BOICOTTA la Nike

 

NIKE CORPORATION: 1 BOWERMAN DRIVE BEAVERTON,

 OREGON 97005 U.S.A

La Nike, con sede centrale nell'Oregon, USA, produce una vasta gamma di scarpe sportive molto pubblicizzate. Nata negli anni '60, ha assunto il suo attuale nome nel 1985.
Ogni anno 6 milioni di paia di scarpe sportive vengono confezionate in Indonesia sotto licenze normalmente concesse dalla sud-coreana HQ, consociata della Nike. I dipendenti della Nike quotidianamente controllano la qualità nelle 6 fabbriche di Tangerang e Serang. Queste 6 fabbriche sono in competizione l'una con l'altra per mantenere le licenze, che sono rinnovate mensilmente. Il salario medio giornaliero dei 24.000 lavoratori di queste fabbriche è appena di 1.100 lire. Secondo l'AAFLI (Istituto Asiatico-Americano per il Lavoro Libero) queste fabbriche stanno violando 12 leggi nazionali, tra cui quelle sul salario minimo, il lavoro minorile, gli straordinari, gli orari di lavoro, l'assicurazione, l'organizzazione sindacale e i licenziamenti. Sono stati evidenziati problemi riguardo la salute, le ferie ed i congedi per maternità. Sebbene le fabbriche non siano di proprietà diretta della Nike, finanziariamente la compagnia è nella posizione di poter assicurare il rafforzamento degli standard minimi di vita.

I salari in Indonesia

L'Indonesia ha un salario minimo giornaliero di 2.100 Rupie (circa 1.400 lire), ma anche questo è inferiore ai "bisogni fisici minimi" stimati dal governo. E con 12 milioni di disoccupati su 70 milioni di forza lavoro, è impossibile rafforzare questo minimo. Recenti inchieste hanno rivelato che quasi l'80% dei lavoratori nella regione di Tangerang riceve solo 1.600 Rupie al giorno, e quindi lunghe ore di straordinari sono di solito fondamentali per la sopravvivenza. L'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che l'80% delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite.

E i sindacati?

I sindacati di solito esercitano un controllo effettivo sullo sfruttamento dei lavoratori, ma il governo repressivo indonesiano ne ha a lungo limitato lo sviluppo. Fino dagli anni '60, il movimento dei lavoratori è stato controllato dal governo tramite un unico sindacato legale, l'SPSI (Unione dei Lavoratori di Tutta l'Indonesia). Coloro che desiderano fare parte dei sindacati devono avere il permesso del loro datore di lavoro, che spesso sceglie quello governativo. Nonostante la legge, i lavoratori hanno cominciato a lottare, ed hanno formato nuovi sindacati. Il primo è stato Setiakawan (SBMS), nato nel novembre 1990. Nel giugno 1991, quando 300 dimostranti chiedevano salari più alti, Saut Aritonang, segretario generale del SBMS, e altri quattro, furono rapiti e interrogati dall'esercito governativo.
Il SBMS chiede di esercitare pressioni sul governo per il diritto di libera organizzazione, e sta lanciando un boicottaggio delle esportazioni indonesiane, chiedendo di usare aiuti e investimenti per fare pressione sul miglioramento dei diritti umani. Nel breve periodo, i sindacati sono certo in difficoltà nel tentativo di migliorare le condizioni di lavoro. Ma questo rende il boicottaggio e le campagne sui consumatori le forme di pressione più importanti che possano persuadere la Nike sulla possibilità di un comportamento più
responsabile verso i lavoratori.

 

QUANTO COSTA UNA SCARPA NIKE

voce

importo

percentuale

MATERIALE

$ 4,7

4%

MANODOPERA

$ 1,3

1%

PROFITTI ALL'INGROSSO

$ 62   

49%

PROFITTI AL DETTAGLIO

$ 57

46%

PREZZO AL PUBBLICO

$ 125

100%

 

Nike: 18 anni l'età minima per chi lavora nelle fabbriche di scarpe

Il numero uno del gruppo si e ieri impegnato di persona contro lo sfruttamento nei calzaturifici asiatici

A che cosa serve spendere un paio di centinaia di milioni di dollari all'anno in pubblicità come fa Nike, se poi si è sottoposti a un bombardamento continuo di accuse per le "spaventose condizioni " in cui i lavoratori nelle fabbriche asiatiche sono costretti a produrre le magliette e le scarpe di un'azienda che, prima di abbigliamento e sneakers, pretende di vendere sogni ed emozioni, con testimonial del calibro di Michael Jordan, di Ronaldo o Tiger Woods? Per fermare gli attacchi dei media e il boicottaggio dei consumatori ieri, per la prima volta, e sceso in campo il grande capo in persona, Phil Knight, fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo americano. E a Washington ha annunciato la svolta con una serie di iniziative per migliorare le condizioni di lavoro in Asia.

