FEDERALISMO

DOSSIER

La proposta di legge costituzionale del PRC

Interventi dei deputati e dei senatori di Rifondazione Comunista

Testo approvato definitivamente al Senato

 

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 6327

 

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

BERTINOTTI, NARDINI, GIORDANO, CANGEMI, DE CESARIS,

BONATO, BOGHETTA, LENTI, MALENTACCHI, MANTOVANI, EDO ROSSI,

VALPIANA, VENDOLA

 

Riforma dell'ordinamento regionale della Repubblica

Presentata il 9 settembre 1999

 


PROGETTO DI LEGGE - N. 6327


 


Onorevoli Colleghi! - Parlare di "federalismo", di "Stato federale", così come sta avvenendo da qualche tempo nel nostro Paese e in Parlamento, è soprattutto segno di pressappochismo e di un tentativo da parte di molti di sfruttare propagandisticamente un bisogno di approfondimento e di discussione, cavalcando disinvoltamente tigri che poi sarà assai difficile domare, e con la consapevolezza, che dovrebbe essere di tutti, che si stanno affrontando un tema e un aspetto non secondari né temporanei dello sviluppo e del futuro del Paese e dei suoi cittadini che cambierebbero radicalmente la vita stessa di tutti noi e il rapporto tra il cittadino e lo Stato, tra il cittadino e i diversi livelli istituzionali presenti e/o modificati. E questo anche e soprattutto perché il federalismo non è una forma "definita e assoluta" di Stato valida per tutti; il federalismo non è un risultato o una conseguenza univoca di processi storico-politici di Stati che pur oggi sono, o dicono di essere, "federali"; di federalismo - e per fortuna - non c'è un modello unico e applicabile sempre e dovunque. Anzi, per certi versi, si può accedere a forme di federalismo non soltanto diverse, ma in alcuni casi addirittura opposte tra loro.
Federalismo può essere, legittimamente, il modo di costruire un potere forte di intervento sovranazionale (o sovrastatale) nell'economia con rilevanti scopi di ridistribuzione; federalismo, altrettanto legittimamente, può essere il modo attraverso il quale costruire un mercato forte sovranazionale che favorisca essenzialmente il cosiddetto "libero scambio", e ancora federalismo può essere il modo per consentire a ogni comunità, piccola o grande che sia, di utilizzare le proprie risorse unicamente ed esclusivamente per provvedere alle proprie esigenze; e, di nuovo, federalismo può essere lo strumento attraverso il quale ciascuna comunità si dà il proprio ordinamento e così infligge un colpo alla esistenza di uno Stato unitario. Insomma appare evidente a chiunque voglia conservare un minimo di oggettività e di lucidità che esistono o possono esistere tanti "federalismi" quante sono le storie e le culture "nazionali" dei singoli Paesi e che esso è figlio della specifica storia di ciascuna nazione. Ed è appunto la storia di ogni Paese l'altro aspetto del problema che sarebbe assurdo e suicida per chiunque ignorare o "plasmare" artatamente a seconda delle proprie convenienze "di bottega".
Sappiamo tutti, almeno così si ritiene, che, ad esempio, elemento storico di base del federalismo canadese è la compresenza di un'etnia francofona e di un'etnia anglofona, che insieme hanno costruito, per ragioni varie e diverse, a cominciare da quelle legate a flussi migratori, il Canada; così come conosciamo i momenti e le problematiche storiche alla base del federalismo americano soprattutto a partire dalla guerra di secessione; per non parlare del federalismo svizzero e degli elementi alla base di un'esigenza di questo tipo nella stessa Spagna. La stessa Germania, che potrebbe apparire la più simile al nostro Paese, è arrivata al federalismo (e in epoche storiche anche assai lontane) in conseguenza di vicende storiche, di situazioni storiche completamente diverse dalle nostre. La Germania, infatti, data il suo federalismo a partire dal Congresso di Vienna del 1815, allorquando essa si "unifica" attraverso un processo parafederale perfettamente conciliabile, d'altronde, con un fortissimo "accentramento" in un soggetto unitario, l'Imperatore, re di Prussia, "depositario" assoluto del senso di unità della nazione tedesca. Anche la Germania "federale" post-nazista rispondeva, insieme ad altri elementi, ad un altro incontrovertibile fatto: una liberazione dal nazismo compiuta contestualmente e "per parti" da quattro grandi Stati-nazioni del mondo.
L'Italia, invece, con il Risorgimento e le guerre di indipendenza, è diventata nazione attraverso la creazione dello Stato unitario.
La storia certamente non si ripete, ma guai ad ignorare i suoi insegnamenti. Affermiamo questo perché sarebbe antistorico, assurdo e foriero di conseguenze gravi, non solo per l'immediato, affrontare discussioni e scelte di questa natura (anche per i "federalisti" più acriticamente convinti) ignorando, rimuovendo o contraddicendo gli elementi, tutti, a cui fino ad ora si è fatto sommariamente riferimento.
La fretta, l'approssimazione, il pressappochismo, il gesuitismo - nessuno "ingenuo" e/o "innocente" - di coloro che brandiscono l'arma del "federalismo a tutti i costi", ignorano e occultano volutamente un'altra questione centrale per chi, in Italia, intende affrontare correttamente tali temi.
Riteniamo che, nonostante l'ira iconoclastica nei confronti della Costituzione da parte di molti, nessuno, in buona fede, possa negare che aspetti importanti di essa non siano stati correttamente e pienamente attuati, e non "casualmente". Uno di questi è certamente quello riguardante le Regioni, i loro poteri, la loro correlazione con le altre Istituzioni in alto e in basso, il loro modo di rispondere e di rapportarsi ai bisogni, alle domande e alle esigenze dei cittadini.
Non ci si riferisce, qui, soltanto né principalmente, all'enorme ritardo con il quale furono istituite le Regioni. Quello a cui si intende fare riferimento è l'insufficienza a rispondere alle necessità, nonché le contraddizioni accumulate a decorrere dalla loro istituzione fino ad oggi. Sappiamo benissimo che si tratta di un quadro variegato e che sono diverse le situazioni da una Regione ad un'altra; ma sappiamo altrettanto bene che il livello medio è assai basso e comunque inferiore alle necessità; che si può parlare di un "meno peggio" e certamente non di un "meglio" né in assoluto, né in termini relativi. Regioni che accumulano ritardi di ogni genere; che sperperano denaro nei modi più diversi; che non spendono soldi messi a loro disposizione per avviare, anche se in modo parziale, processi di sviluppo; che non rispondono alle esigenze dei loro amministrati; che non ricoprono né rivendicano ruoli politici anche nella costruzione di processi economico-sociali nei quali sono interamente "dentro"; che non hanno promosso né tantomeno avviato un rapporto di fiducia, di stima, di collaborazione e di confronto politico istituzionale con i cittadini amministrati; che, proprio facendosi forti di tale rapporto e di tale credibilità, possono instaurare con lo Stato centrale un rapporto paritario, possono chiedere, in ambiti definiti, sempre maggiore spazio, maggiori poteri, maggiore autonomia.
Il quadro, al contrario, appare nel suo complesso - al di là di eventuali lodevoli eccezioni - sinceramente sconfortante.
Ed è, invece, lì che bisognerebbe intervenire con forza e decisione: nel rafforzamento del regionalismo, "costringendo" - se così si può dire - anche le stesse Regioni a praticarlo e ad essere convinte fino in fondo, utilizzando tutti gli strumenti possibili, a cominciare dalle modifiche costituzionali in tal senso non solo giustificabili, ma necessarie. Ed è in questa direzione che va la presente proposta di legge di riforma costituzionale, della quale si auspica la rapida approvazione.

