Stato
e
dalle
Regioni
nel
rispetto
della
Costituzione,
nonchè
dei
vincoli
derivanti
dall’ordinamento
comunitario
e
dagli
obblighi
internazionali.
Lo
Stato
ha
legislazione
esclusiva
nelle
seguenti
materie:
a)
politica
estera
e
rapporti
internazionali
dello
Stato;
rapporti
dello
Stato
con
l’Unione
europea;
diritto
di
asilo
e
condizione
giuridica
dei
cittadini
di
Stati
non
appartenenti
all’Unione
europea;
b)
immigrazione;
c)
rapporti
tra
la
Repubblica
e
le
confessioni
religiose;
d)
difesa
e
Forze
armate;
sicurezza
dello
Stato;
armi,
munizioni
ed
esplosivi;
e)
moneta,
tutela
del
risparmio
e
mercati
finanziari;
tutela
della
concorrenza;
sistema
valutario;
sistema
tributario
e
contabile
dello
Stato;
perequazione
delle
risorse
finanziarie;
f)
organi
dello
Stato
e
relative
leggi
elettorali;
referendum
statali;
elezione
del
Parlamento
europeo;
g)
ordinamento
e
organizzazione
amministrativa
dello
Stato
e
degli
enti
pubblici
nazionali;
h)
ordine
pubblico
e
sicurezza,
ad
esclusione
della
polizia
amministrativa
locale;
i)
cittadinanza,
stato
civile
e
anagrafi;
l)
giurisdizione
e
norme
processuali;
ordinamento
civile
e
penale;
giustizia
amministrativa;
m)
determinazione
dei
livelli
essenziali
delle
prestazioni
concernenti
i
diritti
civili
e
sociali
che
devono
essere
garantiti
su
tutto
il
territorio
nazionale;
n)
norme
generali
sull’istruzione;
o)
previdenza
sociale;
p)
legislazione
elettorale,
organi
di
governo
e
funzioni
fondamentali
di
Comuni,
Province
e
Città
metropolitane;
q)
dogane,
protezione
dei
confini
nazionali
e
profilassi
internazionale;
r)
pesi,
misure
e
determinazione
del
tempo;
coordinamento
informativo
statistico
e
informatico
dei
dati
dell’amministrazione
statale,
regionale
e
locale;
opere
dell’ingegno;
s)
tutela
dell’ambiente,
dell’ecosistema
e
dei
beni
culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta
alle
Regioni
la
potestà
legislativa
in
riferimento
ad
ogni
materia
non
espressamente
riservata
alla
legislazione
dello
Stato.
Le
Regioni
e
le
Province
autonome
di
Trento
e
di
Bolzano,
nelle
materie
di
loro
competenza,
partecipano
alle
decisioni
dirette
alla
formazione
degli
atti
normativi
comunitari
e
provvedono
all’attuazione
e
all’esecuzione
degli
accordi
internazionali
e
degli
atti
dell’Unione
europea,
nel
rispetto
delle
norme
di
procedura
stabilite
da
legge
dello
Stato,
che
disciplina
le
modalità
di
esercizio
del
potere
sostitutivo
in
caso
di
inadempienza.
La
potestà
regolamentare
spetta
allo
Stato
nelle
materie
di
legislazione
esclusiva,
salva
delega
alle
Regioni.
La
potestà
regolamentare
spetta
alle
Regioni
in
ogni
altra
materia.
I
Comuni,
le
Province
e
le
Città
metropolitane
hanno
potestà
regolamentare
in
ordine
alla
disciplina
dell’organizzazione
e
dello
svolgimento
delle
funzioni
loro
attribuite.
Le
leggi
regionali
rimuovono
ogni
ostacolo
che
impedisce
la
piena
parità
degli
uomini
e
delle
donne
nella
vita
sociale,
culturale
ed
economica
e
promuovono
la
parità
di
accesso
tra
donne
e
uomini
alle
cariche
elettive.
La
legge
regionale
ratifica
le
intese
della
Regione
con
altre
Regioni
per
il
migliore
esercizio
delle
proprie
funzioni,
anche
con
individuazione
di
organi
comuni.
Nelle
materie
di
sua
competenza
la
Regione
può
concludere
accordi
con
Stati
e
intese
con
enti
territoriali
interni
ad
altro
Stato,
nei
casi
e
con
le
forme
disciplinati
da
leggi
dello
Stato".
Art. 4.
1. L’articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I
Comuni,
le
Province
e
le
Città
metropolitane
sono
titolari
di
funzioni
amministrative
proprie
e
di
quelle
conferite
con
legge
statale
o
regionale,
secondo
le
rispettive
competenze.
La
legge
statale
disciplina
forme
di
coordinamento
fra
Stato
e
Regioni
nelle
materie
di
cui
alle
lettere
b)
e
h)
del
secondo
comma
dell’articolo
117,
e
disciplina
inoltre
forme
di
intesa
e
coordinamento
nella
materia
della
tutela
dei
beni
culturali.
Stato,
Regioni,
Città
metropolitane,
Province
e
Comuni
favoriscono
l’autonoma
iniziativa
dei
cittadini,
singoli
e
associati,
per
lo
svolgimento
di
attività
di
interesse
generale,
sulla
base
del
principio
di
sussidiarietà".
Art. 5.
1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 119. – I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I
Comuni,
le
Province,
le
Città
metropolitane
e
le
Regioni
hanno
risorse
autonome.
Stabiliscono
e
applicano
tributi
ed
entrate
propri,
in
armonia
con
la
Costituzione
e
secondo
i
princìpi
di
coordinamento
della
finanza
pubblica
e
del
sistema
tributario.
Dispongono
di
compartecipazioni
al
gettito
di
tributi
erariali
riferibile
al
loro
territorio.
La
legge
dello
Stato
istituisce
un
fondo
perequativo,
senza
vincoli
di
destinazione,
per
i
territori
con
minore
capacità
fiscale
per
abitante.
Le
risorse
derivanti
dalle
fonti
di
cui
ai
commi
precedenti
consentono
ai
Comuni,
alle
Province,
alle
Città
metropolitane
e
alle
Regioni
di
finanziare
integralmente
le
funzioni
pubbliche
loro
attribuite.
Per
promuovere
lo
sviluppo
economico,
la
coesione
e
la
solidarietà
sociale,
per
rimuovere
gli
squilibri
economici
e
sociali,
per
favorire
l’effettivo
esercizio
dei
diritti
della
persona,
o
per
provvedere
a
scopi
diversi
dal
normale
esercizio
delle
loro
funzioni,
lo
Stato
destina
risorse
aggiuntive
ed
effettua
interventi
speciali
in
favore
di
determinati
Comuni,
Province,
Città
metropolitane
e
Regioni.
I
Comuni,
le
Province,
le
Città
metropolitane
e
le
Regioni
hanno
un
proprio
patrimonio,
attribuito
secondo
i
princìpi
generali
determinati
dalla
legge
dello
Stato.
Possono
ricorrere
all’indebitamento
solo
per
finanziare
spese
di
investimento.
È
esclusa
ogni
garanzia
dello
Stato
sui
prestiti
dagli
stessi
contratti".
Art. 6.
1. L’articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 120. – La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".
Art. 7.
1. All’articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali".
Art. 8.
1. L’articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:
"Art. 127. – Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge".
Art. 9.
1. Al secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono inserite le seguenti: "l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante".
2. L’articolo 115, l’articolo 124, il primo comma dell’articolo 125, l’articolo 128, l’articolo 129 e l’articolo 130 della Costituzione sono abrogati.
Art. 10.
1. Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Art. 11.
1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.
2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e all’articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l’esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.