Sono impegni importanti. Nike alzerà da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e porterà a 16 l'età minima di tutti gli altri lavoratori impiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature. A partire dal 2 aprile scorso nelle 12 fabbriche indonesiane che producono indumenti con il celebre smoosh (il logo a forma di virgola) è già scattato un aumento del 37% della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario minimo (28 mila persone). "Nike è sempre stata un'azienda di appassionati di sport che amano la competizione, ma siamo anche un'azienda di persone che sentono la responsabilità di essere buoni cittadini - ha detto Knight -. Siamo impegnati a migliorare le condizioni di lavoro delle 500 mila persone che fabbricano i nostri prodotti". Come? Tra le altre iniziative promesse dal gruppo che sponsorizza anche la nazionale di calcio azzurra, c'è l'impegno ad adeguare la qualità dell'aria in tutte le sue fabbriche di calzature ai livelli richiesti dall'ente per la sicurezza e la salute (Osha). Nike inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di micro-finanziamento, che già coinvolge mille famiglie in Vietnam, estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo corsi per ottenere un diploma equivalente a quello delle scuole medie e superiori. Di pari passo verranno rafforzati gli attuali programmi di monitoraggio indipendente, con l'apertura a organizzazioni non governative, fondazioni e istituzioni religiose e l'impegno di rendere pubblici i risultati. I nuovi impegni di Nike annunciati ieri saranno inseriti nel Codice di condotta dell'azienda che stabilisce gli obblighi degli appaltatori. Ma saranno anche promossi attraverso il contributo a organizzare conferenze per lo studio dei problemi relativi alla produzione globale e alla pratica commerciale "responsabile". E in Italia su quest'ultimo punto il gruppo sta già lavorando insieme ai Verdi. Perché Nike fa tutto questo? Perché gli attacchi di attivisti e media rovinano l'immagine di un gruppo, i cui profitti sono già stati erosi dalla crisi asiatica. Essere buoni, invece, conviene. E ieri Phil Knight ne ha avuto la conferma: le azioni Nike a Wall Street hanno guadagnato subito due dollari.

p.s. siamo nel 2002 ma di questi fantomatici miglioramenti di condizione... nemmeno l'ombra!

Corriere della Sera 14.05.1998  Giuliana Ferraino


______COSA COMBINA NEL MONDO LA NIKE_____

REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.

RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.

SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno.

COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: la Nike spende circa 180 milioni di $ all'anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l'1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15.000 lavoratori indonesiani.

 

California, la Nike in tribunale

"Dica la verità sui baby-schiavi"

Denunciata la multinazionale: "Nasconde ai consumatori sfruttamenti e violenze nelle sue fabbriche in Asia"

NEW YORK - Affidata agli stessi avvocati californiani che costrinsero la multinazionale del tabacco R.J. Reynolds a rinunciare alla pubblicità del "simpatico" Joe Camel, l'ultima offensiva anti-Nike comincia, lunedì pomeriggio, nel tribunale di San Francisco. In una causa per risarcimento danni, viene chiesto al giudice di condannare la Nike per aver mentito sulle condizioni nelle fabbriche asiatiche di scarpe sportive, in particolare sul lavoro minorile e gli abusi sessuali, le punizioni corporali e i rischi ambientali, e per aver ingannato i consumatori californiani in violazione delle norme che li tutelano. Come risarcimento i legali domandano una somma pari agli utili realizzati con questi sistemi dalla Nike, da utilizzare in modo non meglio specificato. Per punizione vogliono che l'azienda di scarpe e palloni finanzi una campagna pubblicitaria per spiegare come avvengono le sue produzioni: "In modo - spiega Patrick Coughlin, uno degli avvocati d'assalto - che la Nike sia costretta o a dire la verità, o a cambiare le condizioni di lavoro nelle fabbriche asiatiche". La causa di San Francisco si inserisce in una vasta azione internazionale contro la Nike, la quale produce i palloni in Pakistan, le scarpe in Indonesia, Vietnam e Cina, avvantaggiandosi del basso costo della manodopera e chiudendo un occhio sull'organizzazione aziendale. Da tempo si moltiplicano in America gli attacchi contro la società che fino a qualche anno fa sembrava la "cocca" di Wall Street. Ai legali di San Francisco la Nike ha risposto di essere impegnata per fare delle sue fabbriche "il miglior posto di lavoro del mondo" sul piano della salute, della sicurezza e degli stipendi. Ma la dichiarazione non convince i militanti anti-sfruttamento. "La Nike - ribattono gli avvocati californiani - ha le peggiori condizioni di lavoro che esistono". E descrivono le sue fabbriche come veri gironi danteschi: operaie molestate dai capireparto, turni di quattordici ore al giorno, straordinari non retribuiti, bambini costretti a cucire palloni e incollare scarpe da ginnastica, l'aria piena di acetone. E tutto questo per un salario di qualche centinaio di lire all'ora.