Art. 1.


1. L'articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 114 - La Repubblica italiana è costituita da Comuni, Province, città metropolitane e Regioni".

Art. 2.


1. L'articolo 115 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 115 - Le Regioni, le città metropolitane, le Province e i Comuni sono enti autonomi ed esercitano i propri poteri e le proprie funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione nonché dalle leggi dello Stato".

Art. 3.


1. L'articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 117 - La potestà legislativa è ripartita tra lo Stato e le Regioni, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
E' di esclusiva competenza dello Stato la potestà legislativa in merito a:

a) diritti e doveri dei cittadini previsti dai titoli I, II, III e IV della parte I della Costituzione;

b) formazione, ordinamento ed attribuzioni degli organi costituzionali e degli organi, uffici ed enti dipendenti dallo Stato;

c) cittadinanza, libertà di circolazione, passaporti, immigrazione ed emigrazione, estradizione;
d) politica estera, commercio con l'estero, relazioni internazionali e con l'Unione europea, fermo restando quanto stabilito nell'articolo 118;

e) rapporti tra Stato e confessioni religiose;

f) difesa nazionale;

g) sicurezza pubblica;

h) ordinamento giuridico, ordinamento della giustizia civile, penale, amministrativa, tributaria e contabile; ordinamento civile e penale; ordinamento delle libere professioni;

i) contabilità dello Stato e tributi statali;

l) ordinamento bancario, sistema valutario e monetario, pesi e misure, determinazione dell'ora legale;

m) programmazione economica nazionale;

n) politiche industriali, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;

o) lavori pubblici, protezione civile, trasporti e comunicazioni di interesse nazionale;

p) beni culturali e paesistici di interesse nazionale, parchi nazionali;

q) ricerca scientifica e tecnologica, tutela della proprietà letteraria, artistica ed intellettuale;

r) previdenza sociale, tutela e sicurezza del lavoro;

s) legislazione elettorale, organi di governo e condizioni di esercizio dei diritti politici;

t) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

u) calamità naturali, condizioni essenziali dell'igiene pubblica e tutela del territorio;

v) istruzione pubblica di ogni ordine e grado e università;
z) tutela della salute e assistenza sanitaria.

Le Regioni hanno potestà legislativa in ogni altra materia, ad eccezione di quelle attribuite allo Stato da altre disposizioni della Costituzione e da altre leggi costituzionali.
Lo Stato, nelle materie di competenza delle Regioni, può fissare, con leggi organiche, esclusivamente princìpi fondamentali che attengono ad esigenze di carattere unitario.
Le leggi organiche vincolano le Regioni e non hanno come destinatari i cittadini.
Nell'emanazione di leggi di competenza regionale inerenti funzioni e aspetti di carattere sociale, le Regioni garantiscono a ciascun cittadino le prestazioni previste dalle leggi della Repubblica. Con legge dello Stato sono previste le procedure per l'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza della Regione.
Con legge statale è disciplinata la partecipazione dei rappresentanti delle Regioni alla formazione e approvazione delle leggi organiche".

Art. 4.


1. L'articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 118 - Non possono essere istituiti dazi di importazione o esportazione e transito tra le Regioni, né adottati provvedimenti tendenti a limitare e ostacolare in qualsiasi modo la libera circolazione di persone e cose tra le Regioni, né l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale".

Art. 5.


1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 119 - Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da legge organica dello Stato.
Nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legge organica, nelle materie di competenza legislativa regionale e nelle altre materie indicate dalla legge stessa, le Regioni hanno potestà impositiva e possono istituire tributi propri e addizionali ai tributi erariali.
Alle Regioni sono attribuite quote di tributi erariali secondo i criteri stabiliti con legge statale che disciplina l'ordinamento generale del sistema tributario in relazione alle fonti di produzione del reddito.
Ai Comuni, alle città metropolitane e alle Province sono attribuite quote di tributi spettanti alle Regioni in ragione della capacità contributiva degli abitanti.
Lo Stato, allo scopo di garantire e promuovere lo sviluppo economico, la coesione sociale e il riequilibrio nazionale, destina ulteriori trasferimenti e risorse aggiuntive a favore di determinate Regioni, Province, città metropolitane e Comuni.
Per provvedere a scopi determinati e, particolarmente, per valorizzare le aree depresse, lo Stato può disporre finanziamenti aggiuntivi, d'intesa con le Regioni interessate.
Le leggi dello Stato che comportino nuovi oneri per le Regioni devono provvedere all'adeguamento delle entrate di detti enti.
Le Regioni, le Province, le città metropolitane ed i Comuni hanno un proprio demanio e un proprio patrimonio".

Art. 6.


1. L'articolo 123 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 123 - Ogni Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, detta le norme fondamentali relative all'organizzazione della Regione. Esso determina in particolare:

a) princìpi relativi al funzionamento e all'attribuzione degli organi di governo regionale;
b) ordinamento degli uffici e dei servizi pubblici regionali;

c) diritto di iniziativa relativa alle proposte di legge e di provvedimenti regionali;

d) modalità della partecipazione popolare;

e) procedimento di formazione delle leggi e dei regolamenti regionali;

f) richieste di referendum;

g) controllo sull'amministrazione regionale.

Lo statuto è deliberato dal Consiglio regionale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti ed è approvato con legge organica dello Stato".

Art. 7.