ARTURO ZAMPAGLIONE (La Repubblica)

Nike: 18 anni l'età minima per chi lavora nelle fabbriche di scarpe

Il numero uno del gruppo si e ieri impegnato di persona contro lo sfruttamento nei calzaturifici asiatici

A che cosa serve spendere un paio di centinaia di milioni di dollari all'anno in pubblicità come fa Nike, se poi si è sottoposti a un bombardamento continuo di accuse per le "spaventose condizioni " in cui i lavoratori nelle fabbriche asiatiche sono costretti a produrre le magliette e le scarpe di un'azienda che, prima di abbigliamento e sneakers, pretende di vendere sogni ed emozioni, con testimonial del calibro di Michael Jordan, di Ronaldo o Tiger Woods? Per fermare gli attacchi dei media e il boicottaggio dei consumatori ieri, per la prima volta, e sceso in campo il grande capo in persona, Phil Knight, fondatore, primo azionista e amministratore delegato del gruppo americano. E a Washington ha annunciato la svolta con una serie di iniziative per migliorare le condizioni di lavoro in Asia.

Sono impegni importanti. Nike alzerà da 14 a 18 anni l'età minima dei lavoratori nelle fabbriche di calzature e porterà a 16 l'età minima di tutti gli altri lavoratori impiegati nella produzione di abbigliamento, accessori e attrezzature. A partire dal 2 aprile scorso nelle 12 fabbriche indonesiane che producono indumenti con il celebre smoosh (il logo a forma di virgola) è già scattato un aumento del 37% della retribuzione di tutti i lavoratori che percepivano il salario minimo (28 mila persone). "Nike è sempre stata un'azienda di appassionati di sport che amano la competizione, ma siamo anche un'azienda di persone che sentono la responsabilità di essere buoni cittadini - ha detto Knight -. Siamo impegnati a migliorare le condizioni di lavoro delle 500 mila persone che fabbricano i nostri prodotti". Come? Tra le altre iniziative promesse dal gruppo che sponsorizza anche la nazionale di calcio azzurra, c'è l'impegno ad adeguare la qualità dell'aria in tutte le sue fabbriche di calzature ai livelli richiesti dall'ente per la sicurezza e la salute (Osha). Nike inoltre aumenterà il sostegno all'attuale programma di micro-finanziamento, che già coinvolge mille famiglie in Vietnam, estendendolo anche all'Indonesia, al Pakistan e alla Thailandia. In tutti gli stabilimenti asiatici il gruppo, che ha il quartier generale a Beaverton, nell'Oregon, amplierà i programmi di istruzione, offrendo corsi per ottenere un diploma equivalente a quello delle scuole medie e superiori. Di pari passo verranno rafforzati gli attuali programmi di monitoraggio indipendente, con l'apertura a organizzazioni non governative, fondazioni e istituzioni religiose e l'impegno di rendere pubblici i risultati. I nuovi impegni di Nike annunciati ieri saranno inseriti nel Codice di condotta dell'azienda che stabilisce gli obblighi degli appaltatori. Ma saranno anche promossi attraverso il contributo a organizzare conferenze per lo studio dei problemi relativi alla produzione globale e alla pratica commerciale "responsabile". E in Italia su quest'ultimo punto il gruppo sta già lavorando insieme ai Verdi. Perché Nike fa tutto questo? Perché gli attacchi di attivisti e media rovinano l'immagine di un gruppo, i cui profitti sono già stati erosi dalla crisi asiatica. Essere buoni, invece, conviene. E ieri Phil Knight ne ha avuto la conferma: le azioni Nike a Wall Street hanno guadagnato subito due dollari.

p.s. siamo nel 2002 ma di questi fantomatici miglioramenti di condizione... nemmeno l'ombra!

Corriere della Sera 14.05.1998  Giuliana Ferraino

!!---CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO---!!

Se anche tu vuoi fermare lo SFRUTTAMENTO dei lavoratori aderisci alla campagna di boicottaggio della multinazionale americana puoi cominciare non comprando i suoi prodotti.