1. L'articolo 124 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 124 - Il commissario del Governo è nominato dal Consiglio dei ministri, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, e provvede, presso ciascuna Regione, ad assicurare il coordinamento dell'amministrazione statale con l'amministrazione regionale e locale.
In particolare, provvede:

a) all'indirizzo, al coordinamento e alla vigilanza sul finanziamento e sull'attività degli organi periferici dello Stato;

b) a formulare proposte ed esprimere pareri in ordine alle attività svolte sul territorio regionale da enti pubblici nazionali, aziende e amministrazioni autonome dello Stato;

c) a proporre, d'intesa con il Presidente della Regione, nei casi di competenza primaria dello Stato, accordi di programma per la definizione e attuazione di interventi nella Regione che richiedano il concorso di più amministrazioni pubbliche.
In caso di assoluto contrasto tra l'indirizzo delle amministrazioni centrali, compresi gli enti nazionali, e gli indirizzi espressi a livello regionale, il commissario del Governo può sospenderne l'attuazione fino alla determinazione definitiva del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano".


Art. 8.


1. L'articolo 126 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 126 - Il Consiglio regionale può essere sciolto quando compie atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponde all'invito del Governo di sostituire la Giunta e il Presidente che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.
Il Consiglio regionale è altresì sciolto quando, a seguito di dimissioni, non sia più in grado di funzionare, ovvero quando non sia in grado di eleggere il Presidente e la Giunta entro sessanta giorni dalla proclamazione degli eletti o entro quarantacinque giorni dalle dimissioni della Giunta o dalla presentazione di mozione di sfiducia non respinta dalla maggioranza assoluta dei consiglieri regionali aventi diritto.
Può essere, altresì, sciolto per ragioni di sicurezza nazionale.
Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
Con il decreto di scioglimento è nominata una commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all'ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio".

Art. 9.


1. L'articolo 128 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 128 - Le Regioni informano la propria attività al principio di collaborazione e di consultazione permanente con le Province, le città metropolitane e i Comuni anche mediante l'istituzione di specifici organismi previsti nello statuto regionale".

 

CAMERA DEI DEPUTATI
—————— XIII LEGISLATURA ——————
 

Discussione generale

Seduta del 12 novembre 1999

On. Giorgio Malentacchi

Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, parlare di federalismo, di Stato federale, così come sta avvenendo da qualche tempo nel nostro paese e in Parlamento, è soprattutto segno di pressappochismo e del tentativo, da parte di molti, di sfruttare propagandisticamente un bisogno di approfondimento e di discussione, cavalcando così disinvoltamente tigri, che poi sarà assai difficile domare. Tutto ciò con una consapevolezza che dovrebbe essere di tutti: stiamo affrontando il tema non secondario né temporaneo dello sviluppo e del futuro del paese, nonché dei suoi cittadini, che potrebbe cambiare radicalmente la vita stessa di tutti noi e il rapporto, sotto tutti gli aspetti, fra il cittadino e lo Stato, fra il cittadino e i diversi livelli istituzionali presenti e quelli eventualmente modificati.
Tutto ciò soprattutto perché il federalismo non è una forma definita ed assoluta di Stato valida per tutti. Esso non è un risultato o una conseguenza univoca dei processi storici e politici di singoli Stati che oggi sono, o si dicono, federali. Non esiste, per fortuna, un modello unico di federalismo e applicabile sempre e dovunque; anzi, per alcuni versi, si può accedere a forme di federalismo non soltanto diverse, ma a volte addirittura opposte tra loro.

Il federalismo può essere legittimamente il modo per costruire un potere forte di intervento sovranazionale o sovrastatale nell'economia, con rilevanti scopi di ridistribuzione. Il federalismo, altrettanto legittimamente, può essere il modo attraverso il quale costruire un mercato sovranazionale forte, che favorisca essenzialmente il libero scambio.
Ancora, il federalismo può essere il modo per consentire ad ogni comunità, piccola o grande che sia, di utilizzare le risorse a disposizione unicamente per provvedere alle proprie esigenze. Di nuovo, il federalismo può essere lo strumento attraverso il quale ciascuna comunità si dà il proprio ordinamento, infliggendo un colpo anche nell'esistenza di uno Stato unitario.
Appare evidente, quindi, a chiunque voglia convenire su un minimo di oggettività e di lucidità, che esistono o possono esistere tanti federalismi quante sono le storie delle culture nazionali dei singoli paesi. Il federalismo è figlio di una specifica storia di ciascuna nazione ed è, appunto, la storia di ogni paese l'altro corno del problema, che sarebbe assurdo e suicida per chiunque ignorare o plasmare artatamente, a seconda delle proprie presunte convenienze di bottega. Sappiamo tutti, almeno per grandi linee, che - ad esempio - elemento storico di base del federalismo canadese è la compresenza di un'etnia francofona e di un'etnia anglofona che, insieme, hanno costruito il Canada, per ragioni varie e diverse, a cominciare da quelle legate ai flussi emigratori. Così come conosciamo i passaggi e le problematiche storiche alla base del federalismo americano, soprattutto a partire dalla guerra di Secessione. Per non parlare del federalismo svizzero e degli elementi alla base di un'esigenza di questo tipo nella stessa Spagna. Anche la Germania, che potrebbe apparire la più simile al nostro paese, è arrivata al federalismo e in epoche storiche assai lontane, conseguentemente a situazioni storiche completamente diverse dalle nostre. La Germania, infatti, data il suo federalismo a partire dal congresso di Vienna del 1815, allorquando essa si unifica attraverso un processo parafederale perfettamente conciliabile, d'altronde, con un fortissimo accentramento in un soggetto unitario: l'imperatore re di Prussia, depositario assoluto del senso di unità della nazione tedesca. Anche la Germania federale post-nazista rispondeva, accanto agli altri elementi, ad un altro incontrovertibile fatto: una liberazione dal nazismo compiuta contestualmente e per parti da quattro grandi Stati nazione del mondo. L'Italia, invece, con il Risorgimento e le guerre di indipendenza, è diventata nazione attraverso la creazione dello Stato unitario. La storia certamente non si ripete, ma guai ad ignorare i suoi insegnamenti: dico questo perché sarebbe antistorico, assurdo e foriero di conseguenze gravi - forse non tanto per l'immediato - affrontare discussioni e scelte di questa natura, anche per i federalisti più acriticamente convinti, ignorando, rimuovendo o contraddicendo tutti gli elementi cui sinora ho fatto sommariamente riferimento.
La fretta, l'approssimazione, il pressappochismo, il gesuitismo - nessuno ingenuo o innocente - di coloro che brandiscono da noi l'arma del federalismo a tutti i costi portano ad ignorare ed occultare volutamente un'altra questione centrale per chi in Italia vuole affrontare correttamente tali temi.
Credo che, nonostante l'ira iconoclastica di molti nei confronti della Costituzione, anche stamattina nessuno, in buona fede, possa negare che aspetti importanti di essa non siano stati correttamente e pienamente attuati, e non casualmente. Uno di essi è certamente quello riguardante le regioni e i loro poteri, la loro correlazione con le altre istituzioni, in alto e in basso, e il loro modo di rispondere e di rapportarsi ai bisogni, alle domande ed alle esigenze dei cittadini. Non mi riferisco soltanto, né principalmente, all'enorme ritardo con il quale furono insediate le regioni, ma all'enorme ritardo ed alle contraddizioni accumulate a partire dal loro insediamento e fino ad oggi.
So benissimo che si tratta di un quadro variegato e che le situazioni esistenti nelle varie regioni sono diverse, ma so altrettanto bene che il livello medio è assai basso - e, comunque, inferiore alle necessità - e che si può parlare di un "meno peggio" e certamente non di un meglio, né in assoluto, né in termini relativi.
Vi sono regioni che accumulano ritardi di ogni genere, che sperperano danaro nei modi più diversi, che non spendono i soldi messi a loro disposizione per avviare, anche in modo parziale, processi di sviluppo, che non rispondono alle esigenze dei loro amministrati, che non ricoprono, né rivendicano ruoli politici, anche nella costruzione di processi economico-sociali, nei quali sono interamente dentro, e che non hanno promosso, né tanto meno avviato, un rapporto di fiducia, di stima, di collaborazione e di confronto politico e istituzionale con i cittadini amministrati. Proprio facendosi forti di tale rapporto e di tale credibilità, si può instaurare con lo Stato centrale un rapporto paritario e si può chiedere, in ambiti definiti con grande chiarezza, uno spazio sempre maggiore o, se preferite, maggiori poteri ed autonomia.
Al contrario, al di là di eventuali lodevoli eccezioni, il quadro appare nel suo complesso sinceramente sconfortante ed è invece in tal senso che bisognerebbe intervenire con forza e decisione nel rafforzamento del regionalismo, costringendo - se così si può dire - anche le stesse regioni a praticarlo, ad esserne convinte fino in fondo, utilizzando tutti gli strumenti possibili, a cominciare, se del caso, anche da modifiche costituzionali in tale direzione, che, a questo punto, non sarebbero solo giustificabili, ma necessarie.
Invece, il vostro angusto modo di vedere le cose, solo in rapporto alle vostre esigenze di bottega, e la vostra consapevole e ingiustificabile superficialità vi portano a inseguirvi tra di voi, anche scompostamente - e in certi momenti ridicolmente -, nella santificazione di un federalismo che corre il rischio di trasformarsi in un acritico feticcio e, come tale, in qualcosa gravido di danni non solo potenziali.
Tra le altre cose, vi sfugge purtroppo che, in una realtà come la nostra, pur se dovesse affermarsi, domani o dopodomani, un'idea federale dello Stato - qualunque essa fosse - e se essa dovesse essere in qualche modo attuata, bisognerebbe comunque, e subito, non perdere di vista neppure un istante la necessità e l'obbligo di salvaguardare e praticare concretamente il senso forte dello Stato, naturalmente non di uno Stato "forte" nel suo significato deleterio, bensì di uno Stato di grande autorevolezza, prestigio e riconoscibilità nei confronti dei cittadini e di qualsivoglia altro soggetto istituzionale.
Quindi, ad esempio, gli ipotetici Stati o soggetti federali, che io sinceramente oggi non riesco ad individuare, a meno che non ci si riferisca alle regioni - ma, in tal modo, si aprono un capitolo ed una discussione oggettivamente diversi da quella cosiddetta federale -, dovrebbero avere una competenza legislativa, in settori di primaria rilevanza, di carattere concorrente, cioè sottoposta ad un intervento uniformante del legislatore nazionale o federale. A quest'ultimo dovrebbe essere riconosciuta la competenza legislativa di "cornice", cioè il diritto-dovere di definire, anche in materie importanti di competenza non centrale, principi fondamentali e vincolanti per l'eventuale legislazione degli Stati o soggetti federali (sempre ipotetici) e solo per questioni inerenti strettamente e esclusivamente ad esigenze e bisogni di tali eventuali Stati o soggetti federali vi potrebbe essere la competenza legislativa esclusiva degli stessi.
La tragedia è che qualcosa di maledettamente serio, come il federalismo, al di là del fatto che si possa più o meno essere d'accordo, viene vista come una scorciatoia, come una facile, oltre che possibile, risposta a momenti di crisi politica, sociale ed economica, mettendo nel conto e dando per scontato che debbano prevalere risposte parcellizzate

ed egoistiche in grado di salvare o per lo meno di far sopravvivere pezzi e ritagli dell'intero territorio nazionale.
La tragedia è che il federalismo venga visto come una via ulteriore per la semplificazione della vita politico-sociale dell'Italia, costituendo un'altra faccia della stessa medaglia che ha, come piatto forte, la cosiddetta riforma elettorale che dovrebbe, così vogliamo sperare, essere stata sepolta dall'esito del referendum del 18 aprile.
Non è purtroppo però difficile ipotizzare che il percorso prescelto, se non fermato e corretto in tempo, avrebbe come unico risultato quello di raggiungere la disgregazione del tessuto connettivo sociale e solidaristico del nostro paese e del nostro popolo, i cui primi segnali si cominciano ad intravedere.
L'impostazione e la filosofia del progetto di legge del Governo sono impregnate, a nostro avviso, degli aspetti più negativi ai quali ho accennato, sia pur sommariamente, sino ad ora. È per questo, al di là dei singoli aspetti relativi ai diversi articoli e ai diversi commi, che noi di Rifondazione comunista siamo radicalmente e convintamente contrari ad esso. Nel corso del dibattito è stata sostenuta dal Polo la necessità di introdurre, nella proposta in discussione o in un distinto progetto di legge costituzionale, il principio di sussidiarietà orizzontale. Credo che rappresenterebbe un ulteriore e severo colpo alla Carta fondamentale, se ve ne fosse ancora bisogno. Mi riferisco al punto in cui si enumerano le competenze dello Stato e delle regioni le quali - questo è quello che si deduce - dovrebbero essere automaticamente stati o soggetti istituzionali federali. Come non vederci un arrendevole consenso alla definitiva scomparsa dello Stato sociale del nostro paese, dato che nessuna clausola è stata individuata affinché siano salvaguardati, per esempio, a livelli alti l'esigenza e l'uniformità di trattamento di tutti i cittadini italiani nel settore della sanità, della scuola, dell'intervento solidaristico ed obbligatorio delle istituzioni? Faccio qui riferimento all'intero welfare State, in considerazione del fatto che in Italia l'intera impalcatura dello Stato sociale, conquistato e non regalato da nessuno - badate bene! - si basa sulla scuola: diritto allo studio per tutti; sulla sanità: diritto alla salute e alla vita per tutti; sulla previdenza: diritto alla sopravvivenza dignitosa per tutti in segno di gratitudine da parte della comunità intera dopo una vita spesa per la collettività ed i suoi giusti interessi.
Che cos'è, signor ministro, se non un attacco esplicito al principio di solidarietà collettiva, alla necessità di garantire in via di principio un'uniformità di risposta ad alto livello ai bisogni e alle esigenze di tutti i cittadini italiani ciò che si prevede ancora nella proposta di legge? Che cos'è, se non l'insopportabile vergogna per tutti - e non solo per voi, purtroppo - di costituzionalizzare l'esistenza di realtà ricche e di realtà povere con l'accettazione di ciò che ne conseguirebbe? E ancora. Che cos'è, se non mostruosità giuridico-costituzionali che assegnano agli statuti poteri e peso superiori alle stesse leggi dello Stato, che eliminano dalla scena ed anche dalla consultazione, su aspetti importanti e decisivi della vita collettiva, soggetti fondamentali come, per esempio, le rappresentanze dei lavoratori?
Infine, la confusione ed il pressappochismo traspaiono con evidenza laddove sono individuate e declamate le venti regioni ordinarie e speciali. Da ciò trasparirebbe che l'ipotetica Italia federale sarebbe composta da venti non si sa cosa: regioni? Stato federale o altro? Così risulteremmo secondi per numero soltanto forse agli Stati Uniti d'America, la qual cosa la dice lunga sulla sovrapposizione di categorie di ragionamento e di analisi, quali il regionalismo ed il federalismo che - sia chiaro, e per noi lo è - sono cose profondamente diverse.
A ulteriore conforto e conferma di tale impressione, lo stesso articolo, disinvoltamente e - permettetemi - assurdamente, parla della possibilità di definire e approvare a piacere forme e condizioni particolari di autonomia anche per le regioni a statuto ordinario. Al di là dell'assurdità del concetto stesso e della procedura proposta, anche da qui traspare con chiarezza una totale confusione mentale: in uno Stato federale - ammesso che ci fosse e che ci si trovasse tutti d'accordo - che significato avrebbe il concetto di autonomia? Autonomia da che? Da che cosa? Forse qualcuno, da buontempone - anche se la quaresima è ormai passata da tempo - pensa qualcosa di molto vicino o simile al concetto di amministrazione - non solo economica - separata?
Facciamo finta che sia tutto uno scherzo. Permettetemi, però, di chiudere il mio intervento, sottolineando una carenza ed una necessità che, a mio modo di vedere, coincidono: ciò che non esiste assolutamente nella proposta di legge è lo Stato, è il senso forte dello Stato, è il ruolo dello Stato. Ciò che è necessario che ci sia fino alla nausea è lo Stato, il senso forte dello Stato, il ruolo dello Stato.

CAMERA DEI DEPUTATI
—————— XIII LEGISLATURA ——————

Intervento in Aula

Seduta del 19 settembre 2000

On. Franco Giordano

 

Signor Presidente, si sta sviluppando un singolare dibattito sulla questione del federalismo: sembra che tra i due poli si stia facendo una sorta di gara su chi per primo, meglio e più efficacemente dell'altro riesce a rompere lo schema unitario istituzionale del nostro paese e su chi per primo riesce a svuotare ulteriormente le funzioni e le prerogative dello Stato sociale.
Anche lei avrà notato che questa mattina un giornale a tiratura nazionale riportava l'intervista di un autorevole esponente del centrosinistra, che ritengo interverrà in questo dibattito, il quale diceva: "La devolution? La faremo prima noi".
Noi non parteciperemo a questa gara, perché non possiamo prendere parte ad una gara su un argomento di questo tipo e voteremo contro le proposte di modifica costituzionale, proponendo un'alternativa vera, volta a realizzare un reale decentramento di funzioni e poteri alle regioni, senza sostituire centralismo statale a centralismo regionale, in un quadro certo di riferimenti generali e centrali da contrapporre alla vaghezza di riferimenti esposti a qualsiasi spinta centrifuga o ad una qualsiasi pericolosa forzatura.
Signor Presidente, non ci sfugge la pericolosità del referendum richiesto e deliberato dalla regione Lombardia: si tratta di un atto propagandistico di cui andrebbe verificata la costituzionalità e comunque foriero di conseguenze politiche che amplificano orientamenti ed interessi regressivi socialmente divaricanti nel paese.
All'interno dello stesso schieramento di centrodestra vi sono opinioni difformi. Ho letto un'intervista rilasciata dal presidente della regione Puglia, il quale non mi sembra essere molto in sintonia con quanto affermato da Formigoni e da Ghigo. Dietro questa ventata federalista vi è il bisogno delle regioni forti di contrapporsi a quelle più deboli, di amplificare le diversità, i differenziali di crescita e la qualità dello sviluppo. Percorrendo questa strada, si introduce l'egoismo e la forte contrapposizione sociale; vi è persino la difficoltà di mantenere parametri comuni - questo è un tema molto delicato - sulle questioni concernenti il governo del territorio. Questa logica risponde profondamente ad un disegno liberista: a questo disegno aderisce chi cerca illusoriamente di temperarlo e chi, al contrario, preferirebbe sprigionarne gli effetti più devastanti.
Il segno di fondo in materie dirimenti è lo svuotamento progressivo delle funzioni pubbliche. In questo senso riteniamo che ci sia uno svuotamento dei principi di uguaglianza dei cittadini sanciti dalla Costituzione, rendendo quell'uguaglianza del tutto formale, immaginaria, falsa.
Dietro questo modifiche costituzionali c'è il primato del privato sul pubblico, il rischio, oserei dire la certezza, che su materie come sanità, formazione e assistenza la diseguaglianza tra chi può e chi non può sia sempre più grave ed accentuata, in sintonia del resto con i testi di legge sulla privatizzazione dei servizi pubblici.
Sta qui dunque la differenza strategica e radicale con la nostra impostazione: tra chi sceglie di aderire ad un impianto liberista e chi al contrario propone un decentramento e prospetta un protagonismo ed una partecipazione democratica (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI
—————— XIII LEGISLATURA ——————

Dichiarazione di voto finale

Seduta 26 settembre 2000

On. Maria Celeste Nardini

Signor Presidente, in questi giorni su questo argomento abbiamo assistito in quest'aula ad un vero e proprio gioco delle parti, in cui ognuno recitava la parte che gli era stata assegnata, con la chiara consapevolezza di tutto ciò. A tal punto è arrivato il gioco delle parti che, nella finale del gioco, ecco cambiare persino il titolo della legge: infatti essa giustamente non corrispondeva nemmeno lontanamente a quello che può essere il federalismo.
Abbiamo utilizzato assai male questo tempo e non tanto perché l'esito è del tutto incerto rispetto agli effettivi risultati di carattere costituzionale e legislativo, ma soprattutto per il fatto che si è persa un'occasione vera per discutere dei concetti istituzionali fondamentali che dovrebbero essere alla base di una scelta sull'ordinamento statuale. Invece, sono state date per scontate una serie di cose, di sintesi e di approdi logici, ideali, politici e istituzionali che tali non sono per niente, con il rischio che tale operazione possa fare definitivamente breccia nel senso comune della nostra gente.
Le operazioni di carattere politico-culturale tentate, e forse riuscite, in questi giorni all'interno di quest'aula sono sinceramente inaccettabili e intellettualmente persino poco limpide. Come si fa a mettere in cantiere la cosiddetta riforma federale dello Stato, se non ci si intende prima sul significato di federalismo nel nostro paese?
Tutti sappiamo - o dovremmo sapere - che non esiste un federalismo in assoluto e valido per tutti. Il federalismo, là dove esiste, è strettamente legato alla storia, alla cultura, alle tradizioni di un popolo e di un paese. Esiste un federalismo degli Stati Uniti d'America, della Germania, della Spagna, della Svizzera e del Canada: sono forme di federalismo con pari dignità, anche se molto diverse tra di loro.
Qui invece si è tentato e si tenta di far passare il modello americano come espressione del federalismo perfetto e da attuare in Italia. Chi lo ha stabilito? La storia, la cultura, la tradizione del nostro paese sono le stesse o qualcosa di molto simile a quelle degli USA? Per quale ragione dobbiamo inseguire un modello federale che ha certamente aspetti positivi, ma che nello stesso tempo "suicida" un gran numero di poveri, che non hanno la possibilità di curarsi a pagamento, o che permette ad alcuni, a troppi Stati di praticare, ad esempio, la pena di morte.
È in sostanza indispensabile fare un passo indietro. È indispensabile - o meglio, sarebbe stato necessario - cominciare a discutere dall'inizio e mettersi d'accordo su che cosa intenda ciascuno di noi e che cosa intenda questo Parlamento per modello federale dello Stato.
È stata qui compiuta un'operazione abile da parte della destra, colpevolmente favorita dalla maggioranza di centrosinistra. Si è molto discusso, o meglio, si è molto usata in questi giorni la parola "sussidiarietà" ed è sembrato che per tutti o quasi tutti sussidiarietà sia sinonimo di imprenditoria privata, alla quale affidare la gestione di tutti i servizi pubblici essenziali - la sanità, la previdenza, la scuola, i beni naturali e culturali -, togliendoli del tutto al pubblico in assoluto, naturalmente in cambio dell'utile, che solo permette l'esistenza dell'imprenditoria privata. Per ore avete discusso di questo.
Al di là delle aberrazioni politiche, culturali e sociali di tesi e di impostazioni di questo tipo, che abbiamo combattuto e continueremo sempre a combattere, in quale vocabolario è scritto che sussidiarietà significa imprenditoria privata? La sussidiarietà è tutt'altra cosa: forse dovremmo andare alle radici e cercare di leggere o di rileggere. È la necessità che alle esigenze e alle domande dei cittadini rispondano, certamente meglio di come oggi avviene, i livelli istituzionali - comuni, province, regioni e Stato - ad essi più vicini in rapporto al merito della domanda e delle esigenze; insomma, che ogni livello faccia il proprio dovere senza sopraffare l'altro.
Invece, qui si è discusso in termini intellettualmente poco limpidi. È inaccettabile e, non avendo contrastato tale operazione da parte del Governo e del centrosinistra, si è doppiamente colpevoli, in quanto da un lato si rinuncia ad una battaglia sacrosanta, quella del federalismo - o meglio, per noi, di un sano e forte regionalismo - e dall'altro si perpetua e si favorisce l'attacco a tutto ciò che è pubblico, presentandolo persino come il male in assoluto.
Una cosa comunque è risultata chiara in questi giorni: la riforma federale dello Stato viene usata esclusivamente come il grimaldello per affossare e distruggere definitivamente ciò che resta dello Stato sociale in questo paese.
Come il grimaldello con il quale distruggere ciò che resta del concetto di solidarietà, come il grimaldello grazie al quale disegnare un paese in cui siano costituzionalmente definiti i ricchi e i poveri, quelli che hanno più diritti e quelli che ne hanno meno o non ne hanno affatto; quelli che possono disporre di risorse e chi no, fermo restando però che i doveri devono essere uguali per tutti, come è giusto che sia. Che brutto giorno sarebbe quello che vedesse la nascita di un simile Stato in Italia o in qualsiasi altra parte del mondo!
Oggi abbiamo, per lo meno, chiarezza su poche ma decisive cose. Per la destra il federalismo niente altro è - come è stato chiaramente detto - che la possibilità che la ricchezza prodotta resti nelle zone ricche e la povertà resti nelle zone povere, tutt'altro che colpevoli - lo si ricordi sempre - di questa situazione e che conseguentemente lì vi sia una buona scuola privata, una buona sanità privata, una giustizia legata al potere politico, servizi migliori privati con costi che solo i ricchi abitanti di quelle zone possono pagarsi. Altro che questione meridionale! Non mi riferisco solo ed esclusivamente a quella di Antonio Gramsci, comunque a noi caro, ma bastava in qualche modo richiamarsi a Salvemini o a quanti la pensavano come lui; bastava richiamarsi persino all'analisi di Giolitti e forse saremmo stati più vicini, avremmo discusso più seriamente.
Purtroppo siamo stati lontani da tutto ciò: una società, pezzi di Stato federale opulenti, magari con barriere nell'accesso agli studi e al lavoro per tutti coloro - comunitari, extracomunitari, figli di altri e diversi - che sono estranei a quei pezzi di Stato. Uno Stato federale con barriere e muri invisibili che sancisce la diversità come asse fondante di una gerarchia naturale da difendere: diversità di genere, di nascita, di razza e di censo. No, grazie, non ci stiamo né ci staremo mai!
Così come per il centrosinistra, il federalismo e la riforma federale dello Stato altro non sono che un tentativo di stabilire e definire regole di quieto vivere e di coabitazione non belligerante tra Governo centrale e governi regionali, soprattutto in presenza di Governi politicamente diversi e - possiamo dopo le ultime riforme - assai forti. Il resto, purtroppo, è stato considerato zavorra. No, grazie, non ci stiamo e non staremo mai neppure a questo!
Il federalismo e la sussidiarietà non sono concetti politicamente marchiati. È necessario, se si vuol fare cosa seria, discutere cominciando dall'abbiccì con la massima limpidezza ed onestà intellettuale.
Abbiamo espresso, per quanto ci è stato possibile, la nostra posizione, abbiamo cercato di disegnare un'Italia in cui lo Stato, le regioni, i comuni e le province abbiano ruoli definiti e precisi; un'Italia in cui ad un centralismo statale - laddove esiste - negativo e da combattere non subentri un centralismo altrettanto negativo da parte di altri soggetti istituzionali; un'Italia dove tutti i livelli istituzionali concorrano insieme al benessere e alla difesa dei diritti sociali e civili unitari dei suoi cittadini.
Per questo abbiamo perso tempo in questi giorni; cerchiamo di non aggiungere a ciò un danno che potrebbe diventare difficilmente reversibile (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI
—————— XIII LEGISLATURA ——————
 

Dichiarazione di voto finale

On. Maria Celeste Nardini

Seduta del 28 febbraio 2001

 

Presidente, arriverà a conclusione una delle scadenze tra le più insidiose e gravide di pericoli di questa legislatura. La cosiddetta riforma federale della Repubblica e dello Stato non soddisfa assolutamente nessuno, né coloro che intendono il federalismo come sinonimo di separatismo né, tanto meno, coloro come noi che sono convinti che i rapporti Stato-regioni-autonomie locali debbano essere profondamente e radicalmente rivisti, ma nel senso corretto di favorire e, finalmente, di promuovere e attuare un regionalismo vero in Italia.
Un altro significato grave che può essere attribuito all'approvazione di questo provvedimento è forse quello di porre, in chiusura di legislatura, il sigillo ad uno dei motivi dominanti della legislatura stessa. La pervicacia e la testardaggine utilizzate per cambiare la Costituzione hanno innestato e provocato danni già oggi assai visibili e tangibili; l'elezione diretta del presidente della giunta regionale ne è un esempio. La realtà, dunque, è che rispetto al federalismo siamo esattamente al punto di partenza e cioè alla totale confusione e dispersione sul senso e sul significato stesso del federalismo qui ed ora, in Italia, in un paese con storie e tradizioni profonde e vere.
Una cosa è, comunque, risultata chiara in questa proposta di legge costituzionale: la riforma federale dello Stato viene usata come grimaldello per affossare e distruggere ciò che resta dello stato sociale in questo paese. Infatti, si è molto usata la parola sussidiarietà ed è sembrato che per tutti o quasi tutti essa sia sinonimo di imprenditoria privata alla quale affidare la gestione di tutti i servizi pubblici essenziali: la sanità, la previdenza, la scuola, i beni culturali e ambientali; sono stati sottratti al pubblico, naturalmente in cambio dell'utile che solo permette l'esistenza dell'imprenditoria privata.
È questo il grimaldello con il quale distruggere il concetto di solidarietà e grazie al quale disegnare un paese in cui siano costituzionalmente definiti i ricchi ed i poveri, quelli che hanno più diritti e quelli che ne hanno meno o non ne hanno affatto, quelli che possono disporre di risorse e chi no, fermo restando che i doveri, come è giusto che sia, devono essere uguali per tutti.
Oggi abbiamo chiaro cosa sia il federalismo per la destra e per il centrosinistra. Per il centrodestra e per la Lega il federalismo niente altro è che la possibilità che la ricchezza prodotta resti nelle zone ricche e la povertà nelle zone povere, senza riflettere su chi sia il responsabile della povertà di certe zone in base ad un nuovo e vero meridionalismo. Si delineano così parti della società e "pezzi" di Stato federale opulenti - così il centrodestra e la Lega immaginano la nuova configurazione - magari con barriere nell'accesso agli studi e al lavoro per tutti coloro, comunitari o extracomunitari, che ne sono estranei. Uno Stato federale con barriere e muri invisibili o visibili - come qualcuno oggi ci propone - che sancisca la diversità come asse portante di una gerarchia da difendere: diversità di generi, di nascita, di razza, di censo! Per il centrosinistra il federalismo e la riforma generale dello Stato altro non sono che un tentativo di stabilire regole di quieto vivere e di coabitazione non belligerante tra Governo centrale e governi regionali, soprattutto in presenza di governi politicamente diversi e, dopo le ultime riforme, ahimè, assai forti.
Abbiamo espresso, per quanto ci è stato possibile, la nostra posizione con una nostra proposta di legge con la quale, per la verità, non avete neppure voluto interloquire. In essa abbiamo cercato di disegnare un'Italia in cui lo Stato, le regioni, i comuni e le province abbiano ruoli definiti e precisi, un'Italia in cui ad un centralismo statale negativo e da combattere non subentri il centralismo altrettanto negativo di altri soggetti istituzionali, un'Italia dove tutti i livelli istituzionali concorrano insieme al benessere e alla difesa dei diritti sociali e civili unitari dei suoi cittadini.
Non avete voluto interloquire e non ci avete spiegato, quindi, perché "no" ad una proposta come la nostra, ad un forte regionalismo. La nostra posizione, pertanto, non è cambiata: non solo non ci avete convinto, ma ci rendiamo conto che questa riforma produrrà danni davvero seri in campo sociale (basti pensare ai settori della scuola e della sanità). Per tale ragione voteremo contro questo modello di riforma (Applausi dei deputati del gruppo misto-Rifondazione comunista-progressisti).

 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIII LEGISLATURA ——————

Discussione generale

Sen. Fausto Cò

Seduta di giovedì 8 marzo 2001

 

Signor Presidente, storicamente il federalismo ha rappresentato il tentativo di unire sul terreno istituzionale popoli ed etnie diverse creando solidarietà tra i vari popoli. Quindi, è stato un tentativo significativo, a volte riuscito, a volte meno, di creare vincoli di unione e di solidarietà anche sul terreno delle politiche economiche, tentando di far avanzare gli Stati federali più deboli economicamente verso il raggiungimento dei traguardi di sviluppo più avanzato.

A noi pare - lo abbiamo ripetutamente detto in quest'Aula, e anche i colleghi della Camera lo hanno ribadito più volte - che questa legge in realtà introduca una divisione e segna il fallimento di una politica autenticamente regionalista nel nostro Paese, così come fu caratterizzato lo spirito iniziale dei Costituenti.

Noi interveniamo con una normativa che divide profondamente le regioni ricche dalle più povere, le regioni forti dalle più deboli; né si dica che l'introduzione di un fondo perequativo potrà rappresentare uno strumento adeguato a sanare le differenze. Secondo noi, le differenze si accentueranno e non è un caso che la riforma costituzionale venga proposta oggi.

Vediamo dietro questa proposta di legge il tentativo di adattare le forme istituzionali al nuovo processo di globalizzazione. I sintomi sono molto evidenti. Qui si introduce un principio che, tra l'altro, va a modificare - secondo noi - anche la prima parte della Costituzione. Si tratta del principio di sussidiarietà, che viene introdotto non soltanto in senso verticale, ossia tra i diversi livelli istituzionali (il che sarebbe anche accettabile dal punto di vista democratico), ma anche in senso orizzontale. Questo è funzionale al processo di privatizzazione dei servizi andato avanti in questi anni, perché in tal modo avviene anche la sostituzione del privato al potere pubblico nell'opera di erogazione di servizi, che inevitabilmente non sono più un diritto accessibile a tutti, ma diventano servizi che devono essere pagati dai cittadini.

Quindi, abbiamo un adattamento della struttura istituzionale al processo di globalizzazione capitalistica che investe tutto il mondo occidentale. Basterebbe guardare l'assegnazione del potere, che viene riconosciuto alle regioni, di concludere trattati internazionali con Stati. Nella proposta di legge questi trattati vengono eufemisticamente chiamati accordi o intese, ma si tratta di una vera e propria potestà di intrattenere rapporti internazionali, di siglare accordi tra le regioni e lo Stato. Ci sembra che questo sia l'elemento politicamente più rilevante, che non abbiamo mai condiviso.

Infine, vorrei ricordare un elemento che ci consente di svolgere anche una critica da un punto di vista tecnico. Ci pare che l'aver introdotto la questione delle materie concorrenti tra regione e Stato, e l'aver previsto che lo Stato interviene in alcune materie solo sui princìpi generali, possa determinare un conflitto di attribuzione permanente davanti alla Corte costituzionale, che riteniamo estremamente pericoloso.

Riformare la Carta costituzionale vuol dire assegnare stabilità di funzioni, di potestà e di competenze. La materia concorrente sarà il terreno di un conflitto permanente dinanzi alla Corte costituzionale, perché sarà estremamente difficile individuare, in ciascuna materia, i princìpi generali e la legislazione di dettaglio.

Ci sembra, quindi, di registrare anche sotto questo profilo un autentico fallimento sul terreno delle riforme costituzionali.

Per queste ragioni - sicuramente il senatore Russo Spena lo affermerà nel corso del suo intervento - voteremo contro questo provvedimento, coerentemente con il voto che abbiamo già espresso. (Applausi del senatore Russo Spena).

 

SENATO DELLA REPUBBLICA
—————— XIII LEGISLATURA ——————

Dichiarazione di voto finale

Sen. Giovanni Russo Spena

Seduta di giovedì 8 marzo 2001

Rifondazione Comunista voterà contro il provvedimento. E' questa infatti una riforma sbagliata che peserà come un macigno, perché attiene alla struttura stessa dello Stato, alla dislocazione dei poteri costituzionali e perché nello stesso tempo incide sul lavoro, sulla fruizione dei servizi, sulla vita quotidiana delle cittadine e dei cittadini.

Noi guardiamo invece al federalismo democratico, nato storicamente per unire, per mettere in relazione culture, comportamenti e poteri, per costruire relazioni interculturali e multiculturali. Noi guardiamo al federalismo solidale, cioè a quella articolazione delle identità statuali che si alimenta della cooperazione e dell'autogoverno delle cittadine e dei cittadini. Questa legge è invece, a nostro avviso, un vero e proprio azzardo costituzionale di stampo liberista.

Questo è un federalismo antisolidale, il federalismo dei territori ricchi e privilegiati, dell'egoismo delle borghesie mercantili delle zone ricche. Le tragedie dei Balcani e del Centro-Europa, le separazioni antimeridionaliste contro il Sud dell'Europa e del mondo nulla sembrano aver insegnato. I Formigoni, i Galan, i Ghigo, gli Storace potranno portare nell'iniziativa politica quotidiana la loro torsione ultraliberista. Il meccanismo, infatti, delle materie concorrenti inciderà in maniera devastante e antisolidale, dividendolo e atomizzandolo sullo Stato sociale, sulla scuola, sul lavoro, sia accrescendo le precarizzazioni dei lavori, sia incidendo negativamente sul controllo delle condizioni stesse di erogazione della forza lavoro, a partire dalla salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Questo provvedimento è quindi frutto velenoso della globalizzazione liberista. Ne parlava in verità già dieci anni fa un noto economista giapponese, quando accennava al decentramento come costruzione di distretti di business, di distretti degli affari in cui vari territori vengono messi in concorrenza tra loro, in competitività soltanto per abbassare il livello delle garanzie sociali e dei vincoli ambientali, per creare le condizioni migliori per le localizzazioni delle multinazionali, per i processi di valorizzazione del capitale.

A me e a noi di Rifondazione Comunista questa riforma pare sbagliata, perché non è una reale articolazione federale dello Stato, ma soltanto la costruzione dei distretti degli affari; e alla fine, purtroppo, lo dico in maniera amara, tra qualche anno saranno le destre, in questo Paese, che gioiranno perché è passata una riforma antisolidale le zone ricche contro le zone povere.

 

"Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione"

(Testo approvato in seconda deliberazione, con la maggioranza dei suoi componenti,
dal Senato della Repubblica l'8 marzo 2001)

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Art. 1.

1. L’articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 114. – La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.

Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento".

Art. 2.

1. L’articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 116. – Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".

Art. 3.

1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 117. – La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato".

Art. 4.

1. L’articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".

Art. 5.

1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 119. – I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti".

Art. 6.

1. L’articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 120. – La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione".

Art. 7.

1. All’articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali".

Art. 8.

1. L’articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:

"Art. 127. – Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.

La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente valore di legge".

Art. 9.

1. Al secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: "Si può, con" sono inserite le seguenti: "l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante".

2. L’articolo 115, l’articolo 124, il primo comma dell’articolo 125, l’articolo 128, l’articolo 129 e l’articolo 130 della Costituzione sono abrogati.

Art. 10.

1. Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

Art. 11.

1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e all’articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l’esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.